[Il 24 ottobre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo terzo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Governo».]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca:

Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Do lettura del testo concordato dalla Commissione, che sostituisce gli articoli 87 e 88 del progetto di Costituzione, fondendoli in un articolo unico:

«Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.

«Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata ad appello nominale.

«Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.

«Un voto contrario di una o di entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.

«La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione».

I colleghi che avevano presentato emendamenti al testo dell'articolo 88 possono adesso, sulla base di questa nuova redazione, considerare l'opportunità o meno di mantenere i loro emendamenti. Coloro che li conservano avranno naturalmente il diritto di svolgerli.

L'onorevole Colitto aveva presentato i seguenti emendamenti all'articolo 88:

«Al primo comma, alla parola: Un, con la quale il comma si inizia, sostituire: Il, ed aggiungere, dopo le parole: o dell'altra Camera, le seguenti: o di entrambe, o dell'Assemblea Nazionale.

«Al terzo comma, sopprimere le parole: di una delle Camere, ed aggiungere dopo le parole: deve convocare, le seguenti: entro otto giorni dal voto».

Li mantiene?

Colitto. Il primo emendamento da me proposto è stato incluso nel nuovo testo predisposto dalla Commissione, quindi non ho più ragione di insistere.

Quanto all'altro emendamento pure da me proposto, esso non ha più ragione di essere in quanto il testo è stato modificato sopprimendosi l'ultimo comma.

Presidente Terracini. L'onorevole Targetti e altri avevano presentato i seguenti emendamenti all'articolo 87[i]:

«Sopprimere il primo comma.

«Sostituire gli altri commi col seguente:

«Entro dieci giorni dalla sua formazione, il Governo si presenta alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per chiederne la fiducia. La fiducia è accordata da ciascuna delle Camere con voto nominale e a maggioranza assoluta dei presenti. Il rifiuto della fiducia anche da parte di una sola Camera importa dimissioni».

Ora l'onorevole Targetti ha proposto di sostituire all'ultimo comma del testo concordato dalla Commissione alle parole: «un quinto» le altre: «un decimo».

Ha facoltà di svolgere il nuovo emendamento.

Targetti. Noi ritiriamo i nostri emendamenti, perché in sostanza la nuova formulazione dell'articolo presentata dalla Commissione accoglie quanto avevamo proposto. In un punto solo non si può aderire al nuovo testo, cioè nella determinazione del numero minimo di presentatori della mozione di sfiducia. La proposta della Commissione stabilisce un quinto come minimo. Noi riteniamo che se si mantenesse così alto il minimo dei presentatori di una mozione di sfiducia, si verrebbe in pratica a ledere il diritto delle minoranze, che, anche quando sono numericamente deboli, hanno sempre il diritto di non trovare ostacoli nel far valere la loro opinione. Anche se i pareri sono ancora discordi sopra il numero dei componenti del nuovo Parlamento, giacché mentre abbiamo deciso che deve esserci un rappresentante per ogni 80 mila abitanti, ci si chiede se la popolazione da tenersi a base debba essere quella stabilita dall'ultimo censimento che è del 1936, o, come parrebbe più logico, quella risultante dai dati aggiornati dall'Istituto di statistica, in qualunque ipotesi l'Assemblea vorrà riconoscere che la necessità dell'adesione di un quinto dei membri componenti la Camera dei Deputati per avere una mozione di sfiducia, toglierebbe la possibilità alle minoranze di farsi valere.

D'altra parte la riduzione ad un decimo ci sembra che non presenti nessun pericolo, perché un decimo dei componenti la Camera rappresenta sempre un numero ragguardevole di deputati ed anche di senatori. D'altra parte, quando manchi una fondata possibilità di buon esito, non sarà facile trovare il numero sufficiente di componenti, rispettivamente nell'una o nell'altra Camera, per iniziare una discussione inutile.

Presidente Terracini. L'onorevole Stampacchia aveva proposto all'articolo 88 i seguenti emendamenti:

«Al secondo comma, sostituire alle parole: un quarto dei, la parola: quaranta ed alla parola: tre, l'altra: cinque».

«Sopprimere il terzo comma».

Onorevole Stampacchia, li mantiene?

Stampacchia. Li mantengo.

Presidente Terracini. Ha facoltà di svolgerli.

Stampacchia. Poche parole per dire che lo scopo del primo emendamento è quello di ridurre, come risulta dall'emendamento stesso, il numero dei presentatori della mozione di sfiducia. A mio avviso, la ragione che giustifica la mia proposta non è soltanto quella a cui il compagno e collega onorevole Targetti ha accennato, ma anche l'altra: che, quando occorre raccogliere le firme, il Parlamento possa trovarsi chiuso; deputati e senatori lontani, perciò, da Roma, con dimora spesso sconosciuta. In tale ipotesi, assai ardua diventa la raccolta delle firme di un quinto o anche di un decimo dei componenti la Camera o il Senato. Quindi anche la sessantina di firme — quante, all'incirca, attenendoci al decimo, ne occorrerebbero, calcolando che il Parlamento possa raccogliere seicento deputati col prossimo censimento — costituisce cifra eccessiva.

Ed eccessiva appare anche se si consideri che è doveroso, in regime democratico, dare la possibilità ai piccoli partiti di potersi muovere sopra questo terreno parlamentare, e perciò è doveroso assicurare loro praticamente il diritto di presentare mozioni di sfiducia. Tali mozioni non sempre per fini di schermaglia parlamentare vengono presentate, ma assai spesso per parlare al Paese.

La proposta non credo abbia bisogno di maggiori illustrazioni. Ho poi anche proposto che il termine prima del quale non deve esser messa in discussione la mozione non sia di tre giorni, ma di cinque. I tre giorni mi sembrano troppo brevi perché i deputati possano tempestivamente essere avvertiti (specialmente se la Camera non è aperta) e possano così giungere a Roma in tempo per discutere la mozione. È perciò che ho proposto cinque giorni, anziché i tre di cui nel progetto.

Infine, ho proposto l'abolizione dell'ultimo capoverso di questo articolo, il quale importerebbe che il Governo, avuto il voto di sfiducia da una delle Camere, possa appellarsi all'Assemblea Nazionale. Ma di codesta Assemblea ho detto questa mane, e non mi ripeterò.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Macrelli e De Vita avevano presentato il seguente emendamento all'articolo 88:

«Sopprimere il terzo comma».

Non essendo presenti, si intende che abbiamo rinunziato a svolgerlo.

L'onorevole Rubilli aveva proposto di sopprimere il terzo comma dell'articolo 88. Mantiene l'emendamento?

Rubilli. Ho visto dal nuovo testo dell'articolo 88 che l'emendamento è già accolto: se altri non si oppone a quello che ha proposto la Commissione, prendo atto e ringrazio, ben lieto che sia stato eliminato quel poco serio appello da parte del Governo all'Assemblea Nazionale in caso di voto di sfiducia.

Presidente Terracini. L'onorevole Fuschini aveva presentato il seguente emendamento all'articolo 88:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«Dopo il voto di sfiducia di una delle Camere, dato con voto nominale ed a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il Governo deve dimettersi».

Ha facoltà di svolgerlo.

Fuschini. Mi limiterò a dichiarare che sono favorevole al nuovo testo concordato fra la Commissione e i proponenti dei vari emendamenti. Però, mi permetto di fare una osservazione sull'ultimo comma, e cioè sul comma che suona così: «La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione».

Ora, questa limitazione alla possibilità da parte dei deputati, singolarmente considerati, di poter presentare mozioni di sfiducia, ritengo che sia molto grave. L'iniziativa di chiedere una discussione politica, anche se si intende iniziarla con una manifestazione di sfiducia, non deve essere sottoposta ad una così forte limitazione, cioè di un quinto dei membri di ciascuna Camera che la sottoscrivano. Con ciò, secondo me, si offende quello che è il principio del rispetto delle minoranze che, anche se modeste, hanno una funzione utile nelle Assemblee politiche. Un quinto della Camera dei Deputati, che sarà forse di 550 membri, vorrebbe significare che soltanto con centodieci deputati si può presentare una mozione politica. Ciò sarebbe veramente enorme.

Bisogna dunque correggere queste esagerazioni e fissare un numero minore. Vi sono, nel Regolamento della Camera, delle disposizioni molto equilibrate. Si chiedono per l'appello nominale 15 sottoscrittori; per la votazione segreta 20 sottoscrittori. La mozione, con questo Regolamento, poteva essere firmata anche da un solo deputato. Con la proposta del progetto si rende quasi impossibile ai gruppi minori, che non sono pochi, provocare discussioni di politica generale.

Voi credete, mettendo questa limitazione, di impedire le discussioni.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. No, no.

Conti. Gli assalti alla diligenza!

Fuschini. Gli assalti alla diligenza si impediscono con l'altra disposizione che stabilisce che una mozione non può essere posta all'ordine del giorno prima di tre giorni dalla sua presentazione. Io vorrei che la Commissione si persuadesse che questa limitazione, rappresentata dall'alto numero di firmatari di una mozione, è eccessiva ed offende la libertà di discussione.

D'altra parte, una disposizione di tal genere non vi è bisogno di metterla nella Carta costituzionale; potrà essere oggetto di una disposizione del Regolamento delle due Camere, anche perché il loro numero di membri è differente e il numero dei sottoscrittori di una mozione deve essere messo in rapporto con il complesso numerico di ogni Camera.

La Commissione non creda di salvare i Governi: quando essi hanno delle forti maggioranze, non possono temere le discussioni; se sono deboli è meglio spazzarli via al più presto.

Le discussioni politiche servono per valutare la forza del Governo e per educare il popolo; non credo siano inutili, ma siano invece necessarie e ed indispensabili. Se non ci sono o se si vogliono limitare, credo non si possa instaurare un vero regime democratico. (Applausi).

Presidente Terracini. L'onorevole Mazzei ha presentato il seguente emendamento sostitutivo del secondo comma dell'articolo 88:

«Una mozione di sfiducia non può essere presentata alla Camera se non è motivata. La discussione della mozione non può aver luogo prima di tre giorni dalla sua presentazione e se non vi consente almeno un quarto dei componenti della Camera».

Ha facoltà di svolgerlo.

Mazzei. Il nostro emendamento va riferito all'ultimo comma del nuovo testo presentato dalla Commissione.

Il concetto ispiratore dell'articolo del progetto, nonché della nuova formulazione data dalla Commissione, è di assicurare quanto più possibile la stabilità dei Governi in regime parlamentare e cercare di far sì che il regime parlamentare non decada facilmente in parlamentarismo.

Questo criterio generale è avallato da noi repubblicani, che sentiamo fermamente l'esigenza della stabilità dei Governi, esigenza inderogabile per chi non vuole ricadere nel vecchio parlamentarismo e vuole viceversa creare una democrazia nuova, rettificando alla luce dell'esperienza politica del nostro e degli altri Paesi, lo schema tradizionale del regime parlamentare per adeguarlo di tempi nuovi.

Però, noi ci siamo anche preoccupati del pericolo che potrebbe nascere dal richiedere un numero troppo alto di firmatari della mozione di fiducia, come condizione di presentabilità di una mozione del genere ed abbiamo adottato un criterio del tutto diverso da quello del progetto, non solo nella procedura, e che contempera, secondo noi, sia l'esigenza della stabilità dei Governi e dell'eliminazione dei dibattiti che non hanno probabilità di alcun concreto risultato, sia l'altra esigenza di non escludere e non menomare l'esercizio pieno del diritto di opposizione da parte dei gruppi di scarsa consistenza numerica e dei singoli deputati.

Vi rileggo il testo dell'emendamento: «Una mozione di sfiducia non può essere presentata alla Camera se non è motivata. La discussione della mozione non può aver luogo prima di tre giorni dalla sua presentazione e se non vi consenta almeno un quarto dei componenti della Camera». Cosa si mantiene in questa forma del vecchio testo? L'esigenza generale e basta. Perché, adottando la nostra formula, una mozione di sfiducia può essere presentata anche da un solo deputato, in applicazione del principio dell'iniziativa parlamentare di ogni rappresentante del popolo, che, secondo me, è essenziale a qualsiasi sistema democratico a base parlamentare. Si rispetta questo principio, ma non si dà adito alla possibilità che si abbia una discussione dilagante per giorni e giorni, quando questa discussione non ha probabilità alcuna di consenso. Infatti: può essere presentata da chiunque, dal singolo o da un gruppo per piccolo che sia, una mozione di sfiducia; ma perché possa procedersi alla discussione si richiede — secondo la mia proposta — che consenta alla discussione della mozione almeno un quarto dei componenti dell'Assemblea. Se la cifra di un quarto sembrasse eccessiva, si potrebbe forse, limitare ad un quinto, ma la questione della cifra ha un'importanza minore nel sistema sostenuto da me e da altri amici repubblicani. L'importante è, per noi, che il quarto (o il quinto) dei componenti dell'Assemblea non debba avallare a priori la mozione che un singolo o un piccolo gruppo presenta: basta che una parte notevole dell'Assemblea ritenga che la mozione di sfiducia presentata meriti di essere discussa e che essa sia fondata su motivi sufficienti a dar luogo a un dibattito politico capace di minare le basi di maggioranza su cui il Governo poggia.

Basta, in altri termini, che, dopo trascorsi tre giorni dalla presentazione di una mozione di sfiducia, e precisamente prima dell'apertura della discussione, il Presidente dell'Assemblea chieda e si accerti che vi sia un quarto dei componenti della Camera che consente alla discussione della mozione.

Posta in questi termini la questione, è sufficiente, perché si proceda alla discussione della mozione di sfiducia, che vi sia un certo numero di deputati i quali, senza impegnarsi preventivamente ed in modo assoluto ad appoggiarla e votarla, nella Camera dicano: «Sì, mette conto di discutere questa mozione». Non si tratta di avere a priori oltre un centinaio di impegnativi consensi precostituiti, come nel sistema previsto dal progetto della Commissione dei Settantacinque, che è perciò molto più limitativa della libertà delle opposizioni di quanto non sia il sistema da me illustrato. Il quale non richiede alcun preciso e preventivo impegno di una parte notevole della Camera su di una determinata mozione di sfiducia. Chiunque voglia proporre una mozione di sfiducia può farlo, ma perché abbia luogo la discussione occorre che una parte rilevante dei componenti della Camera la ritenga utile.

Secondo noi la formula illustrata risponde — ripeto — all'esigenza della libera e piena iniziativa parlamentare dei piccoli gruppi delle minoranze, rispettando anche il principio di libera iniziativa di ogni deputato, e risponde altresì all'esigenza della stabilità del Governo, fondamentale per chiunque non voglia correre il rischio della degenerazione parlamentaristica, che è uno dei più pericolosi incentivi ai colpi di Stato ed alle dittature, forse più pericoloso di quanto non sia l'attribuzione di troppo vasti poteri al Governo.

Presidente Terracini. L'onorevole Mortati aveva presentato il seguente emendamento al vecchio testo dell'articolo:

«Sostituire il terzo comma col seguente:

«Il voto di sfiducia, emesso nelle condizioni di cui al comma precedente, obbliga il Governo alle dimissioni, salvo l'applicazione dell'articolo 84».

Ha facoltà di svolgerlo.

Mortati. Si trattava di un chiarimento, ma mi rimetto al testo della Commissione.

Presidente Terracini. L'onorevole Corbino ha presentato il seguente emendamento al nuovo testo della Commissione:

«Sopprimere il primo comma.

«Invertire l'ordine del secondo e del terzo comma, ponendo il terzo comma come primo».

L'onorevole Corbino ha facoltà di svolgerlo.

Corbino. Credo che non ci sia molto da dire. Ho l'impressione che fra il primo e il terzo comma del nuovo testo ci sia una affermazione generica sulla maniera con cui la fiducia deve essere votata. Quindi, io direi: poniamo al Governo l'obbligo di presentarsi entro 10 giorni per chiedere la fiducia, con il che l'affermazione del primo comma diventa inutile, e poi stabiliamo le norme per la concessione della fiducia e per la presentazione della mozione di sfiducia.

Presidente Terracini. L'onorevole Corbi aveva presentato il seguente emendamento al testo iniziale della Commissione:

«Sostituire il terzo comma dell'articolo 87 col seguente:

«La fiducia o la sfiducia sono deliberate su mozione motivata con voto nominale»

Aveva anche proposto di sopprimere l'articolo 88. Mantiene gli emendamenti?

Corbi. Signor Presidente, avendo la Commissione presentato un nuovo testo nel quale vengono accolte talune delle nostre richieste, ritiro gli emendamenti.

Nitti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nitti. Il nuovo testo ha accolto alcune proposte che erano nei miei emendamenti. Sono contento che il primo comma sia riuscito in una forma semplice: «Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere».

Passiamo all'altro comma: «Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata ad appello nominale». Io comprendo che si accordi la fiducia o la sfiducia (sono due cose diverse), ma la sfiducia deve essere motivata, mentre la fiducia non è mai motivata. Se non vi è nessuna osservazione vuol dire che si accoglie quello che il Governo dice. Perché motivare la fiducia, cioè dare un certificato di buona condotta? Si può respingere, ma non spiegare perché si accoglie una proposta del Governo.

Quindi, credo che la motivazione non sia completamente felice. Laddove si dice che entro 10 giorni il Ministero dovrà presentarsi alle Camere per avere il consenso o il dissenso di questa Assemblea, credo che il termine di 10 giorni sia arbitrario. Perché in 10 giorni? Io non so quali siano i termini in altri Paesi. Non ricordo. Ricordo che da noi non vi era mai un termine stabilito di 3, 10, 15 giorni: il Ministero si presentava alla Camera appena poteva, perché il Ministero ha spesso delle difficoltà per cui non può dare immediate e concrete proposte su taluni avvenimenti. Qui si dice che un Ministero si deve presentare alla Camera, naturalmente, ma determinare il termine non è una cosa facile né, spesso, conveniente.

Quanto poi all'ultimo comma, che dice che la mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera e non può essere messa in votazione prima di tre giorni dalla sua presentazione, debbo osservare che in questa Assemblea attuale non vi sono che tre partiti, o forse due partiti, che hanno il quinto della Camera. Anche la proposta di un decimo non mi pare accettabile. Quando avete detto un decimo voi avete già detto una cifra importante: sarebbero 50 persone che desiderano che si voti la sfiducia.

Io pregherei di non mettere limiti di questa natura. Si potrà stabilire secondo la convenienza, onde io propongo che si riduca il più possibile questo numero.

Rubilli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rubilli. Mi pare di aver compreso che siamo tutti d'accordo sulla impossibilità o quasi di raccogliere cento firme, che sarebbero anche inutili o per lo meno non indispensabili.

Si tratta di stabilire dunque quale è il numero più adatto da preferire. Io proporrei trenta persone, perché bene hanno il diritto trenta deputati di inoltrare la mozione, provocando un serio dibattito sulla politica dal Governo. Formulo quindi questa proposta concreta: che il numero dei proponenti la mozione sia ridotto a trenta.

Russo Perez. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà:

Russo Perez. Vorrei domandare alla Commissione se esistono altre Costituzioni nelle quali è stabilito il numero delle firme necessario per presentare una mozione di sfiducia. Se non esistono, io chiederei che si abolisse, perché mi pare sia materia regolamentare.

Tonello. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Tonello. Avevo proposto al terzo comma dell'articolo 87 di aggiungere, dopo le parole: «con voto nominale» le altre: «al quale i membri del Governo non possono partecipare».

Siccome nell'ultimo testo formulato dalla Commissione non vedo cenno di accoglimento di questo emendamento, vorrei sapere quale è l'atteggiamento della Commissione al riguardo.

Presidente Terracini. L'onorevole Tosato ha facoltà di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti presentati.

Tosato. Credo sia opportuno, anziché soffermarmi a considerare distintamente e successivamente i singoli emendamenti che sono stati presentati — dei quali veramente non saprei con esattezza quali sono confermati e fino a che punto, e quali sono stati ritirati — credo sia opportuno illustrare il significato e la logica del testo che la Commissione ha presentato. Chiarendovi il testo della Commissione, verranno in considerazione alcune osservazioni che a questo proposito sono state fatte durante lo svolgimento dei vari emendamenti.

Il testo della Commissione segue questo ordine di idee: fissa, nei primi due commi i principî fondamentali; nei commi successivi stabilisce norme di carattere consequenziale e procedurale.

Secondo l'onorevole Corbino, si potrebbe senz'altro sopprimere il primo comma. Da un certo punto di vista l'onorevole Corbino ha anche ragione; infatti, se si dice che ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia, è chiaro che il Governo deve godere la fiducia delle due Camere...

Corbino. C'è anche il mio secondo emendamento con il quale chiedo di invertire l'ordine del secondo e del terzo comma, ponendo il terzo comma come primo.

Tosato. La Commissione è partita da un altro punto di vista, fissando anzitutto il principio del Governo parlamentare, in base al quale il Governo deve avere la fiducia delle Camere. Stiamo facendo la Costituzione e la Costituzione deve essere semplice e procedere per principî. Il principio fondamentale che, a nostro avviso, è anzitutto necessario affermare, è quello che il Governo deve godere la fiducia delle Camere.

In questo primo comma presentato dalla Commissione è risolta la questione che ha tanto preoccupato l'Assemblea. Il testo del progetto parlava di Assemblea Nazionale; sono stati accolti tutti gli emendamenti, si è stabilito che il Governo deve avere la fiducia delle due Camere, le quali — secondo il principio bicamerale — agiranno sempre separatamente.

L'orientamento prevalso in questa Assemblea è così rispettato e sancito. Permettetemi però di manifestarvi al riguardo le mie gravi preoccupazioni. Noi lasciamo aperta la porta a situazioni molto difficili e molto gravi, e che potranno mettere a dura prova, e non so con quale risultato, l'intero edificio costituzionale.

Abbiamo creato due Camere composte ed elette diversamente, l'una col sistema proporzionale, l'altra a collegio uninominale.

So che qualcuno di voi è molto ottimista a questo proposito, in quanto pensa che tra le due Assemblee non si verificheranno mai gravi e profondi conflitti. Me lo auguro. Con tutta franchezza debbo però confessarvi che personalmente non sono altrettanto ottimista e penso che fra le due Camere gravi dissensi potranno spesso e facilmente verificarsi. Può darsi, ed è molto probabile, data la diversità dei sistemi elettorali, che in una Camera domini una maggioranza di un dato colore, e nell'altra Camera una maggioranza di colore ben diverso. Non so, in questa ipotesi, come si potrà costituire e come potrà funzionare un Governo se questo, come vuole l'onorevole Fabbri, deve reggersi poggiando su due piedi. Andremo incontro a scioglimenti continui? Ad ogni modo, l'Assemblea si è pronunciata contro la riunione delle due Camere per risolvere la questione della fiducia al Governo e non è il caso di insistere sotto questo riguardo.

Il secondo comma fissa un essenziale requisito di forma. «Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante votazione motivata e ad appello nominale». Resta così esclusa qualsiasi possibilità di dubbi e di incertezze. Secondo il testo che noi vi proponiamo, sia per quanto riguarda la concessione, sia per quanto riguarda la revoca della fiducia — revoca che porta come necessaria conseguenza le dimissioni del Governo, occorre un atto specifico, quello appunto che si denomina mozione. Pertanto, al fine di rovesciare il Governo, e di obbligarlo a dimettersi, non è sufficiente, anzi è esclusa, qualsiasi altra forma di manifestazione della volontà — quale, ad esempio, l'ordine del giorno — delle Camere. Occorre un apposito atto, la mozione.

E non basta una mozione pura e semplice: si richiede che la mozione sia motivata. A questo proposito, l'onorevole Nitti ha fatto alcune osservazioni. Egli ha detto — se non ho mal compreso — che, se si possono intendere le ragioni che consigliano l'obbligatorietà della motivazione per l'espressione della sfiducia, non è invece altrettanto facile poter intendere quali siano le ragioni che consigliano la motivazione per la concessione della fiducia. Ora, a me pare che il problema posto dall'onorevole Nitti sia soltanto apparente. È chiaro infatti che quando un Governo si presenta con un determinato programma per chiedere la fiducia alle Camere e riesce ad ottenerla, la mozione che approva le dichiarazioni del Governo e accorda la fiducia, risulta pienamente motivata. Il richiamo e l'approvazione delle dichiarazioni del programma del Governo non costituiscono implicitamente la motivazione della mozione di fiducia?

Il requisito della motivazione si propone di conseguire un duplice effetto. Da un lato, nella concessione della fiducia, di impegnare Governo e Camera ad un dato programma; dell'altro, nella revoca della fiducia, di fissare esattamente i termini del contrasto fra Governo e Parlamento, il che è particolarmente importante nell'ipotesi che si addivenga allo scioglimento delle Camere, affinché il popolo possa pronunziarsi sui termini del contrasto stesso. D'altra parte, attraverso la motivazione, si riesce ad identificare l'opposizione o le opposizioni, e quindi ad accertare se esistono le condizioni che giustificano la caduta del Governo, e la formazione, in sua vece, di una nuova compagine ministeriale.

Che poi la mozione debba essere votata ad appello nominale, è cosa ovvia, intorno alla quale non ci può essere discussione.

Viene in considerazione, a questo punto, una proposta formulata dall'onorevole Tonello. Secondo il collega Tonello, i membri del Governo dovrebbero venire esclusi dal diritto di partecipare alle votazioni di mozioni di fiducia o di sfiducia al Governo. Io confesso che non comprendo quale sia l'intendimento che ha animato l'onorevole Tonello nel presentare questa sua proposta; i membri del Governo sono anch'essi deputati; e il Governo, nella forma parlamentare, non è un insieme che deve stare, come il Presidente, super partes, con i relativi obblighi di astensione, ecc. D'altra parte l'onorevole Tonello consentirà che se i deputati si presentano come Ministri, è sperabile abbiano almeno fiducia in se stessi.

La proposta dell'onorevole Tonello sarebbe accettabile in una sola ipotesi, ipotesi peraltro che non si vede in qual modo potrebbe praticamente tradursi in realtà: nell'ipotesi cioè che quei deputati dell'opposizione, i quali saranno poi eventualmente chiamati, dopo il rovesciamento del Governo, a succedere ad esso, si potessero in qualche modo identificare in tempo utile — il che appunto è impossibile — così da poter escludere ancor essi dal diritto di voto. (Si ride).

La fiducia dunque si accorda al Governo mediante un atto specifico, la mozione, la quale deve essere motivata e approvata ad appello nominale. Una volta costituito, il Governo deve presentarsi alla Camera, per ottenere, si intende, la fiducia. Il testo che la Commissione vi propone stabilisce a questo proposito un termine di 10 giorni, accogliendo così l'emendamento presentato dall'onorevole Targetti.

Contro questo termine della presentazione entro dieci giorni sono state fatte osservazioni, specialmente da parte dell'onorevole Nitti. L'onorevole Nitti ha osservato che è un termine arbitrario. Siamo perfettamente d'accordo. Tuttavia si è ritenuto che stabilire un obbligo del Governo di presentarsi entro un certo termine di fronte alle Camere sia una garanzia per l'attuazione della forma del Governo che si intende costituire, e per il controllo politico da parte delle Assemblee legislative.

Il quarto comma del testo proposto stabilisce che «un voto contrario dell'una o dell'altra Camera su una proposta del Governo non importa l'obbligo di dimissioni». Su questo punto, giustificato da ragioni ben note, e che d'altronde si ricollega strettamente alla disciplina del Governo parlamentare che intendiamo istituire, non ci sono state osservazioni, e non è quindi il caso che io mi soffermi.

«La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera».

Questo requisito, contenuto nella prima parte dell'ultimo comma dell'articolo, ha incontrato vivaci resistenze, anzi ostilità. Si è detto che questa disposizione rappresenta una violazione dei diritti delle minoranze; che è una imposizione del tutto arbitraria; perché, in definitiva, nelle Assemblee rappresentative ciascuno può chiedere una discussione sulla politica del Governo, allo scopo anche di rovesciarlo, ecc.

Ora, io vorrei osservare a questo proposito che una discussione sulla politica del Governo può sempre avvenire; basta che anche un solo deputato presenti un'interpellanza. Qui si regola la mozione di sfiducia, che ha un fine specifico: quello di rovesciare il Governo, per costituire un nuovo Governo. Ora, è evidente che un atto di così grande importanza — che segna l'inizio di una vera e propria battaglia politica allo scopo di rovesciare il Governo in carica e sostituirlo con nuovo Governo — può essere giustificato soltanto in quanto ci siano determinate garanzie di serietà, e qualche probabilità di successo.

Non si dà battaglia — una battaglia che determina un lungo periodo di stasi nella attività del Governo e delle Camere — per il solo gusto di dare battaglia. Tutti ricordano gli inconvenienti del passato, quando si aveva continuamente il cosiddetto «assalto alla diligenza». Ciò è inammissibile.

D'altra parte, in pratica, se effettivamente sussiste una qualche possibilità e probabilità di rovesciare il Governo, il requisito che la mozione sia firmata da un quinto dei deputati o dei senatori, non è affatto eccessivo. Ciò che è insopportabile è lasciare libero corso, con grave danno della cosa pubblica, e delle stesse istituzioni democratiche, a qualsiasi velleità crisaiuola. (Commenti). Non basta perciò che la mozione di sfiducia sia firmata da pochi. (Interruzioni dei deputati Russo Perez, Rubilli e Conti).

Ad ogni modo, bisogna scegliere fra due punti di vista diversi ed opposti. Si ritiene opportuno di lasciare a qualsiasi gruppo, anche minimo, di deputati, la possibilità di presentare mozioni di sfiducia, di aprire continuamente discussioni di carattere generale sulla politica del Governo, allo scopo di rovesciarlo, senza che vi sia un minimo di probabilità che questa mozione di sfiducia venga presa veramente in considerazione, agli effetti che essa si propone? O, invece, si vuole che la mozione di sfiducia possa essere presentata soltanto in quanto vi siano già delle probabilità o delle possibilità che la mozione che viene presentata abbia successo? Noi della Commissione seguiamo questo secondo punto di vista, e intendiamo rigorosamente mantenerlo. Decida ora l'Assemblea.

Per quanto riguarda l'esigenza che la mozione di sfiducia non possa essere posta in discussione se non dopo tre giorni dalla presentazione, l'onorevole Stampacchia, mi pare, propone sia stabilito un termine diverso, di cinque giorni. Ora osservo anzitutto che, dato lo stato odierno delle comunicazioni, in tre giorni si viene da tutto il mondo. Aggiungo poi che il testo stabilisce semplicemente questo, che la mozione non può essere posta in discussione prima di tre giorni, ma non esclude che non possa discutersi dopo tre giorni. Quindi, in definitiva, l'esigenza fatta presente dall'onorevole Stampacchia se non è direttamente soddisfatta, non è nemmeno esclusa.

Presidente Terracini. Chiederò ai presentatori di emendamenti se li mantengono.

Onorevole Corbino, ella mantiene il suo emendamento?

Corbino. Lo mantengo. Ma sarei disposto a ritirarlo se si potesse convenire di sopprimere il terzo comma, venendo così incontro anche alla proposta dell'onorevole Nitti, dato che il terzo comma è la conferma del primo con l'aggiunta dell'obbligo della presentazione del Governo entro dieci giorni. Ove si faccia l'ipotesi che il Presidente del Consiglio al decimo giorno abbia un mal di testa e non si possa presentare, si cadrebbe fuori della Costituzione. Propongo, quindi, di sopprimere il terzo comma e di affermare il principio che il Governo deve avere la fiducia. Se la Commissione accetta, allora io consento a ritirare il mio emendamento; se no insisto.

Presidente Terracini. Prego l'onorevole Tosato di esprimere il parere della Commissione in proposito.

Tosato. La Commissione insiste nel suo testo.

Presidente Terracini. Onorevole Targetti, ella mantiene il suo emendamento?

Targetti. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Mazzei, ella mantiene il suo emendamento?

Mazzei. Lo mantengo e chiedo di conoscere cosa ne pensa la Commissione, dato che ha mostrato di non prenderlo in esame.

Presidente Terracini. La risposta della Commissione era implicita nelle dichiarazioni che sono state fatte.

Mazzei. Si trattava di una questione del tutto diversa.

Presidente Terracini. Prego allora l'onorevole Tosato di esprimere chiaramente in proposito il pensiero della Commissione.

Tosato. Se ho ben compreso, l'onorevole Mazzei vorrebbe che la mozione di sfiducia possa essere firmata anche da un solo deputato, ma che non possa essere posta in discussione se essa non ottiene l'adesione di almeno un quarto dei componenti le Camere, dopo di che soltanto la discussione potrebbe avvenire.

Date le ragioni per cui abbiamo stabilito il requisito di un decimo, non mi pare che possiamo accogliere la proposta dell'onorevole Mazzei.

Presidente Terracini. Onorevole Stampacchia, mantiene i suoi emendamenti?

Stampacchia. Li mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Rubilli, mantiene la sua proposta?

Rubilli. La mantengo.

Tonello. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Tonello. Può darsi che la mia proposta non fosse sufficientemente motivata; ma la risposta che mi ha dato l'onorevole Tosato non è soddisfacente (Commenti) perché ella, onorevole Tosato, è venuto a dire che se si dovessero astenere dalla votazione i Ministri e i Sottosegretari, dovrebbero astenersi anche quelli che aspirano al Governo. (Commenti — Si ride).

Non è una ragione seria questa che mi si porta avanti. Io ho fatto una questione di dignità e di morale che ha il suo valore anche politico e che praticamente può avere grande importanza. Perché se il Ministero resta in piedi per i voti dei Ministri e dei Sottosegretari, quel Ministero è esautorato. (Approvazioni Commenti). Questa è la verità!

Voi non potete esautorare la Camera in tal modo! La Camera è sovrana ed è essa che giudica il Governo. Servirà a voi e servirà anche agli altri, non importa niente. Ma io dico che quando la Camera giudica il Governo, il Governo è sub judice ed è la Camera che deve decidere se il Governo deve o non deve rimanere. Si capisce che coloro che sono al potere vogliono rimanervi finché possono, ma rimanervi senza dignità non è degno di un Governo. Quindi mantengo la mia opinione e mi appellerò anche al Paese! (Commenti).

Martino Gaetano. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Martino Gaetano. Io speravo che i chiarimenti dell'onorevole Tosato mi avrebbero meglio illuminato sul significato e sullo scopo dell'ultimo comma di questo nuovo testo che ci è presentato.

Credo di capire che, in sostanza, lo scopo per il quale si specifica o si vuole specificare nella Carta costituzionale la modalità con la quale deve essere discussa una mozione di sfiducia (cosa che apparentemente non dovrebbe trovar posto in una Carta costituzionale ma, se mai, in un Regolamento della Camera o in un Regolamento del Senato) è da ricercare nel fatto che questa mozione di sfiducia rappresenta un istituto nuovo nel nostro diritto pubblico. Che io sappia, non è mai esistita infatti la mozione di sfiducia. È sempre esistita la richiesta della fiducia da parte del Governo. E se questa è la ragione per la quale la Commissione ritiene che, sulle modalità di discussione della mozione di sfiducia, si debba soffermare la Carta costituzionale, non ho nulla da obiettare. Ma avrei desiderato, allora, aver chiarito meglio perché si richiede un numero di firme di un quinto, di un quarto o di meno o di più membri dell'Assemblea per la discussione di una mozione di sfiducia.

Ha detto poc'anzi l'onorevole Mazzei che, secondo la Commissione, lo scopo è quello di assicurare la stabilità del Governo e, poiché l'onorevole relatore non ha smentito questa affermazione dell'onorevole Mazzei, devo ritenere che veramente questo è il pensiero della Commissione.

Ed allora consentitemi che io esprima la mia meraviglia, onorevoli colleghi! Ma come può essere in giuoco la stabilità del Governo? Se la mozione ha un numero di firme che è pari a un quarto o a un quinto dei membri dell'Assemblea non è in giuoco la stabilità del Governo; se invece è in numero inferiore, allora è in giuoco la stabilità, del Governo! Spiegatemi questo: se non è in giuoco la stabilità del Governo per una mozione di sfiducia che porti un gran numero di firme, come può essere compromessa la stessa stabilità del Governo per una mozione che porti un numero troppo limitato di firme? Può essere — è vero — che, nel corso della discussione, quella che prima era una minoranza diventi maggioranza. Ma non vi pare allora che questa è una ragione sufficiente proprio perché non si imponga un numero così cospicuo di firme per la presentazione della mozione di sfiducia? Se questa possibilità c'è, che nel corso della discussione i deputati si convincano delle buone ragioni di chi ha firmato la mozione di sfiducia, non deve allora essere ritenuta sufficiente anche una sola firma perché la mozione di sfiducia venga discussa? Ma voi potete dirmi che c'è un'altra ragione, non quella della stabilità del Governo: il non far perdere tempo all'Assemblea per sterili discussioni. Potrebbe non essere un argomento serio quello che è portato alla ribalta della opinione pubblica e per cui è invocata la discussione in Assemblea. Questa potrebbe essere una plausibile ragione. Ma allora, non esistono forse i mezzi nella procedura ordinaria perché tale discussione non abbia luogo? Quando si tratterà di iscrivere all'ordine del giorno, entro il limite di tempo prestabilito di 3 giorni, una mozione di sfiducia, che non è una mozione seria, non potrà il Governo appellarsi alla Camera e chiedere che venga respinta la richiesta della iscrizione di essa all'ordine del giorno? In verità, io non vedo serie ragioni perché nella nostra Carta costituzionale si abbia a consacrare uno sproposito come questo.

Io penso che noi voteremo per divisione su quest'ultimo comma dell'articolo proposto dalla Commissione. Se così sarà, dichiaro che voterò contro la prima parte di quest'ultimo comma, cioè quella che dice: «la mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera».

Arata. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Arata. Avevo presentato questa mattina un emendamento. Poiché due dei tre concetti da me svolti furono accolti nel testo della Commissione, vi rinunzio senz'altro.

Ma ce n'è un terzo, quello che riguarda la soppressione della «motivazione» per la «mozione di fiducia» e sono lieto di aver avuto in questo il consenso dell'onorevole Nitti.

Ora, la Commissione, mentre è rigida nel richiedere la motivazione per la mozione di sfiducia, mi sembra che non lo sia altrettanto per quel che riguarda la mozione di fiducia.

Vorrei chiedere alla Commissione se insiste nel chiedere che anche la mozione di fiducia sia motivata.

Presidente Terracini. L'onorevole Tosato ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

Tosato. Ma di fatto è sempre motivata, è una motivazione in bianco. Anche adesso quando un Governo si presenta alle Camere ed ottiene la fiducia, l'ordine del giorno di fiducia reca: «Udite le dichiarazioni del Governo ecc.».

«Udite le dichiarazioni del Governo» è una motivazione in bianco, ma è una motivazione; che richiama il programma esposto dal Governo come motivo della fiducia.

Arata. Ne prendo atto e in questi sensi rinunzio al mio emendamento anche su questa parte.

Corbino. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Corbino. Ritiro il mio emendamento soppressivo del primo comma, ma insisto sulla soppressione del terzo.

Presidente Terracini. L'onorevole Tonello mantiene il suo emendamento?

Tonello. Piuttosto che ostinarmi a mantenerlo, vorrei che rimanesse come una raccomandazione, affidandomi, una volta tanto, alla coscienza dei colleghi che saranno al Governo. (Commenti).

Presidente Terracini. Procediamo allora alla votazione per divisione dell'articolo. Pongo in votazione il primo comma:

«Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere».

(È approvato).

Pongo in votazione il secondo comma:

«Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata ad appello nominale».

(È approvato).

Pongo in votazione il terzo comma, del quale l'onorevole Corbino ha proposto la soppressione:

«Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenere la fiducia».

(È approvato).

Pongo in votazione il quarto comma:

«Un voto contrario di una o di entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni».

(È approvato).

Passiamo al quinto comma:

«La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione».

Su questo comma vi sono alcuni emendamenti, fra i quali ha la precedenza quello dell'onorevole Mazzei, che più si discosta dal testo della Commissione:

«Una mozione di sfiducia non può essere presentata alla Camera se non è motivata. La discussione della mozione non può aver luogo prima di tre giorni dalla sua presentazione e se non vi consente almeno un quarto dei componenti la Camera».

Persico. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Persico. Vorrei fare un'altra proposta, cioè quella di sopprimere quest'ultimo capoverso, perché, mentre le speciali modalità per il voto di sfiducia si potevano capire nella legge 16 marzo 1946 di fronte all'Assemblea Costituente, che era eletta soltanto per fare la Costituzione e che non aveva carattere strettamente legislativo, non si comprende come nella Costituzione dello Stato si debbano fissare speciali modalità per il voto di sfiducia. Se mai, è questione di Regolamento.

Presidente Terracini. C'è una proposta dell'onorevole Rubilli a questo proposito.

Persico. Allora mi associo alla proposta Rubilli.

Mazzei. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Mazzei. Desidero chiarire che, secondo il nostro emendamento, la mozione di sfiducia va messa senz'altro all'ordine del giorno, ma per procedersi alla discussione bisogna che vi consenta un quarto dei componenti dell'Assemblea. E ciò è cosa diversa dall'appoggio di cui si parla nel Regolamento della Camera.

Presidente Terracini. Mi permetta, onorevole Mazzei, di chiarire il valore e il significato di questa sua proposta. È evidente che, nel momento in cui si chiederà alla Camera o al Senato della Repubblica se un quarto dei componenti appoggiano la mozione di sfiducia presentata da un solo deputato, comincia di fatto la discussione di merito sulla mozione di sfiducia. Ritengo perciò che anche soltanto per chiedere se un quarto dei presenti acconsenta che la mozione di sfiducia sia presa in considerazione, sarà necessario mettere all'ordine del giorno la questione, che non si potrà insinuare in fine della seduta, come una qualsiasi comunicazione ordinaria.

Pongo in votazione l'emendamento Mazzei testé letto:

(Non è approvato).

Passiamo all'emendamento dell'onorevole Rubilli:

«Sostituire le parole dell'ultimo comma: La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei componenti della Camera, con le seguenti: La mozione di sfiducia deve essere presentata secondo le modalità che sono stabilite dai Regolamenti delle due Camere».

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Rimandare al Regolamento potrebbe apparire inutile perché si sa che tutte le norme sulla votazione sono stabilite dal Regolamento. La formula del rinvio non migliorerebbe poi, dal lato stilistico, e non darebbe lustro al testo della Costituzione.

Vi è un certo stile delle Costituzioni a cui bisogna badare. In quanto al merito è un po' strano quanto avviene. La seconda Sottocommissione era partita col fermo e concorde proposito di impedire più che fosse possibile l'instabilità e l'eccessiva mutevolezza dei Governi. A tal fine si era pensato da alcuni, perfino che il Parlamento eleggesse il Governo per un certo tempo; e così via, con una gamma di proposte e di procedure perché i voti di sfiducia non fossero improvvisi e poco meditati. L'idea dell'Assemblea Nazionale venne fuori specialmente qui, per rendere possibile il ricorso contro il voto di sfiducia pronunciato in prima istanza da una Camera. Si avanzarono poi cifre di maggioranze speciali e di quorum, tenendo conto che un Governo può essere in minoranza davanti alle opposizioni, ma queste possono essere non concordi fra loro, e nessuna più forte numericamente del partito al Governo. Non entrerò in particolari, e non esaminerò più a lungo questi temi, che anche fuori d'Italia destano molte preoccupazioni; ed una maggiore stabilità di Governi è quasi una parola d'ordine. Ecco che qui, nell'Assemblea, tutto muta. Nella Commissione dei Settantacinque io dovevo reagire a chi voleva troppo consolidare i Governi, e troppo irrigidire i procedimenti per tenerli in vita. Ma qui si passa da un eccesso all'altro. E viene in prima linea l'opposta preoccupazione che non sia ferita la libertà di discussione del Parlamento e non siano imposti vincoli alla sua facoltà di dar o no la fiducia ai Governi.

Insisto soprattutto sulla necessità di non consentire gli «assalti alla diligenza», e le «bucce di limone», su cui si facevano scivolare i Governi, quando, per esempio, a fine seduta si veniva fuori ad un tratto con un ordine del giorno, o dando significato di sfiducia ad un voto qualunque, e si votava di sorpresa. È indispensabile: primo: stabilire che la sfiducia non può essere votata che in base a mozione motivata, da presentarsi almeno tre giorni prima della discussione.

Secondo: che la mozione sia motivata; e ciò non solo per un argomento generale di serietà, nel senso che le decisioni delle Camere siano espressamente ragionate (non dirò come debbono esserlo gli atti dell'Amministrazione) almeno nelle questioni più importanti; ma per la specifica opportunità, quando si apre una crisi, di dare un'indicazione sul modo di risolverla. Terzo: occorre un quorum per la presentazione della mozione di sfiducia. E qui specialmente si apre il dissenso.

La questione diventa impensatamente politica; le estreme sinistre e gli stessi liberali (che pur hanno, nei loro scritti, invocato la stabilità del governo) protestano ora a gran voce perché, richiedendo il quorum di presentazione, si... soffocherebbe la libertà di discussione al Parlamento. Per verità non riesco a capire. La discussione sulla politica del Governo si potrà fare sempre, in mille modi, con interpellanze, con mozioni ordinarie, con l'esame dei progetti di legge. Non si toglie il diritto di discutere alle minoranze. Ma la questione di mutar il governo deve essere posta esplicitamente; con una speciale forma di mozione — la mozione di sfiducia — che, sia pure istituto nuovo nella nostra vita parlamentare, si rivela istituto necessario.

Si tratta di una procedura speciale ed eccezionale. Non solo per render meno instabili i Governi, ma — l'onorevole Martino ha visto bene — per evitare discussioni all'infinito. Sappiamo cosa avviene in simili occasioni, di mozioni di sfiducia come di presentazioni del governo: ciascuno si sente in diritto ed in obbligo di dire la sua; si parla de omnibus rebus et de quibusdam aliis; e le discussioni durano settimane e settimane; sono discussioni panoramiche su tutto ciò che avviene nell'Italia e nel mondo; si va a frugare in ogni angolo dell'amministrazione; si portano questioncelle locali; è un bucato generale, che non si addice alla serietà del Parlamento.

