[Il 9 ottobre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento».]
Presidente Terracini. [...] Passiamo all'articolo 58. Se ne dia lettura.
De Vita, Segretario, legge:
«Le due Camere sono elette per cinque anni.
«I loro poteri sono tuttavia prorogati sino alla riunione delle nuove Camere.
«La legislatura può essere prorogata solo nel caso di guerra in corso o di imminente pericolo di guerra.
«Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. Il provvedimento che le indice fissa la prima riunione delle Camere non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni».
[Presidente Terracini.] A questo articolo sono stati presentati vari emendamenti.
L'onorevole Conti ha proposto di sostituire il primo comma col seguente:
«Le due Camere sono elette per quattro anni».
L'onorevole Conti non è presente.
Scoccimarro. Faccio mio l'emendamento dell'onorevole Conti, e rinunzio a svolgerlo.
Presidente Terracini. L'onorevole Caronia ha presentato il seguente emendamento:
«Sostituire il primo comma col seguente:
«La Camera dei Deputati è eletta per cinque anni. Il Senato viene rinnovato per metà ogni cinque anni».
L'onorevole Caronia non è presente.
Corbino. Faccio mio l'emendamento presentato dall'onorevole Caronia.
Presidente Terracini. Ha facoltà di svolgerlo.
Corbino. L'emendamento dell'onorevole Caronia tende a dare al Senato un carattere di continuità di esistenza. Si può dissentire sui termini con i quali l'onorevole Caronia ha accennato alla durata media di una parte del Senato della Repubblica; ma sul principio che il Senato debba avere una durata diversa, sono d'accordo con l'onorevole Caronia.
In sostanza, se diamo alle due Camere lo stesso periodo di durata, noi avremo un periodo di vacanza completa di tutti gli organi costituzionali. Ma a me pare che, sia per le ragioni che ha già ripetutamente svolto l'onorevole Nitti — l'esperienza degli altri paesi è fondata sul principio della continuità di una delle due Camere, e precisamente del Senato — sia per dar modo di effettuare consultazioni elettorali per periodi di tempo più brevi di quello corrispondente alla durata massima della prima Camera, il principio di assegnare una durata differente alle due Camere, rinnovando la seconda in parte, meriti di essere accolto.
Per questa ragione faccio mio l'emendamento Caronia, riservandomi in sede di discussione di modificare eventualmente il termine di cinque anni che egli ha proposto.
Presidente Terracini. Segue l'emendamento proposto dagli onorevoli Targetti, Amadei, Carpano Maglioli, De Michelis, Fedeli Aldo e Malagugini:
«Sopprimere il terzo comma».
Targetti. Lo ritiro, anche per gli altri firmatari.
Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Mortati del seguente tenore:
«Sostituire il terzo comma col seguente:
«La legislatura può essere prorogata con legge nel caso di guerra, o di eventi di uguale gravità, tali da rendere impossibile la convocazione dei comizi».
L'onorevole Mortati ha facoltà di svolgerlo.
Mortati. L'onorevole Targetti ha rinunziato all'emendamento, oppure ha rinunziato a svolgerlo?
Targetti. L'ho ritirato.
Mortati. Una volta caduto l'emendamento Targetti, che proponeva la soppressione dell'istituto della proroga legale, ben poco mi rimane da dire per illustrare il mio, il quale si limita a sostituire al testo della Commissione una dizione più comprensiva. Infatti la proroga della legislatura nel testo della Commissione è prevista solo in caso di guerra in corso o di imminente pericolo di guerra, mentre pare opportuno prevedere casi del tutto analoghi a quest'ultimo, che dovrebbero suggerire identica soluzione.
Il mio emendamento tende, appunto, a integrare in questo senso la norma proposta.
Fabbri. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Fabbri. Crederei che, sebbene ella non l'abbia menzionato, non sia caduto l'emendamento dell'onorevole Nitti, secondo il quale i senatori di nomina elettiva durano in carica sei anni e sono rinnovabili per un terzo ogni due anni.
Se l'emendamento non è decaduto, ed egli lo svolge, la cosa può essere interessante poiché udita dalla voce del proponente; altrimenti avrei una certa tendenza a fare mio l'emendamento cui mi riferisco.
Presidente Terracini. Onorevole Fabbri, l'onorevole Nitti ha svolto, e anche ampiamente, questa sua proposta allorché ha avuto facoltà di parlare molte sedute fa, per svolgere i testi sostitutivi degli articoli 55 e seguenti, da lui proposti.
Poiché non ha dichiarato di ritirarlo, evidentemente questo emendamento si intende valido.
Fabbri. Quindi, suscettibile di votazione.
Presidente Terracini. Naturalmente; mi pare che l'onorevole Nitti l'abbia confermato anche ieri.
Nitti. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Nitti. Poche parole soltanto.
Non esiste nessun Senato che abbia la stessa durata della Camera dei deputati. Dove vi sono state Assemblee di senatori, esse hanno avuto quella funzione che viene dalla loro natura: il Senato non si scioglie, la Camera dei deputati può essere sciolta dal Presidente della Repubblica, il Senato dura. Ora, io avevo proposto che come in America il Senato non ha limiti di scadenza perché per esso è sancita la durata di sei anni, ma si rinnova ogni due, si adottasse anche noi il medesimo criterio. Parlare infatti della stessa durata del Senato e della Camera dei deputati è un assurdo, perché le due Assemblee hanno funzione e carattere diversi.
Noi dobbiamo dunque, lasciare il Senato sempre vivo per far sì che esso abbia il prestigio necessario. Il Senato deve rimanere, se noi vogliamo mantenerlo con la sua natura; non dobbiamo quindi esporlo alle vicende d'una continua mutazione.
Dichiaro quindi di mantenere la mia proposta, che mi auguro verrà accolta.
Presidente Terracini. Gli onorevoli Targetti, Amadei, Carpano Maglioli, De Michelis, Fedeli Aldo e Malagugini, hanno presentato il seguente emendamento:
«Al quarto comma, dopo le parole: dalla fine delle precedenti, aggiungere: tranne che sia dichiarato lo stato di guerra».
L'onorevole Targetti ha facoltà di svolgerlo.
Targetti. Rinunzio a svolgerlo.
Presidente Terracini. L'onorevole Perassi ha presentato il seguente emendamento:
«Al quarto comma, sostituire le parole: Il provvedimento, con le seguenti: Il decreto del Presidente della Repubblica».
L'onorevole Perassi ha facoltà di svolgerlo.
Perassi. Il mio emendamento presenta un carattere meramente formale, esclusivamente tecnico. Anziché dire cioè «il provvedimento che indice le elezioni», propongo che si dica «il decreto del Presidente della Repubblica», perché in effetti l'atto con cui si indicono le elezioni è un atto di competenza del Presidente della Repubblica, come risulta dalla legge elettorale in corso di approvazione.
Presidente Terracini. Invito l'onorevole Ruini a pronunziarsi su questi emendamenti a nome della Commissione.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Onorevoli colleghi! Debbo esporre le ragioni che determinarono in origine la Commissione; né credo che alcunché sia mutato nell'indirizzo da essa seguito.
La Commissione partì dal concetto che occorreva differenziare le due Camere, ma non attribuire a ciascuna di esse diversità di funzioni. Si può anzi dire che il criterio della parificazione funzionale si accompagnasse nel nostro sistema a quello della differenziazione costitutiva. Ciò posto, si comprende come siasi adottata — né sorsero controversie al riguardo — una durata eguale per le due Camere.
Tutto il progetto è informato ad un criterio di simmetria e di equilibrio; che verrebbe meno con la diversa durata; non si avrebbero più, ad esempio, la legislatura, la sessione, il funzionamento parallelo e sincrono delle due Camere. La Commissione, pur non respingendo la bicameralità, ha tenuto presente che il Parlamento deve essere concepito con una logica connessione e con una corrispondenza di funzioni, che implica anche l'eguaglianza di durata. Né la Commissione ha inclinato e può inclinare al sistema del Senato perenne, con rinnovazioni parziali che muove in fondo da nostalgie di un organo ormai superato del vecchio regime; il Senato monarchico, perenne e continuamente rinnovato. La nuova democrazia vuole due Camere, differenziate, ma funzionanti in parallelo. Si aggiunga che le frequenti rinnovazioni parziali del Senato e la diversità di durata delle due Camere, farebbero sorgere la necessità di continue elezioni, complicate e costose per lo Stato, e terrebbero in continua febbre elettorale il popolo; né gioverebbero a quella stabilità dei Governi che è necessaria nell'interesse dello Stato. Il Comitato pertanto, tiene fermo: non rinnovazioni parziali, né durata diversa a quella della Camera dei deputati.
Vi è un emendamento Mortati che ammette la prorogabilità delle Camere non nel solo caso di guerra in corso o imminente, ma in quella di eventi d'eguale gravità, che rendano impossibile la convocazione dei comizi. Possono per verità darsi di questi casi; mi sembra di rammentare che si siano verificati col terremoto calabro-siculo. Ma il Comitato teme di allargare in modo poco determinato la facoltà di proroga, di cui si potrebbe abusare. Mantiene, quindi, la sua formulazione.
Mentre l'onorevole Mortati vuol allargare, l'onorevole Targetti vuol restringere la facoltà di proroga al caso di guerra già dichiarata. Il Comitato è incline a restringere più che ad allargare, crede però che sia meglio parlare genericamente di caso di guerra.
Quanto all'emendamento Perassi, non abbiamo difficoltà ad accettarlo.
Presidente Terracini. Faccio presente che l'onorevole Bosco Lucarelli ha presentato un emendamento col quale propone di sostituire le parole «settanta giorni» con le parole «novanta giorni».
Ha facoltà di svolgerlo.
Bosco Lucarelli. Mi permetto di esporre le ragioni per cui mi pare che il termine di 70 giorni sia troppo breve. Dobbiamo infatti tener presente che si tratta di compiere tutte le operazioni precedenti alle elezioni: la formazione delle liste, la loro presentazione, ecc. Specialmente per la Camera dei deputati, mi sembra che 70 giorni non siano sufficienti. Se la Commissione ritiene che 70 giorni siano sufficienti, vada per 70 giorni, ma se non sono sufficienti, credo che 90 giorni darebbero un maggiore margine di tempo sia per la formazione delle liste, sia per la loro presentazione, e in genere per tutte le formalità che la legge richiede, specialmente ripeto, per le elezioni della Camera dei deputati.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non credo che si possa accogliere l'emendamento dell'onorevole Bosco Lucarelli, perché è bene che non vi sia una troppo lunga pausa fra le due legislature. Si tratterà di accelerare il più possibile le procedure elettorali; e la legge elettorale provvederà in questo senso.
Devo poi fare un'osservazione. Non avevo tenuto presente che l'emendamento dell'onorevole Targetti non si riferisce al terzo, ma al quarto comma, ed in sostanza contempla il caso, per verità rarissimo, che siano già sciolte le Camere e bandite le nuove elezioni, e che capiti improvvisamente la guerra. In tal caso, dice l'onorevole Targetti, si possono rimandare le elezioni. Se la portata dell'emendamento Targetti è in questo senso, non suscita le stesse difficoltà che si creerebbero se si riferisse al comma antecedente.
Presidente Terracini. L'onorevole Corbino, ha presentato la seguente nuova formulazione dell'emendamento Caronia, che aveva fatto suo, del seguente tenore:
«La Camera dei deputati è eletta per cinque anni. Il Senato della Repubblica viene rinnovato per un terzo ogni tre anni».
Si presenta qui, onorevoli colleghi, la questione principale, che è appunto questa: se il Senato debba essere rinnovato interamente ad ogni fine della sua legislatura — cioè seguire a questo proposito lo stesso destino e le stesse norme della Camera dei deputati — oppure debba rinnovarsi parzialmente di tempo in tempo, salvo a stabilire i periodi di rinnovo.
Vi sono due proposte definite: una, per cui, a somiglianza della Camera dei deputati, il Senato ha un tempo stabilito di durata, eguale per tutti i senatori — proposta che è per l'appunto contenuta nel progetto di Costituzione; e vi è, invece, l'altra proposta, sostenuta dagli emendamenti Nitti, Caronia e Corbino, e da numerosi altri colleghi che hanno firmato l'emendamento Corbino. Secondo questi tre emendamenti, il Senato dovrebbe avere una durata così stabilita: per l'onorevole Nitti, di sei anni; per l'onorevole Caronia, di dieci anni; per l'onorevole Corbino, di nove anni.
L'onorevole Nitti propone il rinnovamento ogni due anni per un terzo; l'onorevole Corbino, ogni tre anni per un terzo, e l'onorevole Caronia, per metà ogni cinque anni.
Abbiamo, dunque, due sistemi. Occorre scegliere fra questi due sistemi. Per poter scegliere, onorevoli colleghi, ritengo che bisogna ricorrere alla votazione degli emendamenti.
Vi è l'emendamento dell'onorevole Corbino, il quale distingue la disposizione per la Camera e per il Senato, ed è del seguente tenore: «La Camera dei deputati è eletta per cinque anni, il Senato della Repubblica viene rinnovato per un terzo ogni tre anni».
Vi è poi la proposta dell'emendamento dell'onorevole Conti — fatto proprio dall'onorevole Scoccimarro — che riduce da cinque a quattro anni il termine del mandato, e pertanto bisognerà votare in precedenza questa proposta che emenda il testo della Commissione.
E pertanto, pongo per prima in votazione questa formula dell'onorevole Corbino, modificata dall'emendamento Conti-Scoccimarro: «La Camera dei deputati è eletta per quattro anni».
Faccio presente che, nel caso che venga respinta questa formulazione, metterò in votazione la stessa formulazione col periodo di durata proposto dall'onorevole Corbino: cinque anni.
Corbino. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Corbino. Poiché il mio emendamento è quello che più si scosta dal contenuto del primo capoverso dell'articolo 58 — e si scosta precisamente nella durata della seconda Camera — non è detto che noi dobbiamo cominciare a votare con la Camera dei deputati e passare poi al Senato. Poiché l'articolo 58 dice: «Le due Camere», a me pare che sarebbe più chiaro votare prima il mio emendamento sul Senato, che è risolutivo rispetto alla questione generale; ove l'Assemblea respinga il mio emendamento sul Senato, implicitamente afferma il principio che le due Camere debbano avere la stessa durata.
Potremmo poi votare sull'emendamento dell'onorevole Scoccimarro
Presidente Terracini. Prego il Presidente della Commissione di esprimere il suo avviso.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Io credo che, per chiarezza di votazione, l'Assemblea si debba pronunciare prima sul principio se le due Camere devono avere la stessa durata e poi sull'altro, se il Senato debba essere rinnovato parzialmente, invece che in una sola volta. Sono questioni connesse fra loro; ma che non si debbono confondere. Se non procediamo a votazioni ben chiare, possiamo incorrere in incertezze e dubbi, come è avvenuto altre volte. Ad ogni modo mi sembra che l'eguale durata delle Camere sia questione preliminare.
Nitti. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Nitti. Noi non possiamo fare una legislazione astrale, nelle nuvole. Quello che esiste nei paesi che hanno sperimentato da secoli queste forme politiche, noi lo dobbiamo tenere presente inevitabilmente. Dovunque, in Francia, come in Inghilterra, come in America, la Camera alta è una cosa diversa dalla Camera dei deputati. In Inghilterra vi è una Camera dei Lords che ha una diversa legislazione. Ma anch'essa segue le norme generali che vigono in tutti i paesi per la seconda Camera.
