[Il 5 marzo 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Tupini. [...] Bisogna dire che questo è un postulato tipicamente e prevalentemente nostro, anche se sostenuto con forza, con energia e con efficienza da esponenti di altre correnti politiche che siedono su questi banchi. Essa è tale, la regione, che garantisce un effettivo «self-government», senza frammentare lo Stato stesso.
Peraltro, la sua attività, anche quando è di competenza esclusiva, primaria, anche quando è di natura legislativa, resta infrenata nel rispetto dei limiti costituzionali con opportuni eventuali interventi della Corte Costituzionale.
Si è da taluno accennato, a questo riguardo, al pericolo di salti nel buio, di ritorni al feudalesimo ed al campanilismo, e, addirittura, di nuovi indugi che si frapporrebbero alla soluzione degli stessi gravi e cogenti problemi meridionali.
Il pessimismo, onorevoli colleghi, non ha mai creato e non crea nulla di concreto. E questa volta la prova del suo torto è nel fatto che il regionalismo, così come noi lo concepiamo e che ci auspichiamo venga realizzato nel nostro statuto, è qualche cosa di ben lontano e diverso dal federalismo, mentre è proprio dal Mezzogiorno che ci giungono istanze di maggiori autonomie.
Anche il problema del Mezzogiorno va impostato e risolto in termini di libertà. L'accentramento si paga sempre in moneta di libertà. Il decentramento è ragione e fonte di autonomia. La difficoltà di trovare il punto in cui l'autonomia si concilii con l'unità e la saldezza dello Stato mi pare di vederla felicemente superata in quelle norme del progetto, in cui si dispone che, sotto il controllo della Corte Costituzionale, la regione non può essere avulsa dalla compagine economico-sociale del tutto, in quelle in cui si vietano dazi d'importazione e di esportazione regionale e in quelle ancora in cui, riconoscendosi la potestà legislativa della regione, si stabilisce che quella attività non può essere mai discordante con la Costituzione e gli interessi dello Stato e delle altre regioni. La regione sarà così il tramite per avvicinare, non per allontanare, la periferia e il cittadino al centro; la regione non sarà considerata causa di discrasia e di lacerazione, ma costituirà il più grande baluardo contro la suggestione e l'avvento delle dittature. E se taluno pensasse che, allontanato il pericolo di una dittatura nazionale, si favorisce, con la regione, quello di dittature locali, l'articolo 118, prevedendo in loco un commissario del Governo e l'articolo 117 lo scioglimento della regione per gravi violazioni di legge, fugano ogni timore al riguardo.
A cura di Fabrizio Calzaretti