[Il 7 novembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo IV «La Magistratura», Titolo VI «Garanzie costituzionali».

Vengono qui riportate solo le parti relative al tema in esame, mentre si rimanda alle appendici generali della Parte seconda per il testo completo della discussione.]

Villabruna. [...] Ho finito, salvo ricordare, se l'onorevole Presidente mi consente, l'onesto e candido ordine del giorno, che mi sono permesso di presentare relativamente al ripristino delle Corti di cassazione regionali soppresse dal fascismo.

Dico candido ed onesto ordine del giorno perché le ragioni per le quali io sollecito la restaurazione di un istituto già esistente e soppresso dal fascismo, sono nitidamente esposte, ed apertamente precisate nel mio ordine del giorno. Non v'è che da scorrerlo, per conoscerle, e per poterne apprezzare l'intrinseco valore, accanto alla confutazione delle ragioni opposte.

È un ordine del giorno — (lo dico a titolo di soddisfazione) — che reca le firme di colleghi di tutti i settori della Camera. E questo è un fatto consolante, perché significa che, quando ci troviamo di fronte a ragioni di autentica giustizia, scompaiono le distinzioni e le divergenze di partito.

Il mio ordine del giorno ha suscitato proteste, che avevo preveduto, perché riconosco lealmente, che esso involontariamente ferisce interessi rispettabilissimi, anche se non tutti di ragione prettamente ideale, che si sono venuti consolidando in questi venticinque anni.

Ma ecco che è sopraggiunta la protesta della Suprema Corte, e per di più, ieri in quest'Aula ha echeggiato il grido appassionato, angosciato dell'amico Bozzi: «Corti di cassazione regionali? Ma, dopo di esse, sbucheranno le Corti di cassazione di ogni singola Regione. In tal modo — diceva l'amico Bozzi — voi frantumate l'unità della giurisprudenza, voi colpite a morte l'unità dello spirito nazionale». Poco è mancato che non si sia detto che la Patria è in pericolo...

Gasparotto. La patria giurisprudenza.

Villabruna. Amico Bozzi, prima esistevano cinque Cassazioni regionali, e di questo delitto di lesa patria noi non ce ne siamo mai accorti.

Si dice: «Le Cassazioni regionali frantumano l'unità della giurisprudenza». Orbene, la difformità della giurisprudenza esiste anche con la Cassazione unica e, in fondo, non è un gran male, perché l'urto delle idee giova nelle questioni giuridiche. Ed io mi permetto di dirle, amico Bozzi, che la Cassazione unica ha un grande inconveniente: quello di favorire uno stato di inerzia, perché una volta trovata la massima della Cassazione unica, a chi vien dopo di essa non par vero di sedersi su quella massima come sopra una soffice poltrona, dalla quale non è facile e non è gradito di sollevarsi.

E infatti, senza far torto al Supremo Collegio, non c'è che da esaminare la giurisprudenza d'oggi per dover lealmente riconoscere che, con la Cassazione unica, la giurisprudenza si è anchilosata, si è impoverita.

Persico. No!

Villabruna. Il collega Persico dice di no, perché quanto più povera è la giurisprudenza, tanto più facili sono per lui le vittorie in Corte di cassazione. (Ilarità).

Ora, onorevoli colleghi, uno dei pregi delle Cassazioni regionali sarà precisamente quello di destare lo spirito di emulazione fra Cassazione e Cassazione, e di dare così impulso alla giurisprudenza e all'elaborazione del diritto.

E non venite a dirmi che con il ripristino delle cinque Cassazioni, ciascuna Regione pretenderà di averne una sua. Intanto resti ben chiaro che noi chiediamo che siano ripristinate esclusivamente le Cassazioni soppresse dal fascismo; per quanto riguarda quelle che potranno essere invocate dalle singole Regioni, a ciò penseranno i nostri nipoti, se questa Costituzione sarà ancora in piedi.

Ma — ed ho finito — v'è una ragione che vale, amico Bozzi, tutte le altre perché la nostra istanzia sia accolta: è inutile proclamare democrazia!, democrazia!, democrazia!, quando all'atto pratico si tenta poi di ostacolare qualsiasi iniziativa che sia diretta a dare una fisionomia democratica alla giustizia, che tenda a spianare la via per portare la giustizia al livello del popolo, per renderla ad esso accessibile.

È inutile voler negare una patente verità: vi sono preoccupazioni, condizioni di difficoltà che in quest'Aula non sono forse avvertite, non sono forse considerate in tutta la loro importanza; ma, nella vita reale, me lo sa dire lei, amico Bozzi, che cosa significa affrontare, specialmente in materia civile, un ricorso in Cassazione? La Cassazione è diventata un articolo di lusso, è un bel tempio nel quale possono accedere, sì, quelli che dispongono di larghi mezzi finanziari, ma dalla cui porta debbono rimanere fuori coloro che non sono in queste condizioni.

Ecco la ragione più forte, che ci ha stimolati a chiedere il ripristino di queste Cassazioni regionali. Noi domandiamo che si elimini un iniquo privilegio, che si metta la giustizia alla portata di tutti, perché un simile privilegio è ingiusto e antidemocratico!

Noi sentiamo l'onesto orgoglio di avere formulato tale istanza col nostro ordine del giorno. Avrà fortuna? Non avrà fortuna? Io non lo so. Concludo però con il dire, che io mi sento fiducioso, quando penso che il nostro ordine del giorno è stato presentato ad un'Assemblea che giustamente si gloria del suo spirito democratico, delle sue origini democratiche, e, se questo veramente è, io credo che l'Assemblea non sarà insensibile al nostro appello. (Applausi Molte congratulazioni).

[...]

Vinciguerra. [...] C'è un'altra questione che non va tralasciata, non questione di carattere temporaneo; bisogna avere le Cassazioni regionali o la Cassazione unica?

È augurabile che ci sia unica Cassazione. La giurisprudenza ha variato; tuttavia ha variato meno di quando c'erano le cinque Corti regionali.

[...]

Carboni Angelo. [...] Brevissime parole sul problema della Cassazione unica, egregiamente difesa iersera dall'amico Bozzi, contrastata oggi dall'onorevole Villabruna con un ordine del giorno a firma di numerosi colleghi antiregionalisti, convertiti per l'occasione ad un regionalismo integrale.

I presentatori dell'ordine del giorno, tutti piemontesi, invocano il ripristino delle Cassazioni regionali, a cominciare beninteso da quella di Torino, anzitutto perché — essi dicono — il decentramento deve attuarsi anche nel campo dell'amministrazione della giustizia. Essi invocano, cioè, l'applicazione del decentramento in un settore col quale non ha nulla che vedere e nel quale anzi ci si deve ispirare al principio opposto, perché la funzione della Corte di cassazione, suprema regolatrice del diritto, è essenzialmente unitaria.

L'unificazione della Cassazione in materia civile — deliberata dal Governo fascista nel 1923, a somiglianza della preesistente unicità in materia penale — non fu un provvedimento di carattere politico determinato dall'indirizzo accentratore del fascismo, ma l'attuazione di un criterio sostenuto dai maggiori esponenti della scienza giuridica, della magistratura e del foro. Le Cassazioni regionali, retaggio degli antichi staterelli, portavano al frazionamento ed alla contraddittorietà della giurisprudenza con grave pregiudizio per la certezza del diritto. La Cassazione unica, in conformità di quanto praticato negli altri maggiori paesi di Europa, ha realizzato indubbiamente un progresso, pervenendo alla unificazione della giurisprudenza, ma evitando il pericolo della cristallizzazione o della immobilizzazione di essa. L'esperienza di quasi un venticinquennio dimostra che la Cassazione unica ha favorito l'interpretazione uniforme della legge, anche nelle questioni più controverse, attraverso un processo di elaborazione mediante decisioni diverse, che, mentre sono inevitabili data l'opinabilità della materia, concorrono alla determinazione della communis opinio, ed ha eliminato il grave inconveniente di una contemporanea interpretazione contrastante da parte delle varie Cassazioni regionali. Perciò può dirsi assicurata l'esigenza di una interpretazione unitaria non sottratta alla possibilità di una ragionevole revisione.

Non mi attarderò a controbattere i singoli argomenti esposti dall'onorevole Villabruna, rilevando soltanto come l'affermazione che il ripristino delle Cassazioni regionali risponderebbe ad un criterio democratico di avvicinamento della giustizia al popolo, attraverso l'economia della spesa, è inconsistente, perché la sola economia realizzabile con la ricostituzione, per esempio, della Cassazione di Torino, sarebbe quella nel costo del viaggio del difensore per recarsi dalla sua normale residenza a Torino anziché a Roma. Voglio notare, invece, che lo stesso ordine del giorno della deputazione piemontese confessa l'esigenza di un organo unico, supremo regolatore per tutto il territorio della Repubblica, quando dichiara che al coordinamento e, se del caso, alla unificazione della giurisprudenza ben saranno in grado di provvedere, come vi provvedevano prima del 1923, le Sezioni Unite. Queste dovrebbero, dunque, provvedere alla eliminazione dei contrasti tra le varie Cassazioni regionali. Ma il rimedio delle Sezioni Unite, mentre non eliminerebbe il contrasto, che di per sé rappresenterebbe un regresso, presupporrebbe la ribellione del giudice di rinvio alla decisione della Corte di cassazione regionale ed il successivo ricorso alle Sezioni Unite. E per far ciò occorrerebbe eliminare dal Codice di procedura civile la norma che il giudice di rinvio è vincolato dal principio fissato dalla Corte di cassazione e ripristinare la possibilità della ribellione e del conseguente ricorso alle Sezioni Unite. Non intendo esaminare se tutto questo sia conforme all'economia ed alla serietà della funzione giudiziaria. Aggiungerò invece che il rimedio delle Sezioni Unite sarebbe frustrato tutte le volte che il giudice di rinvio si uniformasse alla decisione della Cassazione regionale. In tali casi si avrebbe questa situazione paradossale, che una stessa norma di diritto sarebbe interpretata ed applicata diversamente nelle varie regioni d'Italia.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti