[L'11 novembre 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo IV «La Magistratura», Titolo VI «Garanzie costituzionali». — Presidenza del Vicepresidente Targetti.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Macrelli. [...] Ho i miei dubbi sul capoverso dell'articolo 94, là dove si dice che «I magistrati non possono essere iscritti a partiti politici o ad associazioni segrete». Mi sembra che questa sia una limitazione ai diritti dei cittadini e a quei principî di libertà che noi abbiamo già consacrati nella Carta costituzionale. Penso che questa affermazione potrà far parte di un altro corpo di leggi, quello che regolerà, ad esempio, l'ordinamento giudiziario; comunque vorrei che l'Assemblea non dimenticasse quello che è stato il risultato di un referendum svoltosi fra i magistrati italiani: la stragrande maggioranza dei giudici si è manifestata contraria all'iscrizione nei partiti politici.
[...]
Sardiello. [...] Ho proposto un altro emendamento a questo articolo: un'aggiunta all'ultima parte, là dove si parla degli elementi laici che l'Assemblea dovrà designare a comporre il Consiglio Superiore della Magistratura. Può parere bizantinismo, lo confesso, può apparire anche un fatto di difficile realizzazione pratica. Ma ho voluto, onorevoli colleghi, fermare un principio che rapidamente illustrerò.
L'aggiunta è questa: che i componenti laici, che saranno designati «metà dall'Assemblea Nazionale fuori del proprio seno», siano scelti «fra i cittadini che non abbiano direzione o rappresentanza di partiti politici».
Muove da una premessa, che occorre tenere presente: l'affermazione dell'articolo 94 secondo cui «i magistrati non possono» far parte di «partiti politici», «non possono essere iscritti a partiti politici». Si è detto da qualcuno: è una menomazione, è un'offesa ai magistrati. Non penso sia esatto. Non si inibisce infatti ai magistrati di avere e di nutrire liberamente un'idea politica. Si inibisce ai magistrati la iscrizione ai partiti politici.
Ora, onorevoli colleghi, intendiamo tutti che questa è una cosa diversa dalla libertà di un pensiero e di una fede. L'iscrizione al partito è una milizia, l'iscrizione al partito è una disciplina, e non può escludersi che la disciplina del partito politico potrebbe venire in conflitto con la disciplina spirituale del magistrato. Non dobbiamo creare simili casi di coscienza.
Devo aprir qui una breve parentesi: devo ricordare un altro emendamento da me proposto, all'articolo 94. All'ultimo capoverso, che vieta ai magistrati l'iscrizione ai partiti politici, aggiungo il divieto di accettare «cariche ed uffici pubblici elettivi».
Guardate, onorevoli colleghi: il giorno in cui allontaniamo dalla vita politica militante i magistrati togliendo ad essi il tesserino del partito dal portafoglio, non possiamo consentire che entrino per altre vie nella lotta rovente dei contrasti per la conquista di una carica pubblica. O accettiamo in pieno il principio o no. Altrimenti autorizzeremmo quella brutta cosa, forse la più brutta cosa nel campo morale ereditata dai recenti anni passati: il doppio gioco.
E così — chiudendo la parentesi e tornando all'emendamento sull'articolo 97 — intendete, o colleghi, che se per principio il magistrato deve essere estraneo alla politica militante, la mia proposta (con valore di indirizzo, di orientamento, con forza di legge: come volete) sia da accogliere. Dica l'Assemblea che, se i magistrati non devono andare alla politica militante, la politica militante non deve andare ai magistrati.
I magistrati intenderanno che queste preoccupazioni non suonano menomazione e tanto meno offesa; intenderanno che, per questa via, si vuole garentire ad essi una migliore condizione per l'esercizio della loro altissima funzione di tutori e garanti dell'integrità dei diritti di tutti i cittadini. Non ne soffriranno i magistrati, specie se nello stesso tempo, in tutte le forme, sapremo dare ad essi la prova del riconoscimento dell'altezza e della nobiltà della loro funzione.
A cura di Fabrizio Calzaretti