[Il 24 ottobre 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo terzo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Governo».]
Presidente Terracini. [...] Passiamo all'esame dell'articolo 87. Se ne dia lettura.
Amadei, Segretario, legge:
«Primo Ministro e Ministri debbono avere la fiducia del Parlamento.
«Entro otto giorni dalla sua formazione, il Governo si presenta all'Assemblea Nazionale per chiederne la fiducia.
«La fiducia è accordata su mozione motivata, con voto nominale ed a maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea».
Presidente Terracini. L'onorevole Corbino ha presentato i seguenti emendamenti:
«Sopprimere il primo comma».
«Al terzo comma, sopprimere le parole: ed a maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea».
Ha facoltà di svolgerli.
Corbino. Ho proposto la soppressione del primo comma dell'articolo 87, perché mi pare inutile che si dica che Presidente del Consiglio e Ministri debbono avere la fiducia del Parlamento quando, al secondo comma, si dice: «Entro otto giorni dalla sua formazione, il Governo si presenta all'Assemblea Nazionale» (o alle Camere) «per chiederne la fiducia». È quindi evidente che nel secondo comma è implicito il concetto contenuto nel primo comma.
D'altra parte la questione potrebbe prospettarsi sotto il problema della fiducia del Parlamento, cioè a dire delle Camere riunite, e quindi collegarsi con l'articolo 88.
Siccome per quanto concerne l'articolo 88 io resterò nell'ordine di idee che la fiducia debba essere data separatamente da ciascuna delle due Camere, sono contrario all'affermazione contenuta nel primo capoverso dell'articolo 87.
Quanto all'emendamento soppressivo dell'ultima parte del terzo comma, esso è subordinato al fatto che l'Assemblea respinga l'emendamento Nitti-Bozzi, soppressivo dell'intero comma.
Presidente Terracini. Gli onorevoli Nitti e Bozzi hanno presentato i seguenti emendamenti:
«Sostituire il primo comma col seguente: Il Governo deve avere la fiducia del Parlamento».
«Sopprimere il secondo e il terzo comma».
In assenza dell'onorevole Nitti, ha facoltà di svolgere l'emendamento l'onorevole Bozzi.
Bozzi. Il primo emendamento proposto dall'onorevole Nitti e da me ha un carattere meramente formale: anziché dire: «Primo Ministro e Ministri», si dice: «Il Governo», perché nell'articolo precedente è detto come è costituito il Governo.
L'altro emendamento da noi presentato mira appunto a sopprimere il secondo e terzo comma.
Vi sono enunciazioni superflue o pericolose. Perché fare obbligo al Governo di presentarsi alle Camere entro 8 giorni? Se circostanze di forza maggiore lo costringessero a presentarsi entro un termine maggiore, che cosa succederebbe? Qual è la sanzione? La decadenza del Governo, forse? Evidentemente non è il caso di inserire una norma di questo genere nella Costituzione.
Anche l'ultimo comma, dove si dice che la fiducia è accordata su mozione motivata, appare superfluo. Si capisce che la fiducia fa seguito ad una discussione che traccia implicitamente le linee del compito governativo. La fiducia si dà sulla base delle dichiarazioni del Governo. Motivata può essere, invece, la mozione di sfiducia.
Valore maggiore ha invece l'ultimo alinea, dove si richiede per la fiducia la maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea. Questa maggioranza assoluta è per noi eccessiva; può essere difficile raggiungerla. Cosa succederà allora? Perché vogliamo rendere tanto difficile la costituzione del Governo? Noi proponiamo la soppressione.
Presidente Terracini. Gli onorevoli Macrelli e De Vita hanno presentato il seguente emendamento:
«Sopprimere il secondo e il terzo comma».
L'onorevole Macrelli ha facoltà di svolgerlo.
Macrelli. Insieme col collega De Vita avevo presentato un emendamento all'articolo 87 per la soppressione del secondo e terzo comma.
Però ho creduto opportuno di presentare stamattina un emendamento che non è più soppressivo, ma completa la dizione dell'articolo 87.
