[Il 27 novembre 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo IV della Parte seconda del progetto di Costituzione: «La Magistratura».
Vengono qui riportate solo le parti relative al tema in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 111 per il testo completo della discussione.]
Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Iniziamo l'esame della Sezione II del Titolo IV: Norme sulla giurisdizione. Si dia lettura dell'articolo 101.
Amadei, Segretario, legge:
«L'azione penale è pubblica. Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitarla e non la può mai sospendere o ritardare.
«Le udienze sono pubbliche, salvo che la legge per ragioni di ordine pubblico o di moralità disponga altrimenti.
«Tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati».
Presidente Terracini. A questo articolo sono stati presentati vari emendamenti. Il primo è quello dell'onorevole Leone Giovanni, già svolto:
«Sopprimere il primo comma».
Segue l'emendamento dell'onorevole Crispo, già svolto:
«Sostituire il primo comma col seguente:
«L'azione penale è pubblica, ed è esercitata di ufficio, quando non sia necessaria la querela, la richiesta o l'istanza. L'esercizio dell'azione penale non può sospendersi, interrompersi o farsi cessare se non nei casi stabiliti dalla legge».
Seguono gli emendamenti dell'onorevole Colitto, già svolti:
«Al primo comma, sopprimere le parole: Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitarla e non la può mai sospendere o ritardare».
«Al secondo comma, sopprimere le parole: per ragioni di ordine pubblico o di moralità».
[...]
Presidente Terracini. L'onorevole Leone Giovanni, ritirando il suo emendamento soppressivo del primo comma, ha proposto di sostituire quel comma con l'espressione seguente:
«Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale».
L'onorevole Leone ha facoltà di svolgere l'emendamento.
Leone Giovanni. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, fui proprio io che nell'adunanza plenaria della Commissione dei Settantacinque, mi opposi ad una proposta di soppressione della formula, che è stata poi travasata nell'articolo 101. Ed in quella sede io tenni a riaffermare — il che è stato ripetuto oggi dall'onorevole Bettiol — il carattere costituzionale del principio della obbligatorietà dell'azione penale.
Il mio emendamento soppressivo, al quale ho poi sostituito un nuovo emendamento, tendeva soltanto ad eliminare il pericolo che era insito nella espressione «l'azione penale è pubblica».
I cultori di diritto penale sanno che il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale non è ben definito ancora.
Secondo alcuni esiste un principio di officialità da tener distinto dall'obbligatorietà dell'azione penale; secondo altri i due principî si identificano; secondo alcuni è più ampio il primo, secondo altri è più ampio il secondo principio. Basta questa esposizione sommaria dell'incertezza della dottrina nel definire il concetto di pubblicità dell'azione penale, perché si debba rinunciare, in una Carta costituzionale, ad adottare tale formula, che potrebbe creare gravissimi impacci per il legislatore comune.
Che cosa occorre stabilire nella Carta costituzionale? Occorre che noi riaffermiamo nella Carta costituzionale questo che è un principio fondamentale dello Stato moderno: cioè, che il pubblico ministero non può esercitare un'attività discrezionale circa il proponimento dell'azione penale. Sono contento che l'onorevole Bettiol l'abbia ripetuto adesso.
Il pubblico ministero, in altri termini, quando viene a cognizione della notitia criminis, non ha un potere discrezionale, ma deve investire l'organo della giurisdizione dell'esame del contenuto dell'azione penale.
Questo lo vogliamo tutti perché corrisponde alle costituzioni attuali, ed è stato già rettificato in alcuni aspetti da una legge emanata successivamente alla caduta del fascismo; perché è noto che nell'articolo 74 del Codice di procedura penale si stabiliva un potere di archiviazione che era consegnato nelle mani del pubblico ministero e che è stato poi tolto per essere affidato all'organo della giurisdizione. Se noi vogliamo dire che il pubblico ministero non può declinare il dovere di promuovere l'azione penale, aboliamo l'espressione «l'azione penale è pubblica» e diciamo soltanto che «il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale».
Sopprimiamo così, come ha chiesto l'onorevole Bettiol, l'aggiunta «e non la può mai sospendere o ritardare», perché qui ci si introduce in alcuni congegni processuali che sono delicati e che sono suscettibili di riforme o perfezionamento.
Sopprimiamo infine la denominazione «pubblicità», anche per un altro aspetto personale, che presenterò all'Assemblea.
Quando avremo detto soltanto che il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale, noi avremo soddisfatto l'ansia politica che in questa sede dobbiamo rispettare, cioè che il pubblico ministero non può non esercitare l'azione penale; ma non diciamo che il monopolio dell'azione penale è nelle mani del pubblico ministero.
Ricordo, presentando un concetto che nella scienza penale è molto discusso, che nel Congresso giuridico nazionale forense di Firenze, ho sostenuto per il legislatore futuro la necessità di introdurre accanto all'azione penale di spettanza del pubblico ministero (per la quale vige e deve vigere il principio della obbligatorietà) anche l'azione penale sussidiaria del privato. Non impediamo al legislatore di domani di poter risolvere questo problema nel quale indubbiamente vive e palpita una grande ansia democratica, cioè il non respingere del tutto dall'ambito del processo penale quelle che sono le istanze, i desideri, i legittimi interessi e diritti dei soggetti privati del rapporto giuridico penale.
Per queste ragioni, cioè per la possibilità di lasciare il varco all'azione penale sussidiaria per la imprecisione della espressione tecnica «pubblicità dell'azione penale», obbedendo alla aspirazione concreta di affermare soltanto che il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale, io ritengo che, convogliandosi nel mio emendamento anche quelli di alcuni miei colleghi, come quello dell'onorevole Bettiol, si possa votare questa formula più breve e più chiara.
[...]
Presidente Terracini. Ha facoltà di parlare l'onorevole Rossi Paolo, per esprimere il pensiero della Commissione.
Rossi Paolo. [...] Giustissimo è il rilievo dell'onorevole Leone: che bisognerà, cioè, affermare soltanto l'obbligatorietà e non anche la pubblicità dell'azione penale. L'azione penale sussidiaria del privato può essere in qualche caso utile. Personalmente, per esempio, ritengo che sarebbe opportuno ritornare, nei reati di diffamazione per mezzo della stampa, al sistema della citazione diretta. Evidentemente, questa riforma sarebbe preclusa o, per lo meno, messa in dubbio, se l'articolo 101 si aprisse con un'affermazione perentoria che l'azione penale è pubblica. Bisognerebbe ricorrere a qualche scappatoia per poter giungere a questa riforma che molti ritengono utile.
[...]
Così mi pare che si possa rinunciare con tutta tranquillità a stabilire nella Costituzione il principio della pubblicità delle udienze.
È un principio così comune, così universalmente accettato che non sembra il caso di parlarne; come non abbiamo introdotto nella Costituzione il principio che nessuno può porre prezzo all'aria che si respira, così non si deve porre il principio che i processi penali sono pubblici. Non c'è stato mai dubbio in proposito; in tutti i Paesi del mondo i processi penali sono pubblici.
E poi si introdurrebbe immediatamente dopo l'altra dichiarazione: «salvo che la legge, per ragioni di ordine pubblico o di moralità, non disponga altrimenti». Quindi, si spalancherebbe un solenne portone e si aprirebbe una porticina, per cui si potrebbero sempre tenere udienze penali non pubbliche!
[...]
La Commissione è disposta a sfrondare ed a guadagnare almeno un poco di tutto quel tempo che si è perduto durante i nostri lavori, e, pertanto, propone di votare l'articolo 101 in questi brevi termini:
«Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale» (quindi nulla è detto intorno alla pubblicità dell'azione penale e la strada rimane aperta all'azione penale sussidiaria).
«Tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati».
Quindi nulla è detto sulla pubblicità delle udienze.
[...]
Mastino Gesumino. [...] Mi permetto, poi, di dissentire dall'opinione del Relatore per quanto concerne la soppressione della frase: «le udienze sono pubbliche». Egli ha detto che questo è ormai un principio unanimemente accettato ed acquisito in tutte le legislazioni. Non mi pare questa una ragione sufficiente: molti principî essenziali di libertà abbiamo visto crollare e l'esperienza deve pur servire a qualcosa. Il principio che le udienze sono pubbliche è un principio faticosamente acquisito attraverso le lotte per la libertà. Io credo che sia un po' superficiale rinunciare senza discussione a questo principio, unicamente perché l'attuale unanime consenso di tutti i popoli lo ha affermato.
Presidente Terracini. Chiedo ai presentatori degli emendamenti se li conservano.
Onorevole Crispo, conserva i suoi due emendamenti?
Crispo. Mantengo l'emendamento aggiuntivo all'emendamento dell'onorevole Mastino Gesumino, come ho già affermato, nel caso che si votasse favorevolmente all'emendamento dell'onorevole Mastino, mantengo anche l'emendamento al primo comma, nel caso che non passasse il testo così come è modificato dalla Commissione.
Presidente Terracini. E lei, onorevole Colitto?
Colitto. Non insisto sul primo, ma mantengo il secondo emendamento.
Presidente Terracini. Faccio rilevare che il suo secondo emendamento è soddisfatto, direi al di là del suo desiderio, dalla nuova proposta della Commissione, la quale propone di sopprimere il secondo comma, del quale lei proponeva la soppressione parziale.
Colitto. Non insisto; mi rimetto alle decisioni dell'Assemblea.
[...]
Presidente Terracini. [...] Il secondo comma nel testo primitivo della Commissione suonava così:
«Le udienze sono pubbliche, salvo che la legge per ragioni di ordine pubblico o di moralità disponga altrimenti».
La Commissione propone la soppressione completa di questo comma.
L'onorevole Colitto propone, invece, la soppressione delle parole: «per ragioni d'ordine pubblico o di moralità».
Mastino Gesumino. Faccio mia la formulazione originaria di questo comma.
Presidente Terracini. L'onorevole Rossi Paolo ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.
Rossi Paolo. È chiaro che senza la eccezione sarebbe pericoloso introdurre questa dizione, in quanto ci sono processi per i quali le porte chiuse rispondono ad una evidente esigenza morale.
Colitto. Propongo che si voti per divisione, eliminando, le parole: «per ragione d'ordine pubblico o di moralità».
Presidente Terracini. Pongo, dunque, in votazione la formulazione dell'onorevole Colitto:
«Le udienze sono pubbliche salvo che la legge disponga altrimenti».
(Dopo prova e controprova, non è approvata).
Onorevoli colleghi, penso che sia superfluo avvertire che con questa votazione non si è inteso deliberare che le udienze non devono essere pubbliche; ma che non si ritiene di inserire la norma nel testo costituzionale.
A cura di Fabrizio Calzaretti