[Il 7 novembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo IV «La Magistratura», Titolo VI «Garanzie costituzionali».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Villabruna. [...] Terzo punto: soppressione della giurisdizione militare in tempo di pace. Io mi sono chiesto, anche qui: quale il motivo di questa norma, quale la ragione, quale il fine di questa disposizione? Mi sono chiesto: «L'avete introdotto per salvaguardare il principio della unità della giurisdizione?». La ragione, francamente, non sarebbe seria: perché basta scorrere il progetto di Costituzione per constatare che sono tante e tali le esclusioni e le eccezioni contenute nel progetto, per cui possiamo dire che la unicità della giurisdizione ormai è rimasta soltanto un pio e non glorioso ricordo.

È stato fatto, invece, per un senso di avversione, di diffidenza verso il giudice militare? E allora, permettetemi di dire che questa diffidenza è del tutto ingiustificata. E, badate, che se modestamente lo dico io in questo momento, vorrei che fosse vivo Bentini, perché venisse lui con la sua eloquenza a rivendicare degnamente lo spirito del giudice militare. Io ricordo un discorso di Bentini, pronunciato alcuni anni orsono in questa Aula. Parlando in nome del Gruppo socialista — mentre si discuteva sulla giustizia militare — Bentini, con quello slancio di generosità che gli era proprio, ha sentito il dovere di rivendicare il senso di umanità e di clemenza del giudice militare (Approvazioni). Ed allora perché sopprimere il giudice militare?

Intendiamoci bene! Io sono tra coloro che postulano una giurisdizione militare, in tempo di pace, ridotta e limitata esclusivamente ai reati tipicamente militari: cioè, la funzione punitiva militare deve consistere soltanto nella integrazione della funzione disciplinare, strumento indispensabile per tenere salda la compagine dell'esercito. Orbene, se la giurisdizione militare in tempo di pace deve essere limitata unicamente ai reati strettamente militari, con quale serietà affidare il giudizio di questi reati, che costituiscono una forma aggravata d'infrazione alla disciplina militare, a giudici ordinari?

Signori, questo significherebbe semplicemente voler disambientare la giustizia, affidare il giudizio di questi reati a magistrati svogliati, inetti, perché assolutamente lontani dallo spirito e dalle esigenze della vita militare.

Si dice: si costituisca una Magistratura specializzata. Questo dovrebbe essere il rimedio; ma, secondo me, non sarebbe un rimedio, ma un modo di complicare le cose.

Ben strana pretesa quella di prendere un ramo della Magistratura ordinaria e confinarlo in un reparto stagno. Che cosa avverrà di questo ramo, il quale, da un lato, perderebbe il contatto con la Magistratura ordinaria, e, dall'altro, non avrebbe contatto con la vita dell'esercito? Questo ramo sarebbe destinato a disseccarsi, perdendo, così, i pregi e le caratteristiche sia del magistrato civile come del magistrato militare.

È per queste ragioni che io aderisco all'emendamento proposto dall'onorevole Gasparotto per la soppressione del comma, con cui si stabilisce che i tribunali militari potranno essere istituiti soltanto in tempo di guerra.

[...]

Bettiol. [...] Io non capisco, e in ciò aderisco pienamente a quanto brillantemente ha affermato il collega Villabruna, la norma prevista dal progetto, per la quale i tribunali militari non possono essere istituiti in tempo di pace.

Voglio fare riferimento all'idea fondamentale che il diritto in genere, e anche il diritto penale e processuale in particolare, sono sempre l'espressione d'una determinata istituzione, che può essere lo Stato nella sua totalità, ma che può consistere anche in altre istituzioni che si sviluppano ed operano nell'ambito dello Stato stesso.

L'idea di questa concezione istituzionale del diritto è oggi un'idea fondamentale e congenita; quindi negare la possibilità di istituire questi tribunali in tempo di pace, significa negare alla radice questa concezione istituzionale, che non è cervellotica invenzione di giuristi che vivono al disopra delle nuvole, ma espressione concreta e concreta visione della realtà sociale dalla quale il diritto si sprigiona.

Ed è chiaro che l'esercito è un'istituzione. Militaristi o antimilitaristi, non si può misconoscere che l'esercito ha una sua origine, una sua tradizione, un suo spirito, una sua disciplina, un suo senso particolare dell'onore, rispetto al quale non valgono, ad esempio, le norme proprie della legislazione penale comune. Perché in concreto il senso dell'onore nell'ambito militare deve essere più forte, più sentito di quanto non sia nella comune legislazione. Sicché il giudice comune non potrebbe comprendere in pieno la fattispecie della situazione nella quale il militare, che abbia offeso l'onore di un altro militare o che è stato offeso nel suo onore, si viene a trovare.

Qui si tratta di concetti incarnati e immedesimati nella concreta istituzione dalla quale si sprigionano, ed è per tutelare questi valori sociali di questa istituzione ed emettere una sentenza che non urti con le fondamentali esigenze dell'istituzione stessa, che è opportuno conservare questi tribunali militari anche nel periodo di pace, e non soltanto nel periodo di guerra o in occasione di guerra.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti