[L'11 novembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo IV «La Magistratura», Titolo VI «Garanzie costituzionali». — Presidenza del Vicepresidente Targetti.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Monticelli. [...] La funzione giurisdizionale deve essere esercitata esclusivamente dai magistrati ordinari. Vi possono essere delle eccezioni, ma le uniche eccezioni possibili sono quelle per gli organi del Consiglio di Stato e per i tribunali amministrativi regionali, di cui all'articolo 122, secondo comma, di cui ci siamo spesso dimenticati, perché il Consiglio di Stato non esercita soltanto un controllo di legittimità, ma anche, in grado di appello, giudica sulle sentenze della Giunta provinciale amministrativa. Altra eccezione può essere ancora la Corte dei conti in materia di contabilità e pensioni, ed ancora i tribunali militari per i reati militari, stabilendo però per ciascun organo la sfera di specifica competenza. Non mi nascondo la grande difficoltà della distinzione, che ha travagliato dottrina e giurisprudenza, tra diritti ed interessi, o la conseguente incertezza circa il giudice competente, così come non mi nascondo — e ho avuto occasione di esprimere questi miei timori allo stesso Presidente della Commissione, onorevole Ruini — che, parlando di interessi legittimi devoluti alla giurisdizione del Consiglio di Stato, non risulta ben chiara la posizione di quei rapporti d'impiego, che debbono essere decisi o dalla Magistratura ordinaria o dal Consiglio di Stato. Penso però che non dovrebbe essere difficile, una volta affermata la distinzione fra interessi legittimi e diritti, di trovare anche un modus vivendi, una formula cioè la quale, mantenendo la differenza tra la giurisdizione sugli interessi legittimi dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, e quella dei diritti devoluti invece alla cognizione della Magistratura ordinaria, possa comprendere, nella competenza esclusiva del Consiglio di Stato, anche i rapporti di pubblico impiego.

[...]

Romano. [...] Unità del potere giudiziario e giudici speciali. — Altro concetto al quale ho ispirato i miei emendamenti è l'unità del potere giudiziario, che è garanzia di giustizia.

Questa unità del potere giudiziario dovrebbe stare a cuore a tutti, perché tutte le volte che un Governo vuol far prevalere la politica alla giustizia, specie quando trova resistenza nella coscienza giuridica e nella rettitudine del magistrato ordinario, ricorre alla creazione di nuovi organi giudiziari, sottraendo così la cognizione di determinati rapporti ai giudici naturali.

Intanto questo frazionamento è rimasto sanzionato nella Carta costituzionale e si è dimenticato che ogni frazionamento significa polverizzazione dell'ordinamento giudiziario.

La lotta per evitare il frazionamento è antica, perché già nell'articolo 71 dello Statuto[i] si era astrattamente affermato il principio dell'unità del potere giudiziario; ma fin da allora le classi dirigenti, che miravano a dominare il Paese, iniziarono una lotta e si coalizzarono per violare questo articolo 71. Infatti la legge sul contenzioso amministrativo del 20 marzo 1865, allegato E, nacque contemplando delle eccezioni.

Si creò la giurisdizione sul Consiglio di Stato e quella della Corte dei conti in materia di contabilità e pensioni. L'offensiva al principio della unità della giurisdizione continuò negli anni successivi, e si ebbero i testi unici del 2 giugno 1889, del 17 agosto 1907, n. 678, e 26 giugno 1924, n. 1054. Così il Consiglio di Stato fu investito della giurisdizione sugli interessi legittimi dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, delle questioni giurisdizionali relative a diritti che si presentano nelle controversie di sua competenza ed infine di una giurisdizione esclusiva nei riguardi di determinati gruppi di veri e propri diritti dei cittadini, deliberatamente sottratti alla competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria, come i diritti derivanti dal rapporto di pubblico impiego. Con la giurisdizione esclusiva, l'abolizione del contenzioso amministrativo cadde quasi nel nulla.

Noi rendiamo omaggio a quell'altissimo consesso che è il Consiglio di Stato, che ha segnato delle pagine indelebili e nel campo della cultura e nel campo della giurisprudenza amministrativa, pagine indelebili che mi fanno ricordare un articolo pregevolissimo dell'onorevole Vittorio Emanuele Orlando; ma se si deve affermare una buona volta questa unità del potere giudiziario, è bene arrivare ad una precisazione. La resistenza si basa su rilievi diversi e si dice che «le norme riguardanti la illegittimità degli atti amministrativi, cioè incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge sono poste più che altro nell'interesse della pubblica amministrazione, non nell'interesse del cittadino, e che pertanto solo un organo amministrativo può giudicare con perfetta cognizione di causa. Ma è facile osservare che le norme riguardanti la legittimità degli atti amministrativi sono nell'interesse della collettività dei cittadini e non solo della pubblica amministrazione.

Altro motivo che si adduce per giustificare la esistenza del Consiglio di Stato a «sezioni giurisdizionali» è la specifica conoscenza del diritto amministrativo.

A questa osservazione si può rispondere che anche in seno alla Magistratura ordinaria si può arrivare ad una specializzazione amministrativa. D'altra parte i membri del Consiglio di Stato, che andrebbero a far parte della Suprema Corte di cassazione, nulla perderebbero né moralmente né materialmente. Concludendo, ai giudici amministrativi dovrebbero essere sottratte tutte le controversie relative a diritti e tutte quelle di legittimità relative ad interessi.

Invece, le controversie importanti un esame di merito sarebbero devolute ad un organo di controllo amministrativo, che non sarebbe un organo giudiziario, ma un organo fiduciario del Governo, vale a dire espressione del potere esecutivo, da questo nominato, incaricato di controllare l'opportunità degli atti amministrativi.

I tribunali giudicherebbero in primo grado sia le controversie relative a diritti, sia quelle di legittimità relative ad interessi; le sezioni specializzate di Corte di appello giudicherebbero in secondo grado, ed in sede di Cassazione le sezioni specializzate. L'autorità giudiziaria potrebbe dichiarare illegittimo l'atto amministrativo, annullarlo o sospenderlo.

[...]

Salerno. [...] Si dice che tutte le funzioni giurisdizionali debbono essere conferite al magistrato; ma intanto l'ordinamento statale è ricco di funzioni giurisdizionali esercitate da organi che non hanno che vedere con la Magistratura. Ora, questo bisogna in qualunque modo evitarlo, perché defrauda i magistrati della loro sovranità e della loro indipendenza.

Purtroppo il Consiglio di Stato rimane, ma dovrebbe attendere soltanto a quella tutela di interessi legittimi, per cui già un passo avanti si è fatto con la legislazione del 1865 e del 1877, e si restringa in questi termini il suo potere senza toccare la materia dei diritti subbiettivi, in modo da non invadere la sfera del potere giudiziario.

Anche la Corte dei conti dovrà mantenere esclusivamente la sua tradizionale funzione di controllo sulla contabilità dello Stato, ma si sottragga a queste due Magistrature ogni potere giurisdizionale. Si renderà così il doveroso omaggio alla tradizione ed anche al comportamento di questi organi, i quali, anche in periodo di oppressione, hanno dato prova di indipendenza e di fierezza.

Il potere giudiziario non può però — organizzato sulle basi che sono indicate nella Costituzione — consentire che siano mantenuti in vita i tribunali militari. Io ho sentito tante volte fare qui l'elogio dei tribunali militari; non bisogna confondere quella che è la necessaria tutela di alcuni interessi schiettamente militari, e quindi la necessità di una legge penale militare, con una giurisdizione penale militare: sono due cose diverse, perché i tribunali militari contrastano il principio informatore del potere giudiziario, cioè la sua indipendenza, cioè la sua appartenenza ad un Ordine di giustizia. Come è noto invece, i giudici militari non dipendono che dall'esecutivo, e propriamente dal Ministero della guerra. È memorabile un ordine del giorno presentato molti anni addietro, nel 1900, da un gruppo di deputati, fra i quali luminosamente figuravano uomini come Turati, come Prampolini, come Comandini ed altri, con cui si chiedeva fin da allora l'abolizione dei tribunali militari, appunto perché, essendo organi del potere esecutivo, erano stati investiti di quelle più severe repressioni, che difficilmente sarebbero state applicate dalla giustizia ordinaria. Non è concepibile che in una giustizia socialmente e democraticamente organizzata, un ampio potere di giurisdizione sia esercitato da organi che non entrano nella compagine giudiziaria, ma che dipendono dal potere esecutivo. Costoro non sono dei giudici; sono dei funzionari. Io non vedo come si possa da una parte rivendicare l'autorità, la sovranità del potere giudiziario, e dall'altra consentire che vi siano queste deviazioni così evidenti e notevoli.


 

[i] Il testo dell'articolo 71 dello Statuto albertino è il seguente: «Niuno può essere distolto dai suoi Giudici naturali. Non potranno perciò essere creati Tribunali o Commissioni straordinarie».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti