[Il 20 novembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulle autonomie locali.]

Il Presidente Terracini ricorda che debbono ora prendersi in esame le materie elencate nell'articolo 3, che formano oggetto della potestà legislativa della Regione e apre la discussione sul primo gruppo: «Agricoltura, foreste, cave e torbiere».

Rossi Paolo osserva che il termine «agricoltura» è troppo lato e la sua inclusione nell'articolo 3 escluderebbe che si potesse addivenire ad una riforma agraria interessante l'intiero Paese. Ne propone quindi il passaggio all'articolo 4.

Tosato si associa.

Grieco concorda. Non crede ammissibile, in questo campo, una potestà legislativa esclusiva della Regione, la quale contrasterebbe con l'esigenza di una legislazione agricola unitaria e permetterebbe, ad esempio, che nell'Emilia si attuasse la collettivizzazione agricola e nelle altre Regioni no. Può concepirsi al riguardo, da parte della Regione, solo una potestà normativa integrativa.

Nobile aggiunge che l'agricoltura e tutto ciò che ad essa si riferisce, è cosa di interesse nazionale. Il Paese non può rimanere indifferente al modo come si coltiva in una data Regione, perché, ad esempio, il trascurare la produzione del grano potrebbe significare costringere ad aumentare l'importazione dall'estero.

Lo stesso può dirsi delle foreste, che nel loro complesso costituiscono un prezioso patrimonio di tutta la Nazione, e non di una singola Regione. Così pure delle cave, che potrebbero domani fornire un metallo prezioso all'economia del Paese, e delle torbiere, il cui sfruttamento non può essere lasciato all'arbitrio delle Regioni in una Nazione così povera di combustibili come l'Italia.

Bulloni ritiene invece che se v'è materia che debba esser considerata con riguardo alle necessità locali, questa è proprio l'agricoltura. È convinto che le Regioni sapranno sfruttare nel miglior modo le loro risorse agricole nell'interesse proprio e della collettività. Né vede perché l'attribuzione della materia alla Regione potrebbe essere di ostacolo alla riforma agraria: l'Ente Regione vi provvederebbe in funzione di quell'interesse generale che è affidato alla sua tutela.

Cappi trova eccessivi i timori di alcuni colleghi. A suo avviso non è a pensare che la Regione possa rivoluzionare il campo agrario, né che possa giungere — come accennava l'onorevole Grieco — alla collettivizzazione o all'espropriazione della proprietà fondiaria, se nella Costituzione sia sancito il principio del diritto di proprietà privata. Né una Regione potrebbe decretare la distruzione delle sue foreste, perché ciò urterebbe contro l'interesse nazionale, e troverebbe quindi ostacolo nella legislazione statale.

Codacci Pisanelli premette che nell'articolo 3 si è usata l'espressione «potestà legislativa» con un significato diverso da quello normale: per dare maggior rilievo al principio autonomistico, si sono adoperate parole diverse da quelle che si sarebbero dovute ai fini di una maggiore precisione scientifica.

Crede che non si debba preoccuparsi troppo del potere che si concede alle Regioni, in quanto non potrà andare contro i principî fondamentali della nostra legislazione, né contro gli interessi nazionali. Il giorno in cui una Regione abusasse della sua potestà, potrebbe il Parlamento, con una sua legge rivolta a garantire gli interessi nazionali, porle dei limiti e togliere, eventualmente, valore alle norme emanate in contrasto con gli interessi generali. Un'altra garanzia, poi, è costituita dalla Corte per il controllo sulla costituzionalità delle leggi. Crede quindi che non possa disconoscersi l'opportunità di tener conto delle esigenze locali, attribuendo alle Regioni, in via normale, l'emanazione di norme giuridiche in materia di agricoltura, foreste, cave e torbiere.

Uberti mette in evidenza che tutto il complesso di opere per il potenziamento dell'agricoltura (lotta contro le malattie delle piante, ed in genere tutti i compiti affidati attualmente agli Ispettorati provinciali dell'agricoltura) assume aspetti notevolmente vari da regione a regione, come profonde sono anche le diversità dei contratti agrari; per cui l'insistere su una legislazione unica determinerebbe il rischio di renderne impossibile l'applicazione in tutto il territorio della Repubblica. Cita in proposito l'esempio della legge sul latifondo del 1921, che era utile per l'Italia meridionale e insulare, ma aveva scarse possibilità di applicazione nel Veneto. Così, la legislazione della Repubblica veneta in materia forestale, importantissima perché il legno era un elemento indispensabile per la vita della Repubblica, ottima per quel territorio, non avrebbe potuto estendersi a tutta l'Italia. Una legislazione di carattere regionale presenterebbe il vantaggio di una più viva aderenza alla realtà ed agli effettivi bisogni locali.

Tosato nota che da taluno è stato affermato poc'anzi che lo Stato avrebbe il potere di dettare, qualora ne riconoscesse la opportunità, una regolamentazione uniforme anche per le materie elencate nell'articolo 3. È, invece, opinione sua e di altri colleghi che, stando alla lettera di detto articolo, ciò non sarebbe possibile. Ritiene pertanto necessario far precedere la discussione su queste materie da un chiarimento della questione e da un più approfondito esame di tutto il sistema, in modo di averne un quadro completo, tenendo altresì presente l'articolo 12.

Il Presidente Terracini replica che la Sottocommissione nell'approvare, nella riunione precedente, il primo comma dell'articolo 3, ha indubbiamente tenuto presente così l'articolo 4 come l'articolo 12.

Conti concorda sull'opportunità di conservare l'agricoltura nell'elencazione dell'articolo 3. In questa materia le situazioni locali sono talmente diverse l'una dall'altra, che difficilmente il legislatore potrebbe effettuare una riforma agraria generale. Basti considerare che 5 ettari di terreno coltivato nei Castelli Romani rendono quanto 200 ettari di terra poco fertile nella Lucania. Se vi è, dunque, un campo di attività economica per il quale molto proficua si dimostrerebbe la regolamentazione regionale, questo è proprio quello dell'agricoltura.

Lo stesso pensa nei riguardi delle foreste, e delle cave e torbiere: poiché anche le cave in Italia per lo più sono di scarso interesse nazionale (come quelle di pozzolana) e di minerali di basso pregio.

Crede quindi che tutte queste materie possano essere lasciate senza timori alla potestà legislativa delle Regioni.

Propone poi — confortato dal consenso del relatore — di aggiungere un'altra materia a quelle elencate dall'articolo 3 del progetto cioè: «ferrovie locali, tramvie e linee automobilistiche». In proposito rileva che si tratta di servizi che rispondono ad esigenze assolutamente locali, e solo la legislazione regionale potrà incrementare le iniziative e disciplinarle, mentre oggi le innumerevoli istanze per attivazione di servizi, che vengono trasmesse alla autorità centrale, finiscono per rimanere senza seguito.

Fabbri insiste per il trasferimento all'articolo 4 delle voci agricoltura e cave, nella considerazione che, con la formulazione approvata del primo comma dell'articolo 3, si escluderebbe ogni possibilità di intervento dello Stato in materie di così vitale interesse nazionale, e la potestà legislativa delle Regioni sarebbe talmente vasta da potersi considerare quasi illimitata. Non possono infatti considerarsi limiti certi quelli della «armonia con la Costituzione e coi principî fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato, e del rispetto degli interessi nazionali». Il solo limite certo deriva dall'emendamento dell'onorevole Perassi, che impone il rispetto degli obblighi internazionali dello Stato, in quanto almeno questi sono consacrati in documenti scritti.

Sostiene l'esclusione delle cave e non anche delle torbiere. Da queste ultime non si estrae che torba, la quale ha effettivamente importanza soltanto locale, mentre da molte cave si estraggono materie analoghe a quelle delle miniere, e la loro classificazione in cave dipende unicamente dalla legge mineraria.

Calamandrei concorda sul passaggio dell'agricoltura all'articolo 4, in quanto l'articolo 3, stabilendo la competenza legislativa esclusiva delle Regioni sulle elencate materie, determina, come è stato rilevato, l'incompetenza legislativa dello Stato sulle materie stesse, in modo che la legge che lo Stato emanasse, sia pure in via di necessità e di urgenza, su una delle materie che l'articolo 3 attribuisce alla competenza delle Regioni, sarebbe incostituzionale e dovrebbe essere annullata. Né lo Stato potrebbe richiamarsi al «rispetto dell'interesse nazionale» per emanare una legge generale anche sulle materie dell'articolo 3; perché quel motivo può dare al Governo solo il diritto di opporre il veto all'emanazione di una legge da parte della Regione, ma non può consentirgli di emanare una legge di interesse nazionale su quelle materie. Se si ammettesse un'interpretazione lata, come quella suggerita dall'onorevole Codacci Pisanelli, nel senso che lo Stato, ogni qual volta sia in gioco un interesse nazionale, possa legiferare, tanto varrebbe abolire l'articolo 3, poiché il potere normativo della Regione resterebbe limitato ai soli casi in cui lo Stato non avesse creduto di emanare leggi generali.

A queste considerazioni va aggiunto che su alcune materie incluse nell'articolo 3 — tra cui l'agricoltura — esistono molte disposizioni nei Codici, sia civile che penale, che non è ben chiaro quale sorte subirebbero. È vero che si fa riferimento ai principî generali dell'ordinamento giuridico, ma questi non possono identificarsi con le norme dei Codici; e quando si dice che la Regione dovrà legiferare nel rispetto di quei principî non s'intende alludere a quelli.

Ravagnan confuta l'opinione dell'onorevole Conti che, senza una legislazione agraria Regionale, non sia possibile attuare la riforma agraria, per il fatto che la materia non si presta ad una disciplina uniforme. Nessuno ha mai pensato ad una uniformità della legge per la riforma agraria, la quale può anzi benissimo contemplare, entro direttive generali, la diversità delle situazioni tra Regione e Regione. D'altro canto, talune particolarità — come il latifondo, la mezzadria, ecc. — non sono esclusive di certe località e, rimettendone la disciplina alle Regioni, potrebbero trovare ordinamenti diversi, mentre una varietà di legislazioni per fenomeni analoghi rappresenterebbe senza dubbio un'incongruenza.

Aggiunge che, oltre al caso di una Regione con una legislazione agricola molto avanzata, è da prevedere anche quello di una Regione priva di leggi sulla materia. Questo stato di cose reclama una riforma agraria, la quale non potrebbe promanare che dall'Assemblea Nazionale, in quanto ogni Regione interpreterebbe a modo suo l'interesse generale.

Non crede che possa costituire argomento persuasivo quello del ricorso di cui all'articolo 12, perché, date appunto le diversità tra Regione e Regione, i ricorsi da parte del potere centrale potrebbero divenire talmente numerosi da intralciare tutta la legislazione in materia. Insiste pertanto sulla eliminazione dell'agricoltura dall'elencazione dell'articolo 3, in modo da consentire alla Regione di legiferare in questa materia solo in attuazione delle direttive generali, che saranno veramente ispirate all'interesse nazionale.

Lussu, tenuto conto della indecisione manifestatasi nella riunione precedente, all'atto di votare sul primo comma dell'articolo 3 e della preoccupazione odierna che la concessione della potestà legislativa alla Regione possa inceppare una legislazione unitaria da parte dello Stato, ritiene necessario chiarire che il Comitato non ha mai inteso — a suo modo di vedere — affermare la potestà da parte della Regione di avocare a sé in modo esclusivo la legiferazione delle materie in esame. Si è usata l'espressione «in armonia coi principî fondamentali dell'ordinamento giuridico», appunto per significare che lo Stato fissa le direttive per tutti i rami della legislazione.

Mortati obietta che, in tal caso, l'articolo 3 non avrebbe alcuna ragione per essere distinto dall'articolo 4.

Lussu risponde che l'integrazione di norme direttive e generali, prevista dall'articolo 4, è tutt'altra cosa dalla legislazione primaria di cui all'articolo 3.

Comunque, per eliminare le preoccupazioni di molti colleghi in merito all'agricoltura, non sarebbe alieno dall'affermare, con una formula più chiara, il concetto che tale materia è di competenza regionale, ferma tuttavia restando al Parlamento nazionale la potestà di una propria legislazione generale di principio. L'agricoltura è una di quelle materie in cui la Regione deve poter esplicare il massimo della sua originalità ed autonomia, senza attendere che intervenga per risolvere ogni piccola questione il potere centrale; moltissime sono infatti le soluzioni che possono essere date localmente su tante questioni di dettaglio, come la lotta anticrittogamica e contro le cavallette, la valorizzazione di una determinata cultura più redditizia nei confronti di un'altra, ecc.

In conclusione, crede che sull'argomento non vi sia tanto un dissenso sostanziale, quanto un modo differente di interpretazione dell'articolo 3.

Mortati nota che le osservazioni, sostanzialmente esatte, dell'onorevole Lussu, inducono a chiarire un equivoco.

L'agricoltura non può neppure essere passata senz'altro all'articolo 4, il quale, così com'è formulato, contiene due limitazioni all'attività normativa regionale, che potrebbero compromettere in modo dannoso l'opera di adattamento alle esigenze particolari: in primo luogo fa supporre che la Regione non possa legiferare nelle materie ivi elencate se non ed in quanto esista una legge generale dello Stato (quindi mancherebbe alle Regioni in queste materie il potere d'iniziativa); in secondo luogo parla di norme direttive e generali come di una sola cosa, mentre sono due cose distinte. Ritiene pertanto che occorrerebbe, anzitutto, modificare l'articolo 4 nel senso di stabilire che, nelle materie in esso previste, lo Stato può legiferare soltanto per affermare principî generali, senza entrare nei particolari che dovrebbero invece essere affidati alle Regioni; e che la Regione stessa ha il diritto di iniziativa e può quindi liberamente legiferare fino a che lo Stato non abbia emanato sulla materia le norme direttive. Modificando in tal senso l'articolo 4, verrebbero a cadere le preoccupazioni dell'onorevole Lussu e nessuno potrebbe avere difficoltà di inserirvi l'agricoltura.

Personalmente si dichiara favorevole al passaggio dell'agricoltura all'articolo 4, purché a questo si apportino le modifiche che ha prospettato.

Il Presidente Terracini osserva che l'intervento dell'onorevole Mortati rimette in discussione tutta la materia, mentre si era arrivati, già nella riunione precedente, alla conclusione di approvare il primo comma dell'articolo 3 e di passare all'esame delle materie da elencare.

Zuccarini ricorda che fin dall'inizio della discussione sull'ordinamento regionale fu riconosciuta la stretta correlazione esistente fra gli articoli 3 e 4 e crede che tale correlazione richieda un esame contemporaneo. Una volta risolte le questioni di principio, sarà molto più semplice provvedere alla classificazione delle materie.

Il Presidente Terracini è contrario ad accettare il suggerimento dell'onorevole Zuccarini, perché non sarebbe sufficiente neppure l'esame contemporaneo dell'articolo 4, ma bisognerebbe richiamarsi anche ad altri articoli — come l'articolo 8 e il 12 — con il che si protrarrebbe la discussione oltre il necessario.

Mortati replica che anche dal punto di vista metodico, e agli effetti di una maggiore rapidità della discussione, sarebbe opportuno approvare anzitutto la parte generale della regolamentazione per poi decidere della distribuzione delle materie.

Propone pertanto i seguenti emendamenti agli articoli 3 e 4 del progetto.

«Art. 3. — Omissis... nelle seguenti materie...:

1°) pesca e caccia;

2°) opere pubbliche e urbanistica;

3°) antichità e belle arti, archivi e deputazioni storiche;

4°) turismo e tutela del paesaggio; industria alberghiera;

5°) polizia locale urbana e rurale;

6°) pubblica beneficenza;

7°) organizzazione sanitaria, ospedaliera ed igienica;

8°) determinazione delle circoscrizioni comunali».

«Art. 4. — Nel rispetto della Costituzione e nell'ambito dei principî direttivi che lo Stato ritenga di dovere emanare allo scopo di garantire, con una regolamentazione uniforme, gli interessi unitari della Nazione, compete alla Regione la potestà legislativa, nelle seguenti materie:

1°) agricoltura e foreste, zootecnia;

2°) industria;

3°) commercio;

4°) pubblica assistenza; protezione sociale;

5°) rapporti di lavoro;

6°) ordinamento degli uffici e dei servizi regionali;

7°) istruzione media professionale e tecnica;

8°) strade ordinarie e ferrate, linee di navigazione, o automobilistiche in quanto non interessino la difesa nazionale o le esigenze del traffico nazionale;

9°) porti, approdi, darsene, in quanto non interessino la difesa nazionale, o la sicurezza della navigazione marittima in generale.

«La legge direttiva potrà fissare un congruo termine per l'emanazione delle norme di svolgimento affidate alle Regioni. In caso di mancata osservanza del termine, potrà essere provveduto con legge dello Stato».

«Art. 4-bis. — Spetta alla Regione il potere regolamentare esecutivo, oltre che nelle materie per cui è consentita l'attività legislativa di cui ai precedenti articoli, anche nelle seguenti:

1°) acque pubbliche;

2°) miniere;

3°) ecc.».

Illustra la sua proposta, facendo rilevare che in essa si omette il richiamo alle norme generali — che non sono se non leggi pure e semplici senza limite di contenuto — limitando l'intervento dello Stato alla emanazione di principî direttivi. In secondo luogo, con l'espressione «che lo Stato ritenga di dovere emanare, ecc.», si ammette che la Regione possa legiferare liberamente fintantoché lo Stato non provveda ad una disciplina unitaria di carattere orientativo di determinati indirizzi. In questo modo, oltre ad eliminarsi la inesattezza dell'espressione «integrazione di norme direttive», si soddisfano le giuste esigenze poste in luce.

Il Presidente Terracini rileva che le proposte dell'onorevole Mortati sono intese all'allargamento della facoltà legislativa di integrazione della Regione e quindi praticamente comportano la riapertura della discussione esaurita nella seduta precedente.

Comunque, pone ai voti la proposta di sospendere l'esame delle materie da elencare all'articolo 3, per passare alla discussione della disposizione di carattere generale del primo comma dell'articolo 4.

Perassi voterà favorevolmente alla proposta, allargandola anzi nel senso di estendere l'esame anche all'articolo 12, che pure presenta dei dubbi nella sua interpretazione.

Codacci Pisanelli non ha alcuna difficoltà ad aderire, nonostante sia dell'avviso che la dizione dell'articolo 3 del progetto non autorizzi a parlare di una legislazione esclusiva, bensì preveda una normazione autonoma che non è detto sia esclusiva.

Lussu dichiara di votar contro la proposta dell'onorevole Mortati, e a maggior ragione contro l'allargamento proposto dall'onorevole Perassi, in quanto ritiene che nell'articolo 3 si ipotizzi una legislazione autonoma della Regione fino a quando non intervenga una legislazione di carattere generale; la Regione cioè, ha la potestà di legiferare su determinate materie, solo in quanto lo Stato non le abbia già disciplinate.

Fabbri voterà a favore della proposta Mortati, sperando che possa giovare a chiarire un equivoco evidente, perché le precisazioni dello stesso Relatore onorevole Ambrosini sono l'antitesi di quelle fornite dall'onorevole Codacci Pisanelli, che momentaneamente lo ha sostituito nell'incarico di relatore del Comitato di redazione. Infatti, il primo ha ammesso che la legislazione prevista nell'articolo 3 è esclusiva. Personalmente ritiene che essa sarebbe abrogativa in toto della legislazione che già esistesse nello Stato su quelle singole materie. Comunque, darà voto favorevole alla proposta nella convinzione che, finché non si conoscerà la portata differenziata di questi due articoli, non si potrà sensatamente deliberare in ordine alle materie.

(È approvata).

Il Presidente Terracini apre la discussione sulla nuova formulazione dell'onorevole Mortati.

Conti fa rilevare che il sistema proposto trova conforto in un precedente. Un progetto spagnolo per lo Statuto catalano consente la facoltà di fare leggi e regolamenti di valore transitorio, ove il potere centrale abbia omesso di provvedere.

Laconi nota che gli emendamenti Mortati non eliminano il pericolo che poteva scaturire da una data interpretazione dell'articolo 3, e non sopiscono le preoccupazioni dell'onorevole Lussu e di altri, che anzi la nuova formulazione dell'articolo 4 proposta serve a maggiormente precisare il significato dell'articolo 3 nel senso che l'onorevole Lussu vorrebbe escludere; cioè di impossibilità, da parte dello Stato, di intervenire con sue norme in certi campi. Quindi spingerà il giurista futuro a dare dell'articolo 3 una interpretazione che è contraria al pensiero di alcuni di coloro che hanno contribuito a redigerlo.

Mortati tiene a precisare che, nell'approvare l'articolo 3, tutti dovevano essere consapevoli del significato letterale e logico che si desume dallo stesso suo testo, consistente nella concessione di una competenza esclusiva alla Regione. Pertanto la sua proposta di formulare diversamente l'articolo 4 non incide affatto sulla portata della decisione adottata, in seguito a votazione, sull'articolo 3.

La Rocca esprime la sua contrarietà alla formula Mortati, osservando che essa, anziché semplificare, complica la situazione ed aggrava le giuste preoccupazioni per la concessione di una potestà legislativa eccessivamente ampia alla Regione, senza possibilità di rimedio da parte dello Stato.

Lussu premette che, se si è manifestato un contrasto di opinioni tra alcuni membri del Comitato, questo riguarda soltanto la interpretazione dell'articolo 3, ma non la sostanza, in quanto tutti sono d'accordo nel voler salvare l'unità legislativa nazionale e nello stesso tempo dare ampie possibilità di iniziativa e di normazione all'ente Regione. Da ciò deriva la necessità di escogitare una formula che chiarisca la situazione e dissipi le preoccupazioni, affermando la potestà di intervento dello Stato in sede di fissazione di principî generali, senza intaccare l'autonomia legislativa regionale nell'applicazione dei criteri rispondenti alle esigenze locali.

Per queste ragioni si dichiara contrario all'emendamento Mortati che, a suo avviso, non risolve la questione.

Piccioni ritiene che le proposte dell'onorevole Mortati siano le più coerenti e quelle che meglio possono servire ad eliminare ogni equivoco. In esse si prevedono tre tipi di legislazione regionale: una potestà legislativa esclusiva (articolo 3); una potestà legislativa concorrente con quella dello Stato, il quale fissa i principî direttivi, e suppletiva di un'eventuale deficienza di legislazione generale (articolo 4); e una potestà regolamentare esecutiva (articolo 4-bis). Il problema concerne ormai soltanto le materie da attribuire a ciascuna forma di normazione, perché indubbiamente ogni Commissario ha la preoccupazione di non ferire l'integrità dello Stato e l'uniformità della disciplina dei problemi interessanti la collettività. Se si affideranno alla potestà legislativa esclusiva materie di scarso interesse generale (come la pesca, la caccia, l'urbanistica, la polizia locale e rurale, ecc.) non si lederà in alcun modo l'unità nazionale e la sovranità dello Stato.

Uberti conviene con l'onorevole Piccioni e crede che anche l'onorevole Lussu debba riconoscere che le proposte Mortati non rappresentano una complicazione, bensì un chiarimento della questione ed un progresso nella discussione. È infatti innegabile che lo schema elaborato dal Comitato non supera le preoccupazioni dell'onorevole Calamandrei e di altri, relative alla possibilità di emanazione da parte della Regione di norme contrastanti con i Codici e con le leggi fondamentali dello Stato, nonostante il Comitato stesso fosse ben lontano dal volerlo ed avesse ritenuto di aver ovviato all'inconveniente con le espressioni: «in armonia con la Costituzione e coi principî fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato e nel rispetto degli interessi nazionali».

Nobile esprime il parere che gli emendamenti Mortati siano da preferirsi, soprattutto in quanto scindono il potere legislativo di integrazione della Regione dal potere regolamentare esecutivo, il quale rappresenta l'unica facoltà che, a suo avviso, potrebbe essere concessa all'ente Regione.

Perassi aderisce alla proposta dell'onorevole Mortati e consiglia soltanto di rendere più concisa la formula dell'articolo 4, in questo senso:

«Compete alla Regione la potestà legislativa nell'ambito dei principî direttivi stabiliti da leggi dello Stato, nelle seguenti materie:...».

Mortati insiste sull'espressione «che lo Stato ritenga di dovere emanare», per il particolare significato che essa riveste e che ha già illustrato.

Il Presidente Terracini, prima che la Sottocommissione si pronunci, pone in rilievo che la proposta Mortati non incide sulla votazione già effettuatasi sull'articolo 3, salve naturalmente le modifiche nella elencazione delle materie; onde resta alla Regione un ambito di facoltà legislativa esclusiva.

Pone quindi ai voti la prima parte dell'articolo 4 nella formula proposta dall'onorevole Mortati, che rilegge:

«Nel rispetto della Costituzione e nell'ambito dei principî direttivi che lo Stato ritenga di dovere emanare allo scopo di garantire, con una regolamentazione uniforme, gli interessi unitari della Nazione, compete alla Regione la potestà legislativa, nelle seguenti materie:».

Piccioni voterà in favore, per le ragioni già espresse ed intendendo con questo suo voto che nella sfera dell'articolo 3 vadano comprese soltanto le materie di interesse strettamente locale.

Calamandrei darà voto favorevole, nella convinzione che quando si esamineranno le materie da inserire nell'articolo 3 si sarà naturalmente portati a passarle nell'articolo 4.

Fabbri si asterrà dalla votazione, per una ragione sostanzialmente identica. Poiché la legislazione prevista nell'articolo 4 Mortati è concorrente e, in un certo senso, diviene esclusiva, ove lo Stato non ritenga che vi siano interessi generali da disciplinare, tutti coloro che desideravano per alcune materie una legislazione esclusiva, senza tuttavia pregiudicare gli interessi unitari della Nazione, potrebbero convenire sull'opportunità di passare le materie stesse sotto l'articolo 4.

Grieco e Lami Starnuti si associano all'onorevole Fabbri.

Lussu dichiara di astenersi, perché non è convinto che l'articolo rappresenti un chiarimento.

(Con 13 voti favorevoli, 2 contrari e 10 astenuti, è approvata).

Il Presidente Terracini mette in votazione la prima parte dell'articolo 4-bis dell'onorevole Mortati che ricorda:

«Spetta alla Regione il potere regolamentare esecutivo, oltre che nelle materie per cui è consentita l'attività legislativa di cui ai precedenti articoli, anche nelle seguenti:...».

Nobile voterà contro, perché fa richiamo alle disposizioni precedenti.

Lussu dichiara di astenersi dal voto.

(È approvata).

Il Presidente Terracini avverte che ora l'esame della Sottocommissione dovrà rivolgersi alle materie da inserire nell'articolo 3 previste nel progetto, salvo ad esaminare in un secondo momento le aggiunte consigliate dall'onorevole Mortati ed eventualmente da altri. Il primo gruppo riguarda: «agricoltura e foreste, cave e torbiere». A queste l'onorevole Mannironi propone di aggiungere «le saline».

Bulloni obietta che le saline sono oggetto di monopolio dello Stato.

Mannironi rinuncia alla sua proposta, che si riserva di ripresentare in sede di discussione dell'articolo 4.

Il Presidente Terracini pone ai voti l'inclusione nell'articolo 3 delle materie:

«agricoltura, foreste e cave».

(Non è approvata).

Mette ai voti l'inclusione delle

«torbiere».

(È approvata).

Ricorda che il secondo gruppo di materie comprende: «strade, ponti, porti, acquedotti e lavori pubblici».

Lussu dichiara che su nessuna delle materie previste dal progetto è disposto a votare in favore, se all'articolo 3 si dà l'interpretazione di legislazione esclusiva. Non c'è materia per cui egli sia disposto a concedere alla Regione una potestà normativa assoluta ed esclusiva.

Perassi prospetta l'opportunità di escludere le strade di interesse nazionale.

Fuschini si associa ed aggiunge che anche i ponti costruiti lungo le strade nazionali, i porti e gli acquedotti possono interessare più Regioni o addirittura tutta la Nazione.

Nobile concorda.

Zuccarini propone di aggiungere, a questo gruppo di materie, le parole: «di carattere regionale».

Bozzi suggerisce la dizione: «viabilità e lavori pubblici di esclusivo interesse regionale».

Perassi, quanto ai «porti», consiglia la precisazione: «lacuali».

Mortati sostituirebbe la parola «porti» con la formula; «porti, approdi, darsene, in quanto non interessino la difesa nazionale, o la sicurezza della navigazione marittima in generale». Fa presente che, ad esempio, nei porti il faro interessa la sicurezza del traffico in generale e quindi le decisioni al riguardo non possono essere lasciate all'arbitrio della Regione.

Il Presidente Terracini è contrario a scendere in troppi dettagli.

Pone intanto ai voti l'inclusione nell'articolo 3 delle materie:

«strade, ponti, acquedotti e lavori pubblici di esclusivo interesse regionale».

Mannironi voterà in favore, riservandosi di presentare a suo tempo una proposta circa la polizia stradale, per la quale ritiene indispensabile una regolamentazione unitaria da parte del potere centrale.

Nobile voterà contro, perché gli acquedotti interessano la pubblica igiene e, sotto questo aspetto, tutta la collettività.

(È approvata).

Il Presidente Terracini ricorda le proposte Mortati e Perassi, relative ai porti.

Rossi Paolo ritiene inopportuna l'inclusione dei porti. Fa presente che tutte le coste sono demaniali ed i porti in genere non hanno solo interesse regionale, ma in taluni casi perfino internazionale. Cita ad esempio l'amministrazione del porto di Genova nella quale è rappresentata anche la Svizzera. Tale carattere possono avere anche porti lacuali.

Nobile ricorda che i porti dipendono dal Ministero della marina. Se la loro disciplina fosse affidata alle Regioni, bisognerebbe crearvi degli uffici, aumentando quella burocrazia che si vorrebbe ridurre. È quindi contrario all'inclusione, in genere, dei porti e soggiunge che anche quelli di importanza locale possono acquistare un interesse interregionale.

Lami Starnuti aggiunge che non si può concepire il porto staccato dal suo arenile, che è demanio dello Stato. Non può dunque ammettersi che la Regione legiferi in via esclusiva sui porti, quando spetta allo Stato di legiferare sulle zone di accesso indispensabili al movimento dei porti stessi. Né va dimenticato un altro argomento di carattere economico: che, riservando la potestà legislativa in merito ai porti alla Regione, si offrirebbe allo Stato il motivo per non contribuire più alle spese per la loro ricostruzione.

Il Presidente Terracini mette ai voti l'aggiunta, alle voci già approvate, dell'altra:

«porti lacuali».

(È approvata).

Uberti propone l'aggiunta delle parole:

«e fluviali».

Il Presidente Terracini la pone ai voti.

(Non è approvata).

Invita a passare all'esame delle successive materie: «pesca e caccia».

Nobile è contrario alla loro inclusione nell'articolo 3, in quanto le considera di interesse nazionale. La caccia sportiva, ad esempio, dovrebbe essere rigorosamente proibita, mentre quella a carattere industriale dovrebbe esser regolata da leggi generali, anche per evitare la distruzione inconsiderata e dannosa di certe specie animali, che oggi spesso viene lamentata.

Perassi propone di completare il termine «pesca» con la precisazione «nelle acque interne», escludendosi così la pesca marittima.

Il Presidente Terracini osserva che tale formula non sarebbe ancora sufficiente, perché generalmente la pesca nei fiumi interessa più Regioni.

Propone quindi la formula

«pesca nelle acque interne di carattere regionale»

e la mette ai voti.

(È approvata).

Rossi Paolo, quanto alla caccia, pone in rilievo che spesso gli interessi delle Regioni al riguardo sono contrastanti, in quanto la selvaggina stabile in Italia è scarsissima e la caccia si esercita in prevalenza sulle specie migratorie.

Il Presidente Terracini mette in votazione l'inclusione, tra le materie dell'articolo 3, della

«caccia».

(Non è approvata).

Invita la Sottocommissione ad esprimere il suo parere relativamente alla

«urbanistica».

Fabbri ha l'impressione che l'urbanistica concerna quasi esclusivamente la competenza degli enti comunali.

Perassi chiarisce che i piani regolatori debbono essere approvati con legge e quindi è logico affermare la competenza legislativa della Regione.

Il Presidente Terracini pone ai voti l'inclusione nell'articolo 3 di questa materia.

(È approvata).

Pone ai voti l'inclusione delle seguenti materie:

«antichità e belle arti».

Fuschini ne propone il passaggio all'articolo 4.

Nobile dichiara di votare contro, ritenendo assurdo supporre che in un paese come l'Italia le antichità e belle arti possano interessare soltanto le Regioni.

(Non è approvata).

Il Presidente Terracini apre la discussione sulla materia successiva: «turismo».

Bulloni, premesso che oggi si tende ad incrementare il turismo mediante l'apertura di case da gioco, espone la sua preoccupazione che le Regioni possano — approfittando della facoltà esclusiva che venga loro concessa — aprire nuove case da giuoco, in violazione dell'articolo 719 del Codice penale.

Nobile aggiunge che il turismo, essendo uno dei più forti cespiti della nostra bilancia economica, assume un interesse nazionale.

Mannironi per ovviare al pericolo denunciato dall'onorevole Bulloni, propone di sostituire la parola: «turismo», con le altre: «vigilanza alberghiera, tutela del paesaggio e industria del forestiero».

Fabbri dichiara di esservi contrario, perché teme che si possa pregiudicare l'ambito dell'autonomia comunale.

Il Presidente Terracini pone ai voti l'inclusione della parola:

«turismo».

(Non è approvata).

Mette in votazione la proposta di sostituire detto termine, con le parole:

«tutela del paesaggio e industria alberghiera»,

che ritiene risponda al concetto dell'onorevole Mannironi.

(È approvata).

Mette ai voti un'altra materia da includere nell'articolo 3:

«polizia locale urbana e rurale».

(È approvata).

Pone ai voti l'inclusione nell'articolo 3 della seguente materia:

«beneficenza pubblica».

(È approvata).

Invita i colleghi a pronunciarsi sull'inclusione delle:

«scuole professionali»

nell'articolo 3.

Nobile è contrario a che la scuola professionale formi oggetto di legislazione da parte della Regione. Può ammettere una competenza regionale sulla materia solo in sede regolamentare.

Laconi rileva che le scuole professionali conferiscono dei titoli che debbono avere una validità nazionale e non limitata all'ambito della Regione. Se la relativa normazione fosse lasciata alle Regioni, potrebbero variare da Regione a Regione i programmi, l'ordinamento scolastico, ecc., ed una Regione potrebbe sentirsi autorizzata a non riconoscere i titoli di studio rilasciati dalla scuola di un'altra.

Il Presidente Terracini avverte che, quando si parla di scuole professionali in genere, non bisogna pensare soltanto alle scuole di tipo artigiano ed artistico, ma aver presenti anche le scuole che attualmente si stanno attrezzando ai fini di un insegnamento più vasto, per i grandi rami dell'industria.

Uberti si dichiara favorevole a lasciare alle Regioni la più ampia facoltà di disciplina delle scuole professionali. Confutando l'obiezione dell'onorevole Laconi, fa presente che l'assunzione di impiegati specializzati non è tanto legata al semplice possesso di un titolo, quanto alla preparazione pratica e alla provenienza da determinate scuole, di cui è nota la bontà dell'insegnamento.

Laconi segnala che da parte di taluni istituti industriali è in corso una rivendicazione per l'accesso dei loro diplomati alle Università. Perciò le scuole professionali non possono essere considerate come avulse dall'ordinamento scolastico italiano.

Bordon propone di sostituire alle parole: «scuole professionali», le altre: «scuole artigiane».

Laconi spiega che la scuola artigiana costituisce un grado di sviluppo verso la scuola professionale. Il riservare la legislazione in materia alle Regioni potrebbe costituire un danno ed una remora allo sviluppo di queste scuole.

Nobile chiede che si voti per appello nominale sull'argomento, perché considererebbe particolarmente grave una disposizione che inibisse allo Stato di interferire nel campo dell'insegnamento professionale.

Il Presidente Terracini, aderendo alla richiesta dell'onorevole Nobile, pone in votazione per appello nominale l'inclusione nell'articolo 3 dell'insegnamento professionale.

Votano sì: Ambrosini, Cappi, Piccioni, Uberti e Zuccarini.

Votano no: Bordon, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, De Michele, Fabbri, Fuschini, Grieco, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Mannironi, Mortati, Nobile, Ravagnan, Rossi Paolo, Terracini, Tosato.

Si astiene: Perassi.

(Con 5 voti favorevoli, 18 contrari e un'astensione, non è approvata).

Pone ai voti la proposta dell'onorevole Bordon di inserire nell'elenco dell'articolo 3 le parole:

«scuole artigiane».

(È approvata).

Apre la discussione su un'altra materia da riservare alla potestà legislativa della Regione: «modificazione delle circoscrizioni comunali».

Mannironi propone di aggiungere le parole: «e provinciali».

Nobile è contrario a consentire alle Regioni di modificare le circoscrizioni comunali, in quanto i Consigli comunali sono una delle basi di elezione della seconda Camera e potrebbe avvenire che le Assemblee regionali, a solo scopo elettorale, creassero artificiosamente nuovi comuni o modificassero le circoscrizioni di quelli esistenti.

Ambrosini, Relatore, oppone che, a norma del capoverso dell'articolo 18, soltanto la volontà delle popolazioni interessate potrà determinare la modificazione delle circoscrizioni comunali esistenti o la creazione di nuovi comuni.

Rossi Paolo, circa la modificazione delle circoscrizioni provinciali, afferma che le rivalità esistenti tra le Province consigliano di conferire la facoltà in parola all'autorità dello Stato e di non lasciarla alle Regioni.

Mannironi replica che nell'Assemblea regionale sono rappresentate tutte le Province e d'altra parte l'organo più competente per una eventuale rettifica di confini tra Province è senza dubbio la Regione.

Lami Starnuti dubita della opportunità di attribuire alla Regione la potestà di delimitare le circoscrizioni provinciali, oltre che per le ragioni esposte dall'onorevole Rossi, anche per il fatto che nelle Province risiedono molti uffici governativi e per il loro ordinamento potrebbero sorgere conflitti tra Stato e Regione.

Il Presidente Terracini pone ai voti il testo del progetto:

«modificazione delle circoscrizioni comunali».

(È approvato).

Mette in votazione l'emendamento aggiuntivo:

«e provinciali».

(Non è approvato).

Essendo esaurito l'esame delle materie previste nel progetto, apre la discussione sulle proposte aggiuntive degli onorevoli Bulloni e Mortati, intese ad includere nella elencazione dell'articolo 3, la prima, le parole: «assistenza ospedaliera» e la seconda, le parole: «organizzazione sanitaria, ospedaliera ed igienica».

Bulloni precisa che, mentre l'organizzazione sanitaria ed igienica può essere effettuata sulla base di direttive generali del Governo, il problema ospedaliero, essendo soprattutto un problema finanziario e amministrativo, deve essere risolto nell'ambito della Regione, con una rigorosa disciplina che assicuri i servizi.

Nobile non approva le proposte aggiuntive, con le quali si impedirebbe allo Stato italiano di emanare direttive in una materia per la quale è da prevedersi che l'Organizzazione delle Nazioni Unite emetterà, prima o poi, norme da osservarsi in tutto il mondo.

Tosato replica che l'ipotesi fatta dall'onorevole Nobile è prevista nella limitazione della potestà legislativa regionale, già approvata nella riunione precedente, costituita dal rispetto degli obblighi internazionali dello Stato.

Laconi è contrario alle due proposte, ritenendo che non si possa sancire una esclusività legislativa regionale per materie, quali l'assistenza sanitaria e ospedaliera, che sono anche di interesse nazionale, come è provato dall'esistenza di grandi istituti del genere a carattere nazionale.

Ambrosini, Relatore, è convinto che la Regione possa più oculatamente provvedere con norme legislative alle particolari necessità locali in queste materie.

Nobile fa notare che, approvandosi la formula dell'onorevole Mortati, lo Stato non potrebbe più intervenire nella lotta contro la malaria.

Mortati, in seguito all'obiezione dell'onorevole Nobile, modifica la sua proposta, rinunciando alla «assistenza sanitaria».

Il Presidente Terracini mette ai voti la proposta di aggiungere alle materie elencate nell'articolo 3 la seguente:

«assistenza ospedaliera o igienica»,

ritenendo che in questa formula sia tenuto conto delle proposte e delle osservazioni fatte.

(Non è approvata).

Dà notizia della seguente proposta aggiuntiva dell'onorevole Mannironi: «ordinamento degli uffici ed enti regionali e stato giuridico degli impiegati degli enti stessi».

Laconi esprime il suo aperto dissenso dalla proposta, la quale, se approvata, verrebbe a creare compartimenti stagni nella burocrazia, escludendo qualsiasi possibilità di trasferimento degli impiegati da una Regione all'altra e creando disparità nel trattamento economico del personale fra Regione e Regione.

Mannironi spiega che la sua proposta mira unicamente a riconoscere alle Regioni la competenza ad organizzare i propri uffici e a decidere dello stato giuridico e del trattamento economico dei propri impiegati. Del pari la Regione deve essere libera di dare vita a propri enti amministrativi — come consorzi, enti culturali, ecc. — stabilendone l'ordinamento e lo stato del personale. Non crede sia il caso di togliere alle Regioni la potestà legislativa esclusiva in queste materie, che sono di suo peculiare interesse.

Piccioni si dichiara favorevole alla proposta, poiché ritiene assurdo concepire l'ente Regione autonomo, riservando allo Stato un potere di intervento diretto nell'ordinamento degli uffici ed enti regionali e nello stato giuridico ed economico del relativo personale.

Fabbri, pur concordando, ritiene superflua la proposta, in quanto è implicito che la Regione possa liberamente ordinare i propri uffici, creare i propri enti, e disciplinare lo stato giuridico ed economico del proprio personale. Nota piuttosto una discordanza nel fatto che i rapporti sindacali di lavoro vengono compresi tra le materie previste dall'articolo 4, (legislazione di integrazione) e lo stato giuridico degli impiegati tra quelle dell'articolo 3 (legislazione esclusiva).

Mannironi riconosce il fondamento del rilievo fatto dall'onorevole Fabbri e giustifica la sua proposta col desiderio di evitare che lo Stato, con una sua legge generale, possa modificare la disciplina di tali materie, disposta localmente dalle Regioni.

Tosato propone di precisare: «enti amministrativi regionali».

Fuschini suggerisce di considerare anche lo stato economico, oltre a quello giuridico.

Perassi invece di «impiegati», propone di dire: «dipendenti».

Il Presidente Terracini pone ai voti la proposta di aggiungere all'elencazione dell'articolo 3 la seguente materia:

«ordinamento degli uffici ed enti amministrativi regionali e stato giuridico ed economico dei dipendenti degli stessi uffici ed enti».

(È approvata).

Il Presidente Terracini ricorda la proposta dell'onorevole Conti per l'inclusione delle «ferrovie locali, tramvie e linee automobilistiche».

Nobile non ritiene che la legislazione sulle ferrovie locali e sulle tramvie si possa attribuire alla Regione. Per ovvie ragioni tecniche, tali materie richiedono una legislazione uniforme di competenza dello Stato. Per quanto riguarda le linee automobilistiche fa rilevare che spesso esse vengono sovvenzionate dallo Stato, e che vanno esaminate anche dal punto di vista di una possibile concorrenza con le ferrovie statali. Aggiunge che in tale campo attualmente si ha già un notevole decentramento, attraverso gli Ispettorati della motorizzazione civile, i quali sono organizzati abbastanza bene per potere, con adeguate modifiche, dare il migliore rendimento.

Perassi dichiara di essere stato autorizzato dall'onorevole Conti, che ha dovuto allontanarsi, a proporre l'inserimento di tale materia nell'articolo 4, anziché nell'articolo 3.

Nobile osserva che, mentre nell'elenco sono state incluse materie per le quali, a suo avviso, non si può affidare la legislazione alle Assemblee regionali, altre, invece, ne sono state escluse, che avrebbero potuto, senza grave danno, essere ad esse affidate. Così, ad esempio, le fiere, i mercati e le lotterie, quando abbiano importanza puramente locale.

Fuschini concorda, proponendo che nell'articolo 3 vengano incluse anche le

«fiere e mercati».

Non aggiunge le lotterie, perché queste rivestono piuttosto interesse nazionale.

Il Presidente Terracini pone ai voti questa proposta.

(È approvata).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti