[Il 12 giugno 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente inizia la votazione degli ordini del giorno presentati sul Titolo quinto della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Le Regioni e i Comuni».]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica Italiana.

Come è noto, dobbiamo affrontare la votazione dei numerosi ordini del giorno che sono stati presentati in relazione al Titolo V: «Le Regioni e i Comuni». È la prima volta che, nel corso della discussione sul progetto di Costituzione, ci troviamo di fronte ad una votazione di questo genere, la quale deve essere risolta come questione di principio, da cui deriveranno conseguenze varie, a seconda dell'ordine del giorno che sarà accettato.

Gli ordini del giorno possono essere considerati in gruppi distinti.

Gli ordini del giorno che, movendo da considerazioni molto diverse, propongono la soppressione dell'intero Titolo rimettendo alla prossima Assemblea legislativa l'esame della struttura amministrativa dello Stato sulla base regionale, sono quelli presentati dagli onorevoli Abozzi, Nitti e Rubilli.

Gli ordini del giorno degli onorevoli Nobile e Nobili Tito Oro propongono di inserire nella Costituzione un articolo che affermi la modificazione strutturale del nostro Stato, con l'accettazione del nuovo Ente regionale. Mentre però l'onorevole Nobili Tito Oro propone di conservare l'articolo 106 del progetto, come garanzia dell'osservanza di tale indirizzo, l'onorevole Nobile propone genericamente di formulare un articolo che rinvii l'ordinamento regionale ad una legge costituzionale da discutersi ed approvarsi dal futuro Parlamento.

Gli ordini del giorno degli onorevoli Grieco e Bozzi propongono di inserire nella Costituzione i principî relativi all'ente Regione rinviando alla legge ogni altra determinazione.

L'onorevole Russo Perez propone, in sostanza, la Regione facoltativa. Infatti, mentre riconosce le autonomie della Sicilia, della Sardegna, del Trentino-Alto Adige e della Valle d'Aosta, propone che le norme del Titolo V si applichino a quei gruppi di territorio del nostro Paese che ne facciano esplicitamente richiesta in questo senso.

Vi sono, poi, gli ordini del giorno degli onorevoli Zuccarini, Lami Starnuti, Conti, Piccioni, Cassiani, Caccuri ed altri i quali accettano, nel loro complesso, le disposizioni del Titolo V, e propongono che, riconosciuta in via di principio la necessità dell'istituzione della Regione, si passi all'esame degli articoli del progetto.

Ritengo che noi dobbiamo procedere adesso alle conclusioni della lunga discussione generale sul Titolo V ponendo per primi in votazione gli ordini del giorno i quali propongono la soppressione del Titolo. Da questo punto di vista, ritengo che l'ordine del giorno proposto dall'onorevole Abozzi sia il più radicale, in quanto con esso non solo si esclude la necessità e l'utilità della costituzione dell'ente Regione, ma si propone che l'Assemblea deliberi di affermare che la Repubblica attuerà un largo decentramento a base provinciale. L'onorevole Abozzi, in sostanza, contrappone nettamente la Provincia alla Regione ed esclude, per oggi e per l'avvenire, la possibilità della istituzione dell'ente Regione.

Gli ordini del giorno Nitti e Rubilli non sono così radicali. L'onorevole Nitti propone di rinviare alla futura Camera legislativa l'esame del problema dell'autonomia regionale e cioè lascia aperto l'adito, come possibilità, all'accoglimento dell'ente Regione da parte della futura Camera. Analogo rinvio propone l'onorevole Rubilli.

Per questo, ritengo che l'ordine del giorno Abozzi debba avere la precedenza, a meno che i presentatori degli ordini del giorno di questo primo gruppo non ritengano di poter unificare le loro posizioni in modo che si risolva con unica votazione la questione pregiudiziale: se la Costituzione debba mantenere o escludere la creazione dell'ente Regione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Debbo riferire brevemente sopra i lavori del Comitato dei diciotto portati a termine nelle quarantott'ore che gli erano state concesse per poter giungere a qualche accordo. Debbo ricordare i precedenti, che stamane il Comitato ha riassunti per cercare di avviarli ad una concorde soluzione.

Messa ai voti in seno alla seconda Sottocommissione, la proposta di istituire l'ente Regione ebbe l'unanimità meno il solo voto dell'onorevole Nobile. L'unanimità vi fu da parte dei rappresentanti di tutti i partiti: dei democristiani, dei repubblicani e degli azionisti, che erano i più accesi nell'idea della Regione, ma anche dei comunisti, socialisti, liberali, demolaburisti, qualunquisti e di tutti gli altri Gruppi. Il voto avvenne sopra un ordine del giorno Piccioni, che, naturalmente, vincola oggi quelle che devono essere le conclusioni del Comitato.

Incominciata la discussione in merito, si delineò un dissenso che fece capo a due correnti, a due binari principali, riguardante principalmente le funzioni legislative da attribuire alla Regione: una corrente sosteneva che la Regione dovesse avere in certe materie una facoltà legislativa esclusiva, diretta, propria, sia pure nei limiti dei principî generali dell'ordinamento giuridico dello Stato. Un'altra sosteneva che lo Stato dovesse rimanere sempre sovrano nello stabilire le norme legislative; e che alla Regione potesse spettare soltanto una funzione secondaria di integrazione ed applicazione per adattare le norme generali ed i principî delle leggi dello Stato ai bisogni ed alle condizioni locali. Si sono seguiti questi due binari nella discussione in seno alla Commissione dei settantacinque e la prima tendenza vinse per due voti. Si disse allora: la questione sarà portata nuovamente davanti alla Assemblea Costituente, che sceglierà tra le due soluzioni.

La questione però non è così semplice. Vi sono state delle complicazioni che il Comitato ha dovuto prendere in esame. La prima complicazione — sopra cui sembra delinearsi l'unanimità dell'Assemblea — è di conservare l'ente Provincia. Questo concetto, di cui era tenace sostenitore l'onorevole Targetti, ha guadagnato il consenso generale, ed è ormai accettato da tutte le tendenze. Tale orientamento fa sorgere altri problemi; bisogna evitare che si formi una terza pesantissima ruota o gradino burocratico. Saranno questioni da esaminare a suo tempo. Resta intanto fermo che l'ente Provincia rimane.

Sono poi rifermentati i temi che dividevano le due posizioni fondamentali. Riferirò rapidamente a questo riguardo. Vi sono tre articoli da tener presenti: gli articoli 109, 110, 111 del progetto; dove sono delineati tre tipi di legislazione: l'esclusiva, la concorrente, l'integrativa. Le tre designazioni sono più o meno esatte, come terminologia giuridica. Ciò che importa è la sostanza.

Che cosa sarebbe la competenza esclusiva? In una zona, sia pur ristretta, di determinate materie, lo Stato non potrebbe legiferare. Lo potrebbe soltanto la Regione, ma con ciò la sua potestà legislativa non sarebbe illimitata; avrebbe — oltre il limite delle materie — quello di non essere in contrasto con la Costituzione, con l'ordinamento giuridico generale dello Stato, coi trattati internazionali, nonché con gli interessi dello Stato e con quelli di altre Regioni. Questo il contenuto dell'articolo 109.

I democratici cristiani, i repubblicani, e gli altri più spinti autonomisti si sono dichiarati, nelle ultime adunanze del Comitato, disposti a rinunciare alla legislazione esclusiva, purché si conservassero le altre due forme: quelle cioè della legislazione concorrente e di quella integrativa, cercando di farne una sola, in modo di andare al di là della pura integrazione, che appariva a qualcuno essere poco più di un regolamento. Così si è presentata la questione in seno al Comitato.

Per quanto riguarda la legislazione concorrente (come ha detto anche il collega Ambrosini) non si può intenderla in un senso meramente letterale. Vuol dire che in date materie la Regione può legiferare come vuole, salvo che la legge dello Stato intervenga per stabilire principî e criteri generali, per stabilire una certa uniformità tra le legislazioni regionali. Quanto al terzo tipo, quello della legislazione integrativa, la Regione avrebbe una potestà che, pur chiamandosi legislativa, sarebbe soltanto di dettar norme di integrazione e di applicazione delle norme più generali stabilite dalla legge dello Stato. Con ciò si potrebbero dalla Regione, sempre in determinate materie, adottare norme, non contra legem, ma praeter legem; e cadrebbe fra l'altro, per quelle materie, la facoltà di regolamentazione dello Stato.

Le correnti autonomiste più accentuate non si sono, neppure in via d'accordo, potute accontentare di questo tipo di legislazione integrativa, che — han dichiarato — non sarebbe che una semplice potestà regolamentare; a cui il nome di legislazione servirebbe da pennacchio. Si sono bensì dichiarate pronte ad accettare una formula intermedia fra la legislazione concorrente e l'integrativa, ed in certo modo comprensiva di ambedue, nel senso che la Regione avrebbe potestà legislativa, in date materie, entro i limiti dei principî, delle direttive, stabilite dalle leggi dello Stato. Notevole passo: in quanto caduta la legislazione esclusiva, allo Stato resterebbe la legislazione primaria in ogni campo; e la Regione non avrebbe che facoltà secondaria di legiferare (o regolamentare che si sia) nei limiti stabiliti dallo Stato stesso.

Questa formula non è stata accettata dai meno favorevoli all'autonomia: i comunisti e i socialisti, i quali hanno bensì riconosciuto che in tal modo verrebbe ridotta la facoltà legislativa della Regione; ma in certe materie lo Stato non potrebbe che stabilire limiti (i quali sarebbero in sostanza limiti a se stesso); e la Regione avrebbe diritto a che quei limiti non fossero varcati. Formula ambigua, han detto i comunisti e socialisti; se si vuol dire che la Regione può dettar norme di adattamento alle situazioni locali, entro l'ambito delle norme che lo Stato crederà opportuno di fissare, va bene; e va bene che lo Stato si atterrà di solito ai criteri generali; ma non può farsi una barriera e lasciare, ad esempio, alla Corte costituzionale di decidere se lo Stato aveva o no diritto di porre quei limiti. Lo Stato deve essere il solo giudice, in qualsiasi caso, della opportunità di una sua autolimitazione.

Ecco il punto che ha impedito di giungere ad un accordo; per quanto, come vedete, le due posizioni si siano avvicinate.

Debbo, per completezza di riferimento, far noto che democratici cristiani e repubblicani, mancato l'accordo, si sono riservati di riprendere libertà di atteggiamento, nell'ulteriore discussione.

Debbo altresì aggiungere che i liberali, nell'ultima adunanza di Comitato, hanno esplicitamente dichiarato che non avrebbero acceduto ad alcuna formula di eventuale accordo, ed avrebbero votato l'ordine del giorno per il rinvio completo della questione all'esame della futura Assemblea legislativa.

Aggiungo infine che, personalmente, sono favorevole alla formula su cui avevo ottenuto l'assenso dei democristiani e dei repubblicani, in quanto essa non è ambigua, ma soltanto elastica; ed è con la concreta sperimentazione dei limiti legislativi fra Stato e Regione che si potrà, a mio avviso, dar solida base all'ente regionale.

Veniamo ora agli ordini del giorno che, con la sua consueta lucidità, il nostro Presidente ci ha riassunti. Qual è al riguardo l'atteggiamento del Comitato? È evidente che non può non essere conseguente a quello assunto a suo tempo ad unanimità dalla Commissione. Se pertanto la Commissione ha deciso l'istituzione dell'ente Regione, non può evidentemente il Comitato proporvi di approvare degli ordini del giorno che rinviano o addirittura rigettano l'istituzione della Regione.

Degli ordini del giorno, il primo che dovrà esser messo in votazione è quello a firma dell'onorevole Abozzi. Esso è una vera proposta negativa, ed una reiezione, perché dice: la Regione non è necessaria; è necessaria la Provincia; e non si deve mutare l'assetto attuale.

V'è poi l'ordine del giorno dell'onorevole Rubilli, il quale afferma anche esso che la Regione non è necessaria, ma tende a lasciare impregiudicata la questione, commettendone la soluzione alla futura Assemblea legislativa normale.

Abbiamo poi l'ordine del giorno dell'onorevole Nitti, il quale si basa sull'incertezza della discussione e propone esso pure il rinvio: ma si presenta in certo modo con un grado di attenuazione rispetto ai precedenti.

Si ha ancora l'ordine del giorno presentato dall'onorevole Nobile, il quale propone il rinvio per affrettare i lavori della Costituente; è dunque un rinvio ancora più attenuato.

Continuando su di una scala sottile di attenuazioni, l'ordine del giorno Nobili Oro afferma la necessità del decentramento e delle autonomie in una forma generale, ma rinvia.

Sopra questi ordini del giorno il Comitato non può dire altro che contrastano con le decisioni originarie della Commissione.

Vi sono poi due ordini del giorno: Grieco-Laconi e Bozzi, che hanno qualche affinità tra loro; in quanto stabiliscono alcuni principî, rinviando tutta la determinazione dei particolari a leggi future, La proposta Grieco-Laconi ammette la Provincia, stabilisce che la legislazione deve essere soltanto integrativa e che la determinazione delle funzioni amministrative non deve essere fatta dalla Costituzione, ma da apposite leggi. L'ordine del giorno Bozzi, in complesso, accetta questo ordine di idee, aggiunge soltanto la formula «nei limiti dei principî generali e direttivi fissati dallo Stato», che è un passo avanti sopra quella che era la semplice integrazione legislativa, e sembra avvicinarsi a la soluzione accettata dai democristiani e dai repubblicani; ma accentua il rinvio; sollevando con ciò le riserve di tali Gruppi.

Ho cercato di essere molto esatto. Il Comitato, in coerenza a quello che si è stabilito fin da principio, non può ammettere reiezioni o rinvii massicci. Pel resto vi lascia liberi di decidere come credete.

Vi sono poi altri ordini del giorno, che si riferiscono a motivi particolari: quello Cassiani che richiama la questione del Mezzogiorno. Il Comitato non si oppone ad una affermazione in tal senso; che comunque non tocca il tema specifico della Regione. Vi è poi l'ordine del giorno Caccuri, che vuol evitare lo sminuzzamento delle regioni. Ma questo sarà un punto concreto che si dovrà trattare più in là.

V'è un ordine del giorno Russo Perez che, come ha detto benissimo il Presidente, rappresenta l'istituzione di una Regione facoltativa. Il Comitato non può accettarlo, perché questa è una proposta che è stata a suo tempo portata in seno alla Commissione e respinta.

Vengono poi gli ordini del giorno che accolgono in pieno il concetto della Regione e passano alla discussione degli articoli: Zuccarini, Piccioni, Conti, Lami Starnuti. Qui abbiamo un'accentuazione diversa, Un colorito più o meno vivo. E risorge in via generale un dissenso perché i comunisti ed altri dichiarano di desiderare che nell'ordine del giorno siano stabiliti alcuni principî direttivi e non un rinvio puro e semplice agli articoli.

Io vi ho riferito qual è la posizione del Comitato: non accettare gli ordini del giorno di reiezione e di rinvio puro e semplice; per gli altri, non essendoci l'accordo, ciascuno si regolerà come crede.

Presidente Terracini. Gli ordini del giorno che ritengo debbano essere in un primo tempo posti in votazione sono i seguenti:

«L'Assemblea, convinta che l'istituzione dell'ente Regione non risponde alle attuali necessità politiche, economiche e sociali della Nazione,

che l'onte Provincia — aggruppamento di interessi locali unitari e naturali — deve essere allargato e potenziato,

delibera di affermare in un articolo di Costituzione che la Repubblica attuerà un largo decentramento a base provinciale.

«Abozzi».

«L'Assemblea Costituente,

considerato che l'istituzione dell'ente Regione non risponde ad alcuna necessità che si sia realmente manifestata, e non può seriamente ritenersi in alcun modo richiesta o reclamata dal popolo italiano;

che i giusti ed opportuni criteri di decentramento potranno essere attuati indipendentemente dalla creazione di enti regionali;

che ad ogni modo, per ora almeno, una grande riforma come quella che si prospetta per le Regioni non appare, anche secondo il progetto, ben ponderata nelle sue non lievi conseguenze dal punto di vista politico, amministrativo e specialmente finanziario, sicché non sembra possibile, di fronte alle enormi difficoltà del periodo che si attraversa, lanciarsi con leggerezza incontro ad incognite preoccupanti è pericolose;

delibera, anche senza affermazioni vaghe e generiche, le quali potrebbero rappresentare inopportuni ed affrettati vincoli, che sia rinviato senz'altro alla Camera legislativa l'esame di pratici, concreti e completi progetti di legge, sia pure di carattere costituzionale, per un oculato decentramento, che giunga, se possibile, anche ad una riforma regionale, ed intanto sia stralciato dalla Costituzione in esame l'intero Titolo V, relativo alle Regioni e ai Comuni.

«Rubilli».

«L'Assemblea Costituente; tenendo conto della incertezza emersa dalla discussione dinanzi al problema dell'autonomia regionale, riconoscendone la gravità e l'importanza, delibera di rinviarne l'esame alla futura Camera legislativa.

«Nitti».

Onorevole Abozzi, mantiene il suo ordine del giorno?

Abozzi. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Chiedo se vi siano osservazioni in merito allo svolgimento di questa parte dei nostri lavori.

Morelli Renato. Chiedo di parlare per fare una proposta.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Morelli Renato. Vorrei fare una proposta per quanto riguarda gli ordini del giorno Nitti e Rubilli.

Mi pare che questi due ordini del giorno mettano a punto una questione che per la prima volta viene all'esame dell'Assemblea. Vi è stata finora un'ampia discussione di tutto il problema nei suoi vari aspetti, discussione alla quale hanno partecipato moltissimi parlamentari, tra gli altri statisti, economisti, giuristi; ma oggi noi ci troviamo a dover decidere il problema preliminare, e cioè se l'autonomia regionale debba essere in questo momento deliberata, oppure se si possa rinviarne la deliberazione ad altro tempo. Questa impostazione è contemplata chiaramente dagli ordini del giorno Nitti e Rubilli: ora io vorrei proporre che questi due ordini del giorno fossero fusi in un solo, e ne rivolgo preghiera agli autori, affinché l'Assemblea venga posta senza equivoco di fronte alla possibilità di rinviare ogni decisione circa la istituzione delle Regioni al futuro Parlamento.

A questo proposito brevemente vorrei esporre il mio punto di vista per quanto riguarda la opportunità del rinvio. Me ne dà occasione la relazione dell'onorevole Ruini, il quale ha accennato alla votazione che c'è stata sulla questione preliminare e ha ricordato che tutti i partiti si sono trovati d'accordo. Noi liberali non vogliamo oggi smentire questo atteggiamento. In realtà i liberali sono stati d'accordo sulla esistenza del problema ed hanno votato nella Commissione per il principio generale dell'autonomia, ma questo principio è stato poi consacrato in tutto un sistema di norme, e queste norme, così come sono andate cristallizzandosi nel progetto, presentano dei pericoli, che sono stati illustrati dall'onorevole Einaudi, pericoli che rendono perplessi di fronte alla gravità e all'importanza di una riforma che può risolversi in un danno per la unità.

Quindi, in linea generale, noi non neghiamo l'esistenza di un problema dell'autonomia: soltanto ci domandiamo se possa essere risolto nell'attuale momento. In realtà è il primo problema veramente grave che affronti l'Assemblea Costituente, perché è un problema di fisionomia e di struttura del nuovo Stato italiano e si può dire che la stessa logica delle cose ha portato all'esame di questo Titolo del progetto, prima degli altri Titoli, sebbene fosse stato collocato alla fine.

Ora, io mi domando, come meridionale e come italiano, se questo sia il momento più opportuno per decidere dell'autonomia regionale. Come meridionale me lo domando in quanto il mio animo è preoccupato da una decisione che potrebbe danneggiare gravemente gli interessi del Mezzogiorno.

Nel Mezzogiorno d'Italia la necessità di un'autonomia regionale non è nella coscienza pubblica... (Interruzioni Commenti a sinistra).

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, possiamo considerare come dichiarazione di voto questa dell'onorevole Morelli.

Morelli Renato. In realtà io anticipo una dichiarazione di voto, e per questo considero soltanto alcuni aspetti del problema: quelli riguardanti la decisione sulla opportunità del rinvio, che è la questione sottoposta in questo momento all'esame dell'Assemblea.

Ebbene, mi pare che non sia il caso di decidere della Regione perché — parlo da meridionale — nel Mezzogiorno d'Italia la necessità di un'autonomia regionale non è profondamente sentita e se qualche cosa notiamo, in proposito, è un sentimento di ribellione per le ingiustizie dei governi del passato, di reazione al centralismo eccessivo del regime fascista, e d'altra parte una certa resistenza (che dobbiamo serenamente constatare) in alcuni piccoli gruppi retrivi che vorrebbero estraniarsi dalla vita dello Stato nel momento in cui vi è la probabilità di riforme dell'ordinamento economico e sociale.

Per quanto riguarda la ribellione alle ingiustizie, io trovo che il Mezzogiorno d'Italia non avrà nulla da guadagnare dalle autonomie, perché vi sono problemi gravissimi che bisognerà risolvere, se si vorrà creare un insieme di condizioni tali da rendere possibile una vita civile, problemi gravissimi che sarà possibile risolvere soltanto come problemi nazionali, non come problemi regionali. Occorrerà, tra l'altro, attuare un vasto programma di lavori pubblici, che comprenda l'apertura di strade, la costruzione di ponti, di acquedotti, di scuole: starei per dire che bisognerebbe introdurre nella Costituzione un apposito articolo che assicurasse a tutta l'Italia un intervento dello Stato per creare il minimo di condizioni necessarie per lo svolgimento della vita civile. Vi sono nel Mezzogiorno, ad esempio nella regione alla quale io appartengo, paesi nei quali mancano le cinte ai cimiteri.

L'autonomia regionale non sarà di ostacolo alla impostazione di questo complesso problema meridionale, oggi aggravato dalle gravi distruzioni della guerra, come di un problema nazionale?

Il Mezzogiorno d'Italia ha inoltre sofferto per l'eccessivo centralismo del regime fascista, ma si potrà ovviare alle conseguenze di questo centralismo eliminando per l'avvenire quei vincoli e quelle bardature. Vi sono infine le tendenze retrive di alcuni i quali temono che un eventuale nuovo soffio di vita possa facilmente arrivare dal centro alla periferia, e a tali tendenze occorre naturalmente opporsi.

A parte tutto ciò, che vi sia una coscienza regionale non si può dire, perché tutte le segnalazioni, tutte le raccomandazioni, tutti i voti (ed è da tenere presente tra l'altro che l'unica inchiesta svolta in proposito, quella della Commissione del Ministero della Costituente, fu molto limitata, e, tra l'altro, che dei 5 mila questionari all'uopo trasmessi in tutta Italia, appena 1621 ne tornarono)... (Interruzione) ...tutte le segnalazioni, tutte le raccomandazioni, tutti i voti dimostrano la tendenza di alcuni raggruppamenti di Province, più spesso di Comuni, a cercare una loro libertà di azione. Ma non si tratta della richiesta di autonomia da parte di singole ben definite regioni.

Come italiano non mi pare sia questo il momento più opportuno per attuare una così radicale riforma dell'ordinamento dello Stato: oggi sono più che mai necessarie per noi l'unità legislativa e l'autorità. Ecco perché mi auguro che gli ordini del giorno Nitti e Rubilli siano fusi, in modo da porre chiaramente all'Assemblea il quesito del rinvio. E se la votazione avverrà per scrutinio segreto ciascuno di noi, nel risolverlo, sarà posto di fronte al giudizio non del proprio partito, o del corpo elettorale, ma della propria coscienza di italiano.

Presidente Terracini. Dobbiamo ora passare alla votazione dell'ordine del giorno Abozzi.

Gli onorevoli Castiglia e Cannizzo propongono di sostituire, nella prima parte di questo ordine del giorno, alle parole: «dell'ente Regione» le altre: «dell'ordinamento regionale» e di aggiungere in fine, dopo le parole: «a base provinciale», le altre: «ferma restando l'autonomia regionale già attuata in Sicilia».

Onorevole Abozzi, accetta questi emendamenti?

Abozzi. Ho sempre sostenuto che l'autonomia siciliana poteva essere una prova per decidere sull'opportunità di creare o meno la Regione. Aderisco agli emendamenti proposti.

Presidente Terracini. Allora, l'ordine del giorno Abozzi resta così formulato:

«L'Assemblea, convinta che l'istituzione dell'ordinamento regionale non risponde alle attuali necessità politiche, economiche e sociali della Nazione,

che l'ente Provincia — aggruppamento di interessi locali unitari e naturali — deve essere allargato e potenziato,

delibera di affermare in un articolo di Costituzione che la Repubblica attuerà un largo decentramento a base provinciale, ferma restando l'autonomia regionale già attuata in Sicilia».

Rubilli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rubilli. Prima che si ponga in votazione il mio ordine del giorno, sostanzialmente uguale a quello dell'onorevole Nitti, mi permetterò di domandare la parola per dichiarazione di voto.

Ma adesso desidero solo fare un'osservazione, sottoponendola a lei, onorevole Presidente.

A me pare che si debba votare prima sull'ordine del giorno Nitti e mio, perché l'ordine del giorno Abozzi fa delle affermazioni e porta a delle decisioni, mentre il nostro è di rinvio. Voglia valutare lei, onorevole Presidente, se sia esatto o meno quello che dico. Ripeto, il nostro ordine del giorno è di rinvio senza che sia pregiudicata alcuna questione, e senza che sia fatta affermazione di sorta. È evidente quindi che la votazione del nostro ordine del giorno dovrebbe precedere quella dell'ordine del giorno dell'onorevole Abozzi.

Presidente Terracini. Prima di risolvere il quesito proposto dall'onorevole Rubilli, darò la parola agli onorevoli deputati che la chiederanno, pregandoli di dire ciò che pensano sulla questione, che non mi sembra di soluzione facile. Infatti, se ci fermiamo ai «considerando», ritengo che l'ordine del giorno dell'onorevole Abozzi debba avere la precedenza; se si considera, invece, la parte relativa alle conclusioni, l'ordine del giorno Rubilli e quello dell'onorevole Nitti possono avere essi la precedenza. Ma, evidentemente, non possiamo disarticolare così i documenti: dobbiamo vederli nel loro complesso, e allora dobbiamo riconoscere che ciascuno ha qualcosa che fa legittimare la precedenza, ma anche qualcosa che ne farebbe subordinare la votazione.

Persico. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Persico. L'ordine del giorno Abozzi seppellisce per sempre la Regione e lascia solo la Provincia, che è l'ente autarchico attualmente esistente, dando ad essa nuove facoltà ed attribuzioni e creando una larga autonomia provinciale. È un concetto preciso il quale toglie per sempre la possibilità che in Italia si formi un ente Regione.

Gli ordini del giorno dell'onorevole Nitti e dell'onorevole Rubilli non escludono che in avvenire la Regione possa essere creata.

Nell'Assemblea vi è molta incertezza nella materia in esame. Ho voluto fare un conto: 31 oratori hanno parlato a favore della Regione, 21 contro. (Commenti).

Presidente Terracini. Onorevole Persico, non anticipi il risultato della votazione. (Si ride).

Persico. Ho voluto rilevare la incertezza che vi è nell'Assemblea. (Commenti).

Presidente Terracini. È certo che l'argomento è molto interessante e preoccupa tutti.

Persico. In conclusione ritengo che gli ordini del giorno Nitti e Rubilli siano veramente pregiudiziali, in quanto rinviano alla futura Camera legislativa l'ordinamento regionale proposto dalla Commissione; mentre l'ordine del giorno dell'onorevole Abozzi non parla di Regione e propone un nuovo ordinamento, del quale si potrebbe discutere soltanto qualora fosse già stato approvato l'ordine del giorno Rubilli. Quindi ritengo che prima debbano votarsi gli ordini del giorno Rubilli e Nitti e poi quello Abozzi.

Lussu. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lussu. Io penso, modestamente, che abbia ragione il collega onorevole Rubilli quando propone che sia votato innanzitutto il suo ordine del giorno abbinato con quello dell'onorevole Nitti e non già quello dell'onorevole Abozzi.

Infatti, l'ordine del giorno dell'onorevole Abozzi entra già nel merito della questione che abbiamo proposto e discusso. Gli ordini del giorno, invece, presentati dall'onorevole Rubilli e dall'onorevole Nitti rinviano senz'altro la discussione al futuro Parlamento senza entrare in merito.

Ma io ho preso la parola anche per un'altra questione: nella eventualità che la proposta dell'onorevole collega Rubilli sia respinta e si voti sull'ordine del giorno Abozzi, io pregherei i colleghi onorevoli Castiglia e Cannizzo, che hanno proposto alcune modifiche, di ritirarle. Essi infatti, accennando all'autonomia regionale già attuata in Sicilia, dimenticano che la Sardegna è abbinata indissolubilmente alla Sicilia; dimenticano che la Val d'Aosta, con provvedimenti legislativi normali, ha già avuta un'autonomia, che non può non essere mantenuta, e dimenticano che impegni internazionali obbligano il nostro Paese a tener conto della situazione particolare dell'Alto Adige-Trentino.

Arata. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Arata. Per quanto riguarda la questione della precedenza della votazione, penso anche io che questa precedenza spetti all'ordine del giorno Nitti-Rubilli.

Per quanto riguarda in concreto l'ordine del giorno Abozzi, appunto perché sono favorevole completamente allo spirito che informa quest'ordine del giorno, appunto perché penso che l'ordinamento futuro amministrativo dovrà basarsi in modo essenziale sulla Provincia, ritengo che la Costituente dovrà affrontare in pieno questo problema e regolare l'istituzione dell'ente autarchico provinciale, e pertanto in relazione alla domanda dell'onorevole Abozzi di rinviare al Parlamento la regolamentazione dell'autonomia provinciale, voterò contro.

Gullo Rocco. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gullo Rocco. Anch'io sono dell'opinione che debba avere la precedenza l'ordine del giorno Rubilli, ma non sento il bisogno di spiegarne ancora le ragioni perché ognuno di noi si è formata un'opinione al riguardo e può questa opinione esprimerla col proprio voto. Devo aggiungere la mia preghiera all'esortazione fatta dall'onorevole Lussu ai colleghi Castiglia e Cannizzo circa l'aggiunta all'ordine del giorno Abozzi, sempre nel caso che l'ordine del giorno Abozzi abbia la precedenza. Ed aggiungo che mentre sono — e siamo molti siciliani — d'accordo con lo spirito che ha dettato questa aggiunta proposta dagli onorevoli Castiglia e Cannizzo all'ordine del giorno Abozzi, teniamo però a sottolineare che in questo momento non ci sembra opportuno affrontare questa questione così incidentalmente e, oso dire, superficialmente, anche perché si potrebbero determinare delle confusioni, in quanto quelli che voteranno contro l'ordine del giorno Abozzi potranno apparire votanti anche contro questo inciso Castiglia-Cannizzo. Così anch'io, come deputato siciliano, unisco la mia preghiera all'esortazione Lussu che si ritiri questa aggiunta all'ordine del giorno Abozzi che potrebbe creare delle incertezze.

De Caro Raffaele. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

De Caro Raffaele. In risposta all'invito fatto dall'onorevole Presidente di esprimere un'opinione circa la precedenza dell'ordine del giorno da votare, mi permetto osservare che l'ordine del giorno Abozzi dovrebbe avere la precedenza qualora però si votasse per divisione, nel senso cioè che si votasse la prima parte, che è negativa dell'ordinamento regionale, e non si votasse la seconda parte per le ovvie ragioni prospettate dall'onorevole Gullo Rocco. Se si vota per divisione, esprimo l'opinione che debba votarsi in precedenza l'ordine del giorno Abozzi che è definitivo. Se non si vota per divisione, mi permetto esprimere l'opinione che si debbano votare prima gli ordini del giorno Nitti e Rubilli.

Presidente Terracini. Di fronte all'opinione espressa dai colleghi che hanno parlato, ritengo si possa aderire alla proposta di votare in precedenza l'ordine del giorno Rubilli, al quale l'onorevole Nitti dà la propria adesione, e che diventa quindi un ordine del giorno Rubilli-Nitti.

Desidero però far rilevare la ragione per la quale ritenevo di dare la precedenza all'ordine del giorno Abozzi. In realtà il rinvio proposto dagli onorevoli Nitti e Rubilli ad una Assemblea ancora da eleggere, che può tenere o non tener conto di questo desiderio espresso dalla Costituente, è più che altro una reiezione.

Ritengo che l'onorevole Abozzi concordi in questa valutazione.

Abozzi. Concordo.

Presidente Terracini. Chiedo all'onorevole Castiglia se mantiene gli emendamenti anche per l'ordine del giorno Rubilli-Nitti.

Castiglia. Il fatto che noi chiediamo l'inserzione della stessa dizione anche nell'ordine del giorno degli onorevoli Nitti e Rubilli dimostra che non possiamo accedere alla richiesta formulata dall'onorevole Lussu e dagli altri colleghi.

Rubilli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rubilli. Non credo che si possa accettare la formula aggiuntiva proposta, non per respingerla, ma perché ritengo che sia superflua.

Presidente Terracini. Dato ciò, la proposta degli onorevoli Castiglia e Cannizzo sarà posta in votazione dopo votato l'ordine del giorno Rubilli-Nitti del quale dò nuovamente lettura:

«L'Assemblea Costituente,

considerato che l'istituzione dell'ente Regione non risponde ad alcuna necessità che si sia realmente manifestata, e non può seriamente ritenersi in alcun modo richiesta o reclamata dal popolo italiano;

che i giusti ed opportuni criteri di decentramento potranno essere attuati indipendentemente dalla creazione di enti regionali;

che ad ogni modo, per ora almeno, una grande riforma come quella che si prospetta per le Regioni non appare, anche secondo il progetto, ben ponderata nelle sue non lievi conseguenze dal punto di vista politico, amministrativo e specialmente finanziario, sicché non sembra possibile, di fronte alle enormi difficoltà del periodo che si attraversa, lanciarsi con leggerezza incontro ad incognite preoccupanti e pericolose;

delibera, anche senza affermazioni vaghe e generiche, le quali potrebbero rappresentare inopportuni ed affrettati vincoli, che sia rinviato senz'altro alla Camera legislativa l'esame di pratici, concreti e completi progetti di legge, sia pure di carattere costituzionale, per un oculato decentramento, che giunga, se possibile, anche ad una riforma regionale, ed intanto sia stralciato dalla Costituzione in esame l'intero Titolo V, relativo alle Regioni e ai Comuni».

La Malfa. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

La Malfa. Debbo dichiarare all'Assemblea che mi trovo in estremo imbarazzo circa la questione posta dall'ordine del giorno Rubilli. Qui è stata discussa la questione dell'autonomia siciliana ed è stata discussa come questione concreta, come questione politica immediata, non come questione accademica. Ora io non entro nella sostanza del dibattito che oggi si agita e non entro nemmeno nella sostanza delle preoccupazioni dell'onorevole Rubilli e dell'onorevole Nitti.

Debbo dire però che queste preoccupazioni, considerate dal punto di vista della responsabilità dell'Assemblea e non del Governo, sorgevano allora, e dovevano sorgere allora, cioè in occasione delle elezioni e della applicazione dello statuto della Regione siciliana. Era quello il momento in cui effettivamente l'Assemblea prendeva una responsabilità immediata di ordine politico e direi costituzionale nella questione delle elezioni, e quindi delle autonomie.

Qualunque fosse il punto di vista dei vari raggruppamenti in merito a tale questione, voi conoscete il punto di vista mio e del partito cui appartengo. Ricordo che in quella occasione, in cui si discuteva di un fatto sostanziale — delle elezioni e quindi della applicazione dell'autonomia — il Partito liberale votò a favore delle elezioni e quindi delle autonomie; il partito qualunquista, in polemica con me, attribuendomi velleità di rinvio elettorale, votò per l'autonomia. Mi pare che un collega degli onorevoli Castiglia e Cannizzo, l'onorevole Russo Perez, sia stato anche un po' caustico nei miei riguardi, attribuendomi una sicilianità a mezza strada. Quindi, alcuni Gruppi hanno assunto responsabilità politica concreta sul problema dell'autonomia regionale. Credo che la Sicilia sia una grande regione d'Italia e che quindi il problema del trattamento autonomistico della Sicilia impegni l'Assemblea in un certo orientamento di carattere regionalistico.

E dico di più: come ho detto allora, non si può paragonare la posizione della Sicilia a quella della Val d'Aosta. Lì si tratta di zone di confine in cui possono influire, sull'adozione o meno di un principio autonomistico, delle ragioni particolari relative alla posizione di quella Regione, mentre la Sicilia fa parte integrante dell'unità d'Italia: quindi, la soluzione del problema autonomistico in Sicilia ha un carattere politico ed investe la responsabilità politica dell'Assemblea. E questa responsabilità investe due Gruppi importanti: il liberale e il qualunquista; e devo dire che riguarda anche i colleghi dell'estrema sinistra, perché anche essi hanno assunto una responsabilità di ordine politico sul problema autonomistico.

Togliatti. Non ci contraddiremo.

La Malfa. E allora, di fronte a questa situazione, è mio dovere dichiarare che queste responsabilità si devono prendere al momento opportuno. Allora, potevano sembrare delle speculazioni elettoralistiche quelle fatte da alcuni che posero il problema all'Assemblea, ma oggi prendere una posizione, rispetto all'ente Regione, come quella che vedo prendere dai Gruppi liberale e qualunquista, mi pare una speculazione anche maggiore, se volete. (Applausi al centro).

Presidente Terracini. Mi sembra che la questione possa essere immediatamente chiarita in questo senso: intanto non dimentichiamo che per l'autonomia siciliana (onorevole Lussu, parlo solo per quella siciliana) vi è già una legge, ed è quindi qualcosa che sta a sé e che non viene intaccato dalle decisioni che si prendessero in questo momento. Aggiungo che l'autonomia della Sicilia, a parer mio — e posso anche sbagliarmi — non pone una questione di Regione o non Regione. In linea di ipotesi, che la Sicilia invece di costituire una sola Regione ne costituisca due, il problema dell'autonomia siciliana resta il problema dell'autonomia siciliana e non ci propone il problema della struttura regionalistica dello Stato. (Commenti al centro).

Io non credo di dire cose tanto strane; tanto è vero che l'autonomia della Sicilia è stata decisa prima che si eleggesse l'Assemblea Costituente e che si incominciasse la discussione del problema della Regione (Commenti).

A me sembra che in questo momento si stiano facendo delle questioni di interpretazione giuridica. Non è una questione politica che io faccio. Da un punto di vista giuridico è evidente che il problema dell'autonomia siciliana non è toccato dalla decisione che si prende in relazione al problema della struttura regionale dello Stato, e credo che l'onorevole Rubilli, quando con poche parole ha risposto alla questione che gli è stata posta, in realtà ha pensato a questo.

Martino Gaetano. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Martino Gaetano. Poiché l'onorevole Morelli Renato ha fatto testé una dichiarazione che è potuta sembrare all'onorevole La Malfa, e può sembrare anche ad altri, fatta a nome di tutto il Gruppo dei deputati liberali, desidero fare una brevissima dichiarazione, anche a nome dei colleghi Bellavista, Bonino, Galioto: noi voteremo contro l'ordine del giorno Rubilli, contro l'ordine del giorno Nitti e contro l'ordine del giorno Abozzi. Noi pensiamo che il rinvio alla futura Camera legislativa altro non rappresenti che un espediente procedurale per poter ottenere il rigetto dell'ordinamento regionalistico, così come è stato preparato dalla Commissione dei settantacinque. (Applausi al centro). E pertanto noi non sappiamo fare nessuna distinzione tra la proposta dell'onorevole Rubilli e quella dell'onorevole Abozzi. Noi siamo fra coloro che vogliono l'autonomia della Sicilia; ma abbiamo voluto questa autonomia perché siamo convinti regionalisti e non già per mero egoismo isolano.

Noi non avremmo niente in contrario a prestarci generosamente per un esperimento in torpore vili, come desidera l'onorevole Abozzi, ma siamo, prima che siciliani, italiani, e vogliamo che, se l'autonomia è un bene, essa sia un bene per tutta l'Italia. (Applausi al centro Interruzioni e commenti all'estrema sinistra). Dicevo, non per ragioni di mero egoismo isolano, ma perché fermamente crediamo che un effettivo autogoverno locale sarà fondamento di democrazia, sarà strumento efficiente di libertà, sarà cemento e garanzia di quella unità della Patria che non è minacciata dall'ordinamento regionale dello Stato, mentre è stata ed è compromessa per l'eccessiva centralizzazione dell'ordinamento attuale. (Commenti).

Può darsi che gli articoli di questo Titolo meritino di essere emendati o corretti; può darsi che, così come è stato congegnato questo ordinamento regionale, a parere della maggioranza dell'Assemblea, esso non corrisponda alle effettive esigenze del Paese; ma dobbiamo noi per questo rinunciare al principio? Dobbiamo noi ritenere che questa non sia la sede adatta per l'esame di un problema così squisitamente costituzionale? Dobbiamo noi per questo rinunciare al nostro compito di costituenti?. Dobbiamo noi per questo tradire la nostra fede? No, onorevoli colleghi. Per queste ragioni noi voteremo contro, come ho detto, gli ordini del giorno proposti. (Applausi al centro).

Badini Confalonieri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Badini Confalonieri. Desidero semplicemente dichiarare a chi, dall'alto del suo pulpito, crede di poter accennare all'incoerenza di altri Gruppi, che, votando a favore dell'ordine del giorno Rubilli, non si abroga alcuna legge esistente: le leggi attualmente esistenti permarranno.

Nessuna incoerenza dunque da parte del Gruppo liberale: ognuno faccia il suo esame di coscienza, pensi alla propria coerenza o incoerenza, e non faccia ricorso a motivi di speculazione elettoralistica. (Applausi al centro e a destra).

Varvaro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Varvaro. Circa l'affermazione che l'ordine del giorno Rubilli, se votato, non abrogherebbe la legge sullo statuto siciliano, io faccio molte riserve, ricordando all'Assemblea che lo statuto siciliano, allo stato attuale, risulta approvato con un decreto legge, e che esso è preceduto e seguito da due riserve: l'una venne dalla Commissione nominata dalla Consulta nazionale, l'altra è una riserva di registrazione.

Ora, se oggi fosse rinviato sine die, come avverrebbe se fosse votato l'ordine del giorno Rubilli, tutto il Titolo quinto, la legge dell'autonomia siciliana rimarrebbe avulsa dalla Costituzione dello Stato, non avrebbe la ratifica.

A prescindere quindi dal fatto che io sono favorevole all'ordinamento regionale dello Stato italiano, voterò contro anche per questa considerazione.

Nobile. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini Ne ha facoltà.

Nobile. L'ordine del giorno da me presentato differisce da quello dell'onorevole Nitti soltanto per la considerazione che io avevo fatta sull'opportunità che l'Assemblea affrettasse i propri lavori; ma, poiché non mi pare che questo argomento abbia fatto molta presa sui colleghi, non ho ragione di insistervi e mi associo pertanto all'ordine del giorno presentato dall'onorevole Nitti.

Piccioni. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Piccioni. Faccio una breve dichiarazione di voto che concerne tanto l'ordine del giorno dell'onorevole Abozzi, quanto quello degli onorevoli Nitti e Rubilli. Io e il mio Gruppo voteremo contro l'uno e contro l'altro ordine del giorno, in quanto, se il primo contiene un'affermazione recisa di soppressione dell'ordinamento regionale, il secondo, in forma più velata e più politica, contiene la stessa precisa affermazione.

Nei confronti dell'ordine del giorno degli onorevoli Rubilli e Nitti, senza ripetere le argomentazioni e le motivazioni ampiamente svolte per sostenere la necessità, l'utilità, l'inderogabilità dell'ordinamento regionale, così come lo abbiamo visto e previsto in seno anche alla Commissione dei 75, sta l'argomento, per me sostanziale, che riguarda anche la dignità e la funzionalità di questa Assemblea, in quanto si tratta veramente di un argomento di natura squisitamente costituzionale. Ora, rinunciare a questa prerogativa dell'Assemblea costituente, a questo suo impegno e a questo suo dovere, significa diminuire il senso della responsabilità, perlomeno, che noi tutti abbiamo assunto di fronte agli elettori che ci hanno qui inviati.

Aggiungo che l'ordinamento regionale, così come è previsto nel progetto, salvo le opportune rettifiche e modificazioni a seguito delle deliberazioni dell'Assemblea Costituente, costituisce una delle vertebre fondamentali del progetto di Costituzione; caduta la quale, si tratterebbe di rivedere radicalmente tutta la struttura dello Stato così come è delineata dal progetto stesso.

Infine rilevo che la questione sollevata dall'onorevole La Malfa e da altri, per quanto si riferisce all'autonomia siciliana, non è una questione marginale o una questione che possa in qualche modo distaccarsi da quello che sarà il contenuto definitivo del progetto di Costituzione, perché nell'ordinamento autonomistico siciliano è previsto espressamente che esso deve essere coordinato con i principî fondamentali della Carta costituzionale dello Stato.

Ora, credo che non ci sia nessuno in mezzo a noi che possa negare che, qualora, in una maniera o in un'altra, la Carta costituzionale non dovesse far parola, non dovesse realizzare in un modo o in un altro l'ordinamento regionale, la questione dell'autonomia siciliana si prospetterebbe in un modo estremamente imbarazzante dal punto di vista costituzionale. (Commenti Rumori a sinistra Applausi al centro).

Comunque, onorevoli colleghi, sia ben chiaro che io non intendo richiamarmi a questo argomento per forzare in qualche modo i consensi che possono venire dalle varie parti della Camera, perché sono troppo convinto, e con me il mio Gruppo, della bontà, dell'utilità, della necessità, per il rinnovamento democratico dello Stato, dell'inserzione nella nuova Carta costituzionale dell'ordinamento regionale così come è previsto dal progetto.

Per questi motivi dichiaro di votare contro l'uno e l'altro ordine del giorno di cui si tratta.

Targetti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Targetti. L'ordine del giorno dell'onorevole Abozzi è come l'esaltazione, la glorificazione della Provincia; Per questo io dovrei essere portato a considerarlo con un sentimento di simpatia, di vero favore, perché — come ha avuto la compiacenza di ricordare l'onorevole Ruini — sono stato l'unico difensore della Provincia, quando questa non aveva che avversari decisi e che sembravano irriducibili. (Commenti a sinistra). Più esattamente, proprio solo no, giacché altri tre o quattro colleghi, ma non più, appartenenti a Gruppi diversi, si sono mostrati del mio parere.

Oggi dobbiamo constatare, con grande soddisfazione, che mentre allora non si trovavano altri difensori, oggi non è possibile trovare altro che difensori della Provincia, più o meno improvvisati.

Ma ciò nonostante io mi dichiaro contrario — e credo di interpretare anche il pensiero del mio Gruppo — all'ordine del giorno Abozzi, il quale nega la Regione, seppellisce la Regione (Interruzioni Commenti).

Io voto anche contro gli ordini del giorno Rubilli e Nitti. (Applausi al centro). Non applaudite troppo, perché se no mi fate più male che bene per quanto sto per dire. (Si ride). Non possiamo essere favorevoli agli ordini del giorno Nitti e Rubilli in quanto questi ordini del giorno rappresentano anche essi — diciamo la verità! — un seppellimento dell'ente Regione. Ed a questo noi non accediamo.

C'è anche una considerazione che mi sembra procedurale, che dimostra come il vero significato e la vera portata di questi ordini del giorno siano definitivi nei riguardi dell'esclusione della Regione. Infatti quando la nostra Carta costituzionale sia chiamata a indicare in quale modo (Interruzioni)... in quale modo si ripartisce il territorio della Repubblica, una volta approvati gli ordini del giorno dell'onorevole Rubilli e dell'onorevole Nitti, dovremmo dire: Il territorio della Repubblica si divide in Comuni e Provincie. Se questo non vieta all'Assemblea di domani di ritornare sull'argomento, modificando la Costituzione, procedendo ad una revisione della Costituzione, questo oggi significa negare l'opportunità dell'ordinamento regionale. (Commenti).

Ora, il nostro partito, anche per le sue tradizioni, non ha mai negato l'utilità della istituzione di questo ente che, se non altro, sarà sempre uno strumento prezioso di quel decentramento amministrativo che per noi ha costituito sempre un caposaldo. (Applausi).

Rubilli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rubilli. Domando solo pochi minuti di tolleranza e di attenzione, perché mi pare utile, anzi indispensabile, per un bisogno di sincerità, da ogni parte, nella votazione, qualche chiarimento. E dico indispensabile anche perché, trovandomi in regolare congedo per ragioni di salute e non prevedendo la tumultuosa decadenza di quaranta o cinquanta oratori in pochi minuti, non mi è stata data possibilità — per ragioni indipendenti dalla mia intenzione — di svolgere e di chiarire il mio ordine del giorno. Non intendo farlo ora e non posso farlo, ma desidero dare qualche elemento che possa orientare tutti quanti, in un senso o in un altro, in ordine alla votazione.

Ho dichiarato poco fa che senza respingere l'emendamento che si voleva proporre, per quanto riguarda la Sicilia ed anche la Sardegna, lo ritenevo inutile, perché, come ebbi a spiegare anche nel mio discorso nella discussione generale, ormai le autonomie regionali concesse, o meglio strappate, non potevano, almeno per ragioni di opportunità, essere revocate; le vicende belliche e l'inconsulto per quanto limitato movimento separatista imposero una soluzione transattiva di autonomia. Anche per la Sardegna, che come la Sicilia è una grande isola, si potrà usare lo stesso trattamento, se sul serio sarà dimostrato con referendum o in altro modo che la Sardegna lo desidera. E per le altre autonomie a Regioni settentrionali, la conclusione non può essere che la stessa, se permangono quelle stesse esigenze di carattere internazionale che, nell'interesse delle popolazioni locali, erano state determinate.

Al riguardo non credo che possa aver valore l'osservazione che è stata fatta da parte dell'onorevole Piccioni, perché se è detto nello statuto siciliano che lo statuto medesimo deve essere coordinato con le norme che saranno stabilite nella Costituzione a proposito della Regione, bisogna pur notare che altro è coordinazione, ed altro è subordinazione.

Naturalmente la coordinazione sarebbe indispensabile, se stabilissimo un titolo sulla Regione nella Carta costituzionale, con le cui norme generali dovrebbero uniformarsi quelle relative alle autonomie di già concesse, ma se si stralcia il Titolo quinto e viene rimessa alla Camera legislativa ogni risoluzione sulla materia che esso contempla, la coordinazione vien meno e non ha ragione di essere.

Per questi motivi ho dichiarato che mi sembrava superfluo ed inutile aggiungere un emendamento in ordine alle autonomie concesse.

Dichiaro anche che devo mantenere in pieno il mio ordine del giorno, il quale non costituisce un semplice espediente, né può esprimere il desiderio di un rinvio sine die per non far parlare più della questione che è stata posta dalla Commissione e sia pure imperfettamente accolta nel progetto della Carta costituzionale. Sono il primo a dire che si dovrà giungere ad una soluzione, ma soltanto desidero che a ciò si addivenga come l'argomento richiede per la sua importanza e per le conseguenze che potrà produrre; quindi con una più oculata valutazione e con più concreti progetti che possano meglio fare intendere se la riforma debba o meno essere approvata.

Questo è il concetto del mio ordine del giorno, e sulla sua opportunità ed utilità mi sono confermato maggiormente attraverso lo svolgimento della discussione generale, che son lieto di constatare ampia ed importante, perché in fondo ha affermato una sola idea, quella delle autonomie locali e del decentramento, su cui non può dirsi che vi sia dissenso di sorta.

Anzi ad evitare equivoci voglio anche ripetere che quanto è stato detto e ripetutamente affermato al riguardo trova il mio pieno consenso. Io accetto tutte le autonomie, accetto tutti quanti i decentramenti: ne riconosco il bisogno, ne vedo la necessità. Ma con questo non si conclude nulla in ordine alla votazione cui stiamo per procedere. Il quesito è diverso, e cioè vedere se decentramenti si possano anche a larga base ottenere con gli enti che ora esistono, senza ricorrere ad un'affrettata e pericolosa creazione di enti regionali. (Interruzioni).

Presidente Terracini. Non interrompano, onorevoli colleghi.

Rubilli. Non comprendo perché vogliate limitare la possibilità di discutere su tale questione. Ci sono state dichiarazioni di voto che sono durate per un'ora circa, in argomenti meno importanti, e dovete pur considerare che ragioni eccezionali ed indipendenti dalla mia volontà m'impedirono di chiarire il mio pensiero col discorso che mi era proposto di pronunziare qui come svolgimento del mio ordine del giorno.

Debbo pure ricordare che le autonomie locali ed i decentramenti non rappresentano questioni nuove, ma hanno fatto parte del programma di vari Governi, sebbene poi non attuati, ma non per questo si è mai pensato che ad attuarli fosse indispensabile un ente regionale.

Anche don Luigi Sturzo, più di 40 anni fa, a capo dell'Associazione dei Comuni italiani, invocava l'applicazione immediata di tutte le autonomie e di tutti i decentramenti. (Interruzioni).

Ora siccome 40 anni fa non si pensava neppure lontanamente alle autonomie regionali coi relativi parlamenti vuol dire che Luigi Sturzo intendeva, come me, che l'autonomia si può attuare anche senza l'istituzione dell'ente Regione. (Interruzioni).

È aumentato in me il desiderio di mantenere fermo il mio ordine del giorno quando ho notato non solamente una incertezza ed una perplessità nella discussione generale, come ha rilevato nel suo ordine del giorno l'onorevole Nitti, ma anche una identica e forse maggiore perplessità nella stessa Commissione. Ho visto infatti che due fra i più autorevoli componenti della Commissione, prima tra i settantacinque ed oggi tra i diciotto, l'onorevole Bozzi e l'onorevole Grassi... (Interruzione dell'onorevole Grassi).

Giorni fa c'era il tuo nome, caro Grassi, nello stesso ordine del giorno firmato dall'onorevole Bozzi.

Ho visto, dicevo, che essi hanno fatto proposte che in sostanza sono identiche alle mie, e si risolvono in un rinvio alla Camera legislativa. Poi ho visto che l'onorevole Grieco, comunista, pure dei settantacinque ed ora dei diciotto, altro ordine del giorno ha presentato che in fondo collima col mio. E l'altro giorno dagli stessi componenti della Commissione si chiese ed ottenne un termine di 48 ore per trovare qualche formula intermedia che poi si sarebbe ridotta ad un dignitoso rinvio.

Non siamo ingenui, e perciò da questi segni più che eloquenti comprendiamo che l'incertezza della discussione e la consapevolezza di difficoltà invincibili viene confermata dal contegno della Commissione e dagli ordini del giorno che i componenti della Commissione hanno presentati.

La mia preoccupazione poi è specialmente di carattere finanziario. (Interruzioni).

Presidente Terracini. Onorevole Rubilli, non può parlare di questa materia.

Rubilli. E sia pure, ma credo, per concludere, che, data l'importanza della riforma, date le gravi conseguenze con gli oneri non lievi che ne possono derivare, sia nostro imprescindibile dovere d'informare le nostre decisioni non a mire o a interessi di partiti. Occorre invece tener presente soltanto l'Italia nelle sue vere e legittime esigenze.

Caroleo. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Caroleo. Sono sorpreso dalla presentazione dell'ordine del giorno Rubilli. Noi siamo chiamati a dettare la Costituzione dello Stato, a crearne gli organi strutturali e ci limitiamo attraverso questa proposta a dire che non possiamo interessarcene, perché siamo incerti. (Rumori). Lo rilevava bene al principio di questa discussione il nostro Presidente, che era in dubbio se dare proprio la precedenza a questo ordine del giorno.

Noi dobbiamo creare, come diceva l'onorevole Ambrosini, la parte più importante della Carta costituzionale; ed è strano che di fronte a quello che è stato definito il problema ed il quesito fondamentale proposto all'Assemblea Costituente... (Rumori), questa finisca col rinunziare al suo mandato.

Però io debbo dissentire parzialmente da coloro che pongono sullo stesso piano l'ordine del giorno Rubilli e l'ordine del giorno Abozzi.

Presidente Terracini. Onorevole Caroleo, ormai la questione è chiarita, è risolta; parliamo dell'ordine del giorno Rubilli.

Caroleo. Ed allora non ho altro da aggiungere.

Condorelli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Condorelli. Onorevoli colleghi, non posso tacere la mia profonda delusione di italiano e di meridionale di fronte a questo progetto concordato, che se è indubbiamente lodevole da un punto di vista giuridico-formale, si può dire, con sicurezza, che non ha approfondito e risolto le gravi questioni politiche e finanziarie che l'assetto regionale poneva in discussione.

Il problema è stato risolto in modo palesemente contrario agli interessi del Mezzogiorno, che erano presi principalmente di mira dai sostenitori dell'autonomia, perché l'autonomia sorse per la prima volta, nei tempi recenti, proprio come rimedio verso una situazione di abbandono, di negligenza apparente, per lo meno, da parte del potere centrale, verso le regioni del Mezzogiorno. Ed il mancato arricchimento o impoverimento del Mezzogiorno fu considerato come effetto del centralismo.

Presidente Terracini. Onorevole Condorelli, non riapra la discussione.

Condorelli. L'autonomia fu usata come antidoto a questo centralismo, che era stato individuato come la causa dei danni del Mezzogiorno. Ora questo progetto di autonomia, se divenisse legge, inchioderebbe il Mezzogiorno alle posizioni attuali. Basta considerare, onorevoli colleghi, quali sono i compiti che si attribuiscono alla Regione e quali sono invece gli interessi della Regione. I compiti sono tra gli altri l'agricoltura...

Presidente Terracini. Li conosciamo.

Condorelli. Debbo dire che si inchioderebbe il Mezzogiorno alle posizioni attuali, perché avremmo una parte delle imposte che si pagano nel Mezzogiorno d'Italia che andrebbero a beneficio del Nord. (Rumori). Ora, che cosa avviene? Che le imposte che si pagano nel Nord sono forse la metà di quelle che pagano i meridionali. (Commenti).

Dunque i nostri capitali continuerebbero ad emigrare e noi non avremmo i mezzi di fare quella politica di lavori pubblici che abbiamo necessità di fare. La questione mi preoccupa perciò immensamente. (Rumori).

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, vorrei richiamare tutti a un senso di maggiore tolleranza. (Applausi).

Avverto che l'onorevole Rubilli mi prega di far presente che non ha nulla in contrario ad accettare la proposta degli onorevoli Cannizzo e Castiglia di aggiungere nell'ordine del giorno il richiamo all'autonomia della Sicilia.

Onorevole Condorelli, continui pure.

Condorelli. Concludo dicendo che non vi è nessuna contraddizione tra la perplessità che dimostro di fronte a questo progetto di autonomia e la mia convinzione favorevole all'assetto autonomo che è stato dato alla Sicilia, perché la Sicilia fruisce, per ragioni naturali sue, di una situazione economica profondamente diversa da quella di altri paesi, ed ha una bilancia commerciale favorevole.

Da un punto di vista nazionale non sono neanche contrario all'autonomia, ma trovo che il problema non è stato sufficientemente approfondito dalla Commissione dei settantacinque. Bisogna riflettere. Si è detto che la Regione è la sola entità locale e naturale, mentre la Provincia sarebbe qualche cosa di fittizio. Io penso che si possa dire anche il contrario perché, come ci ha insegnato Mazzini, l'elemento fondamentale della vita italiana è stata la civitas e poi il Comune e, conseguentemente, il territorio che vive sotto l'influenza del grande comune che è la Provincia. Voglio aggiungere che quei compartimenti stagni di cui ho sentito parlare mi hanno immensamente preoccupato: come funzionerebbero questi compartimenti stagni? (Rumori).

Presidente Terracini. Onorevole Condorelli, la prego di concludere.

Condorelli. La mia dichiarazione di voto è di piena adesione all'ordine del giorno Rubilli, purché sia inserito l'emendamento relativo all'autonomia della Sicilia.

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Il Gruppo comunista non voterà nessuno degli ordini del giorno che contengono il rinvio o la reiezione del progetto di ordinamento regionale.

Non voteremo gli ordini del giorno che contengono il rinvio, perché in numerose pubbliche manifestazioni, fin dal periodo elettorale, noi abbiamo affermato che il problema delle Regioni va esaminato e risolto nella Carta costituzionale.

Non voteremo a favore della reiezione perché nelle stesse occasioni abbiamo anche affermato che l'Italia ha necessità di un largo decentramento sulla base regionale e che l'esigenza autonomistica manifestatasi in questo periodo è sentita in una certa misura dal popolo italiano.

Abbiamo assunto alcune posizioni, che manterremo integralmente. Abbiamo preso posizione netta e precisa in favore delle autonomie speciali da conferirsi a talune Regioni, come la Sardegna, la Sicilia e le Regioni di confine: questa posizione è pienamente confermata.

Per quanto riguarda il resto d'Italia, siamo contrari alle soluzioni estremistiche: riteniamo utile, per il progresso democratico del nostro Paese, che si realizzi un profondo decentramento amministrativo, intanto con l'affermazione dell'autonomia dei Comuni e con una riaffermazione dell'esistenza della Provincia e con l'allargamento delle sue competenze, ed infine anche con la costituzione di un ente regionale che non abbia i propri poteri ed il proprio campo di competenza unicamente limitato al settore amministrativo, ma abbia anche una qualche facoltà di integrare le leggi dello Stato e di dettarne le norme di attuazione per renderle aderenti alle necessità regionali.

Ponendoci su queste posizioni, riaffermandole attraverso gli ordini del giorno che avremo occasione di presentare nel corso della discussione ed attraverso l'adesione che daremo ad altri ordini del giorno, intendiamo rispondere a due preoccupazioni.

La nostra preoccupazione fondamentale è di preservare intatta e solida l'unità dello Stato. Quando ci si parla di dare alle Regioni una potestà legislativa esclusiva o concorrente con quella dello Stato che pregiudichi i poteri dello Stato e limiti questi poteri, non siamo d'accordo. Noi pensiamo che l'autonomia delle Regioni debba essere contenuta entro l'unità politica del Paese. Ma è indubbio che, particolarmente in quest'ultimo periodo, guardando intorno a noi e vedendo l'avviamento che va prendendo la situazione italiana, ci si è prospettata la necessità o l'eventualità di accedere a soluzioni diverse, di prendere in considerazione un rafforzamento degli enti locali che giunga anche a dare alla Regione un volto autonomo. Ed è in questo senso che abbiamo acceduto alle soluzioni intermedie che poco fa prospettavo, ed alle quali noi daremo il nostro voto.

Forse questo stupirà qualcuno. Poco fa, un collega richiamava il discorso dell'onorevole Gullo, ma, uomini come siamo, aderenti alle situazioni, e sempre intenti a guardare la evoluzione delle cose, noi non abbiamo potuto non tener conto del fatto che in questo recente periodo l'avviamento delle cose italiane non è tale da non dare delle preoccupazioni a chiunque sia interessato alla difesa dal regime democratico e desideroso di stabilire nel Paese dei solidi baluardi, contro qualunque tentativo volto a violare la libertà ed i principî essenziali della democrazia. (Applausi a sinistra).

Ed è per questa ragione, soprattutto per questa ragione, che accediamo a questa soluzione intermedia: ordinamento regionale contenuto in limiti che non pregiudichino l'unità politica del Paese ma capace, ove si renda necessario, nel corso degli eventi, di fare delle Regioni dei solidi presidi della libertà e della democrazia. (Applausi a sinistra).

Nitti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nitti. Avevo presentato un semplice e breve ordine del giorno che, senza pregiudicare nulla, rinviava alla Camera che ci seguirà la decisione di tutta questa materia.

Credo molto imprudente compromettere, con voti inopportuni, e non sufficientemente meditati nelle conseguenze, la situazione. Avversario tenace di ogni cosa che possa minimamente rompere l'unità spirituale d'Italia, io considero la formazione delle autonomie regionali, che tendono ad allargarsi nei loro poteri, con competenze legislative che non competono loro, non opportuna e dannosa. Sono fieramente contrario ad ogni cosa che comprometta l'unità d'Italia, convinto che noi torneremo ai tristi tempi del '400 (Commenti al centro) con la dissoluzione integrale d'Italia se si continua su questa via.

Prima di ingaggiare l'avvenire val meglio attendere. Aspettate ancora: vediamo, dove vi sono già autonomie delle Regioni, quali saranno i risultati. Non compromettiamo la questione delle Regioni; aspettiamo i primi risultati. Noi staremo ancora qui alcuni mesi — io credo certamente fino al 31 dicembre — e la Camera che ci seguirà non verrà prima dell'estate dell'anno nuovo. Avremo tempo di vedere come andranno le cose, avremo tempo, non direi di fare degli esperimenti — gli esperimenti si fanno in corpore vili — ma di vedere quali inconvenienti si manifesteranno nei primi tempi. Vedremo che cosà sarà la realtà finanziaria, quali pericoli correrà lo Stato cui tutte le Regioni chiederanno qualche cosa.

Vi saranno disordine, confusione e sperpero.

Questa è la verità tremenda a cui non sfuggirete.

Io sento dire, e qualcuno vi ha accennato, con una frase che mi ha offeso, che le Regioni ci sono imposte dallo straniero. E come questa stoltezza? E perché? Questa materia non entra nel Trattato di pace, non v'entra per niente. Nulla ci è imposto dallo straniero: né per la Sicilia, né per la Sardegna, né per l'Alto Adige, né per la Valle d'Aosta.

Noi siamo liberi di fare ciò che vogliamo. L'Italia non è finita, l'Italia si deve rinnovare e non deve umiliarsi, né invigliacchire. Che cosa sono queste parole e queste sconce umiliazioni non necessarie? Noi vogliamo liberamente e dobbiamo liberamente discutere e decidere, tenendo conto della realtà dei nostri interessi.

Il mio ordine del giorno non compromette nulla. E dall'altra parte evita ipoteche dannose sull'avvenire.

Perché pretendete prendere una non necessaria ipoteca? Perché vogliamo compromettere l'avvenire?

Io non credo (e sono leale anche in questo) che ciò che si è fatto fin'ora abbia in nessun modo compromesso il problema delle Regioni.

Per quanto riguarda la Sicilia, io sono convinto che la Sicilia debba essere tenuta, come la Sardegna, in speciale considerazione. Ma le ragioni delle due isole non sono pregiudicate dal mio ordine del giorno in nessuna guisa.

Io dichiaro, con eguale lealtà, che per alcune altre autonomie, per quanto limitate possano essere, non consentirò mai: come per esempio per quella della Val d'Aosta, che mi ha umiliato perché è dannosa e praticamente insostenibile.

Bordon. Voi confondete, perché non la conoscete.

Nitti. La conosco perfettamente in tutti i suoi dettagli. Vi sono autonomie che in limiti ragionevoli riconosceremo ed altre che non riconosceremo; ma siamo liberi nelle nostre decisioni. Non bisogna compromettere leggermente l'avvenire e l'unità della Patria. Lasciamo che l'ordinamento attuale sia seguito da ordinamenti che si formeranno spontaneamente in relazione alle necessità: se vi saranno unioni di Province, per scopi determinati, si potranno fare e vi potranno essere anche larghi consorzi. Chi ci impedisce di fare tutto questo? E perché volete compromettere l'ordinamento dello Stato quando non avete la sicurezza materiale e morale? (Commenti Interruzioni al centro).

Debbo infine dichiarare che il mio ordine del giorno è stato unito, per ragioni di affinità, a quello dell'onorevole Rubilli; ma l'onorevole Rubilli ha, con le sue motivazioni, tolto parte del significato al mio ordine del giorno. Dichiaro quindi che, anche solo — perché è indifferente essere soli in una assemblea politica se si crede di aver ragione — voterò l'ordine del giorno Abozzi o un ordine del giorno qualsiasi che abbia lo stesso significato.

In quanto all'onorevole Rubilli, poiché egli ha voluto dare alcune spiegazioni che non collimano interamente col mio pensiero, io dichiaro che non ho nulla in contrario a che l'ordine del giorno suo sia votato, con le aggiunte per quanto riguarda la Sicilia, che io ritengo superflue. In questo caso io mi asterrò, avendo espresso nettamente e chiaramente la mia opinione.

Lami Starnuti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lami Starnuti. Dichiaro che il Gruppo socialista dei lavoratori italiani voterà contro gli ordini del giorno degli onorevoli Abozzi, Rubilli e Nitti. A parte ogni considerazione diversa, la approvazione di questi ordini del giorno non conferirebbe, a nostro giudizio, prestigio all'Assemblea Costituente.

È dal 1861 che in Italia si discute la riforma amministrativa. Ad ottanta anni di distanza, siamo ancora nella situazione precisa in cui la questione sorse per iniziativa dell'onorevole Minghetti. Noi pensiamo che il problema debba ora essere risoluto. In seno alla Commissione per la Costituzione io ho dissentito dai limiti, secondo me eccessivi, dati alla Regione dall'onorevole Ambrosini. Ma sono stato per il regionalismo: un regionalismo moderato che costituisse un decentramento a carattere autarchico e non soltanto burocratico, convinto che questo decentramento rappresenti una necessità di vita e di sviluppo, di democrazia e di libertà per il popolo italiano.

Per queste ragioni voteremo contro tutti gli ordini del giorno che rinviassero la risoluzione del problema. (Applausi al centro).

Fabbri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Fabbri. Sono perfettamente d'accordo con il collega onorevole Piccioni che il sistema regionale, quale è contenuto nel progetto di Costituzione, a parte i consensi e i dissensi sui quali non mi soffermo in alcun modo, è veramente una vertebra fondamentale, come egli l'ha chiamata, della Costituzione.

Trovo però che, se la Regione non è stata ferita a morte, ha certo ricevuto un grosso pallino nell'ala dalla deliberazione che è in pectore, nel sentimento cioè di questa Assemblea, quale è affiorato dalla discussione, di mantenere la Provincia. L'aggiunta dell'ente autarchico Provincia all'ente autarchico Regione complica infatti straordinariamente le cose e, in sostanza, rivoluziona tutto quello che era il contenuto del progetto di Costituzione. (Commenti).

Può darsi che dipenda da mio difetto di comprensione, ma io non capirò mai l'ente autarchico, ad esempio, della Provincia di Campobasso, accanto all'ente autarchico della Regione del Molise, e con una certa difficoltà riuscirò a comprendere l'ente autarchico della Provincia di Roma, accanto all'ente autarchico della Regione del Lazio. Ritengo pertanto che sia una materia che vada riveduta ab imis.

Nella riunione quindi della Commissione eletta dalla Presidenza nella quale si doveva procedere a una delibazione relativa alla proposta di proroga dei termini dei lavori dell'Assemblea, io mi sono trovato quasi solo a ritenere che fosse assolutamente impossibile fare un lavoro degno e che avesse un serio contenuto in ordine ai problemi che si affacciano, entro il termine dell'otto settembre, quale ho visto irreducibilmente sostenere dai cosiddetti esponenti dei partiti di massa.

Ora, io non ho mai saputo risolvere su due piedi le questioni quando gli elementi da mantenere e coordinare sono in patente contraddizione. Siccome pertanto io ritengo che la proposta dell'onorevole Rubilli non impedisca l'esistenza di autonomie regionali che, volere o no, già sono state istituite in Sicilia e altrove, ma ritengo che propugni semplicemente un differimento per un esame più maturo della grave questione da parte di organi che abbiano il tempo e la possibilità di svolgerlo con quella calma e dignità che mi paiono necessarie per un compito di tanta elevatezza, io voterò per il differimento e quindi, in sostanza, a favore dell'ordine del giorno Rubilli, avvicinandomi in questo ai maggiori esponenti del partito liberale.

Porzio. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Porzio. Desidero semplicemente esprimere una mia profonda meraviglia. Mi sembra di non trovarmi più nell'Aula parlamentare, ma di trovarmi sulla via di Damasco. Vedo conversioni improvvise, inaspettate. Sono miracoli. Sono i miracoli della Democrazia cristiana? Ed io, come cristiano, non me ne dolgo. (Ilarità). Però, signori, osservo che non è così che si può discutere con così incalzante fretta una delle colonne fondamentali della nostra Costituzione, come è stata definita.

Ci vuole della pacatezza. E francamente, discutere dopo le parole dell'onorevole Piccioni, il quale quasi quasi ci faceva sapere che noi eravamo vincolati perché già altra volta era stato approvato un progetto o una legge riguardante l'autonomia di altre Regioni, significa togliere a noi qualsiasi libertà, volerci porre di fronte al fatto compiuto, inderogabile, che, viceversa, non è compiuto e non è inderogabile, altrimenti non si giustificherebbe tanta discussione. Restituiamo alle cose il loro vero valore ed il loro volto.

Non intendo fare una discussione di merito. Non ho la fortuna di aver dietro le mie spalle un Gruppo forte, valido, battagliero: sono solo (Commenti). E chi è solo è forte, dice Ibsen. La mia è dichiarazione di voto: niente altro. E la ragione per la quale io voto l'ordine del giorno Nitti, o l'ordine del giorno Rubilli, è questa. Se fossi convinto della utilità di questo nuovo istituto e di tale riforma, credo che in quest'Aula nessuno potrebbe esserne un sostenitore più accanito di me. Perché? Perché io vengo da una città grande, sventurata e bella come Desdemona, e come Desdemona soffocata dalla gelosia. (Commenti). Però, questa città, signori, è stata la culla, la forza operante dell'unità italiana; l'idea è antica, risale nei secoli, arriva a Dante, discende a noi; ma il primo moto di azione voi lo dovete ricercare tra quelli del 1799: un'accolita di sognatori, cattivi politici, ma anime illuminate, accese di lirismo, che rappresentano il moto iniziale, operoso dell'unità italiana, l'azione di collegamento con le genti colte d'Italia.

Niente dunque che possa compromettere l'unità italiana. Vi sono questioni che non si barattano; questioni che bisogna seriamente e profondamente affrontare. Ecco: or ora, è ancor vivo, caldo — ci sono qui degli amici che lo possono attestare, appartenenti ai vari Gruppi della Camera — è attuale l'appello rivoltomi da enti, da istituti della mia, della nostra grande città. Condizioni economiche disperate. E noi non abbiamo neppure esaminato le possibilità, l'autosufficienza della nostra Regione, gravata da oneri insopportabili, costretta a fronteggiare indeclinabili esigenze. Ed è così che volete difendere gli interessi e il divenire del Mezzogiorno d'Italia? Noi abbiamo disoccupazione grave, industrie rovinate, ospedali nei quali gli ammalati languono: e non possono essere sorretti; abbiamo attività che sono state stremate, abbiamo una città che, come ieri fu ricordato, dette il primo impulso alla rivolta, si levò, senza armi, senza preparazione, contro i tedeschi, e li scacciò traendo dal valore delle madri, dall'indignazione per gli atroci soprusi la forza eroica, che aspetta riconoscimenti e giustizia. Tutto è stato dimenticato. Ha ragione Heine: come corrono i morti! Chi li ricorda più? (Approvazioni).

Ebbene, dopo tanti patimenti, volete darci ancora l'umiliazione di dover ricorrere al fondo di carità, alla congrega di carità nazionale, dopo che noi abbiamo dato tutto all'Italia! Vivere tra egoismi che si esasperano; tra gelosie e rivalità che si ridestano.

Signori, parlate di decentramento. Poco fa l'onorevole Laconi parlava, ma io non l'ho ben capito, perché è accomodante l'onorevole Laconi. Egli ha una particolare fortuna, fra le tante: quella di avere una voce dolce. Ed è, onorevoli colleghi, insinuante, suasivo. Ma non ho ben capito: è pro? È contro? È di quelli folgorati dalla luce di Damasco? Perché ricordo in Commissione l'onorevole Laconi: ho avuto qualche volta l'onore di essere d'accordo con lui. Si parlava di decentramento, allora.

E che c'entra? Una cosa è la Regione, e un'altra cosa è il decentramento! Perdonate, voglio fare la voce dolce anch'io. (Commenti a sinistra).

Veroni. Non interrompete: è un grandissimo oratore!

Porzio. All'amico Veroni grazie, ma io non sono nulla. Sono però uno spirito dritto e libero!

Ora, signori, io volevo dire: parlate di decentramento. Poco fa l'amico Lami Starnuti diceva: di decentramento se ne parla. Ma leggete il progetto Minghetti, abbiate la bontà! (Commenti). Leggetelo, e vedrete che è tanto lontano quel progetto da quello che diciamo! E poi leggete il progetto Giolitti del 1893, leggete il discorso del 1898. Ivi tutto: tutta l'elencazione del decentramento; riforma necessaria ed utile; decentramento sì, le Regioni no.

Perdonate: un'ultima osservazione e ho finito. È un'osservazione che forse non è stata fatta (Rumori a sinistra). Avete fretta di votare, lo so. E sono arrivato all'ultimo.

Poche parole ancora, le quali saranno sempre gentili malgrado l'impazienza di taluni. (Applausi).

Guardate: parlo di Napoli. Non la voglio ricordare più: la grande capitale! Ora, signori, Napoli è la capitale della Campania. Ma ecco Benevento che rimette in luce le armi dell'antico glorioso ducato e vuole essere Regione; Campobasso che rievoca le memorie romane, l'antico Sannio, e vuol essere Regione; vedo Salerno che inalbera il vessillo delle glorie della Repubblica di Amalfi: tutte le Province insomma, vogliono diventare Regioni e mal tollerano di aggregarsi ad altre. Che significa ciò? Significa che la Provincia è nell'anima del Paese (Applausi a destra) e risponde ai concreti bisogni, alle legittime attese, al radicato costume (Approvazioni).

Ma se le Regioni, poi, devono servire unicamente come strumento elettorale, allora servitevene. (Commenti al centro Applausi Congratulazioni).

Presidente Terracini. Se ho ben compreso, l'onorevole Nitti ha dichiarato di non dare più la propria adesione all'ordine del giorno Rubilli, e pertanto si voterà, adesso, sull'ordine del giorno Rubilli, cui ha aderito l'onorevole Cuomo, e che comprende il comma aggiuntivo proposto dagli onorevoli Castiglia e Cannizzo.

Questa è la prima constatazione da fare. È così onorevole Nitti?

Nitti. È così.

Presidente Terracini. Pongo pertanto in votazione l'ordine del giorno Rubilli, così formulato:

«L'Assemblea Costituente,

considerato che l'istituzione dell'ente Regione non risponde ad alcuna necessità che si sia realmente manifestata, e non può seriamente ritenersi in alcun modo richiesta o reclamata dal popolo italiano;

che i giusti ed opportuni criteri di decentramento potranno essere attuati indipendentemente dalla creazione di enti regionali;

che ad ogni modo, per ora almeno, una grande riforma come quella che si prospetta per le Regioni non appare, anche secondo il progetto, ben ponderata nelle sue non lievi conseguenze dal punto di vista politico, amministrativo e specialmente finanziario, sicché non sembra possibile, di fronte alle enormi difficoltà del periodo che si attraversa, lanciarsi con leggerezza incontro ad incognite preoccupanti e pericolose;

delibera, anche senza affermazioni vaghe e generiche, le quali potrebbero rappresentare inopportuni ed affrettati vincoli, che sia rinviato senz'altro alla Camera legislativa l'esame di pratici, concreti e completi progetti di legge, sia pure di carattere costituzionale, per un oculato decentramento, che giunga, se possibile, anche ad una riforma regionale, ed intanto sia stralciato dalla Costituzione in esame l'intero Titolo V, relativo alle Regioni e ai Comuni, ferma restando l'autonomia regionale già attuata in Sicilia».

Presidente Terracini. Su questo ordine del giorno è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Cifaldi, Rubilli, Morelli Renato, Lucifero, Persico, Cortese, Candela, Nitti, Colitto, Bergamini, Labriola, Corbino, Ayroldi, Badini Confalonieri, Fusco, Abozzi, Bencivenga, Rodi, De Falco, De Caro Raffaele, Bocconi, Reale Vito, Condorelli, Colonna.

Si proceda alla votazione.

(Segue la votazione).

Presidenza del Vicepresidente Pecorari

Presidente Pecorari. Dichiaro chiusa la votazione a scrutinio segreto.

Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente Terracini

Presidente Terracini. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:

Presenti.......................... 472
Votanti...................... 471
Astenuti......................... 1
Maggioranza.............. 236
Voti favorevoli........... 147
Voti contrari.............. 324

(L'Assemblea non approva — Applausi).

[Nel resoconto stenografico della seduta segue l'elenco dei deputati che hanno preso parte alla votazione.]

Presidente Terracini. Comunico che è stato presentato il seguente ordine del giorno:

«L'Assemblea Costituente riconosce la necessità:

a) che sia effettuato un ampio decentramento amministrativo democratico dello Stato, anche a mezzo dell'ente Regione;

b) che la Regione debba essere dotata di potestà normativa nei limiti della attuazione e della integrazione delle direttive e dei principî fissati dalle leggi della Repubblica;

c) che siano attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, adottate mediante leggi costituzionali, alle Regioni indicate nel secondo comma dell'articolo 108 del Progetto

e delibera

che nella Carta costituzionale debba trovare sede l'affermazione della esistenza della Regione, accanto ai Comuni ed alle Provincie, con l'indicazione dei poteri e degli organi del nuovo ente e di quanto altro sia necessario alla sua essenziale definizione costituzionale.

«Bonomi Ivanoe, Bozzi, Togliatti, Grieco, Laconi, Lami Starnuti, Molè».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti