[Il 30 settembre 1946 la terza Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul diritto di proprietà. (La seduta non raggiunge il numero legale)]

Colitto dichiara che, se fosse stato presente alla precedente seduta, non avrebbe dato la sua approvazione ai due articoli relativi alla proprietà, così come sono stati approvati. Prega, ad ogni modo, la Sottocommissione di voler ritornare sull'argomento e di modificare gli articoli nel senso che, invece di parlare di proprietà privata, si parli di proprietà individuale, per meglio distinguere questa dalle altre due forme di proprietà, che, a suo avviso, sono sempre forme di proprietà privata. Desidererebbe, inoltre, che fosse precisato in che cosa consistano le «forme» della proprietà individuale, che la legge dovrebbe determinare, e in che cosa consistano le «comunità di lavoratori e di utenti», cui la legge potrebbe attribuire la proprietà di beni o di complessi produttivi. Propone, infine, di eliminare le parole «sia mediante riserva originaria», di cui non è facilmente comprensibile il significato, e di modificare nel secondo articolo le parole «i diritti della collettività», perché ritiene che nella Costituzione, che è un documento giuridico, si debbano usare parole giuridiche.

Il Presidente Ghidini chiarisce che la Sottocommissione, pur avendo tenuto presente che la proprietà cooperativa è formalmente proprietà privata, si è anche resa conto, come risulta dall'ampia discussione svolta sull'argomento, che la proprietà cooperativistica si differenzia dalla proprietà privata, secondo la comune accezione di questa espressione, soprattutto in virtù delle finalità di interesse collettivo, non speculativo, che la cooperazione persegue. Ritiene che la dizione «proprietà individuale» sia meno comprensiva di quella di «proprietà privata».

Venendo al secondo comma dell'articolo, esprime l'opinione che debba essere modificato nel senso di sostituire alle parole «le forme» la frase «i modi di acquisto e di godimento»; in proposito osserva che l'espressione «le forme» rappresenta, per così dire, il troncone di una frase più ampia riferita ai modi di acquisto e di uso che fu in parte inavvertitamente omessa.

Sempre al fine di meglio chiarire il pensiero della Sottocommissione, ritiene che il terzo comma dell'articolo possa essere formulato più perspicuamente nel modo seguente: «Per esigenze di utilità collettiva e di coordinamento dell'attività economica, la legge può attribuire agli enti pubblici e alle società cooperative la proprietà di beni e complessi produttivi, sia a titolo originario che mediante esproprio contro indennizzo».

Chiede agli onorevoli Commissari se con la formulazione proposta abbia, come ritiene, esattamente interpretato il pensiero già espresso dalla Sottocommissione.

Dominedò, premesso che tutto il problema dell'eventuale revisione dell'articolo dovrà evidentemente essere sottoposto all'esame dei Commissari nella prossima seduta, osserva specificatamente che per quanto riguarda il mutamento di terminologia da «proprietà privata» in «proprietà individuale», preferirebbe la prima espressione, comprensiva sia della proprietà individuale che di quella sociale, apparendo tale espressione più accettabile sia dal punto di vista formale che da quello intrinseco, in relazione al superamento della visione individualistica del concetto di proprietà: ma ciò a patto di adottare il termine simbolico di proprietà «pubblica» invece che collettiva. Diversamente, starebbe per «individuale» e «collettiva».

Per quanto riguarda il secondo comma, è d'accordo che la dizione «le forme» mal rende il concetto prevalso nella Sottocommissione e sta a rappresentare quasi un relitto risultante dalle diverse formulazioni originariamente proposte, dal momento che la frase, nel suo testo completo, era stata in un primo tempo così concepita: «modi di acquisto e di godimento».

In merito al terzo comma, non ha difficoltà a che, per una ragione di tecnicismo giuridico, in relazione all'attuale stato di cose, si faccia esplicita menzione delle «società cooperative», come nel primo comma, mantenendo eventualmente la ulteriore menzione delle «comunità di lavoratori e di utenti largamente riconosciute». Conviene infine nell'opportunità di sostituire, sempre al terzo comma, per maggiore tecnicismo, l'espressione «a titolo originario» all'altra: «riserva originaria».

Canevari aderisce alle considerazioni dell'onorevole Dominedò e particolarmente alla proposta di aggiungere alla parola «cooperative» le altre «o le comunità di lavoratori e di utenti». Insiste perché sia detto «o» invece che «e», a significare che si presuppone uno sviluppo che la cooperazione potrà avere nel tempo.

Colitto rileva che, ove, nel terzo comma del primo articolo, si intenda parlare, oltre che di società cooperative, anche genericamente di comunità, dovrebbero essere menzionate non solo le comunità di lavoratori, ma anche quelle di datori di lavoro, le une e le altre largamente riconosciute.

Insiste, poi, nel rilevare che le parole «i diritti della collettività», di cui al secondo articolo, sono, oltre che giuridicamente inesatte, anche inutili, perché, dovendo la legge stabilire le norme e i limiti della successione legittima e di quella testamentaria, dovrà la legge stessa stabilire anche i diritti di quella che, sia pure impropriamente, si chiama collettività.

Dominedò si associa alla proposta di rivedere la formula «i diritti della collettività» dell'articolo 2, qualora la Sottocommissione ritenesse di riprendere in esame la disposizione.

Corbi ritiene che, qualora la Sottocommissione decidesse di rivedere la formulazione dei due articoli, sarebbe opportuno riesaminare anche alcuni aspetti sostanziali, quale ad esempio quello che si riferisce agli espropri; poiché, come ebbe già ad affermare nella seduta precedente, l'indennità non deve essere consentita in ogni caso.

Per quanto riguarda la proposta dell'onorevole Colitto, di estendere ai datori di lavoro i benefici che verrebbero concessi a comunità di lavoratori, ad enti cooperativistici, ecc., dichiara di non ritenerla accettabile, in quanto tale proposta verrebbe ad infirmare tutto lo spirito dell'articolo, che ha lo scopo fondamentale di favorire il lavoro degli autentici lavoratori, e non altre categorie. L'estensione di questo beneficio ai datori di lavoro potrebbe rappresentare un serio pericolo per tutta la collettività. Potendo infatti lo Stato cadere esclusivamente nelle mani di forze capitalistiche, egoistiche, queste potrebbero trovare in tale articolo un'arma ed un mezzo potentissimi di accaparramento di mezzi economici a danno della collettività; arma e mezzo potentissimi, mai concessi ai datori di lavoro in altre costituzioni.

Federici Maria si associa alle considerazioni dell'onorevole Dominedò e riconosce esatte le modificazioni proposte dal Presidente rispetto ai concetti accettati dalla Sottocommissione nella precedente seduta.

Merlin Angelina ritiene che, prima di addivenire ad una decisione qualsiasi in materia, si dovrebbe sentire il parere di tutti coloro che hanno votato l'articolo. In merito alle osservazioni fatte, e specialmente a quella concernente i datori di lavoro, si associa pienamente a quanto ha detto l'onorevole Corbi e riconosce che le dichiarazioni del Presidente rispondono al pensiero già manifestato dalla Sottocommissione nella precedente seduta.

Il Presidente Ghidini, non essendosi raggiunto il numero legale per poter prendere qualsiasi decisione in merito alla discussione, rinvia la seduta al giorno successivo, martedì 1° ottobre 1946, alle ore 10.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti