[Il 28 marzo 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo primo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti civili».
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Codacci Pisanelli. [...] Mi soffermerò in particolare sopra la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi e sopra la responsabilità dei pubblici impiegati e delle pubbliche amministrazioni. In altri termini, mi occuperò del 1° capoverso dell'articolo 19 e del 1° capoverso dell'articolo 22. L'uno e l'altro rappresentano profonde innovazioni; ma, nella rinnovazione del nostro sistema, ritengo che gli autori del progetto siano rimasti fedeli ai principî della nostra migliore scuola giuridica.
Per quanto riguarda la formulazione degli articoli, qualche ritocco sarà necessario: le parole non sempre riescono ad esprimere completamente i concetti che vorremmo formulare, ma questi concetti ormai già sono compresi nel progetto della Costituzione, e spetta a noi esprimerli con la maggior precisione possibile.
[...]
E passo ad occuparmi della responsabilità dei pubblici impiegati per gli atti che essi abbiano compiuto nell'esercizio delle loro funzioni.
Si tratta di un articolo veramente innovatore, di un articolo contro il quale non sono mancati gli strali della critica.
Tupini. Non tanti.
Codacci Pisanelli. L'articolo evidentemente rappresenta una profonda innovazione nel nostro campo, ma non è inutile che si costituisca in un certo senso una sanzione, una conferma costituzionale di principî che già in altri campi hanno trovato accoglimento. L'articolo stabilisce, in primo luogo, la responsabilità dei dipendenti dello Stato e degli enti pubblici per gli atti da essi compiuti. La formulazione non può dirsi assolutamente precisa, perché non si intende bene se si tratta soltanto degli atti compiuti nell'esercizio delle pubbliche funzioni attribuite a questi pubblici dipendenti, o se si tratti invece di qualunque atto da essi compiuto.
Evidentemente gli autori del progetto hanno voluto alludere semplicemente al primo significato. Ma, l'articolo non esclude anche per la seconda ipotesi la responsabilità dello Stato e degli enti pubblici; dice, anzi, che essi sono garanti per l'adempimento dell'obbligo di risarcire i danni causati dai loro dipendenti. Sono due principî di particolare interesse perché, in tal modo, viene risolto nella Costituzione il problema della responsabilità dei dipendenti pubblici e della responsabilità dello Stato, in particolare della pubblica Amministrazione.
Nei giorni scorsi ci si è occupati, soprattutto, della difesa dei diritti del cittadino nei confronti dello Stato come giudice, nei confronti dello Stato come legislatore, perché, sancendo i diritti inviolabili dell'uomo e le libertà fondamentali dell'uomo, si è voluto assicurare che il cittadino venga tutelato nei confronti della legislazione, nei confronti della giurisdizione.
Mi sto soffermando oggi, in particolare, sulla tutela del cittadino nei confronti della pubblica Amministrazione, nei confronti, in generale, della terza funzione sovrana, di quella funzione di Governo che comprende l'attività politica e l'attività amministrativa.
L'affermazione relativa ai diritti e agli interessi, contenuta nell'articolo 19, è interessante, anche perché, secondo me, risolve taluni problemi i quali erano stati finora risolti in termini del tutto diversi da quanto sarà consentito quando sarà approvato un simile articolo. In altri termini, mentre in passato si riteneva che di fronte all'attività politica non vi fosse alcun rimedio giurisdizionale — per quanto alcuni tentassero di ammettere, se non altro, il ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria — oggi può ritenersi che una simile affermazione della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi non escluda neppure la possibilità di far valere i diritti dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria e di far valere la tutela degli interessi, ove sia necessario, dinanzi alle magistrature amministrative, delle quali ci occuperemo in seguito perché il progetto ne prevede la conservazione.
Accenno semplicemente al problema dell'atto politico. È noto che bastava la possibilità di qualificare come politico un determinato atto della pubblica Amministrazione, perché i rimedi contro questi atti fossero gravemente limitati, se non addirittura soppressi. Soppressi per quanto riguarda il ricorso al Consiglio di Stato, cioè soppressi per quanto riguarda la tutela degli interessi; ma non completamente soppressi, almeno secondo alcuni, qualora l'atto politico avesse leso diritti. Sennonché molti rispondevano a questa affermazione che l'atto politico era essenzialmente discrezionale e che di fronte all'atto discrezionale non potevano sussistere diritti. In dottrina e nella stessa giurisprudenza si è tentato di replicare a questa affermazione, si è tentato di dimostrare che anche contro l'atto politico, qualora avesse leso diritti, dovrebbe ammettersi, se non altro, la possibilità di ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria.
Ritengo che la disposizione del progetto esaminata, sancendo in generale la possibilità di difesa giurisdizionale per i diritti e per gli interessi, consente anche di risolvere l'annoso problema della tutela del cittadino di fronte ai cosiddetti atti politici.
E, sempre in tema di diritti e di interessi, ritengo che sia ancora utile accennare a una delle questioni che abbiamo risolto questa mattina, cioè alla possibilità di esercizio dell'azione popolare. Nelle modificazioni alla legge comunale e provinciale è stato questa mattina riammesso il principio dell'azione popolare e siccome si tratta di un interesse che appartiene al singolo, in quanto membro di una collettività, ritengo che questo principio sia stato esattamente riaffermato in una Costituzione che si ispira alla concezione della società come solidarietà.
Ma, tornando ai principî della responsabilità, mi permetto di richiamare quali erano i risultati a cui si era giunti secondo il sistema vigente. Non si ammetteva la responsabilità dello Stato, non si ammetteva in passato, per varie ragioni e soprattutto perché si diceva che lo Stato, essenzialmente inspirato al diritto, non poteva commettere atti tali da far sorgere una responsabilità. Si è arrivati a fare la distinzione tra la personalità giuridica cosiddetta privata e la personalità giuridica pubblica dello Stato, tra il fisco e lo Stato propriamente detto, e si ammetteva la responsabilità dello Stato in quanto fisco, mentre la si escludeva in quanto esso agisse quale persona giuridica pubblica.
Successivamente si cominciò a pensare che l'assoluta irresponsabilità dello Stato di fronte al danno eventualmente derivante dall'attività dei suoi dipendenti non poteva essere ammessa, e per varie strade si cercò di giungere a riconoscere la responsabilità della pubblica Amministrazione per i danni arrecati dall'attività dei suoi dipendenti.
Presidente Terracini. Onorevole Codacci Pisanelli, l'avverto che ha già superato il tempo concesso.
Codacci Pisanelli. Ho quasi finito. Si arrivò in tal modo ad ammettere questa responsabilità della pubblica Amministrazione e vi si arrivò ritenendo che gli organi dello Stato esplichino attività pubblica e che questa attività è pubblica e resta attività dello Stato, anche se viziata. Si pensò quindi che gli atti, rimanendo sempre atti statali e in particolare rimanendo atti amministrativi, dovevano far sorgere quell'obbligazione di risarcire i danni derivanti dal proprio operato in cui consiste in fondo la responsabilità.
Fatto questo passo, che portò a riconoscere, in linea generale, la responsabilità della pubblica Amministrazione, si giunse a concludere che, anche nei confronti dei pubblici impiegati, doveva ammettersi il principio della responsabilità e l'obbligo di risarcire i danni derivanti dalla loro attività. Sennonché, quest'obbligo incombeva non sopra un singolo dipendente dallo Stato, almeno per quanto riguarda i terzi, ma sulla stessa Amministrazione. Gli impiegati poi, a loro volta, erano responsabili nei confronti della pubblica Amministrazione per i danni derivanti dalla loro attività.
In base ai principî accolti nel progetto, si ha al riguardo una notevole innovazione, perché gli impiegati non sono soltanto responsabili nei confronti dello Stato o dell'ente pubblico, da cui dipendono, ma sono responsabili nei confronti dei terzi, ai quali siano derivati danni dalla loro attività.
È un principio dalle gravi conseguenze, senza dubbio, ma la gravità delle conseguenze deve essere valutata in relazione al fatto che non si tratta d'una innovazione radicale. Anche per altri impiegati esiste già qualcosa di simile. Non dobbiamo dimenticare che per i dipendenti dello Stato, i quali esplicano la funzione giurisdizionale, cioè per i magistrati, per i cancellieri e per gli stessi ufficiali giudiziari, è stabilita anche oggi la responsabilità personale. Lo stesso principio vale per taluni organi dell'Amministrazione finanziaria, come i conservatori dei registri immobiliari; il conservatore delle ipoteche, ad esempio, è personalmente responsabile. Si è detto che si tratta di ragioni storiche, ma, in ogni modo, si è di fronte a un'ampia categoria di dipendenti dello Stato, i quali sono personalmente responsabili per i danni derivanti dalla loro attività.
Col nuovo sistema non bisogna pensare che venga abbandonato il principio delle responsabilità dello Stato o della pubblica Amministrazione per atti compiuti dai suoi dipendenti; viceversa, il principio viene integrato con l'altro della responsabilità estesa anche alle persone fisiche preposte ai pubblici uffici.
A questo proposito può essere interessante osservare come, per quanto riguarda la responsabilità nel campo del diritto pubblico, si sia arrivati ad ammettere anche la responsabilità per atti legittimi. Cioè: non soltanto dalla iniziale esclusione completa d'una responsabilità degli organi statali si è arrivati ad ammettere questa responsabilità in caso di atti illegittimi, ma si è giunti fino ad ammettere la responsabilità per atti legittimi.
Basti pensare alla espropriazione per pubblica utilità, un istituto che potrà esserci molto utile per gli sviluppi ai quali si presta; basti pensare che in questo campo abbiamo, in fondo, atti senza dubbio legittimi, perché previsti dalla legge, dai quali deriva, però, un danno per i singoli, danno che deve essere risarcito.
È il principio, appunto, della responsabilità per atti legittimi.
Presidente Terracini. La prego di concludere, onorevole Codacci Pisanelli...
Codacci Pisanelli. Completo subito; purtroppo i due argomenti che ho toccato sono abbastanza complessi. Si tratta qui di un principio abbastanza nuovo, che mi proporrei di illustrare.
Presidente Terracini. Non c'è argomento trattato dai colleghi che non sia molto importante; tuttavia, ciascuno deve cercare di svolgere il proprio argomento entro i limiti di tempo stabiliti.
Codacci Pisanelli. Sto per concludere. Per quanto riguarda la responsabilità personale degli impiegati, non dobbiamo meravigliarci. Teniamo presente che qualcosa di simile avviene anche in sistemi diversi dal nostro.
In Inghilterra da secoli si applica questo principio, fin da quando, nel 1763 ci fu il famoso contrasto tra Giorgio III ed uno dei deputati, il Wilkes, il quale scrisse un articolo contro il re. Il re dispose, attraverso il primo ministro, perquisizioni domiciliari e arresti; il Parlamento insorse; l'autorità giudiziaria dichiarò la incostituzionalità della esecuzione dell'ordine impartito di eseguire quei sequestri e condannò colui il quale aveva eseguito l'ordine al risarcimento dei danni.
Risale a questo tempo l'affermazione del principio della responsabilità personale dei pubblici impiegati per gli atti da essi compiuti. Il sistema anglosassone è rimasto completamente diverso dal nostro. Secondo tale sistema, non deve ammettersi un diritto amministrativo, in quanto si ritiene che questo sistema giuridico serva a garantire quasi una tirannia della pubblica amministrazione; e si ritiene preferibile estendere a tutti il solo diritto privato, detto «legge comune». Le necessità storiche hanno però imposto anche in quel sistema l'adozione di principî analoghi ai nostri, per cui si è venuto a formare un diritto amministrativo, tanto che vi sono oggi anche in Inghilterra cattedre universitarie di diritto amministrativo.
Ma il nostro sistema, senza dubbio evoluto, perché (cosa che non si riscontra in altri ordinamenti) consente persino la tutela degli interessi discrezionalmente protetti, può essere opportunamente integrato con il principio della responsabilità personale dei pubblici impiegati di fronte ai cittadini; principio non nuovo, perché, come ho già detto, esiste già nell'amministrazione della giustizia.
Integrando i due principî, ritengo che noi otterremo di migliorare il nostro sistema di giustizia amministrativa, il quale ha fatto molti passi avanti, ma che, come la realtà ci dimostra, non è ancora sufficiente ad assicurare quella giustizia sociale alla quale aneliamo.
Ho voluto volgere uno sguardo al passato, esponendo quello che è lo stato della nostra legislazione e quelli che sono i risultati raggiunti dalla nostra dottrina. E questo ho fatto, non già per ammirazione verso il passato, ma solo per far notare a quali risultati fossero giunti coloro che ci hanno preceduto e perché sia in tal modo maggiore la spinta che deve animarci verso ulteriori conquiste per l'attuazione di quell'ideale della giustizia nell'amministrazione, perseguito con tanto entusiasmo nel secolo scorso e che noi dobbiamo perseguire oggi con non minor decisione.
Ad ogni modo, da queste mie considerazioni, ritengo si possa trarre la conclusione che molte conquiste sociali sono dovute ai giuristi, i quali, anche lontani dalla vita normale, perché spesso rinchiusi nelle biblioteche, non cessano di rappresentare un anelito verso quella ricerca della verità che per loro è la giustizia di cui non debbono mai dimenticarsi, anche se preoccupati soprattutto di stabilir la certezza.
All'aspirazione della giustizia noi dobbiamo ispirarci, ed a tali principî si ispira la nostra Costituzione; la quale, appunto con la tutela dei diritti e degli interessi, con l'assicurazione della responsabilità personale dei pubblici impiegati, tende a realizzare il nostro ardente anelito di giustizia che, secondo la divina promessa, sarà certamente appagato. (Applausi al centro).
A cura di Fabrizio Calzaretti