[Il 4 giugno 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo quinto della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Le Regioni e i Comuni».
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Di Gloria. [...] Il progetto approvato dalla Commissione vorrebbe conservata la Provincia, non già come ente autarchico territoriale, sibbene come circoscrizione amministrativa di decentramento statale e regionale. A parte la negazione di un'efficace rappresentanza degli interessi provinciali, essendo inidonee, a mio avviso, le Giunte di cui all'articolo 120, avremmo un'elefantiasi burocratica rimanendo intatto il complesso burocratico provinciale.
Non è vero, come qualcuno ritiene, che la Provincia, in quanto ente autarchico, si occupi solo di una esigua materia, cioè solo di strade, manicomi e brefotrofi. Complesse sono le competenze per materia della provincia: dalla sanità alla viabilità minore, dall'igiene alle bonifiche e agli imboschimenti. Tali funzioni, che a volta sono obbligatorie ed a volta sono facoltative, vengono sempre adempiute dalla provincia o direttamente o attraverso istituzioni aggregate, a seconda delle sue possibilità finanziarie.
Si tratterebbe, se mai, di completare e potenziare tutte queste attività della Provincia al fine di renderla atta ai bisogni esistenti nel proprio territorio. In conclusione, si arriverebbe, a mio avviso, ad una soluzione migliore del problema di decentrare amministrativamente lo Stato col mantenimento della Provincia, anziché con la sua soppressione. Basterebbe dare alla Provincia più larghe possibilità finanziarie, maggiore indipendenza rispetto ai controlli governativi, maggiore ampiezza di funzioni. Alla Regione, ammesso che la si voglia creare, dovrebbe essere riservato solo il potere normativo su determinate materie nell'ambito territoriale proprio.
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Macrelli. [...] Consentitemi innanzi tutto alcune parole sull'ente Provincia. Qui abbiamo sentito varie opinioni. Si è parlato della Provincia come di un ente creato soltanto nel periodo napoleonico, trasportato poi anche in Italia. Altri invece hanno accennato alla Provincia come ad Ente nato prima della Rivoluzione francese; sicuramente prima del Risorgimento. Non mi fermerò a discutere sulle origini storiche della Provincia: certo è però che questa è una realtà dalla quale noi non possiamo prescindere. Abbiamo sentito i colleghi di varie parti, ne sentiremo altri, che parleranno ancora della Provincia, della necessità di mantenerla, di darle vita autonoma, autarchica, ma io vorrei richiamare i colleghi sul pericolo che si verificherebbe se la Provincia fosse mantenuta con quelle caratteristiche che le si vogliono dare, a detrimento della Regione. Se voi affidate delle attribuzioni particolari alla Provincia, se la Provincia diventa veramente un ente autarchico indipendente, autonomo, deve pure avere le sue istituzioni, deve pure avere le sue leggi, le sue norme: orbene tutto questo va ad incidere su quella che dovrà essere la funzione e l'attività della Regione.
Ad ogni modo noi non intendiamo astrarci dalla realtà della vita e comprendiamo che — se non necessario — è almeno opportuno non dimenticare gli interessi, le tradizioni, le caratteristiche ormai affermatesi — attraverso il tempo — per la Provincia, e non ci dorremo se una formula di intesa (non voglio chiamarla di compromesso) sarà trovata fra le opposte tendenze. (Applausi).
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Preziosi. [...] Già, onorevoli colleghi, anche qualcuno dei più accesi regionalisti, come l'onorevole Bosco Lucarelli, stigmatizzava quello che era stato il deliberato della seconda Sottocommissione, di non tenere in alcuna considerazione l'ente Provincia. L'onorevole Bosco Lucarelli che, convinto regionalista, non può dimenticare le benemerenze della Provincia in Italia, che ha tutta una tradizione luminosa, una tradizione che si diparte dalle origini comunali nostre, dalle libertà comunali, e va sino al periodo del nostro Risorgimento, ad un certo momento era costretto ad affermare nel suo discorso (che pur voleva essere — ripeto — una specie di sostegno magnifico per l'ordinamento regionale) che la Regione peraltro non dev'essere concepita come un organo accentratore dei poteri dei Comuni e delle Province e che, quindi, la Provincia come ente autarchico territoriale dev'essere mantenuta per evitare un nuovo accentramento.
E ancora lo stesso onorevole Bosco Lucarelli parlava della creazione di una Regione con la conservazione della Provincia, in modo che si evitasse di fare della Regione un organismo pletorico e pesante, attuando quel decentramento amministrativo da tutti auspicato e dichiarato quale uno scopo della Repubblica dall'articolo 106 del progetto di Costituzione.
Dunque noi abbiamo una prova a favore della Provincia, abbiamo la prova che gli stessi convinti regionalisti, cioè coloro che sostengono l'ordinamento regionale come il toccasana della Patria, sono contrari, sono ostili al parere della Sottocommissione quando si parla della abolizione della Provincia. E difatti la Regione non sarebbe che la negazione delle autonomie locali. Per me la Regione non è qualche cosa che sorge a difesa delle libertà locali, onorevoli colleghi; a me pare che il primo passo, che il grave passo verso l'accentramento non fu creato dallo Stato unitario, ma fu creato dal fascismo allorché abolì quelle Sottoprefetture le quali erano tanto utili e tanto portavano il popolo più vicino a quella che era la giustizia amministrativa dello Stato. Il fascismo ha forse fatto sentire ad un certo momento a voi il bisogno della Regione perché durante il ventennio fascista si era creato lo Stato come organismo accentratore che soffocava le libertà e le autonomie locali.
Ma il fascismo è scomparso; e allora le Province ricominciano ad assumere il loro ruolo vero e proprio. E allora le Province potrebbero avere, oltre alle prefetture, le sottoprefetture per portare la giustizia dello Stato più vicina al popolo.
Come potete voi pensare alla creazione di un Ente Regione il quale fin da ora crea dei sordi rancori, delle inimicizie fra Provincia e Provincia vicina? Io assistevo, tre o quattro giorni fa, ad un simpatico diverbio nel «corridoio dei passi perduti» fra l'onorevole Priolo e l'onorevole Silipo; l'onorevole Priolo e l'onorevole Silipo nella paventata eventualità della creazione della Regione calabra affermavano uno che il capoluogo della Regione dovesse essere Reggio, l'altro Catanzaro.
Ora, essi sostenevano quelle loro affermazioni con così grande concitazione che stava a dimostrare quelli che in effetti sono i sentimenti delle Province di Reggio Calabria, di Cosenza o di Catanzaro.
[...]
Onorevoli colleghi, io credo che anche voi, accesi regionalisti, se trionfasse in questa Assemblea l'ordinamento regionale, non dovreste dimenticare che un Ente Regione, con l'abolizione delle province, significa un ente accentratore il quale compie indubbiamente opera non meritoria a favore del paese e non fa l'interesse delle province. Io penso che la Provincia debba rimanere, che l'ordinamento regionale non possa in nessun modo essere votato dall'Assemblea. La Provincia ha, in fondo, tutta la tradizione del nostro Risorgimento, tutta la tradizione del periodo più bello della nostra libertà. Questa tradizione non possiamo in alcun modo distruggere perché sarebbe un po' ammainare la bandiera delle libertà del nostro Risorgimento. (Applausi).
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Adonnino. [...] Onorevoli colleghi, io credo che la Provincia, come Ente di amministrazione centrale di un gruppo di paesi, non si può e non si deve neanche pensare a toglierla, principalmente perché non si può obbligare della povera gente a fare centinaia di chilometri per arrivare al capoluogo della Regione. Allora sì che si turberebbero gli usi antichi e le tradizioni da cui nessuno vuole distaccarsi!
Quindi la Provincia rimanga, anche con qualche compito accresciuto, per tutti gli organi di decentramento burocratico, per tutti gli organi di amministrazione locale. E rimanga inoltre per continuare a compiere la sua importantissima funzione di controllo sui Comuni.
Badate, esprimo un parere personale. Credo che gli organi provinciali, che hanno compito di controllo, non dovrebbero avere funzioni elettive. Le elezioni sono una bella cosa, perché sono il fondamento della democrazia, l'intervento diretto della volontà popolare nell'amministrazione della cosa pubblica, ma, come tutte le cose belle, hanno bisogno di un limite. Troppe elezioni! Pensate voi alle elezioni comunali, alle elezioni provinciali, alle elezioni regionali, alle elezioni per i deputati, alle elezioni per i senatori? Gli stessi elettori potranno dire: lasciateci in pace, non ci seccate!
Io credo che una delle ragioni principali dell'astensionismo, che certe volte noi vediamo in Italia in certe elezioni, è proprio questa, che la gente si secca, e specialmente nelle belle giornate preferisce di andare a fare una scampagnata, piuttosto che fare la fila per esercitare il suo sacro diritto elettorale. Perciò non facciamo molte elezioni.
L'Ente provincia io lo vedo come un decentramento amministrativo. Gli Uffici provinciali li vedo come una longa manus o come organi dell'Amministrazione dello Stato per quelle materie che restano allo Stato, o come organi o come longa manus delle Amministrazioni regionali per quelle materie che passano alla Regione, e inoltre come organi di controllo, perché il controllo ci vuole. Una eccessiva autonomia comunale la ritengo pericolosa. Sono d'un paese meridionale, non sono di quelli che gridano sempre alla nostra deficiente educazione politica. Anzi, grandi sforzi abbiamo fatto e andiamo facendo.
Ma un controllo vi deve essere ed io ritengo che debba essere controllo non di organi elettivi, ma controllo di organi burocratici.
Io vi posso dire, e voi tutti lo sapete per la vostra pratica di deputati, che in tante questioni delicate e complicate che sono determinate da rivalità e faziosità politiche, la parola che porta il funzionario (chiamatelo prefetto, a me non fa paura, chiamatelo con altro nome, poco mi importa) è la vera parola dell'equilibrio, è la parola della ragionevolezza, è l'armonia delle necessità di legge con l'opportunità politica, impedisce tanti eccessi, che farebbero male alla vita individuale e alla vita politica di tutto il Paese. Quindi organi di controllo, ma organi di controllo burocratico. Sarà da vedere, se di legittimità o di merito; sarà la legge costituzionale che lo stabilirà. Quelli che non farei risorgere sono i Circondari: ormai sono fuori dalle nostre abitudini, e a farli rinascere, si creerebbero organi ingombranti, e uffici troppo capillari e numero eccessivo di impiegati. Se è da conservare dunque la Provincia come organo di decentramento amministrativo e come organo di controllo, credo si debba abolire come ente autarchico. Come tale, minime sono le sue funzioni essenziali, strade, brefotrofi, alienati, funzioni che sarebbero trasferite alla Regione o ad altri enti. Come ente autarchico la Provincia è piuttosto un organo politico, ma ora l'organo politico si trasferisce alla Regione. Venute meno le Province come ente autarchico si avrebbe una sensibile diminuzione d'impiegati, che si potrebbero trasferire alla Regione per i nuovi servizi in essa creati.
Ecco quindi come si possono armonizzare la funzione della Provincia ed il problema burocratico, dando un novello fondamento più robusto e più forte a questa creazione nuova della Costituzione italiana che è la Regione.
A cura di Fabrizio Calzaretti