[Il 19 maggio 1947 l'Assemblea Costituente inizia la discussione generale del Titolo quarto della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti politici».
Vengono qui riportate solo le parti relative al tema in esame, mentre si rimanda alla sezione delle appendici contenente le discussioni generali del Titolo quarto della Parte prima per il testo completo della discussione.]
Rodi. [...] Nell'articolo 51 si parla di giuramento. Qui forse il problema è anche più delicato. Non è il caso di fare una storia del giuramento, che trova le sue origini nelle più antiche superstizioni pagane, ma è certo che attraverso i tempi la solennità e la particolarità superstiziosa del giuramento sono andate illanguidendosi sino al punto che oggi io oso affermare che il giuramento è una formalità, e come formalità io non so fino a che punto il giuramento possa avere un valore morale. È certamente oggi un'espressione resa semplice dall'abitudine, resa semplice dalla facilità con la quale può essere anche dimenticato il giuramento, resa semplice dalla mancanza di solennità del giuramento stesso; ma questa mancanza di solennità non è affatto mancanza di rispetto ad una tradizione; è soltanto un fatto fatale, che ha portato il giuramento da esponente massimo della moralità e della superstizione di un popolo ad una formalità nei tempi nuovi.
Del resto, in Italia, se il giuramento avesse avuto veramente il valore che noi vogliamo riconoscergli nella Costituzione, avremmo avuto nella nostra amministrazione statale una specie di rivoluzione. Ed è accaduto, specialmente a proposito della trasformazione del regime istituzionale, che i nostri ufficiali, i nostri funzionari, si son trovati di fronte ad un singolarissimo bivio: cioè o ripetere un giuramento o chiedere la dispensa dal servizio.
E quindi, se poniamo l'ipotesi che tutti coloro che hanno nutrito sentimenti monarchici non avessero sentito di ripetere il giuramento in forma repubblicana, noi ci saremmo trovati di fronte ad un dilemma: o la rinunzia al servizio da parte degli ufficiali e funzionari dello Stato, o il loro piegare la testa di fronte ad una nuova necessità. In questo secondo caso il giuramento ha un valore indefinibile, anzi, direi, non ha quasi valore, perché non impegna affatto la coscienza del cittadino.
Del resto, per noi basta il contenuto dell'articolo 50, nel quale si dice che ogni cittadino ha il dovere di essere fedele alla Repubblica, di osservare la Costituzione e le leggi, di adempiere con disciplina ed onore le funzioni che gli sono affidate.
Se noi in questo articolo abbiamo delineato la figura morale del cittadino che deve obbedire alle leggi dello Stato e che deve con onore servire la Patria, non vedo la necessità di un giuramento che vincoli l'uomo alle parole che egli sottoscrive; tanto più che lo vincola spesso senza che egli si renda conto dell'importanza che si vuol dare al giuramento. E anche per questo articolo ho proposto la soppressione, perché per noi, uomini moderni, c'è solo un giuramento, il giuramento che possiamo fare nel profondo della nostra coscienza morale, e nel profondo dei nostri ideali. (Applausi e congratulazioni a destra).
A cura di Fabrizio Calzaretti