Infatti il primo comma dell'articolo 87 nella sua formulazione può prestarsi ad equivoci pericolosi. Il Presidente del Consiglio e i Ministri devono avere la fiducia del Parlamento. Noi pensiamo che il Governo debba assumere una responsabilità solidale anche per quel che riguarda gli atti dei singoli Ministri. E allora abbiamo presentato questo emendamento sostitutivo dell'articolo 87:
«Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Entro 10 giorni dalla sua formazione deve presentarsi alle due Camere per chiederne la fiducia».
Non credo che questo emendamento abbia bisogno di illustrazioni. Le parole e lo spirito servono esattamente ad interpretare il pensiero dei proponenti.
Presidente Terracini. L'onorevole Fuschini ha presentato i seguenti emendamenti:
«Al secondo comma, alle parole: all'Assemblea Nazionale, sostituire le parole: alle Camere.
«Al terzo comma, alle parole: dei componenti l'Assemblea, sostituire le parole: dei componenti di ciascuna Camera».
Ha facoltà di svolgerli.
Fuschini. Non voglio aggiungere nessun chiarimento ai miei emendamenti, che si riferiscono semplicemente al problema dell'Assemblea. Siccome l'Assemblea Nazionale è caduta, io avevo proposto questo emendamento per sostituire ad essa le due Camere: ogni Camera deve dare la fiducia al Governo.
Ma ho l'impressione che la Commissione abbia redatto un nuovo testo che tiene conto dei vari emendamenti, e domanderei al Presidente se è pervenuto al suo seggio questo nuovo testo della Commissione, perché allora la discussione potrebbe essere risparmiata.
Certamente è fuori di dubbio che tanto la fiducia quanto la sfiducia devono esser date dalle due Camere separate. Quindi ogni atto di fiducia di una Camera sola non è sufficiente per mantenere in vita un Governo, mentre è sufficiente l'atto di sfiducia di una sola Camera per farlo cadere.
È bene però conoscere se la Commissione ha disposto un nuovo articolo per poterci regolare.
Presidente Terracini. Onorevole Fuschini, fino a questo momento non ho ricevuto nessun testo elaborato dalla Commissione, ma solo un testo dell'onorevole Tosato, presentato a titolo personale. Per questo motivo non ne ho dato e non ne darò lettura, se non quando darò la parola all'onorevole Tosato perché lo svolga.
L'onorevole Arata ha presentato gli emendamenti:
«Al secondo comma, alle parole: all'Assemblea Nazionale, sostituire: alle Camere.
«Sostituire il terzo comma col seguente:
«La fiducia è accordata con voto nominale, a maggioranza».
Ha facoltà di svolgerli.
Arata. Rinunzio a svolgere il primo emendamento perché, oltre alle ragioni che sono state accennate, credo che la questione dell'Assemblea Nazionale sia chiarita e definita.
L'altro emendamento concernente il terzo comma, è diretto, in primo luogo, a depennare la parola «motivata» dal testo del comma, nel senso che la fiducia intenderei venisse accordata con voto nominale, a maggioranza, su mozione, ma senza dire che questa debba anche essere motivata. Questo perché, se noi siamo persuasi che le parole inutili in una Costituzione sono, più che inutili, dannose, in quanto possono prestarsi ad equivoci, dovremmo anche convenire che questo particolare requisito, di cui dovrebbe rivestirsi la mozione di fiducia, possa essere senz'altro trascurato. Noi stiamo invero contemplando il caso di un Governo che si presenta per la prima volta alle Camere per rispondere, non già di una attività che abbia svolto, ma unicamente del programma che intende attuare. Tutta la sua attività si compendia, cioè, nell'enunciazione di un programma e nella formulazione di certe promesse.
In questo caso che cosa noi dobbiamo motivare? che cosa, cioè, può e deve motivare una mozione di fiducia? Dovrà la mozione, tradursi nella solita formula: «La Camera, udite le comunicazioni del Governo, le approva», oppure dovrà essere una formula diversa? Nel primo caso non c'è bisogno alcuno di inserire nella Costituzione un qualsiasi obbligo di motivazione, perché quella formula si usa, direi quasi, da tempo immemorabile, e mai s'è sentito il bisogno di renderla obbligatoria in un qualsiasi testo di legge o di regolamento. Oppure si vuole una motivazione più vestita, più completa; ma, onorevoli colleghi, in questo caso mi sembra che non faremmo una cosa seria, a mio modesto avviso, perché noi, in fondo, andremmo ad esigere una motivazione che si convertirebbe in questo giro di parole, in questa tautologia: «La Camera esprime la sua fiducia al Governo perché il Governo le dà fiducia». Non può essere, infatti, diversamente, perché una mozione di fiducia che deve approvare un Governo non per l'opera e per l'attività che ha prestato, ma unicamente per il programma e per le promesse che ha enunciate, non può, evidentemente, motivare niente. E allora non sembra forse più serio esigere che la motivazione, in quanto non è che la base di un giudizio positivo o negativo in relazione ad una attività prestata, venga formulata dopo che si sia maturata la situazione di fatto che un tal giudizio possa giustificare e legittimare? Queste sono le osservazioni che ho voluto prospettare, nella fiducia di non avere detto cose inesatte e nella fiducia quindi che il mio emendamento venga accolto.
Per quello che riguarda la maggioranza qualificata, il problema è certamente più serio.
Con l'articolo 61 noi abbiamo votato la norma di principio secondo cui le deliberazioni dell'Assemblea, per essere valide, debbono essere votate a maggioranza dei presenti, e con la presenza della maggioranza dei componenti il corpo votante. Questo in linea di massima. Abbiamo però votato anche delle eccezioni, e cioè che la Costituzione indicherà i casi in cui viene richiesta una maggioranza qualificata.
Ora è evidente che, perché sia richiesta questa maggioranza qualificata, debba trattarsi di una votazione che abbia un oggetto di speciale gravità e comportante effetti giuridici o politici di speciale rilievo. È quindi da vedere se la votazione sulla mozione di fiducia ad un Governo che si presenta per la prima volta alla Camera, abbia questo carattere. Indubbiamente, a prima vista, questo carattere di speciale importanza balza agli occhi.
Scopo, infatti, del progetto, nel richiedere una maggioranza qualificata, è che il Governo parta con un numero minimo di suffragi tale da garantire che il percorso sia il più sicuro, il più lungo, il più saldo che sia possibile. Ma a me sorge questo dubbio, e cioè che noi, nella preoccupazione che il Governo possa avviarsi verso un cammino il più lungo ed il più sicuro possibile, si finisca addirittura col non farlo partire affatto. Mi sorge cioè il dubbio che, trattandosi di un nuovo Governo, il rimedio sia troppo energico e possa produrre degli effetti peggiori del male che si vuole combattere.
Si vuole, infatti, che il Governo possa intraprendere la sua opera con un particolare numero di suffragi, e cioè superiore alla maggioranza semplice.
Ebbene, che faremo il giorno in cui l'Assemblea, per la sua composizione politica, o per il numero degli assenti o per quello degli astenuti (sempre possibili di fronte ad un Governo per il quale c'è soltanto l'attesa), che faremo, dunque, se, per tutte queste cause, l'Assemblea non potrà dare quella votazione e cioè non potrà esprimere dal proprio seno quella tale superiore maggioranza? E che faremo se, trattandosi di una votazione su mozione di fiducia, il Governo avrà la maggioranza qualificata in una Camera, mentre nell'altra, composta, ad esempio, di 550 deputati, con 50 assenti e 100 astenuti, 150 votano la sfiducia e 250 la fiducia? Che faremo di fronte a questi risultati? Vorremo noi ugualmente impedire al Governo ogni possibilità di esperimento?
Io penso, onorevoli colleghi, che la questione sia talmente seria da imporsi alla vostra attenzione anche senza bisogno di altre parole. D'altra parte, io so di parlare a persone più intelligenti e più sperimentate di me, e pertanto mi limito a porre la tesi e ad impostare il tema. La conclusione, poi, la Assemblea la trarrà da sé.
Mi permetto solo un'ultima osservazione.
È mia convinzione che il progetto, nel chiedere che la mozione di fiducia debba essere motivata e che debba ottenere la maggioranza assoluta dei componenti la Camera, abbia tenuto presente che la votazione avvenga innanzi ad un'unica Assemblea: l'Assemblea Nazionale. Ora, una volta eliminata l'Assemblea Nazionale e una volta ammesso che la votazione avviene in due Camere distinte, a me sembra che una maggioranza semplice, cioè non qualificata — ottenuta dal Governo nelle due Camere — equivalga (come valore sintomatico, informativo, politico) alla maggioranza qualificata ottenuta in una sola Camera.
Ecco perché io penso che anche questo mio emendamento verrà benevolmente accolto dall'Assemblea.
Presidente Terracini. Seguono i seguenti tre emendamenti presentati dall'onorevole Stampacchia:
«Al secondo comma, alle parole: All'Assemblea Nazionale, sostituire: a ciascuna delle due Camere.
«Al terzo comma, alle parole: con voto nominale, aggiungere: cui non partecipano i membri del Governo, ed alle parole: l'Assemblea, sostituire: di ciascuna delle due Camere.
«Aggiungere, in fine, il seguente comma:
«Il Governo s'intende dimesso di diritto, se non abbia la fiducia di ciascuna delle due Camere».
Ha facoltà di svolgerli.
Stampacchia. Poche osservazioni, e con brevi parole — com'è mio costume — sugli emendamenti da me presentati.
Voglio innanzi tutto, per prendere le mosse al mio dire, ricordare che l'articolo 87 prevede che il voto di fiducia il Governo debba domandarlo in partenza — come direbbe l'onorevole Arata — dinanzi all'Assemblea Nazionale. Ora di accordo — io e il mio Gruppo — che il Governo prima d'iniziare la sua fatica e mestieri si accerti di godere la fiducia del Parlamento, che rappresenta il Paese. Però qui è da fermare preliminarmente che, secondo la nuova struttura costituzionale dello Stato, entrambi i due rami del Parlamento rappresentano il Paese, a differenza della vecchia struttura per la quale il Senato, di nomina regia, non poteva arrogarsi tale rappresentanza e, potrei aggiungere, non se l'arrogò mai; se pure in qualche momento eccezionale e storico espresse con molta vivacità ed efficacia il sentimento della Nazione.
Tanto ricordato, voglio rilevare che della proposta Assemblea Nazionale, ora in esame, si è già discusso parecchio; e — se non m'inganno — la tendenza della maggioranza di noi tutti è di non parlarne più, di non ammetterla quale una terza Camera e di statuire soltanto la riunione plenaria dei due rami del Parlamento per qualche speciale, eccezionale funzione, come la nomina del Presidente della Repubblica ed altra analoga, da fissare nella Costituzione in termini e limiti rigorosamente tassativi. È da tener presente ancora che, pur essendo una parte della Costituente propensa al sistema unicamerale, non di meno, di accordo e per l'accordo, il sistema bicamerale è prevalso. Adottato tale sistema, ritengo doversi garantire rigorosamente l'autonomia delle istituite due Camere, le quali trovansi sì sul medesimo piano, perché entrambe elettive, ma restano pur distinte l'una dall'altra con figura e personalità proprie, perché giustamente le volemmo differenziate — per evitare incongruente duplicato — dando alla base di ciascuna una struttura elettorale diversa. Da ciò deriva intuitivamente che il Governo è indispensabile si abbia la fiducia di entrambi i due rami del Parlamento considerati singolarmente e singolarmente consultati.
In vero, chiamando le due Camere confuse insieme in Assemblea plenaria per dare il voto di fiducia al Governo o per altri oggetti a quali conseguenze si perverrebbe? Che di fatto annulleremmo il sistema bicamerale stesso, in quanto che creeremmo un'Assemblea di nuovo tipo. L'onorevole Nitti ha detto di quale tipo, dimostrandone l'assurdità.
In essa tutti i voti si fonderanno e tutti avranno lo stesso valore, quale sia la loro origine: della Camera dei deputati o del Senato. Ora, ricordiamo quello che ha osservato in proposito l'onorevole Corbino. Noi potremmo avere una maggioranza artificiosa, la quale effettivamente, o sia pure eventualmente, potrebbe non rispondere al pensiero dell'una o dell'altra Camera. Noi riteniamo — ripeto — che il Governo debba avere la fiducia di entrambe le Camere, ma singolarmente prese. In altri tempi bastava la fiducia da parte della Camera dei deputati, poiché — per quanto io ricordo e so — il Senato non era e non fu mai chiamato a dar voto di fiducia al Governo. Però la struttura albertina era assai diversa: il Senato era di nomina regia, e doveva perciò avere una funzione legislativa soltanto moderatrice di quelli che potevano essere gl'impeti della Camera elettiva se il voto popolare portasse masse di sinistra alla predetta Camera. Oggi, invece, abbiamo le due Camere, le quali entrambe hanno un'origine elettiva e popolare, senza però che alcuna delle due abbia funzione moderatrice dell'altra, essendosi soltanto voluto che l'elaborazione separatamente fatta da ciascuno dei due rami del Parlamento giovasse ad un giudizio più ponderato. Il voto di ciascuna delle due Camere bisogna adunque che valga per se stesso. È per questo che noi abbiamo voluto differenziarle all'origine, creando il collegio uninominale pel Senato e invece per la Camera dei deputati il collegio plurinominale a base proporzionale. Dunque, vi sono delle differenze; e se si sono volute, per differenziare le due Camere, non possiamo fondere insieme i voti dell'una Camera e dell'altra, e giungere al risultato, previsto — come ricordai — dall'onorevole Corbino, che la maggioranza di una delle due Camere resti jugulata, soverchiata dal voto dell'altra: che la maggioranza di quindici, venti o più voti di fiducia o sfiducia risultanti dal voto di 500 deputati possa essere messa nel nulla da una differenza in senso contrario risultante dal voto di 200 senatori. Il mio pensiero personale è — e ritengo di interpretare il pensiero di tutti i compagni — che il voto di fiducia — e aggiungo di sfiducia — debba valere sia che provenga da una Camera, sia dall'altra. Il Governo deve avere il voto di fiducia della Camera dei deputati ed il voto di fiducia del Senato perché possa assumere di fronte al Paese d'avere la fiducia del Parlamento. Ed ora passando al terzo comma dell'articolo 87, ricorderò che esso dice: «La fiducia è accordata su mozione motivata, con voto nominale ed a maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea». Io ho proposto che si aggiunga dopo le parole «con voto nominale» le altre: «a cui non partecipano i membri del Governo».
È ridicolo, infatti, che i Ministri ed i Sottosegretari diano il voto di fiducia a se stessi, nel momento in cui si deve stabilire se essi godano la fiducia del Parlamento. È successo qualche volta — in tempo remoto — che un Governo è rimasto, per pochissimi voti, anche per uno solo, e ciò perché i giudicabili avevano giudicato di loro stessi, partecipando alla votazione, votandosi la fiducia. Nel capoverso si parla poi di «maggioranza assoluta». Bisogna vedere se sia proprio il caso di volere detta maggioranza assoluta, senza correre il rischio delle manovre dei gruppi o di partiti tendenti ad evitare la formazione di una maggioranza assoluta nella votazione riguardante la fiducia o la sfiducia al Governo.
È per queste considerazioni che io proporrei di sostituire alle parole «maggioranza assoluta» le parole «maggioranza dei presenti».
Presidente Terracini. Onorevole Stampacchia, Ella non ha presentato alcun emendamento a questo proposito. Siccome il concetto è stato già svolto da numerosi altri colleghi, la prego di attenersi agli emendamenti da lei proposti.
Stampacchia. Ha ragione; «la maggioranza assoluta» mi è sfuggita nello stilare l'emendamento, pure essendo nella mia intenzione di parlarne. Comunque in riguardo ho detto il mio pensiero.
Vengo infine a svolgere l'emendamento aggiuntivo.
Noi abbiamo detto che il Governo, anche in partenza, deve avere il voto di fiducia delle due Camere; è però necessario — perché il precetto non corra qualche volta il rischio di rimanere senza effetto ed inefficace — che vi sia la sanzione per il caso che il Governo non abbia la fiducia; cioè occorre che si dica espressamente che il voto di sfiducia o la mancata fiducia importa di diritto le dimissioni del Governo.
Presidente Terracini. Segue l'emendamento proposto dall'onorevole Tonello:
«Al terzo comma, dopo le parole: con voto nominale, aggiungere: al quale i membri del Governo non possono partecipare».
Ha facoltà di svolgerlo.
Tonello. L'onorevole Stampacchia ha poco fa dichiarato di accettare l'aggiunta che io ho proposto a quest'altro capoverso dell'articolo 85. Dichiaro però che questa idea di aggiungere l'esclusione dei membri del Governo dalla partecipazione al voto di fiducia verso se stessi, comprendendo cioè sia i Ministri che i Sottosegretari, mi venne durante l'ultima votazione sulla fiducia al Governo (Si ride al centro).
Rimasi sconcertato e meravigliato nel vedere giovincelli imberbi di politica che correvano a votare la fiducia verso se stessi. (Commenti al centro). Oh Dio! Ad una certa età, quando si hanno i capelli bianchi, si può anche avere fiducia in se stessi, perché tutta l'esperienza passata della vita può dimostrare fino a qual grado può giungere questa fiducia anche nel cervello degli altri. Ma quando si è giovani in politica è meglio lasciarsi giudicare dagli altri ed avere tanta modestia da attendere questo giudizio dagli altri. Perciò, onorevoli colleghi, io ho proposto che dal voto siano esclusi i Ministri e Sottosegretari. Si tratta di una ventina di voti circa dai quali dipende la vita o la morte di un Ministero. Che direste voi di un Ministero che sta in piedi soltanto perché è riuscito ad ottenere la maggioranza con i voti che ha dato a se stesso pur non avendo la fiducia della Camera? I Ministri ed i Sottosegretari sono sub judice, e debbono per ciò essere giudicati nella loro opera e deve essere appunto la Camera a giudicare. Se essi avranno ben operato e non avranno rimorsi sulla coscienza avranno senza dubbio i voti della Camera. Mi pare che una simile proposta dovrebbe essere accettata da tutti i colleghi.
Costantini. Infatti il principio vale per tutti.
Tonello. Infatti se vale per un Ministero, poniamo per il Ministero De Gasperi, domani potrebbe valere per il Ministero Tonello (Si ride). Non v'è parzialità: vale per tutti e per ciò invito i colleghi ad accettare un principio di moralità pubblica e di critica morale che un individuo deve fare nel valutare la propria opera e le proprie azioni. Per ciò insisto nel mio emendamento.
Presidente Terracini. Comunico che la Commissione ha presentato il seguente nuovo testo:
«Il Presidente del Consiglio e i Ministri debbono avere la fiducia del Parlamento.
«La fiducia è accordata su mozione motivata e votata ad appello nominale».
Proseguiamo, intanto, nello svolgimento degli emendamenti.
L'onorevole Mortati ha proposto il seguente emendamento:
«All'ultimo comma sopprimere la parola: assoluta, dopo la parola: maggioranza».
Ha facoltà di svolgerlo.
Mortati. Il mio emendamento è stato già accolto nella formulazione della Commissione di cui si è data ora lettura, ed è quindi il caso di aggiungere solo brevissime considerazioni a quelle già enunciate da altri colleghi, come l'onorevole Corbino, che hanno fatto proposte analoghe. In sostanza, la soppressione del requisito della maggioranza assoluta pel voto di fiducia si basa sulla considerazione della attuale situazione politica italiana, caratterizzata dalla mancanza di grandi partiti e dalla necessità di dar vita a Ministeri di coalizione. In presenza di una siffatta situazione può sembrare opportuno, proprio ai fini della stabilità del Governo, non richiedere una maggioranza assoluta. Chi propose il testo del progetto, e fra questi anch'io, si indusse a porre la condizione della maggioranza assoluta nella convinzione che essa potesse contribuire a dare maggiore saldezza alla compagine del Governo.
Ma una più matura considerazione ha portato a ritenere che il mantenimento di una disposizione di questo genere potesse in certi casi riuscire controproducente, ed anzitutto rendere più difficile la risoluzione delle crisi, prolungando il periodo di carenza del Governo, ed in secondo luogo rendere più debole la compagine del Ministero, che, dovendo contare su un maggior numero di consensi, sarebbe costretto ad includere nel suo seno elementi di maggiore eterogeneità e, quindi, perdere di compattezza. È chiaro che più sono i gruppi e gruppetti che entrano nella coalizione di Governo più si accrescono le possibilità di crisi, per l'uscita dalla coalizione stessa di qualcuno di essi.
Siccome il mio emendamento presuppone il mantenimento degli ultimi due commi, e viceversa vi sono proposte di sopprimerli, se il Presidente me lo consente, io dirò brevissimamente le ragioni che, a mio avviso, ne consigliano il mantenimento.
La proposta di sopprimere gli ultimi due commi nella loro totalità, o quella recentemente svolta dall'onorevole Arata che vuole eliminare l'obbligo della motivazione per la mozione di fiducia, muovono da un fraintendimento dello spirito che ha accennato la formulazione della norma. Spirito che può così riassumersi: mettere i deputati che votano la fiducia di fronte alla responsabilità del voto che danno: impegnarli, quindi, di fronte al Paese al programma di Governo cui essi aderiscono e costringerli a dire le ragioni dell'eventuale successivo loro distacco dalla coalizione di Governo.
Una delle cause di instabilità del Governo è costituita dalle crisi extraparlamentari, dall'improvviso ritiro, dalla coalizione dei Gruppi che appoggiano il Governo, di uno di essi, ritiro che può determinare una crisi senza che si conoscano le ragioni che l'hanno determinata. A risanare tale situazione giova il prescrivere l'adesione espressa e positiva ad un certo programma di Governo precisamente formulato, onde dar modo al corpo elettorale di valutare l'atteggiamento dei Gruppi che ritirano l'adesione al Governo, il cui programma sia stato da loro approvato.
L'obbligo, quindi, di un conferimento della fiducia in modo esplicito, ed attraverso un'indicazione dei motivi per cui è data, giova a rendere chiari i termini delle relazioni fra Governo e Parlamento, ed a costringere i Partiti a dichiarare le ragioni di dissenso sopravvenute, ciò che consente al popolo un giudizio consapevole, al momento delle elezioni, sull'attività dei suoi mandatari. Accettato il principio consacrato nei due commi in discussione, sarà facile intendersi sulle modalità di attuazione, modificando eventualmente in modo più elastico il termine prescritto per la presentazione del nuovo Governo alle Camere. L'importante è, ripeto, sancire che il Ministero non può ritenersi costituito in modo definitivo se non sia investito dalla fiducia, con voto positivo. Ciò che importa come conseguenza che non sia possibile uno scioglimento delle Camere da parte di un Governo prima che si sia ad esse presentato.
Presidente Terracini. L'onorevole Corbi ha presentato il seguente emendamento sostitutivo del terzo comma:
«La fiducia o la sfiducia è deliberata su mozione motivata con voto nominale».
Ha facoltà di svolgerlo.
Corbi. Noi abbiamo presentato un emendamento sostitutivo del terzo comma dell'articolo 87 e anche un emendamento soppressivo dell'articolo 88. I due articoli sono strettamente legati fra loro.
Presidente Terracini. Ora parliamo dell'articolo 87, poi parleremo dell'articolo 88.
Corbi. La giustificazione dell'emendamento proposto da me all'articolo 87 sta appunto nel fatto che questo articolo è strettamente legato a quello successivo. Perciò chiedo di svolgere contemporaneamente i due emendamenti.
Non sono d'accordo anzitutto con quei colleghi che hanno sostenuto la necessità di una maggioranza qualificata; in secondo luogo i due emendamenti da me proposti tendono ad evitare una procedura che necessariamente genererebbe conflitti ed inconvenienti gravi.
Si sostiene nel primo comma dell'articolo 88 che un voto contrario dell'una o dell'altra Camera su una proposta del Governo non importa dimissioni. Penso invece che convenga rimettere alla prassi, e non a norme costituzionali, una decisione che spetta al giudizio ed alla sensibilità politica del Governo; il quale giustamente potrà ritenere di dimettersi a seconda della Camera che respinge una sua proposta (la quale può implicare la fiducia), considerandone la maggiore o minore autorevolezza.
Nel secondo comma dello stesso articolo si vuole che un quarto dei componenti dell'Assemblea sia il numero minimo per presentare una mozione di sfiducia; mi sembra che la richiesta sia eccessiva, perché quello di proporre la sfiducia non solo è un diritto delle minoranze, ma è diritto di ogni deputato. E invero chi può escludere che nel corso di una discussione un solo deputato possa esporre argomenti e fatti tali da raccogliere la maggioranza dei consensi? Io credo poi che sia opportuno sopprimere senz'altro anche la seconda parte di questo comma che più opportunamente può essere inserita nel Regolamento.
Presidente Terracini. Onorevole Corbi, mi perdoni, lei non sta cercando di motivare la sua proposta di emendamento all'articolo 87 richiamandosi alla sua proposta riguardante l'articolo 88: ma sta spiegando comma per comma perché propone la soppressione dell'articolo 88. In questo modo, anticipa troppo gli eventi.
All'onorevole Stampacchia, che voleva ugualmente illustrare un emendamento all'articolo 88, ho rivolto preghiera di rinunciarvi. La prego di tener conto di queste considerazioni e di rimanere nel quadro della discussione.
Corbi. La proposta di soppressione dell'articolo 88 trova riferimento nella formula da me proposta per l'articolo 87.
Presidente Terracini. Comprendo; ma resti nel quadro della discussione.
Corbi. Restando nel quadro della discussione, insisto sugli emendamenti proposti. Ho preso atto dell'emendamento proposto dalla Commissione che, mi sembra, si rende partecipe di quanto da me esposto e mi auguro che questo stesso emendamento sia accolto dall'Assemblea. Penso insomma che sia opportuno fondere gli articoli 87 e 88 in un solo articolo composto di tre brevi e semplici formulazioni.
Presidente Terracini. Gli onorevoli Targetti, Carpano Maglioli, Costantini, Costa, Ghislandi, Fedeli Aldo, Cosattini e Giacometti hanno presentato i seguenti emendamenti:
«Sopprimere il primo comma dell'articolo 87.
«Sostituire gli altri commi col seguente:
«Entro dieci giorni dalla sua formazione, il Governo si presenta alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica per chiederne la fiducia. La fiducia è accordata da ciascuna delle Camere con voto nominale e a maggioranza assoluta dei presenti. Il rifiuto della fiducia, anche di una sola Camera, importa dimissioni».
L'onorevole Targetti ha facoltà di svolgerlo.
Targetti. L'accenno specifico alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica non ha altro significato che di porre l'articolo in relazione alle norme della Costituzione già approvate per il Parlamento. L'emendamento si propone poi di stabilire in modo esplicito le conseguenze del voto di sfiducia.
È certo — si può essere tutti d'accordo — che la Costituzione avrebbe anche potuto fare a meno di occuparsi di questa materia perché c'era una prassi che aveva un valore indiscusso ed avrebbe seguitato ad averlo anche per l'avvenire. Ma, una volta affermato il principio del voto di fiducia e che un voto contrario dell'una o dell'altra Camera su di un disegno di legge non porta come conseguenza le dimissioni del Governo, noi crediamo sia necessario fare la previsione anche nell'altro senso, cioè dire chiaramente che un voto di sfiducia, o il rifiuto del voto di fiducia domandato dal Governo a tenore della Costituzione, porta alle dimissioni del Governo stesso.
Dato che il progetto ha voluto fissare un termine entro il quale il Governo deve presentarsi alle Camere per chiederne la fiducia, noi proponiamo di prolungarlo, portandolo da otto a dieci giorni.
È comunque probabile che alcune delle nostre proposte possano essere ritirate in seguito al nuovo testo dell'articolo che presenterà il Comitato di redazione.
Tosato. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Tosato. Dato lo stretto legame che esiste fra gli articoli 87 e 88, prospetto l'opportunità che siano svolti, prima che la Commissione esprima il proprio parere, anche gli emendamenti relativi all'articolo 88; e di affrontare successivamente la votazione complessiva su tutto l'argomento della fiducia e della sfiducia.
Presidente Terracini. È stato preannunciato un nuovo testo della Commissione in materia. Quando pensa che possa essere presentato, onorevole Tosato?
Tosato. Ci riserviamo di presentarlo al termine dello svolgimento di tutti gli emendamenti, anche perché immagino che, come al solito, avremo qualche emendamento dell'ultima ora.
Presidente Terracini. Credo che sarebbe meglio che rinviassimo ora la discussione, ma che, all'inizio della seduta pomeridiana, la Commissione presentasse il suo nuovo testo. Avremmo così il vantaggio che alcuni dei presentatori di emendamenti, trovandoli probabilmente accolti in esso, potrebbero rinunziare a svolgerli.
Tosato. Faremo allora tutto il possibile per presentare all'inizio della seduta pomeridiana il nuovo testo.
Una voce. Bisognerebbe allora iniziare la seduta alle 17.
Presidente Terracini. La seduta sarebbe convocata per le 16. Potremo invece iniziarla alle 16,30. In quella mezz'ora i membri della Commissione potranno tentare di raccogliere le loro idee per presentare, all'inizio della seduta, il nuovo testo.
A cura di Fabrizio Calzaretti