Libertà di discussione, sì; ma norme e cautele per le questioni di sfiducia, e per l'istituto di una speciale mozione, che appunto si stabilisce. Il quorum d'un quinto non può ritenersi eccessivo; se non si trova un quinto, dei membri della Camera per dare battaglia, vuol dire che è inutile dare battaglia.

Onorevoli colleghi, credete voi che il Paese sia contento delle continue logomachie sulle questioni di fiducia? Bisogna ricorrere a tali discussioni quand'è necessario; non per perdere tempo. Si eserciti la libera critica nelle forme ordinarie, ma si tenga presente quanto di serietà richiede l'onore ed il prestigio del Parlamento. (Applausi).

Rubilli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rubilli. Desidero chiarire all'onorevole Ruini che nell'emendamento da noi presentato non si nasconde alcuna buccia di limone; vi è un equivoco da parte sua. Noi abbiamo chiesto la soppressione della prima parte del quinto comma, non della seconda parte; non chiediamo la soppressione dell'intero comma; rimarrebbe la dizione «non può essere posta in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione».

La seconda parte del comma costituisce materia di legge costituzionale, appunto perché deve rappresentare una garanzia per tutti, per il Governo, per le Camere, per la serietà della discussione.

Per la prima parte sono d'accordo con l'onorevole Ruini che occorrono delle garanzie, per quanto riguarda la discussione relativa al voto di sfiducia. Ma dovremmo essere d'accordo anche su questo: che non si tratta in tal caso di materia costituzionale, ma di materia regolamentare, e sono i Regolamenti delle Camere legislative che dovranno provvedere in proposito.

Mi è sembrato di notare che forse la maggioranza dell'Assemblea neppure condivida il concetto della Commissione, cioè che un quinto dei deputati (cento-centoventi) debba firmare la mozione, tanto meno poi io, lo condivido.

Ed allora abbiamo pensato: a prescindere dalle discordi opinioni sul numero dei deputati firmatari della mozione, effettivamente si tratta di materia regolamentare — perché sono i regolamenti delle rispettive Assemblee che stabiliscono le modalità delle discussioni — e già troppe materie regolamentari abbiamo inserite nella Costituzione (ho di già in precedenza notato, ad esempio, che l'articolo 69 riguarda integralmente solo materie regolamentari); perciò mi sembra che, trattandosi pure di una questione abbastanza delicata, impegnare fin da ora le Camere che verranno sulle modalità con le quali andrà presentata la mozione per un voto di sfiducia ci induca ad assumere una responsabilità che esula un poco dai limiti delle nostre attribuzioni. La seconda parte sì, lo ripeto, può rimanere, poiché riguarda materia costituzionale e perciò noi non ci opponiamo; ma per quanto si riferisce alla prima parte, sia perché c'è pieno dissenso nella maggioranza della Camera rispetto alla proposta della Commissione, sia perché si tratta di materia esclusivamente regolamentare, noi crediamo che il nostro emendamento all'articolo 88 debba essere accolto.

Persico. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Persico. Desidero soltanto dire che allora non sono più d'accordo con l'onorevole Rubilli.

Presidente Terracini. Comunico che sull'emendamento Rubilli è stata chiesta la votazione segreta dagli onorevoli Pajetta Giuliano, Jotti Leonilde, Moranino, Barontini Anelito, Carini, Saccenti, Ricci, Bucci, Laconi, Chiarini, Landi, Grieco, Corbi, Allegato, Imperiale, Pucci, Cavallotti, Ruggeri, Mezzadra, Pajetta Giancarlo.

Si tenga presente che secondo le ultime spiegazioni date dall'onorevole Rubilli questo emendamento non è sostitutivo di tutto l'ultimo comma dell'articolo, ma solo della prima parte che si riferisce al modo di presentazione della mozione e non al termine di tempo entro cui va posta in discussione.

Presidente Terracini. Indico la votazione segreta.

Presidenza del Vicepresidente Targetti

(Segue la votazione).

Presidente Targetti. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente Terracini

Presidente Terracini. Comunico il risultato della votazione segreta:

Presenti e votanti............ 341
Maggioranza.............. 171
Voti favorevoli........... 165
Voti contrari.............. 176

(L'Assemblea non approva).

[Nel resoconto stenografico della seduta segue l'elenco dei deputati che hanno preso parte alla votazione.]

[...]

Presidente Terracini. Passiamo alla votazione dell'emendamento dell'onorevole Targetti, il quale propone di sostituire alle parole «un quinto» le altre «un decimo» in maniera che il testo risulti del tenore seguente:

«La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti la Camera».

Gli onorevoli Bordon, Giacometti, Vernocchi ed altri hanno chiesto la votazione a scrutinio segreto di questo emendamento.

Tosato. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Tosato. Volevo domandare se, dato l'esito della votazione, non potrebbe forse essere più utilmente messo in votazione prima di tutti gli altri, l'emendamento presentato dall'onorevole Mazzei che mi sembra forse più adatto per conciliare le tendenze opposte.

L'emendamento Mazzei si potrebbe trasformare in questo senso:

«La discussione di una mozione di sfiducia non può avere luogo prima di tre giorni dalla presentazione e se non vi consenta il quarto dei componenti della Camera».

Presidente Terracini. Onorevole Tosato, ma è lo stesso emendamento dell'onorevole Mazzei che l'Assemblea ha già respinto: l'abbiamo votato per primo.

Comunico che sull'emendamento Targetti è stata chiesta la votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Carpano Maglioli, Fiorentino, Tomba, Barbareschi, Fedeli Aldo, Faralli, Vischioni, Pistoia, Vernocchi, Tega, Fornara, Bordon, Costa, Giacometti, Stampacchia, Corbi, Pajetta Giancarlo, Jotti Leonilde, Fantuzzi, Moranino.

Presidente Terracini. Indico la votazione segreta.

Presidenza del Vicepresidente Bosco Lucarelli

(Segue la votazione).

Presidente Bosco Lucarelli. Dichiaro chiusa la votazione. Invito gli onorevoli Segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente Terracini

Presidente Terracini. Comunico il risultato della votazione a scrutinio segreto:

Presenti e votanti............ 325
Maggioranza.............. 163
Voti favorevoli........... 170
Voti contrari.............. 155

(L'Assemblea approva).

[Nel resoconto stenografico della seduta segue l'elenco dei deputati che hanno preso parte alla votazione.]

[...]

Presidente Terracini. Passiamo ora alla votazione dell'ultima parte dell'ultimo comma dell'articolo nel testo della Commissione:

«e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione».

(È approvata).

Il testo unificato degli articoli 87 e 88 risulta, nel suo complesso, così approvato:

«Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.

«Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata ad appello nominale.

«Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.

«Un voto contrario di una o di entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa l'obbligo di dimissioni.

«La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione».


 

[i] Il resoconto stenografico della seduta riporta erroneamente «articolo 77».

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti