[L'8 novembre 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo IV «La Magistratura», Titolo VI «Garanzie costituzionali».
Vengono qui riportate solo le parti relative al tema in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Bellavista. [...] Altro argomento che voglio affrontare (e poi vi sollevo subito del mio intervento) è questo. Io sottoscrivo l'ordine del giorno Villabruna per quanto riguarda le Cassazioni regionali, le vecchie Cassazioni regionali. Non si opponga, il collega Persico, dicendo che si è in contraddizione quando si è stati antiregionalisti, come Villabruna, e si vuole poi ritornare alle Cassazioni regionali, perché qui veramente non siamo nel tema delle autonomie regionali, ma siamo in un tema, un po' più pedestre, quello del decentramento dell'amministrazione della giustizia. Io non voglio essere scortese o fare allusioni non degne di quest'Aula, però posso ripetere l'accennato richiamo dell'onorevole Dominedò al conflitto fra giurisprudenza dei concetti e quella degli interessi, quando sento molti avvocati, che esercitano la professione a Roma, insorgere contro un ritorno a quella nobilissima antica tradizione, che diede un contributo al progresso della giurisprudenza italiana, niente affatto disprezzabile. Io mi posso rendere conto che molti magistrati che abbiano la casa a Roma vogliano rimanere qui.
Persico. Volete la Cassazione a domicilio!...
Bellavista. Ha detto proprio una grandiosa verità. Disse Jehring che «non c'è peggiore ingiustizia della tardiva giustizia»; non fosse altro che per questo, quando si attende lungamente per avere resa giustizia, qui a Roma, che accentra tutto, dovrebbero ripristinarsi le Cassazioni regionali.
Io, anzi, vorrei perfezionare il raffronto: noi la si vuole a domicilio la giustizia: l'onorevole Persico la vuole addirittura alla sua dimora, e questo è ancora peggiore!... (Ilarità).
Noi possiamo con sicura e tranquilla coscienza rispondere alle obiezioni che sono state fatte qui contro il decentramento delle Cassazioni. Si è parlato dell'unità della giurisprudenza, ma non è mica questo un argomento che si possa confortare coi testi. È di quegli argomenti verbali che inducono spesso il giudice inglese a dire: «Avvocato, mi faccia leggere questa sentenza», quando essa è soltanto annunciata e la carta non si accompagna all'affermazione.
Purtroppo, e forse senza purtroppo, non c'è stata questa unità giurisprudenziale o, quando c'è stata una unicità giurisprudenziale, c'è stata quella che i romani chiamavano l'ignava ratio, una pigrizia di adeguamento al precedente ed il precedente ha avuto forza di legge per il susseguente.
E se così non deve essere, perché il principio basilare è che valga l'autorità della ragione e non la ragione dell'autorità, il caso va esaminato con conforto dei precedenti, al lume dei precedenti, ma esaminato ogni volta funditus, come se fosse un caso nuovo.
Vorrei citare gli strani contrasti fra la giurisprudenza del giorno 15 e la giurisprudenza del giorno 16. Solo che a volte cambi un consigliere, cambia la giurisprudenza. Del resto, giustamente, gli onorevoli Crispo e Villabruna hanno detto: «Ammesso e concesso che esista questa unicità della giurisprudenza, è poi cosa veramente utile, è veramente utile, pur cui si debba ad essa affidare il progresso del diritto?». Non lo credo affatto.
Aspetto che lo dimostri l'onorevole Persico. Cosa c'è di contrario? C'è che si obbedisce a quello che potrebbe farci entrare nel principio della concentrazione processuale. Questo va inteso non soltanto nella fase del processo, che è costituita dal procedimento di primo o secondo grado, ma anche del processo nella sua interezza. Fino a quando il giudicato viene a cristallizzare la dichiarazione del giudice, perché sfuggire a questo principio di concentrazione che è così profondamente inteso dal processo? Perché, in sostanza, aspettare tanto tempo perché si cristallizzi il giudicato? Non fosse altro per questa ragione tecnica, spaziale e cronologica, bisogna ritornare alle nostre gloriose e vecchie Corti e alle nostre vecchie e gloriose tradizioni.
[...]
Persico. [...] Ultimo argomento, ed ho finito, è quello della cassazione unica.
Mi dispiace che non sia più presente l'amico Villabruna, ma v'è l'amico Bellavista, che ha voluto anche lui raccoglierne la faretra e lanciarmi uno strale...
Bellavista. Ma non era avvelenato!...
Persico. Gli avvocati romani vogliono la cassazione a Roma — ha egli detto — perché fa loro comodo, perché così hanno la cassazione a domicilio.
No, non è questa la ragione: Roma è il centro pulsante della vita nazionale, perché a Roma v'è il Capo dello Stato, perché a Roma v'è il Governo. Per il decentramento amministrativo vi sono le Regioni, che snelliscono il funzionamento burocratico, che avvicinano al cittadino gli organi centrali; ma non la cassazione. È il pretore che deve essere vicino al cittadino, non la Corte suprema di cassazione, che deve regolare tutta la vita giuridica nazionale. Perfino gli Stati federali hanno una cassazione unica, gli Stati Uniti d'America hanno con la Supreme Court of the United States, l'Inghilterra con lo Appeal to the House of Lords. Io potrei farvi l'elenco di tutti gli Stati che hanno una cassazione unica. Perfino la Germania, che era federalista, aveva la cassazione unica a Lipsia.
A me pare che sia cosa che stoni anche all'orecchio parlare di cassazioni plurime in uno Stato unitario: è un vero e proprio assurdo! Solo se si arrivasse ad una Confederazione, potremmo avere le varie cassazioni: la cassazione siciliana per lo Stato siciliano, la cassazione sarda per lo Stato sardo, la cassazione milanese per lo Stato lombardo, ecc.
Io ho discusso alla gloriosa cassazione civile di Napoli. So quali preclarissimi ingegni vi hanno dominato. Tra gli ultimi ricordo i colleghi Grippo e Ianfolla, che poi hanno brillato col loro grande ingegno anche alla Corte suprema di Roma.
L'ordine del giorno dell'amico Villabruna ha carattere piemontese. Guardate le firme. Se ne sarebbero potuti fare altri tre identici: uno siciliano, uno toscano e uno napoletano; ma questo non avrebbe cambiato nulla. Dice l'onorevole Villabruna, che alle altre ragioni esposte si aggiunge il fatto del grave disagio e della rilevantissima spesa che occorre affrontare per permettere agli avvocati dell'Alta Italia di recarsi a discutere dinanzi al Supremo collegio.
Ma se con un volo di aeroplano si va e si torna in poche ore! Avremo tra poco gli aerei ultrasonori, che viaggeranno a più di 300 metri al minuto secondo.
Non noi, ma voi volete la cassazione a domicilio. Io propongo poi uno speciale sistema per gli avvocati di cassazione: l'albo chiuso unico per tutta Italia a cui si arriva per concorso attraverso titoli e, se occorre, per esame. Saranno nominati, ad esempio, cento cassazionisti per tutta Italia, i quali potranno esercitare soltanto in cassazione e verranno necessariamente a stabilirsi a Roma. A mano a mano che si farà un posto vacante, si aprirà un concorso per ricoprirlo. E non mi dite che la cassazione unica si deve ad una legge fascista, per carità! Questo è un errore grossolano. La prima legge che iniziò l'unificazione delle cassazioni è del 12 dicembre 1875: essa dette una speciale competenza per alcune materie alla cassazione di Roma. Poi venne la legge del 31 marzo 1877, che attribuì alla Corte di Roma tutti i conflitti di attribuzione e l'esame dei ricorsi per incompetenza, o per conflitti, o per eccesso di potere contro le decisioni delle giurisdizioni speciali. Poi venne la legge del 6 dicembre 1888, che ha unificato le cassazioni penali, in occasione dell'entrata in vigore del codice penale Zanardelli.
Quali cassazioni vorreste ricostituire: le penali o le civili? Non l'ho capito. Perché, quando parlate di legge fascista, parlate della legge del marzo 1923, che ha unificato le cassazioni civili. L'onorevole Bozzi ha ricordato il progetto Minghetti del 1862. Io ricordo i grandi giuristi, da Calamandrei a Mortara, il più illustre processualista italiano, che si è battuto fino all'ultimo per sostenere l'unicità della cassazione civile.
È un puro caso che, come per una strada o per un ponte costruiti antecedentemente e inaugurati dopo il 28 ottobre 1922 sotto il segno del fascio littorio, è un puro caso, onorevoli colleghi, che la legge sulla cassazione sia stata emanata nel marzo del 1923. Del resto il fascismo allora non era ancora vero fascismo: collaboravano al Governo molti partiti ed anche la Democrazia cristiana. Io ricordo di aver parlato alla Camera su quella legge proposta dall'onorevole Oviglio, per difendere alcuni tribunali che si volevano sopprimere. Quindi non si dica che gli avvocati romani fanno una questione d'interesse. Questa accusa è troppo meschina, onorevole Bellavista! (Interruzione del deputato Bellavista). Quando nell'albo speciale della cassazione vi saranno cento iscritti, come in Francia, gli iscritti in quell'albo faranno il loro dovere, e non eserciteranno più in nessuna altra sede giudiziaria.
A cura di Fabrizio Calzaretti