[Il 21 maggio 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo quarto della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti politici».
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Condorelli. [...] Io mi intratterrò, invece, più diffusamente — ma, certo, signor Presidente, nei limiti della mezz'ora assegnatami — sull'articolo 50, che è certamente il più difettoso di quanti si contengono in questo Titolo.
Nei due commi dell'articolo 50 sono contenute, in sostanza, due disposizioni: nella prima disposizione, cioè nel primo comma, si pongono insieme ai cittadini il dovere di osservare la Costituzione e le leggi, il dovere di adempiere con onore e con zelo alle funzioni che al cittadino sono affidate.
Questo articolo è, prima di tutto, superfluo ed inutile, e poi è anche difettoso dal punto di vista dei termini usati.
Si comincia con l'attribuire questi doveri ai cittadini, come se il dovere di osservare la Costituzione e le leggi fosse dei soli cittadini e non fosse di tutti i subietti alla legge, di tutti i soggetti alla sovranità dello Stato che non sono, come è ovvio, i soli cittadini, ma sono tante altre persone che vivono nel territorio dello Stato ed alcune volte anche all'estero.
Questo è un dovere che spetta a tutti i destinatari delle leggi e della Costituzione. Non sono soltanto i cittadini, sono tutti i soggetti, siano cittadini o non cittadini.
E poi, questa fedeltà alla Repubblica! Non pensino gli amici della sinistra che ci sia in ciò una idiosincrasia di monarchici; c'è semplicemente l'alto senso di devozione, che raggiunge la religiosità, quando io pronunzio e sento la parola e l'idea Stato. Lo Stato, che è la concretizzazione storica della stessa idea etica, che è qualcosa di molto più alto di tutte le repubbliche, di tutte le monarchie, che non sono che dei regimi, mentre lo Stato è la stessa essenza della nostra realtà morale e storica.
Io preferirei che ai cittadini fosse inculcato il senso della devozione, della fedeltà allo Stato, quella religio civilis che fece grande Roma e che potrebbe fare grandi anche noi, se la sentissimo come la sentivano i nostri antichi padri.
Peraltro, la fedeltà alla Repubblica, che è un regime, è contenuta nel membro successivo della proposizione, allorché si impone ai cittadini il dovere di osservare e rispettare la Costituzione e le leggi. E la Repubblica, non essendo che un ordinamento politico, non è altro che l'insieme delle leggi costituzionali e politiche considerate unitariamente.
Noi arricchiremmo certamente il significato etico di questo comma, se alla parola «Repubblica» sostituissimo quella tanto più augusta di «Stato».
Però, dicevo, il difetto di questo articolo non è tanto nel dettaglio o nella terminologia usata, quanto in tutto il suo insieme. Esso è una superfluità, e consentitemelo, per la sua quasi totalità, una inavvertita, ingenua petizione di principio.
Che significato ha una legge che impone ai cittadini l'osservanza della Costituzione e delle altre leggi?
Ma le leggi o hanno il vigore in se stesse, o se no, non lo possono ricevere da altro, e tanto meno da un'altra legge la quale non ha altro valore che quello che hanno le leggi a cui essa vuole dare valore.
Forse per le stesse ragioni logiche avremmo bisogno di un'altra legge che dicesse che è obbligatorio osservare l'articolo 50 che impone di rispettare la Costituzione e le leggi, e poi di un'altra che dicesse che è obbligatorio rispettare quel tale articolo che garantirebbe l'articolo 50. E così all'infinito.
È troppo evidente. Rassomiglia molto l'articolo 50 a certe ingenue clausole testamentarie del '700 ridondante, con le quali il testatore, dopo aver steso il suo testamento, aggiungeva: «Voglio che questo testamento sia osservato perché questa è la mia volontà e nessun'altra, e voglio che la mia volontà sia legge per i miei successori e aventi causa».
E poi ripeteva ancora questo, quando era troppo chiaro che se la sua volontà aveva valore lo aveva in quanto era stata enunciata e non per tutte queste clausole che si aggiungevano e che erano perfettamente superflue.
Questo articolo 50 è proprio barocco.
Sarò lieto di sentire l'opinione dell'autorevole Commissione su quello che io osserverò. Questo articolo può avere un valore se impegna la devozione allo Stato e alla Repubblica, se aggiunge l'obbligo di adempiere con onore alle mansioni affidate, ma in quanto afferma che è obbligatorio rispettare ed osservare la Costituzione e le leggi, è certamente una superfluità che nessun giurista, né presente né futuro, saprà giustificare.
Sì, tante volte noi abbiamo sentito ripetere, nel corso di queste discussioni, che questa nostra Costituzione ha un valore pedagogico. Insomma, forse, si vuole dire che è una tavola di diritti e doveri da divulgare.
Ecco, un valore pedagogico non lo ha soltanto questa Costituzione, ma lo hanno tutte le leggi, perché tutte le leggi vogliono enunciare dei doveri per ottenerne l'osservanza.
E condizione prima per ottenere l'obbedienza è quella di far comprendere i comandi. Tutte le leggi, per la loro natura, per la loro essenza, hanno una finalità pedagogica né più né meno di come l'ha la Costituzione. Non c'è niente di più né niente di meno. Ma questa finalità pedagogica — e qui mi appello ai molti professori ed insegnanti che onorano questa nostra Assemblea — questa finalità pedagogica si raggiunge con un solo mezzo o, per lo meno, con questo mezzo principale: la precisione, che si origina nella chiarezza e che è raggiunta attraverso la semplicità delle espressioni.
Se voi volete che la Costituzione sia facilmente appresa da chi la deve osservare e fare osservare, fatela chiara e precisa, in modo da non creare aloni di dubbio intorno alle sue disposizioni.
È questo il precetto che dobbiamo seguire se vogliamo raggiungere quel tale effetto pedagogico al quale tutti quanti teniamo, ma che non si raggiunge certamente usando espressioni improprie, anzi profondamente errate, come quelle che io, non sempre inteso, ho denunciato a questa Assemblea. Noi così non chiariremo la mente dei meno colti e confonderemo la mente dei colti; e confonderemo i profili essenziali della futura elaborazione scientifica.
[...]
Presidente Terracini. Dichiaro chiusa la discussione generale. Ha facoltà di parlare il Relatore, onorevole Merlin Umberto.
Merlin Umberto, Relatore. [...] Furono fatte osservazioni all'articolo 50, a tutto l'articolo 50; e in ispecie il più fiero oppositore di questo articolo fu il collega onorevole Condorelli.
Ora, io mi domando, e domando anche a lui e ai suoi colleghi Rodi, Sullo e Terranova, che hanno voluto parlare su questo argomento, se essi per avventura non abbiano esagerato: intanto per quella che è la prima parte di questo articolo 50 che dice così: «Ogni cittadino ha il dovere di essere fedele alla Repubblica, di osservarne la Costituzione e le leggi, di adempiere con disciplina ed onore le funzioni che gli sono affidate», cosa c'è che possa turbare la coscienza di alcuno? Potevamo forse dire che ogni cittadino ha il dovere di essere fedele alla... monarchia? Potevamo dir questo dopo l'esito del referendum del 2 giugno? No, certamente, ed allora noi non potevamo che domandare fedeltà alla Repubblica, che è la forma di Governo che il popolo italiano si è dato, e alla quale forma anche voi da quella parte (Accenna a destra) avete detto di rendere omaggio, affermando che non volete turbare in nessun modo quello che è lo stato di diritto del Paese in questo momento. Del resto io, guardi, onorevole Condorelli, le do ragione quando ella dice che si dovrebbe avere il senso dello Stato, della difesa dello Stato; ma le ricordo ancora che la parola «Repubblica» in latino vuol dire precisamente Stato e noi la vogliamo adoperare in questo senso, perché anche a tutti coloro che eventualmente non avessero ancora aderito alla Repubblica con pieno animo, ma che hanno sempre servito con devozione lo Stato, anche a costoro noi domandiamo ugualmente l'osservanza delle leggi, la fedeltà allo Stato, in nome di quei nobili sentimenti in base ai quali anche loro hanno sempre servito lo Stato come la più alta organizzazione della vita civile di un popolo.
A cura di Fabrizio Calzaretti