[Il 15 gennaio 1947 la prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione inizia la discussione sulla revisione della Costituzione.]

Rossi Paolo, Relatore, rileva che una Costituzione rigida — come quella che si sta elaborando — non può essere derogata con una legge ordinaria, ma solo attraverso una riforma da sottoporre, o alla votazione per referendum, o alla approvazione da parte di una maggioranza qualificata, o infine al parere favorevole dell'Assemblea Nazionale.

Considera particolarmente i tre sistemi accennati, osservando che nessuno di essi è scevro di difetti. Infatti, il semplice referendum, svolgendosi nello spazio di poche settimane, può non rispondere a sicure esigenze politico-sociali, rappresentando il prodotto di una concitazione momentanea piuttosto che l'epilogo del meditato esame di una necessità politica. Anche il sistema dell'approvazione da parte di una maggioranza qualificata di tre quinti o di due terzi, adottato da varie Costituzioni, non è né democratico né razionale, in quanto la richiesta di una maggioranza largamente qualificata renderà possibile alla minoranza di ostacolare sistematicamente una riforma della Costituzione, che sia sentita dalla maggioranza della popolazione, ponendo il Paese in una gravissima situazione. Infine anche il terzo sistema, quello cioè di deferire la riforma della Costituzione all'Assemblea Nazionale, non è soddisfacente, perché il carattere reale ed intrinseco di organo costituente manca ad una Assemblea formata dall'occasionale riunione delle due Camere.

Dato ciò, è del parere che una notevole garanzia possa essere costituita dalla procedura indicata nel seguente articolo che sottopone al parere dei colleghi:

«Ogni proposta di modificazione della Costituzione può essere introdotta dal Governo, o per iniziativa parlamentare, secondo l'ordinaria procedura dei progetti di legge, ma deve ottenere, in entrambe le Camere, una maggioranza pari almeno alla metà più uno dei membri che organicamente le compongono.

«La proclamazione stessa del risultato affermativo determina lo scioglimento del Parlamento.

«Entro novanta giorni saranno convocati i comizi elettorali e le nuove Camere dovranno entro un mese dalla loro rispettiva convocazione, porre ai voti, senza emendamenti, il progetto già approvato dal disciolto Parlamento. Ove il progetto risulti confermato, a normale maggioranza, esso diventa legge costituzionale.

«Dopo il voto il Parlamento continua la sua ordinaria attività legislativa».

Nobile dichiara di ritenere il sistema proposto illogico ed inopportuno, sia perché, nel caso che si ritenga necessario interpellare il popolo, è preferibile fare ricorso al referendum, sia perché non è, a suo avviso, concepibile che una Assemblea, nell'atto stesso di riconoscere la necessità di apportare modificazioni alla Costituzione, decida il proprio scioglimento.

Il Presidente Terracini rileva che il sistema suggerito dall'onorevole Rossi si avvicina ad una proposta fatta nella Commissione istituita presso il Ministero per la Costituente, in seno alla quale si ritenne che ogni modificazione costituzionale dovesse ottenere la ratifica popolare per mezzo delle elezioni, che naturalmente si farebbero in funzione di quella determinata riforma costituzionale, certamente riguardante qualche importante problema.

Quanto all'obiezione mossa dall'onorevole Nobile, secondo il quale nessuna Assemblea deciderà il proprio scioglimento, osserva che essa può valere nei riguardi della normale vita politica del Paese; ma se la riforma costituzionale riguarderà una questione che appassioni le masse popolari, difficilmente un'Assemblea eletta dal popolo riuscirà a sottrarsi alle pressioni esercitate dal Paese. Ritiene anzi che questo sistema possa costituire una garanzia dal pericolo che si addivenga troppo facilmente o rapidamente ad una modifica della Costituzione, perché l'Assemblea, prima di procedere al proprio scioglimento, non mancherà di esaminare a fondo il problema.

Rossi Paolo, Relatore, aggiunge che, nel caso in cui la soluzione dei problemi proposti non sia urgente, sarà sempre possibile all'Assemblea di temporeggiare e di decidere su di essi negli ultimi giorni della propria vita normale, in modo da limitare ad un breve periodo di tempo l'anticipazione dello scioglimento.

Einaudi ritiene non determinante l'osservazione dell'onorevole Nobile, perché, a suo avviso, un ritardo nel decidere su tali questioni e quindi sullo scioglimento delle Assemblee può essere opportuno, in quanto può servire a saggiare l'importanza ed il valore della riforma che è stata richiesta.

Nobile insiste nel ritenere non opportuna la proposta fatta dall'onorevole Rossi, la quale rende estremamente difficile la revisione della Costituzione, che invece, anche in considerazione delle molte innovazioni introdotte, dovrebbe essere facilitata.

Osserva, infatti, che la necessità di una riforma potrà presentarsi urgentemente pochi mesi dopo l'elezione delle nuove Camere, le quali, se non vorranno decretare subito il proprio scioglimento, produrranno con il loro comportamento un senso di avversione del Paese nei loro confronti.

Ritiene poi che, senza ricorrere al sistema di indire nuove elezioni, il tempo necessario per avere una conferma dell'importanza della questione costituzionale sollevata e per riflettervi sopra possa aversi anche col sistema della seconda lettura, che si può stabilire debba aver luogo a distanza di pochi mesi.

Fabbri è favorevole al sistema proposto dall'onorevole Rossi, il quale ammette la pronuncia del corpo elettorale che nominerà le nuove Camere sulla piattaforma di quella determinata questione su cui le due precedenti avranno espresso il loro parere, con giudizio conforme e separatamente l'una dall'altra.

Tosato ritiene che non sia né opportuno né conveniente rimettere alla volontà del popolo la questione della riforma della Costituzione nel modo indicato dall'onorevole Rossi, poiché il popolo non potrà pronunciarsi specificatamente sul problema fondamentale della revisione, il quale non costituirà altro che uno dei punti che saranno discussi durante la campagna elettorale, dal momento che le Camere così elette continueranno, dopo essersi pronunciate sulla questione, a svolgere il loro normale compito parlamentare.

Rileva poi che tale sistema, oltre a ritardare la possibilità di una modifica della Costituzione con l'imposizione di una consultazione elettorale, racchiude anche l'altro inconveniente di stabilire che l'approvazione del progetto da parte delle nuove Camere debba aver luogo a maggioranza semplice, quella cioè richiesta per le leggi ordinarie. Con tale sistema si viene a perdere quella garanzia che la Costituzione, per la funzione specifica che ha, deve offrire alle minoranze, la cui manifestazione di volontà deve essere tenuta presente particolarmente in tali occasioni.

Per questi motivi, il procedimento della revisione costituzionale dovrebbe essere, a suo avviso, basato sui seguenti principî: richiesta di revisione dall'una o dall'altra Camera; decisione a maggioranza qualificata di due terzi o almeno di tre quinti dell'Assemblea Nazionale; sottoposizione della Costituzione con le modificazioni approvate dall'Assemblea Nazionale al referendum popolare.

Rossi Paolo, Relatore, osserva che, mentre l'onorevole Nobile trova il sistema da lui proposto eccessivamente rigido, l'onorevole Tosato richiederebbe invece un maggior rigore, e fa presente che le elezioni sono indette appunto sulla base della proposta di revisione costituzionale già approvata dalle Camere, e quindi non è necessario richiedere una votazione a maggioranza qualificata che può esporre al rischio di vedere una minoranza opporsi ad una modificazione insistentemente richiesta dalla maggioranza.

Perassi riconosce l'opportunità di porre il parere delle due Camere a base della revisione costituzionale, ma ritiene che, per salvaguardare questo procedimento delicato, sia opportuno adottare, in luogo dei vari sistemi suggeriti, quello della doppia lettura, e lasciando un opportuno periodo di riflessione tra una votazione e l'altra.

Sarebbe poi d'avviso, per quanto riguarda il referendum, di non stabilirlo obbligatoriamente in ogni caso, ma di richiederlo soltanto quando la modificazione costituzionale non fosse approvata da una maggioranza notevolmente elevata.

Nobile presenta la seguente proposta:

«La revisione della Costituzione deve essere decisa con una deliberazione a maggioranza assoluta dei membri dell'Assemblea Nazionale.

«Approvata la modificazione proposta dall'Assemblea Nazionale, essa, a distanza di tre mesi, viene di nuovo portata alla discussione dell'Assemblea Nazionale per una seconda approvazione a maggioranza relativa.

«Dopo di ciò, la proposta modificazione viene sottoposta a referendum popolare, a meno che nella seconda lettura la proposta sia stata approvata dall'Assemblea con la maggioranza di due terzi».

Fabbri ripete di associarsi alla proposta e alle considerazioni contenute nella relazione dell'onorevole Rossi e dichiara di dissentire dall'onorevole Tosato circa l'opportunità di richiedere per la revisione della Costituzione una maggioranza qualificata.

Tosato replica che la richiesta di una maggioranza qualificata risponde al principio della stabilità.

Mortati constata che finora è stato da tutti dato per ammesso il principio che la Costituzione debba essere rigida, e rileva che, circa il metodo della revisione della Costituzione, si dovrebbe partire da due criteri direttivi: quello di diluire nel tempo il procedimento di revisione — al fine di accertare la rispondenza della proposta di revisione ad esigenze veramente sentite e stabili — e l'altro di ammettere in una forma o in una altra l'intervento del popolo nel procedimento di revisione — poiché altrimenti una Costituzione non potrebbe considerarsi veramente democratica.

Osserva poi che l'iniziativa, oltre che al Governo e alle Camere, dovrebbe essere concessa anche al popolo, sia perché ciò costituirebbe una più completa attuazione del principio democratico, sia perché in tal modo si ovvierebbe all'inconveniente cui darebbe origine il sistema suggerito dall'onorevole Rossi che, collegando la richiesta di revisione da parte delle Camere allo scioglimento del Parlamento, renderebbe quest'ultimo più restio a procedere alla riforma.

Ritiene opportuno che si scinda la fase dell'iniziativa in due momenti che, tenendo presenti i principî dianzi esposti, separerebbe con un congruo intervallo di tempo: il primo, che si concluderebbe con un voto circa la presa in considerazione della proposta di revisione; il secondo, che terminerebbe con un voto di approvazione del progetto di revisione, che potrebbe essere dato dall'Assemblea Nazionale, o separatamente, dalle due Camere.

Al quesito se sia preferibile che l'intervento popolare debba manifestarsi nella forma del referendum o in quella delle nuove elezioni conseguenti allo scioglimento delle Camere, risponde che ciò è in relazione alla situazione politica del Paese. Data la situazione dell'Italia, dove lo schieramento politico è tutt'altro che deciso e tale da non fornire indicazioni sufficientemente precise, è del parere che sia preferibile il ricorso ad un referendum — naturalmente a maggioranza semplice — che dovrebbe seguire l'approvazione da parte delle Camere. Rimarrebbe infine da decidere — nel caso che il referendum desse esito affermativo — la sorte delle Camere che hanno proposto ed approvato la revisione costituzionale; ed a questo proposito osserva che sarebbe forse preferibile evitare lo scioglimento delle Camere, al fine di rendere il procedimento meno macchinoso e più adeguato alle esigenze esposte dai vari oratori.

Il Presidente Terracini, tenendo presenti le osservazioni fatte dall'onorevole Mortati, esprime l'avviso che la Sezione debba anzitutto pronunciarsi sul quesito se la Costituzione debba o meno considerarsi rigida (poiché il tacito consenso della maggioranza dei Commissari potrebbe in futuro dar luogo a contestazioni), decidendo in subordine se la rigidità debba essere notevole o soltanto tale da salvaguardare da eventuali colpi di testa.

Esprime a tale proposito il parere personale che la difficoltà del meccanismo di revisione non debba essere tale da rendere difficilissima una revisione; e poiché tutti i sistemi che abbinano la deliberazione delle Assemblee con il referendum sono molto complessi, pensa che si debba scegliere tra l'una o l'altra forma.

Osserva che il referendum ha già di per sé un carattere decisivo; ed aggiunge che per esso non si richiede, di solito, la maggioranza qualificata, bensì quella semplice. Ad ogni modo, anche su ciò la Sezione potrà esprimere il proprio parere.

Riterrebbe però più opportuno affidare la revisione costituzionale alle Assemblee rappresentative, le quali danno maggiore garanzia di ponderatezza e, anche se elette in una atmosfera ardente, danno la certezza che l'esame della questione sarà compiuto in un clima più moderato.

Concorda poi sull'opportunità che il giudizio delle due Assemblee o della stessa Assemblea abbia luogo in due momenti diversi; e ritiene preferibile la proposta dell'onorevole Rossi, che dà, sia al corpo elettorale che all'organo parlamentare nel suo complesso, la possibilità di riesaminare il proprio atteggiamento.

Si domanda poi se non sia sufficiente limitare la prima deliberazione dell'Assemblea in carica alla presa in considerazione della revisione — decidendo cioè se quel determinato problema costituzionale sia sentito nel Paese in modo tale da meritare di essere esaminato — anche perché il peso dell'appello al popolo per mezzo delle elezioni sarà relativo, se non si darà a questo la possibilità di apportare emendamenti alla proposta approvata dal Parlamento disciolto, il cui punto di vista potrà considerarsi superato nei confronti della più recente manifestazione di volontà fatta dalle masse elettorali.

Conclude, dichiarando di essere d'accordo con l'onorevole Mortati circa l'opportunità di ammettere che l'iniziativa della revisione possa partire anche dal popolo.

Mortati propone che la seduta sia sospesa per qualche minuto, al fine di agevolare il coordinamento dei vari punti di vista.

Il Presidente Terracini aderisce alla proposta dell'onorevole Mortati.

(La riunione, sospesa alle 19, è ripresa alle 19,15).

Il Presidente Terracini, riassumendo la discussione, fa presente che oltre alla proposta del Relatore, vi sono quella dell'onorevole Nobile (parzialmente modificata ed a cui ha aderito l'on. Perassi) e due, ora presentate, dell'onorevole Mortati e dell'onorevole Tosato.

Proposta Nobile-Perassi:

«La revisione della Costituzione deve essere decisa con una deliberazione a maggioranza assoluta dei membri di ciascuna delle due Camere.

«Approvata la modificazione proposta, essa, a distanza di X mesi, viene di nuovo portata alla discussione delle Camere per una seconda approvazione a maggioranza assoluta.

«Dopo di ciò, la proposta modificazione viene sottoposta a referendum popolare, a meno che nella seconda lettura la proposta sia stata approvata a maggioranza di due terzi».

Proposta Tosato:

«La presente Costituzione potrà essere modificata solo su proposta del Governo o di una delle due Camere e deliberata da tre quinti dei membri dell'Assemblea nazionale. Le modificazioni così deliberate dovranno essere approvate da un referendum popolare».

Proposta Mortati:

«Alla revisione delle leggi costituzionali si procede su iniziativa del Governo, del Parlamento o di 500 mila elettori, e con presentazione di un progetto redatto in articoli.

«Se le due Camere si pronunciano favorevolmente sulla presa in considerazione della proposta, questa, dopo sei mesi dalla deliberazione, è sottoposta all'esame delle due Camere.

«Il progetto approvato è sottoposto a votazione popolare».

Data la complessità del meccanismo e l'impossibilità di conciliare le quattro diverse formulazioni, ritiene opportuno sottoporre al parere della Sezione le diverse questioni di principio che formulerebbe nel modo seguente:

1°) da chi deve partire l'iniziativa di proposta di modifica;

2°) se sia necessario l'intervento delle due Camere separatamente o dell'Assemblea nazionale, ovvero quello delle Camere e dell'Assemblea nazionale;

3°) se si deve adottare il sistema della doppia lettura per l'approvazione da parte delle Camere o dell'Assemblea nazionale e, in caso affermativo, quale intervallo di tempo debba intercorrere tra la prima e la seconda lettura;

4°) quale tipo di maggioranza si debba fissare;

5°) se al voto delle Camere debba abbinarsi il referendum; se il referendum debba essere obbligatorio o debba effettuarsi soltanto in certi casi; e infine se debba aver luogo su richiesta popolare.

Mortati prospetta l'opportunità di distinguere la revisione totale della Costituzione dalla revisione parziale, facendo presente che in quest'ultimo caso — così come è previsto in altre Costituzioni — si possono richiedere procedimenti meno complessi di quelli che si dovrebbero esigere nel caso in cui la modificazione interessi l'assetto fondamentale dello Stato.

Il Presidente Terracini è del parere che ci si debba limitare all'ipotesi di una revisione parziale.

Vanoni, circa l'ordine dei quesiti esposto dal Presidente, rileva che sarebbe preferibile decidere, dopo quello riguardante l'intervento delle Camere e dell'Assemblea Nazionale, quello concernente il referendum, perché la procedura dinanzi alle Camere sarà necessariamente più rigida se non vi sarà la possibilità di un referendum, e più semplice se tale possibilità sarà ammessa.

Lussu è contrario al referendum, perché trova strano che si stabilisca di sottoporre al referendum modificazioni parziali di una Costituzione che all'atto della sua approvazione non verrà sottoposta al giudizio del popolo.

Stabilirebbe poi forti garanzie per evitare che la Costituzione sia modificata con leggerezza; richiederebbe cioè l'approvazione da parte delle Camere con forte maggioranza e stabilirebbe che la seconda lettura debba esser fatta dopo due mesi dalla prima e nella Assemblea nazionale in seduta plenaria.

Mortati, tenendo anche conto delle proposte dell'onorevole Lussu, ritiene che si debba scegliere anzitutto tra il sistema che prevede l'intervento del popolo e quello che non lo prevede.

Il Presidente Terracini avverte che, aderendo alla proposta dell'onorevole Vanoni, subito dopo risolto il quesito circa l'iniziativa, sottoporrà alla Sezione la questione dell'intervento o meno del popolo, sia sotto forma di referendum che sotto forma di nuove elezioni delle Camere.

Mortati fa presente, a titolo informativo, che vi sono Costituzioni che ammettono il referendum per le leggi semplici, ma lo escludono per quanto riguarda la revisione costituzionale.

Rossi Paolo, Relatore, è favorevole all'esclusione dell'iniziativa popolare, perché non vede il motivo per cui, come propone l'onorevole Mortati, in una riforma costituzionale, nella quale non sono in giuoco interessi particolari, si debba ammettere che la proposta di revisione possa partire da 500 mila elettori, quando con l'altro sistema proposto la procedura può avere inizio anche su richiesta di un solo deputato in ogni Camera.

Il Presidente Terracini risponde che è più facile far muovere un deputato che non raccogliere 500 mila firme per una questione che non sia veramente importante. A somiglianza di quanto avviene per la presentazione di una proposta di legge, richiederebbe, se mai, che non un solo deputato, ma un determinato numero di deputati potesse chiedere la modificazione della Costituzione.

Osserva poi che le Camere hanno il diritto di non approvare la proposta di revisione, ma non possono ignorare la volontà di 500 mila elettori. Ritiene perciò che in questo caso non si possa contestare l'iniziativa popolare.

Nobile stima pericoloso disporre che le Camere siano obbligate a prendere in considerazione una proposta di iniziativa popolare. Aggiunge che gli elettori avranno sempre la possibilità di far prendere tale iniziativa in seno alle Camere dai loro rappresentanti.

Il Presidente Terracini ripete che le Camere potranno respingere le proposte di iniziativa popolare.

Rossi Paolo, Relatore, fa presente che una minoranza faziosa di 500 mila elettori potrebbe proporre delle riforme solo per mettere in agitazione il Paese.

Piccioni concorda con l'onorevole Rossi.

Tosato, premesso che in materia costituzionale si deve pervenire alla revisione solo quando la questione sia già entrata nella sensibilità di larghi strati della popolazione, rileva che i maggiori esponenti di tale sensibilità sono il Governo e le Camere, e non il popolo, che deve quindi intervenire per approvare ma non per prendere l'iniziativa.

Mortati insiste nella sua proposta che debba esser tenuta presente anche l'iniziativa popolare perché non crede alla sufficiente sensibilità politica delle Camere e del Governo, né ritiene che i partiti siano sufficientemente rappresentativi di tutta la massa dei cittadini. Pensa che, data la situazione politica italiana, sia opportuno lasciare ad una certa percentuale della popolazione la possibilità di trovare uno sbocco a richieste e proposte le quali non trovino sufficiente espressione nei partiti.

Piccioni osserva che al Governo, che rappresenta il potere esecutivo e non riflette le esigenze del Paese, non dovrebbe spettare l'iniziativa per la riforma della Costituzione, la quale dovrebbe essere riservata alle Assemblee parlamentari.

Il Presidente Terracini ricorda che, in occasione della discussione sulla facoltà del Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere, l'onorevole Piccioni affermò che il Governo poteva avere maggiore sensibilità delle Camere circa le situazioni che possono verificarsi nel Paese, ciò che gli dava la possibilità di intervenire ogni qualvolta si sviluppasse una situazione di squilibrio tra Camera e Paese.

Mette ai voti il principio che la revisione della Costituzione possa aver luogo su iniziativa del Governo.

(È approvato).

Pone ai voti il principio che la revisione costituzionale possa aver luogo su iniziativa del Parlamento.

(È approvato).

Mette infine in votazione il principio, che tale revisione possa aver luogo su iniziativa popolare.

(Non è approvato).

Fa presente che ora si tratta di decidere se debbano essere investite dell'esame della proposta di revisione costituzionale le Camere, o l'Assemblea Nazionale, ovvero le Camere e l'Assemblea Nazionale.

Mette ai voti il principio che nel procedimento di revisione debbano farsi intervenire le Camere.

(È approvato).

Aderendo alla richiesta dell'onorevole Vanoni, invita la Sezione a decidere se, oltre all'intervento delle Camere, debba farsi ricorso alla volontà popolare.

Nobile osserva che, se si ammette una maggioranza qualificata, secondo la proposta che egli ha presentato d'accordo con l'onorevole Perassi, sarebbe necessario indire il referendum.

Il Presidente Terracini chiarisce che l'approvazione del principio dell'intervento della volontà popolare apre l'adito a due soluzioni alternative: il referendum o le elezioni.

Mette ai voti il principio che debba comunque farsi luogo all'iniziativa popolare nel procedimento di revisione della Costituzione, salvo a definirne i modi e i limiti.

(È approvato).

Pone ora in votazione la prima soluzione, cioè che la volontà popolare debba manifestarsi attraverso il referendum.

(Con 6 voti favorevoli ed 8 contrari, non è approvata).

Constata quindi che la manifestazione della volontà popolare dovrà aversi sotto la forma di nuove elezioni che, come propone l'onorevole Rossi, seguiranno la deliberazione di revisione della Costituzione.

Mette ai voti il principio che, dopo la prima approvazione del progetto di revisione, le Assemblee legislative debbano essere disciolte.

(È approvato).

Fa presente che si tratta ora di esaminare la questione della votazione che deve aver luogo nelle due Camere per l'approvazione della riforma della Costituzione. Osserva in proposito che, essendo stato approvato il ricorso alle elezioni, dovrebbe essere implicito il sistema della doppia lettura per la presentazione del progetto alle due Camere che si succedono. Resta invece da stabilire se la Camera che esamina per prima il progetto debba votare, come propone l'onorevole Rossi, sul merito impegnando così la Camera successiva a non modificarlo, o debba limitarsi, secondo la proposta dell'onorevole Mortati (la quale però dà luogo ad un'altra procedura) alla presa in considerazione; ipotesi, questa, alla quale, per le ragioni esposte precedentemente, è favorevole.

Mortati non vede in qual modo le masse popolari possano manifestare il loro dissenso dal progetto votato dalla prima Camera, dal momento che gli elettori votano per singoli candidati, i quali dovranno manifestare le proprie opinioni sul progetto di revisione.

Il Presidente Terracini osserva che il dissenso risulterà dal mandato, il quale, a sua volta risulterà dalle posizioni e dai programmi dei vari partiti politici. Del resto, soggiunge, è ovvio che le elezioni avranno luogo sulla piattaforma di quel determinato progetto di revisione della Costituzione.

Rossi Paolo, Relatore, spiega che, secondo il suo concetto, il Parlamento preciserà in che cosa consista il progetto di riforma costituzionale; ed i partiti, alla loro volta, non mancheranno di palesare l'atteggiamento che assumeranno in ordine a tale revisione. In questo modo ritiene che la sovranità popolare sarà rispettata.

Piccioni rileva che, allora, la consultazione popolare non sarebbe che un referendum larvato, e quindi sarebbe stato meglio approvare il criterio del referendum. Concorda poi col Presidente nel ritenere vincolata l'attività del nuovo Parlamento, il quale — pur avendo una investitura nuova e quindi più aderente alla volontà del Paese — si dovrebbe limitare ad approvare o respingere la proposta, senza possibilità di modificarla. Ritiene quindi che il sistema proposto dall'onorevole Rossi non risponda ad un'adeguata valutazione della volontà popolare.

Il Presidente Terracini rileva che se, per altre ragioni, si riterrà esaurito il compito della vecchia Assemblea, si provvederà a scioglierla per altra via; ma non vede perché si debba approfittare di una riforma costituzionale per sciogliere un'Assemblea che può non avere ancora esaurito il suo compito. Prospetta perciò l'opportunità di ricorrere al referendum, dal momento che ogni elettore saprà che il primo compito della nuova Camera sarà quello di esaminare la proposta di revisione costituzionale.

Piccioni aggiunge che, se il secondo Parlamento respingesse la proposta di modificazione della Costituzione, il primo Parlamento si sarebbe sacrificato senza alcuno scopo.

Rossi Paolo, Relatore, osserva che, in tal caso, lo scioglimento del primo Parlamento sarebbe stato opportuno, perché la non approvazione della modificazione costituzionale da parte delle nuove Assemblee starebbe a dimostrare che le precedenti non erano più in accordo col corpo elettorale.

Mortati rileva anzitutto che, non essendovi un mandato imperativo, non si può sapere se i Deputati saranno obbligati ad osservare il mandato implicito popolare.

In secondo luogo, non avendo i partiti, nel congegno elettorale attuale, alcun obbligo di formulare programmi precisi, potrà accadere che gli elettori non siano sufficientemente orientati in proposito.

Ritiene quindi che — a meno che non si voglia modificare il congegno elettorale, approvando il principio del mandato imperativo — occorra o rinunziare alle elezioni delle Camere o ricorrere al referendum.

Il Presidente Terracini, premesso che nell'attuale momento politico non è possibile che le elezioni abbiano luogo senza che i partiti si pronuncino sui problemi più importanti, osserva che lo scopo della nuova consultazione popolare è appunto quello di agitare largamente nel Paese il problema e di creare un Parlamento che meglio interpreti i pensieri e la volontà della popolazione.

Einaudi ritiene che tale sistema avrà fortuna solo nel caso che le Camere propongano una sola riforma alla volta ed in maniera chiara, in modo che gli elettori si rendano conto di quello che sono chiamati a votare.

Il Presidente Terracini crede che si dovrebbe riuscire ad introdurre nella vita politica italiana il principio che le elezioni avvengono su una piattaforma caratterizzata da una importante questione, vitale per il Paese.

Nobile osserva che, col sistema proposto dall'onorevole Rossi, avverrà che modificazioni di secondaria importanza, le quali hanno pure il loro valore, non saranno mai fatte, perché non sarà possibile trovare un Parlamento disposto a decretare il proprio scioglimento per effettuare una riforma del genere. E, d'altra parte, rimandando tali questioni alla fine della legislatura, si darà l'impressione che la Camera non si sia sciolta a causa della proposta di revisione costituzionale, ma per il normale termine del mandato parlamentare.

Il Presidente Terracini replica che la preoccupazione di un Parlamento può essere quella di perdere qualche anno di vita, e non qualche mese o semplicemente qualche giorno. Del resto, il Parlamento può avere l'abilità di fare in modo che il suo voto di riforma sia espresso l'ultimo giorno della legislatura e, in tal caso, morirà sia di morte naturale, sia di morte provocata dalla proposta di revisione costituzionale.

Ricorda poi il quesito che si sta esaminando, se cioè la manifestazione di volontà del primo Parlamento debba limitarsi ad una presa in considerazione o debba estendersi anche al merito.

Fabbri, dal momento che per approvare la revisione della Costituzione sono richiesti due voti conformi degli organi legislativi di due legislature successive, pensa che questa somma garanzia sia tale da rendere non necessarie tutte quelle altre cautele intermedie che si vogliono introdurre.

Il Presidente Terracini fa presente che esiste una proposta in base alla quale la Camera che per prima affronta la questione deve procedere ad una prima votazione per decidere sulla presa in considerazione del progetto e, decorso un certo lasso di tempo, ad una seconda votazione sul merito.

Einaudi domanda che cosa si intenda per «presa in considerazione di un progetto di legge».

Il Presidente Terracini ritiene si tratti del riconoscimento della necessità di modificare un determinato passo della Costituzione.

Einaudi riterrebbe necessaria una discussione sul merito anche in prima lettura.

Il Presidente Terracini fa presente che l'Assemblea deve avere la sensazione che si tratta di un problema maturo per la sua soluzione e che appunto questo deve essere il significato dell'espressione «presa in considerazione». La Camera non indicherà ancora la soluzione, ma si limiterà a dire che norme in vigore non rispondono più alle esigenze del momento; naturalmente farà anche intendere in qual senso debba effettuarsi la modificazione.

Mortati è del parere che si debba modificare il progetto proposto dall'onorevole Rossi nel senso di ammettere nella prima legislatura la presa in considerazione, l'esame sul merito e l'approvazione del progetto, conservando poi le altre disposizioni, che prevedono per la seconda legislatura una semplice funzione di ratifica, senza possibilità di apportare emendamenti al progetto stesso.

Lussu concorda sul punto di vista espresso dal Presidente, perché è anch'egli del parere che non sia possibile ottenere subito un progetto di revisione costituzionale specificato in ogni dettaglio.

Nobile insiste nel ritenere necessario concedere alle Camere — le quali, approvando il progetto di revisione, decidono automaticamente il proprio scioglimento — la possibilità di discutere e di concretare il progetto di revisione costituzionale.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti