[Il 1 ottobre 1946, nella seduta antimeridiana, la terza Sottocommissione della Commissione per la Costituzione inizia la discussione sull'intrapresa economica.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della seduta.]
Corbi, Relatore. [...] Rileva che ormai la Sottocommissione è d'accordo nel riconoscere alla proprietà privata, nell'attuale momento storico, una sua ragione d'essere, che consiste nell'avere ancora funzione economicamente utile e necessaria, e che tutti convengono che la vecchia formulazione del diritto romano non può essere accettata, perché in troppo stridente contrasto con la realtà e con le esigenze nuove; l'una va superando quel vecchio concetto della proprietà privata, le altre esigono che ad essa siano imposte limitazioni non solo per ragioni etiche e politiche, ma anche per motivi economici produttivistici e di interesse nazionale.
Le Carte costituzionali moderne, non solo quella sovietica, ma anche quella di Weimar, quella jugoslava, quella francese, riconoscono l'istituto della proprietà privata solo in quanto essa adempie ad una funzione sociale e non contrasta, quindi, con gli interessi della collettività e dell'economia sociale. In Italia questo principio è acutamente sentito e già in parte opera nella realtà economica di tutti i giorni; per cui la nuova Carta costituzionale non ha che da fissarlo giuridicamente e con ampia prospettiva di sviluppo. Perché, se è vero che i fatti precedono le norme, è altrettanto vero che queste li ostacolano o li favoriscono nel loro tendenziale sviluppo.
Le norme, adunque, che la nuova Carta costituzionale deve contenere, debbono, facendo tesoro dell'esperienza, impedire, per quanto è possibile, l'evolversi negativo dei fatti economici ed aprire la strada a quello positivo di essi. In altri termini, la Carta costituzionale deve rendere impossibile ai vecchi principî privilegiati, responsabili della catastrofe nazionale, di riprendere il sopravvento a danno di tutto il popolo e garantire invece la possibilità di operare nel Paese una profonda trasformazione economica e sociale, alla quale è indispensabile il concorso dello Stato.
[...]
Rileva che la Sottocommissione, concordemente ha affermato che la proprietà deve assolvere una funzione sociale e ha riconosciuto che sino ad oggi questa funzione non sempre essa ha adempiuto, in conseguenza di un cattivo ordinamento economico; è evidente perciò che, in omaggio a quel principio, sarà pure condiviso il parere che allo Stato debba competere non solo il diritto, ma il dovere di avocare a sé, sotto diverse forme — statizzazione, nazionalizzazione, controllo — quelle forme di impresa che, per dimensioni o funzioni adempiute, costituiscono un pericolo per la società ed assumono un aspetto di preminente interesse nazionale.
[...]
Passando ad esaminare gli articoli formulati nella relazione dell'onorevole Pesenti, osserva che taluni di essi sono superati da quelli già approvati dalla Sottocommissione sul diritto di proprietà; ve ne sono invece altri che conservano tutto il loro valore e che dovranno essere presi in esame.
Dà quindi lettura degli articoli:
1°) la proprietà è il diritto inviolabile di usare, di godere, di disporre dei beni garantiti a ciascuno dalla legge;
2°) lo Stato riconosce e garantisce e tutela la proprietà privata e l'iniziativa economica privata. Lo Stato e tutti i cittadini hanno il dovere di difendere la proprietà delle collettività pubbliche, la proprietà degli enti pubblici e delle imprese statali e nazionalizzate;
3°) la proprietà privata non può essere espropriata che per legge o mediante indennizzo;
4°) il diritto di proprietà non potrà essere esercitato in contrasto con l'utilità sociale, con le direttive ed i programmi economici stabiliti dallo Stato od in modo da arrecare pregiudizio alla proprietà altrui, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, col deprimere il livello di esistenza al disotto del minimo stabilito dai bisogni umani essenziali;
[...]
Esaminando singolarmente gli articoli, osserva che il 1° è superato da quanto è stato sancito nell'articolo sul diritto di proprietà; anche del 2° è già stato affermato il principio, ma vi è un punto sul quale desidera richiamare l'attenzione della Sottocommissione, e cioè: «Lo Stato e tutti i cittadini hanno il dovere di difendere la proprietà statale o demaniale, la proprietà delle collettività pubbliche, la proprietà di enti pubblici e delle imprese statali e nazionalizzate». Qualcuno potrebbe affermare che il concetto è ovvio, ma, conoscendo la cattiva abitudine del popolo italiano di considerare il patrimonio dello Stato e degli enti locali come la cosa di tutti, di cui è lecito qualsiasi abuso, ritiene che sia utile richiamare l'attenzione del legislatore o dell'autorità su questo particolare aspetto.
Osserva che l'articolo 3, pur essendone già stati approvati i concetti in precedenza, si discosta fondamentalmente dallo spirito dell'articolo esaminato e votato nella precedente seduta, nella parte che riguarda l'indennizzo, per il quale è stato stabilito che deve essere corrisposto, senz'altro, in tutti i casi. Ritiene invece, che l'indennizzo «possa» essere dato, ma non «debba» essere necessariamente dato, in considerazione del fatto che, volendo operare vaste riforme in agricoltura, nell'industria ed in tutti i settori della vita economica italiana, tale principio potrebbe costituire un grave ostacolo a tali riforme.
Ritiene che l'articolo 4 sia superato, perché i concetti sono contenuti in quello sulla proprietà, già precedentemente approvato e che, se mai, potrà essere rivisto.
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Il Presidente Ghidini, sull'articolo 1, si dichiara d'accordo con l'onorevole Corbi nel ritenerlo superato, tanto più che si tratta di una definizione. Ritiene anche superflua la seconda parte dell'articolo 2 là dove è detto: «lo Stato e tutti i cittadini hanno il dovere di difendere la proprietà statale, demaniale, ecc.», in quanto in essa si parla di dovere e non di obbligo giuridico, mentre, in una Carta costituzionale, è bene sancire più che altro degli obblighi. Inoltre non è necessario richiamare i cittadini al dovere di difendere la proprietà statale e demaniale, dato che rientra nei loro comuni doveri di rispettare quello che è di tutti, senza bisogno di specificazioni.
Osserva poi che è questo un obbligo giuridico già largamente affermato dalle nostre leggi. Nel Codice penale sono contenute disposizioni a proposito, per esempio, del danneggiamento, reato che diventa perseguibile d'ufficio quando si commette sopra cose appartenenti ad enti pubblici o che abbiano finalità di pubblico interesse. Sono inoltre previsti reati contro la pubblica incolumità, reati di danneggiamento di linee ferroviarie, di ponti, di strade, di navi. In sostanza la proprietà pubblica è difesa dalla legge; non solo, ma vi sono anche le contravvenzioni a tutela del patrimonio artistico, storico ed archeologico della Nazione.
Concorda invece pienamente sulla disposizione contenuta nell'articolo 4.
Finora nei confronti della proprietà sono stati sanciti e consacrati i diritti ed i doveri dello Stato, ma non i doveri e gli obblighi del cittadino; questa è la parte che manca nella relazione dell'onorevole Taviani, nella quale si parla dei doveri che il cittadino ha nei riguardi della proprietà, ma soltanto in senso negativo.
Un testo analogo è compreso nell'articolazione fatta dall'onorevole Lombardo, con solo lievi modificazioni di forma; difatti esso dice: «Il diritto di proprietà non può essere esercitato contrariamente alla utilità sociale ed in modo da arrecare pregiudizio alla libertà ed ai diritti altrui. Anche l'onorevole Togliatti ha presentato, alla prima Sottocommissione, un articolo in materia così formulato: «Il diritto di proprietà non potrà essere esercitato in modo contrario all'interesse sociale, né in modo che rechi danno all'altrui diritto».
Dato che le tre disposizioni citate mirano al medesimo scopo, ritiene che sarebbe necessario aggiungere nell'articolo in esame l'elemento positivo dell'esercizio del dovere da parte del cittadino; e pensa che la formulazione proposta dall'onorevole Pesenti sia più dettagliata, mentre quella dell'onorevole Lombardo è più sintetica, come del resto quella dell'onorevole Togliatti.
Nella formulazione dell'onorevole Pesenti si dice che il diritto di proprietà «non potrà essere esercitato in contrasto con l'utilità sociale, con le direttive ed i programmi economici stabiliti dallo Stato o in modo da arrecare pregiudizio alla proprietà altrui, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, col deprimere il livello di esistenza al disotto del minimo stabilito dai bisogni umani essenziali». È stato chiesto che cosa vuol dire la parola «sicurezza». Spiega che vi sono modi di esercitare la proprietà che minacciano la sicurezza dei cittadini: un proprietario che affitti una casa, il cui pavimento sia pericolante; questo è un esercizio della proprietà pericoloso per la sicurezza, ma possono esserci molti altri casi.
Sopprimerebbe però l'ultima parte dell'articolo «col deprimere il livello di esistenza», ecc., perché la dignità umana non si esprime solo attraverso le condizioni economiche. Dichiara che non sarebbe contrario a questa disposizione, ma ritiene più comprensiva quella dell'onorevole Lombardo. Il 3° comma di quello Taviani prende l'abbrivo dall'utilità sociale e fa alcune specificazioni che non sarebbe male fossero richiamate. Forse sarebbe il caso di fare un articolo a parte per integrare, in sede di coordinamento, l'articolo dell'onorevole Taviani.
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Riguardo al concetto espresso nell'articolo 3, ha già manifestato la sua opinione ed ha fatto mettere a verbale che, in linea generale, debba essere dato un indennizzo; regola alla quale forse non potrebbe farsi eccezione nemmeno nel caso in cui l'esproprio si rendesse utile per procedere a quelle profonde riforme strutturali di cui tutti riconoscono la necessità. Ma in certi casi, come quando ad esempio, il proprietario non coltiva affatto le proprie terre, non si dovrebbe dare l'indennizzo.
Propone quindi: «La proprietà privata può essere espropriata, mediante indennizzo, salvo che la legge disponga altrimenti».
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Canevari. [...] Ritenendo, d'accordo con il Presidente, superfluo il primo articolo, osserva sul secondo che, per quanto riguarda il dovere imposto dal cittadino di difendere la proprietà statale, si tratta soprattutto di una questione di educazione, che purtroppo in Italia manca e che quindi, più che nelle disposizioni legislative, si tratti di una mentalità da rifare e che questo sia un dovere indipendente dalle norme della Carta costituzionale e dalle disposizioni di legge.
Il concetto espresso nell'articolo 3, che cioè la proprietà privata non può essere espropriata che per legge, è già stato sancito.
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Il secondo articolo dovrebbe essere sostituito dal quarto e in esso si dovrebbe affermare che il diritto di proprietà non può essere esercitato in contrasto con l'interesse comune.
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Colitto si associa a quanto ha affermato il Presidente sulla superfluità del secondo articolo proposto, in quanto, una volta affermato che lo Stato riconosce e garantisce la proprietà privata e quella pubblica o demaniale, è evidente che ogni cittadino ha l'obbligo, non solo morale, ma giuridico, di rispettarla. Ugualmente superflui ritiene gli articoli successivi. Infatti, a suo avviso, gli articoli 3 e 4 sono inutili, in quanto è già stato detto, in sede di discussione sul diritto di proprietà, che questa deve avere una funzione sociale. Ad ogni modo, non è sufficiente parlare solo di divieto dell'esercizio del diritto di proprietà con pregiudizio della proprietà altrui, non rientrando in tale formula gli atti così detti di emulazione, che, anche con la legislazione vigente, sono vietati. Se si vuole, quindi, mantenere l'articolo, sarebbe opportuno integrarlo, tenendo conto di tale osservazione.
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Corbi, Relatore. [...] Per quanto riguarda la seconda parte dell'articolo 2 — sulla quale si sono soffermati gli onorevoli Ghidini e Colitto — si dichiara d'accordo per ometterla.
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Per quanto riguarda l'indennizzo, si associa pienamente a quanto ha detto il Presidente, ritenendo che, in linea di massima, l'indennizzo debba essere corrisposto e che solo in linea eccezionale possa non esserlo. Nei casi citati dal Presidente, come quello del proprietario che non coltiva la sua terra o di un bene che sia stato acquistato in maniera illecita e che offende anche la collettività, non si può parlare di indennizzo, ma si tratta soltanto di colpire delle proprietà male acquisite o mal condotte. Quindi, a suo avviso, l'indennizzo deve essere corrisposto, salvo i casi previsti dalla legge.
A cura di Fabrizio Calzaretti