[Il 26 novembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulle autonomie locali.]
Il Presidente Terracini. [...] Apre la discussione sull'articolo 6:
«Spetta alla Regione l'amministrazione nelle materie di propria competenza legislativa ed in quelle altre materie che sono di competenza dello Stato, e che lo Stato affidi ad essa per l'esecuzione, in conformità ad un principio di largo decentramento che sarà particolarmente determinato dalla legge».
Fabbri propone di sostituire alle parole «nelle materie di propria competenza legislativa», le altre: «nella sfera della propria competenza legislativa» e di sopprimere l'ultima frase: «in conformità ad un principio di largo decentramento che sarà particolarmente determinato dalla legge».
Mortati è contrario alla soppressione, ritenendo opportuno affermare solennemente che la costituzione dell'ente Regione ha come suo scopo principale il decentramento. Aggiungerebbe, anzi, un inciso del seguente tenore: «che troverà la sua attuazione all'atto stesso della costituzione dell'ente Regione».
Ricorda di aver già proposto, nella prima fase dei lavori, di approntare le misure atte ad ottenere che fin dalla sua prima formazione la Regione possa cominciare ad assorbire compiti attualmente dello Stato.
Nobile concorda pienamente con l'onorevole Mortati.
Fuschini crede utile riconfermare il concetto del decentramento, per quanto possa desumersi da tutto il complesso di norme che costituiscono la riforma dell'ordinamento regionale. Piuttosto, all'aggettivo «largo», ne sostituirebbe un altro che meglio specificasse qual genere di decentramento si intenda attuare; e sopprimerebbe l'avverbio «particolarmente» che trova superfluo.
Bozzi osserva che nella disposizione in esame si parla di materie di «propria competenza legislativa»; ma la competenza stessa, secondo il sistema approvato, è di varia natura. Crede pertanto sia da preferire un richiamo agli articoli, per evitare che sia controvertibile il riferimento all'articolo 4-bis (competenza di integrazione).
Perassi conviene che la dizione è troppo indeterminata ed aggiunge che vi sono anche delle materie comprese nell'articolo 4, per le quali non si può stabilire in modo perentorio che tutta l'attività amministrativa passi alla Regione. Sarà forse bene lasciarne una parte allo Stato.
Circa l'affermazione del principio del decentramento, fa presente che la disposizione dovrà essere integrata da una norma transitoria che preveda, entro un certo termine, una revisione della legislazione dello Stato, per metterla in armonia con la nuova struttura consacrata dalla Costituzione.
Tosato nota che, a norma dell'articolo 6, spetta alla Regione l'amministrazione anche di quelle materie che sono di competenza dello Stato e che lo Stato affidi ad essa per l'esecuzione. Crede che qui si imponga un chiarimento: se, cioè, resta sempre una amministrazione statale anche quando lo Stato ne affidi l'esercizio ad organi della Regione (la quale, quindi, eserciterebbe funzioni delegate), ovvero, vi possano essere delle materie sulle quali lo Stato abbia una competenza legislativa senza averne una amministrativa. La precisazione è importante anche agli effetti dello stato giuridico degli impiegati.
Ambrosini, Relatore, spiega che si tratta di un'amministrazione regionale per delegazione dello Stato. Aggiunge che l'articolo è collegato con i commi 3° e 4° dell'articolo 14, che suonano così:
«Nel capoluogo della Regione il Governo centrale è rappresentato da un Commissario, il quale esercita le funzioni politico-amministrative dello Stato non delegate alla Regione».
«Per gli atti dell'Amministrazione regionale, relativi a materie dallo Stato delegate alla Regione, il Commissario ne coordina l'opera in corrispondenza alle direttive generali che il Governo creda opportuno di emanare per tutte le Regioni».
Lussu è favorevole al mantenimento dell'articolo nel testo redatto dal Comitato, fino alle parole «per l'esecuzione»; per il resto concorda con la proposta di soppressione dell'onorevole Fabbri, perché gli sembra che la sede non sia la più opportuna per una tale affermazione di principio.
Il Presidente Terracini conviene sull'opportunità di sopprimere l'ultima parte dell'articolo. Il nuovo ordinamento regionale ha la sua ragione essenziale nell'esigenza del decentramento amministrativo, e gli sembrerebbe uno sminuire questo concetto del decentramento il parlarne quasi casualmente nell'articolo 6, anziché farne oggetto di un'affermazione precisa in un punto della Costituzione in cui assuma particolare rilievo. In secondo luogo osserva che, più di qualsiasi espressione del genere, vale l'ordinamento regionale in sé stesso, che è tutta un'affermazione di decentramento in atto.
Conti concorda ed aggiunge che occorre fare un'articolazione snella, non appesantita da un eccesso di parole.
Uberti è contrario alla soppressione, a meno che si faccia la normazione del principio del decentramento in altro articolo. Teme che l'avere attribuito, su talune materie, la competenza tanto alla Regione che allo Stato, possa generare un aumento della burocrazia, con organi statali e organi regionali.
Mortati osserva che l'ultima parte dell'articolo, di cui si chiede la soppressione, è connessa con la prima; il decentramento sarà in funzione con l'estensione che si darà alla prima parte, cioè alla sfera di competenza amministrativa della Regione. Concorda, quindi, col Presidente sull'utilità di un'affermazione a sé stante del principio del decentramento, e segnala l'opportunità di determinare la competenza amministrativa regionale mediante un preciso richiamo ad articoli. Si potrà affidare alla Regione in modo esclusivo l'amministrazione delle materie di cui agli articoli 3 e 4 — senza con ciò menomare l'autorità statale — e per le altre materie lasciare allo Stato la facoltà di delegarla o meno.
Tosato propone la formula: «Spetta alla Regione l'amministrazione nelle materie previste negli articoli 3 e 4 e in quelle, ecc.».
Perassi rileva che la competenza amministrativa deve essere comunque limitata all'ambito del territorio regionale, e che non esiste materia per la quale si possa escludere ogni attività amministrativa dello Stato. Tra quelle dell'articolo 4, ad esempio, c'è l'agricoltura e non si può immaginare che non sussista più alcuna attività amministrativa dello Stato per questa materia, laddove oggi esiste un Ministero.
Crede perciò che si debba distinguere tra attività amministrative particolari che, in relazione alla competenza legislativa, passano alla Regione, e attività amministrative che non possono essere tolte intieramente allo Stato, anche se questo in tali materie si limiti ad emanare leggi che esigano una integrazione regionale.
Ambrosini, Relatore, obietta che una precisazione del genere comporterebbe una nuova elencazione di materie. Meglio fare riferimento agli articoli nei quali le materie stesse sono considerate, stabilendo per quelle di cui all'articolo 3 la competenza amministrativa esclusiva della Regione e per quelle dell'articolo 4 la competenza solo nel caso di delegazione da parte dello Stato.
Uberti insiste sul concetto che non può ammettersi che vi siano, per la stessa materia, una burocrazia statale ed una locale. Bisognerà che l'amministrazione venga concentrata nelle Regioni. Così, ad esempio, dovrà rimanere un Ministero dell'agricoltura solo per i problemi agricoli generali, ma dovranno essere gli organi locali a provvedere in concreto all'amministrazione.
Il Presidente Terracini dà notizia di due proposte di emendamento dell'articolo 6. Una, dell'onorevole Fabbri è così concepita:
«Spetta alla Regione nelle varie materie ogni potere di amministrazione nella sfera della sua propria competenza legislativa, nonché nei limiti delle delegazioni ricevute in proposito dallo Stato».
L'onorevole Tosato invece propone:
«Spetta alla Regione l'amministrazione nelle materie previste negli articoli 3 e 4, ed in quelle altre che lo Stato deleghi ad essa per l'esecuzione».
Nota che con quest'ultima formula si esclude — salvo delega da parte dello Stato — l'amministrazione regionale delle materie sulle quali la Regione ha una potestà legislativa di integrazione (art. 4-bis).
Laconi ritiene inammissibile che lo Stato non possa gestire una cava, una grande azienda agricola, avere un demanio o che le biblioteche nazionali di Roma e di Firenze debbano essere amministrate dalle rispettive Regioni.
Il Presidente Terracini chiarisce che si fa riferimento sempre a cave, biblioteche, ecc., di esclusivo interesse regionale.
Ambrosini, Relatore, non vede perché ci si debba preoccupare di affidare alla Regione la facoltà di amministrare, quando le si è concessa una facoltà maggiore: quella di legiferare.
Codacci Pisanelli rileva che, dal momento che si vuole valorizzare la Regione, sarebbe opportuno non porre limiti alla sua competenza in materia amministrativa, in quanto gli enti autarchici possono, come tali, svolgere un'attività amministrativa in qualsiasi campo. Propone quindi di mettere in evidenza il carattere di ente autarchico della Regione, stabilendo che, mentre la potestà legislativa può esplicarsi solo nei settori precisati dalla legge, l'attività amministrativa può esplicarsi in maniera generica.
Il Presidente Terracini invita l'onorevole Codacci Pisanelli a predisporre un emendamento scritto in questo senso per la prossima seduta.
A cura di Fabrizio Calzaretti