In America come si è fatto? Come si è fatto in Francia? Non mettiamoci fuori della realtà. Si è detto che la seconda Camera, il Senato, ha una sua funzione, ed ha quindi una continuità. Tutti i Governi passati in Inghilterra, in Francia, in America hanno tenuto conto di questo. Ora noi non possiamo dire che vogliamo in Italia sottomettere la Camera e il Senato alle stesse norme, perché ciò sarebbe assurdo. Infatti diversa è la loro funzione. Il Senato non si scioglie, la Camera si scioglie; hanno funzioni del tutto diverse: concorrono allo stesso fine, ma la loro funzione, i loro atteggiamenti sono diversi.
È per questo che ho proposto di adottare gli stessi limiti che sono adottati in America per quanto riguarda il Senato: durata 6 anni, rinnovo ogni due anni.
Malagugini. Ma allora facciamo le elezioni ogni momento!
Nitti. Certo! E bisognerebbe farle più spesso. In nessun altro paese è stato adottato il criterio che si vorrebbe adottare in Italia. In America si fanno le elezioni ogni due anni. Non è possibile cristallizzarsi, quando si entra qui dentro. Noi dobbiamo essere a contatto del popolo, bisogna sapere ciò che il popolo pensa di noi. Non possiamo crearci questo privilegio. Non c'è ragione di rifuggire dal fare le elezioni ogni due anni.
Insisto perciò nella mia proposta. Per la Camera dei deputati preferisco quattro anni. Anche coi Governi conservatori in Francia la Camera non è mai durata più di 4 anni. E perché noi dobbiamo oltrepassare questo limite? Perché mettere cinque anni? L'America fa le elezioni ogni due anni. E credete che sia una difficoltà?
Noi non possiamo accaparrarci un privilegio. Già abbiamo fatto una Camera numerosissima e sconteremo questo errore. Ma sta bene che duri quattro anni, non di più.
Il Senato non può avere la stessa durata della Camera. Come Senato è permanente, ma deve rinnovarsi parzialmente almeno ogni due anni; altrimenti diventa qualcosa di massiccio, qualcosa di solido, di non permeabile, mentre dobbiamo sempre rimanere a contatto della vita popolare.
Ripeto che mantengo la mia proposta, che la Camera duri 4 anni. Sono disposto a subire 5 anni, sebbene io lo consideri un errore. Ma quattro anni è un termine già abbastanza lungo. In America dura due anni ed in Francia quattro. Per quanto riguarda il Senato, mantengo quello che ho detto, cioè ritengo sia necessario che esso non abbia la stessa durata della Camera, che non possa essere sciolto, ma che sia rinnovabile sempre, ogni due anni.
Piccioni. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Piccioni. Mi dispiace che ancora una volta non posso concordare con l'opinione dell'onorevole Nitti, ma devo fare osservare che la posizione rispettiva delle due Camere, così com'è delineata dal progetto di Costituzione, diverge profondamente da ogni altro esempio che si possa invocare presso le nazioni democratiche. Il concetto che ispira la formazione delle due Camere nel progetto di Costituzione è la funzionalità di esse, ed è un concetto che si riferisce non soltanto alla loro funzionalità legislativa vera e propria, ma anche alla loro partecipazione all'attività di Governo. Ora se noi prevediamo che nel giro di ogni due anni, quella che può essere la continuazione rappresentativa politica del Paese, che si rispecchia nell'una e nell'altra Camera, può essere modificata ed alterata fino al punto da mettere in forse la stessa maggioranza di Governo e la stessa sua stabilità, evidentemente facciamo cosa che non risponde ad uno degli scopi della nostra Costituzione, che è anche quello di garantire una certa continuità e una certa stabilità di Governo. Invano si invoca, a questo proposito, l'esempio americano, che sarebbe l'unico che potrebbe avere qualche riferimento (a differenza della Camera dei Lords inglese), perché in America la stabilità di Governo è garantita, quali possano essere le oscillazioni delle rappresentanze politiche delle due Camere, dalla forma presidenziale del Governo. Se si dovesse consentire in Italia che ogni due anni si debba ritornare ad un diverso orientamento della maggioranza politica delle due Camere, evidentemente renderemmo più instabile, più illusoria quella che è la garanzia di una certa continuità che vogliamo conseguire.
A questo argomento, aggiungo l'altro che è stato accennato in una interruzione dell'onorevole Malagugini, e cioè che nelle condizioni in cui l'Italia si trova, nella febbre elettorale particolarmente caratteristica che prende il corpo elettorale, mi pare non sia augurabile di tenere il Paese permanentemente o quasi in questo stato di tensione febbrile.
Per queste considerazioni dichiaro che noi voteremo per la durata della seconda Camera in modo ininterrotto così come per la prima.
Di Vittorio. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Di Vittorio. Io credo che l'Assemblea debba ispirarsi ad una soluzione che sia la più democratica possibile, ed io sono persuaso che la soluzione più democratica è quella che propone l'onorevole Nitti, per due ragioni essenziali: la prima è quella di evitare una vacanza parlamentare totale, che faccia mancare di un controllo parlamentare il potere esecutivo.
La seconda ragione è quella di avere un contatto più diretto e più frequente con il Paese. Io comprendo la preoccupazione dell'onorevole Piccioni, ma non penso che ci possano essere dei mutamenti talmente profondi dell'opinione pubblica che il rinnovamento di un terzo del Senato possa mettere in pericolo la stabilità del Governo. E d'altra parte, se questo mutamento così profondo vi fosse nel Paese, perché noi dovremmo adottare un sistema che ci obbligherebbe a fingere di ignorare questo mutamento, ed avere così una rappresentanza parlamentare che non corrisponda più alla volontà del Paese?
Piccioni. Perché non dovrebbe avvenire questo per l'altra Camera?
Di Vittorio. La questione sarebbe differente; e allora l'osservazione del collega onorevole Malagugini sarebbe giusta. Non possiamo fare permanentemente le elezioni, ma il Senato lo dobbiamo rinnovare. Il punto è di sapere: lo dobbiamo rinnovare lo stesso giorno, contemporaneamente alla Camera dei deputati o lo dobbiamo rinnovare per un terzo ogni due anni? Questa seconda soluzione non modifica nulla; non fa fare elezioni in più: soltanto stabilisce una graduazione, un innovamento parziale, che permette ad una delle due Camere di essere sempre in attività e quindi di assicurare il controllo legislativo della rappresentanza popolare del potere esecutivo. Per queste ragioni, credo che l'Assemblea debba votare prima la durata della Camera dei deputati e poi quella del Senato.
Per concludere, vorrei porgere una preghiera all'onorevole Corbino. Poiché il suo emendamento non si differenzia in linea di principio da quello dell'onorevole Nitti, lo pregherei, per semplificare e dare un significato più chiaro a questo voto, di ritirare il suo emendamento e di associarsi a quello dell'onorevole Nitti.
Rossi Paolo. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Rossi Paolo. Onorevoli colleghi, io personalmente, e credo il mio Gruppo, siamo contrari a questa distinzione fra senatori freschi e senatori stantii. Mi spiego: il Senato, nel modo in cui verrà formato, e cioè eletto con suffragio universale, con il sistema del collegio uninominale che favorisce la scelta di elementi che abbiano maggiore autorità, con numero notevolmente più ristretto di componenti rispetto alla prima Camera, sarà già una Camera che avrà in sé una prevalente autorità rispetto alla Camera dei Deputati. Se noi, per di più, costituiamo nel Senato un palladio, un usbergo della continuità politica e giuridica dello Stato, e ne facciano una Camera insolubile, mentre la Camera dei deputati si può sciogliere, anche prima del termine, noi creiamo una disparità fra i due organi del Parlamento e accresciamo un privilegio che siamo venuti, forse senza volere, conferendo al Senato rispetto alla Camera.
Per la seconda questione mi pare evidente un dilemma. Si fanno rinnovazioni parziali ogni due o tre anni. Delle due una: o la metà rieletta nelle elezioni parziali riproduce, presso a poco, la composizione politica della parte del Senato che è rimasta in funzione, ed allora l'esperimento è inutile; o abbiamo quella distinzione, che dicevo poc'anzi, fra senatori freschi e senatori coperti di polvere, fra senatori che hanno in sé una vera autorità politica e senatori che si devono riconoscere destituiti del suffragio popolare che hanno avuto anni prima. Ciò importa che questi senatori se ne vadano, si dimettano, o siano nella condizione di mancare di prestigio e di autorità rispetto agli altri, determinando la necessità o la convenienza di uno scioglimento.
Ed ecco l'ultimo argomento: quello delle elezioni più o meno frequenti.
Non vorrei essere tacciato di antidemocrazia. Ovviamente preferisco delle elezioni anche tutti i giorni a dei periodi venticinquennali senza confronto elettorale; ma c'è il giusto mezzo, in cui bisogna stare.
Tutta la democrazia rappresentativa è fondata, onorevoli colleghi, sopra una astrazione. Sono persuaso che se noi consultassimo tutte le domeniche, invece che con la SISAL, coi comizi elettorali il popolo italiano, noi avremmo 52 risultati elettorali differenti all'anno. Noi siamo qui per i voti che abbiamo conseguito il 2 giugno; ma è probabile che la domenica 9 giugno vi sarebbe stata una sensibile variazione nei risultati elettorali. Ci sono anzi settimane nella vita politica italiana, in cui queste variazioni sono più che sensibili, amplissime. Penso che una certa astrazione occorra nella democrazia rappresentativa.
Bisogna rassegnarsi a constatare che ci sono momenti in cui la coincidenza delle forze numeriche dei partiti nel Parlamento e nel Paese non è assolutamente esatta.
Se pensiamo che abbiamo le elezioni politiche, poi ogni due anni le elezioni per il rinnovamento dei senatori, poi le elezioni amministrative, che nelle grandi città sono pure una sostanziale, intrinseca consultazione politica, ed infine — le abbiamo finora dimenticate — le elezioni regionali, vediamo che il nostro Passe sarebbe mutato in un comizio continuo, e qualunque Governo non potrebbe reggersi seriamente e portare a compimento qualsiasi programma.
Per queste ragioni il nostro Gruppo voterà per il testo della Commissione.
Clerici. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Clerici. A quanto ha detto l'onorevole Rossi mi permetto di aggiungere, come dichiarazione di voto personale, tre modeste osservazioni che mi paiono per altro ovvie.
La prima è questa: l'onorevole Di Vittorio ha invocato, come uno dei due argomenti principali della sussistenza del Senato anche durante lo scioglimento della Camera, quello che il Senato continui la sua funzione di controllo parlamentare.
Ora, io mi permetto di fare osservare all'onorevole Di Vittorio che esiste un principio fondamentale nel diritto parlamentare: le due Camere devono funzionare contemporaneamente; non può essere aperta l'una e chiusa l'altra; non può essere convocata l'una e l'altra rimanere sciolta.
Questo principio, che credo sia generale e costante nel diritto parlamentare, è stato confermato anche nel nostro progetto di Costituzione; infatti all'articolo 59 è detto: «Quando si riunisce una Camera è convocata di diritto anche l'altra». Ed allora, onorevole Di Vittorio, come concepire un controllo del Senato, mentre l'altra Camera è sciolta?
Ma vi è un secondo argomento, che mi pare molto evidente ed è che il progetto di Costituzione, innovando sapientemente e dando soddisfazione a quella che fu un'antica aspirazione democratica, la quale sfociò anche in alcune proposte concrete tra 1919 ed il 1922, ha stabilito al primo alinea dell'articolo 58 un principio, che secondo me è nuovo ed importante.
Di Vittorio. Il Senato non era elettivo.
Clerici. Il principio or ora da me ricordato, onorevole Di Vittorio, vale anche per il Senato elettivo, tanto è vero che era stabilito ed è stabilito anche in Francia e negli altri Paesi con Senato elettivo, ed è stabilito con questa disposizione che ora ho letto per il nostro Senato repubblicano. Dunque, quando si riunisce la Camera, è convocato anche il Senato della Repubblica.
Chiuso l'inciso e data la risposta all'onorevole Di Vittorio, torno al secondo mio argomento. Dunque il comma innovativo stabilisce: «I loro poteri sono tuttavia prorogati sino alla riunione delle nuove Camere». È stabilito con ciò un principio nuovo e fecondo, perché anche dopo il decreto di convocazione dei comizi elettorali, e non solo fino al giorno delle elezioni, ma altresì fino al giorno in cui fisicamente i nuovi senatori ed i nuovi deputati occuperanno questi scanni e quelli di Palazzo Madama, le due vecchie Camere sussisteranno. Allora, onorevoli colleghi, il controllo vi è già, e permanente e vi è sempre la possibilità di autoconvocarsi da parte dell'uno o dell'altro Parlamento, e di conseguenza non vi è più un momento alcuno in cui si possa dire che il Parlamento sia vacante. Anzi avremo ora, per così dire, la permanenza tanto della Camera, come del Senato, perché sino al momento in cui i nuovi deputati ed i nuovi senatori non occuperanno gli stalli, la funzione legislativa e quella generale di controllo dello Stato è esercitata dai precedenti parlamentari.
Faccio in terzo luogo questa modestissima, pedestre osservazione, che forse appunto per la sua modestia è sfuggita a qualcuno. Si è pensato di fare un'elezione parziale di un terzo del Senato. Ma, tenuto presente che abbiamo già votato e deciso il principio che i senatori sono legati alla Regione, e che i seggi regionali non sono poi neanche numerosi, specie per le piccole Regioni, come è possibile risolvere il problema dello scomponimento in tre? Infatti occorrerebbe per tale disposizione che il numero dei senatori per ciascuna Regione fosse multiplo di tre e quindi divisibile per tre, altrimenti non so in quali difficoltà porremo il legislatore nello stabilire la legge elettorale del Senato, perché allora ci troveremo di fronte a questo fatto: che i senatori che debbono essere legati alla Regione debbono essere divisi per tre, quando — per la metà almeno dei casi — non saranno i seggi regionali dei senatori multipli del numero tre.
Lussu. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Lussu. Desidererei sottolineare un fatto nuovo che, a mio parere, sta emergendo da questa discussione e dalla votazione sul Senato. Inizialmente tutti noi, almeno in forma subordinata, visti sparire i nostri temi principali, in gran maggioranza mi pare che fossimo d'accordo nel ritenere che il Senato avesse gli stessi poteri della Camera dei deputati. Ho l'impressione che pian piano si voglia fare del Senato una seconda Camera con qualche potere maggiore e con un prestigio certamente maggiore di quello della Camera dei deputati. Intanto abbiamo assistito stamattina, dopo aver già ridotto sensibilmente il numero dei senatori di fronte al numero dei deputati, abbiamo assistito — dicevo — alla introduzione nel Senato del Presidente della Repubblica. Basta questo solo fatto per attribuire al Senato uno speciale prestigio. Poi, ultimamente, per quanto in forma non eccessivamente corretta — a mio parere — ma comunque avvenuta, abbiamo anche assistito all'introduzione di «cinque uomini di chiara fama» i quali, aggiunti al Presidente della Repubblica, che è di chiarissima fama, evidentemente contribuiscono a dare un marcato prestigio al Senato. Ed allora io comprendo perfettamente perché l'onorevole Presidente Nitti insista nel voler dare al Senato questa sua particolare funzione di permanenza di fronte a quella che non ha la Camera dei deputati. Infatti l'onorevole Nitti ha sempre considerato il Senato, di fronte alla prima Camera, di maggior prestigio. «Il Senato romano», egli stesso ce l'ha ricordato più volte.
Ed allora, io sono dolente di non poter aderire alle argomentazioni espresse qui, con spirito democratico, dal collega Di Vittorio, il quale ha ritenuto scorgere nella proposta Nitti un principio di democrazia. Io pregherei sempre il collega Di Vittorio ed i compagni socialisti di diffidare, con estrema simpatia, della democrazia del Presidente Nitti (Si ride), il quale è certamente un grande democratico, ma tipo antico, direi quasi, me lo si perdoni, tipo conservatore, di fronte alle nuove esigenze democratiche. Poi, vedo subito il conflitto che si creerebbe inevitabilmente fra Senato e Camera dei deputati. Quando il Senato, rinfrescato con queste elezioni biennali, rappresenti più profondamente e indirettamente la volontà popolare, appare questa incredibile conclusione: che la Camera dei deputati, espressione sovrana, in ogni Paese, della volontà popolare, è diminuita di fronte al Senato, il quale rappresenta più direttamente la volontà popolare.
Ora, c'è un'altra considerazione che mi fa diffidare dell'apparente carattere democratico che l'onorevole Nitti vorrebbe dare al Senato o pensa che il Senato abbia, ed è il Senato francese, che lo stesso Presidente Nitti ci ha ricordato più volte. Ma il Senato francese, onorevole Presidente Nitti, non esiste più, e non esiste più appunto perché le correnti più democratiche del popolo francese hanno voluto sopprimere questo organismo, che in un certo senso, a torto o a ragione, appariva conservatore.
Concludendo: noi che siamo stati in maggioranza per l'uguaglianza dei poteri delle due Camere, non possiamo acconsentire alla proposta Nitti, sia pure sostenuta da elementi democratici, indubbiamente più progressivi. Come ultima conclusione, a mio parere, l'espressione democratica verrebbe a sparire se venisse introdotto quel sistema.
Fabbri. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Fabbri. Dichiaro che voterò a favore del rinnovamento periodico e parziale del Senato in ragione di un terzo dei suoi componenti, perché io ritengo che sia un vantaggio immenso per il regolare e democratico svolgimento della vita del Paese quello che è l'effetto delle elezioni parziali. Queste, senza sconvolgere tutto un Paese e senza invitare tutta la generalità dei cittadini alle urne, danno la possibilità, da parte del Governo, di tenere, come si suol dire, il polso del Paese in mano, e quindi conoscere, ad intervalli di tempo non troppo lunghi, quali sono le tendenze, in senso positivo o negativo, regressivo o progressivo, che si precisano attraverso le elezioni.
Questo concetto di far coincidere l'elezione generale delle due Camere in un momento solo, mi pare un gravissimo errore, in quanto c'è la possibilità che queste elezioni generali delle due Camere siano influenzate da un avvenimento che può essere utile o disutile a certi fini, ma di natura transitoria e che certo non dà quella sensazione di continuità di rapporto costante fra le espressioni del Paese e le esigenze della politica.
Quindi, le elezioni parziali sono una cosa utilissima, e proprio per questa ragione fondamentale io voterò per il rinnovamento periodico del Senato in ragione di un terzo dei suoi componenti ogni due anni, od ogni tre anni, a seconda che sia di sei o di nove anni la durata della nomina.
Non vedo poi la concludenza dell'argomento dell'onorevole Clerici, che ciò sarebbe contrario alla base regionale del Senato. E, mi permetta che glielo dica: questa famosa base regionale egli ora l'afferma, ora la disconosce; ha votato per la cosiddetta base regionale del Senato, ma poi non ha voluto, fra i requisiti dell'eleggibilità dei senatori, che vi fosse quello della nascita o del domicilio nella Regione, perché ha osservato — e credo a ragione — che rappresentano la Nazione. Dopo aver abbandonato dunque la base regionale per un argomento, ora si riattacca alla base regionale per un altro, e pretende che il rinnovamento parziale del Senato non sia possibile perché i senatori in ogni Regione dovrebbero essere un multiplo di tre. Non c'è affatto questa necessità, perché in ragione di un terzo le elezioni parziali possono avvenire o in ragione di un terzo dei molti collegi uninominali o per un terzo delle varie Regioni, e quindi quando ci saranno le elezioni nel Piemonte e non nella Lombardia non è necessario che ci siano nel Piemonte per un terzo. Quello che è necessario è che ci sia questo rinnovamento parziale e che non ci sia mai completo il vuoto parlamentare accanto al Governo. E qui rievoco l'argomento democratico dell'onorevole Di Vittorio, al quale non è giusto opporre esigenze del sistema bicamerale, perché quando si dice funzionamento bicamerale, del quale sono stato sempre strenuo sostenitore, ciò non significa che la funzione bicamerale si esaurisca nell'attività legislativa e che la apertura delle due Camere e i lavori delle due Camere debbano avvenire con un assoluto parallelismo di giorni o settimane. Se uno dei due rami parlamentari, al momento della chiusura imminente dell'altro ramo, non ha finito una certa attività legislativa, evidentemente la può proseguire, e non c'è obbligo che vada in vacanza allo stesso giorno dell'altro ramo del Parlamento. Ma poi ci sono altrettante funzioni, e forse a volte più essenziali di quella legislativa, la funzione ispettiva, la funzione di controllo, ecc., e ci può essere un ramo del Parlamento che ha disposto una inchiesta, senza nessuna necessità che questa inchiesta sia contemporaneamente fatta dall'altro ramo del Parlamento. Ci può essere dunque, anche quando la durata della Camera dei deputati è scaduta, la necessità di un contatto fra gli esponenti del Governo e gli uomini parlamentari investiti di mandato in atto, e questi uomini parlamentari, se noi avremo un Senato che non si scioglie mai, composto sempre, in qualunque momento, almeno di due terzi dei suoi componenti, avranno la possibilità di essere sentiti dal Governo.
Con le elezioni generali fatte contemporaneamente per i due rami del Parlamento, e con i Ministri che, tutti, dovranno essere rieletti, si pregiudica il principio della continuità del funzionamento dallo Stato.
A queste ed altre ragioni voglio aggiungerne un'ultima di carattere pratico, e cioè che anche la scelta dei candidati viene facilitata, come criterio di selezione, se non si devono contemporaneamente eleggere tutti gli esponenti e i rappresentanti del popolo, perché, evidentemente, se si fanno contemporaneamente le elezioni alle due Camere, non è ammissibile che gli stessi candidati siano usufruiti per l'una e per l'altra. Anche dunque dal punto di vista selettivo non ci sarà niente di male che le elezioni del Senato avvengano periodicamente, quando non sono indetti i comizi generali per la Camera dei deputati. La scelta dei candidati sarà molto più facile ed oculata ed avrà una maggiore facilità di buon esito.
Si fa, dagli avversari del rinnovamento parziale, l'obiezione che il Senato finirebbe per avere maggior prestigio della Camera: osservo che io sono stato sempre un sostenitore fermo della necessità che anche il Senato fosse eletto a suffragio universale, ed una volta stabilita la elezione a suffragio universale non mi preoccupo in nessun modo che il prestigio del Senato possa essere eventualmente maggiore del prestigio della Camera. Se noi abbiamo stabilito nel nostro spirito che gli uomini di 40 anni siano eventualmente più riflessivi e siano con maggiore prestigio di quelli di 25, evidentemente abbiamo stabilito che questa seconda Camera debba avere delle caratteristiche diverse e forse anche, per quanto possa dispiacere all'onorevole Lussu, più autorevoli di quelle della prima Camera. La questione sotto questo punto di vista mi pare del tutto secondaria, perché l'una e l'altra Camera sono elette a suffragio universale e l'una e l'altra Camera hanno delle esigenze proprie, sono di carattere non assolutamente identico l'una all'altra.
Targetti. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Targetti. Onorevoli colleghi, io non so se interpreto il pensiero dei colleghi del Gruppo, ma personalmente mi permetto di fare questa osservazione, o per meglio dire, questa dichiarazione: io non sono arrivato a comprendere i veri, reali e grandi vantaggi della proposta dell'onorevole Nitti, perché quando si dice che l'accoglimento di questa proposta assicurerebbe una continuità della funzione legislativa, si dice qualche cosa che è superato da quella nuova disposizione, già ricordata dal collega Clerici, per la quale le due Camere seguitano ad esercitare la loro attività fino a che non si è insediata la nuova Camera dei deputati e il nuovo Senato della Repubblica. Quindi un'interruzione dell'attività legislativa, una carenza non c'è. Siccome, come sembra, lo scopo principale della proposta dell'onorevole Nitti sarebbe quello di ovviare a questo inconveniente, non esistendo in realtà questo inconveniente, non vedo il vantaggio della proposta.
Un'altra osservazione, che è collegata a questa. L'onorevole Nitti sostiene la sua proposta anche sotto quest'altro punto di vista: che il Senato, in questo modo, potrebbe continuare ad esercitare la sua funzione, anche quando la prima Camera non funzionasse. Ma l'onorevole Nitti mi insegna che, non solo in conseguenza dei principî a cui si sono sempre informati i sistemi bicamerali, ma anche in conseguenza dei principî riaffermati dalla nostra Costituzione, una Camera non può vivere senza l'altra; non può agire, non può concludere, senza il concorso dell'altra.
Ecco perché (senza entrare in particolari, giacché l'Assemblea conosce il funzionamento, l'architettura, la costruzione e la formazione delle leggi), ecco perché la nostra Costituzione stabilisce la contemporaneità assoluta nell'esercizio dell'attività dei due rami del Parlamento.
Se questo è, e se non si arriva a vedere l'utilità della proposta dell'onorevole Nitti, è quasi inutile mettere in rilievo quali ne sono gli inconvenienti, tra gli altri quello di venire a dare al Senato un'importanza preminente sopra la Camera dei deputati. Importanza preminente che non è certamente nel nostro pensiero.
Per queste modestissime considerazioni io, personalmente, non mi sentirei di approvare la proposta Nitti, pur riconoscendo che si tratta di una questione che può essere risolta anche positivamente, senza gravi conseguenze.
Lucifero. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Lucifero. Signor Presidente, mi pare che questa discussione si sia un po' perduta in alcune correnti laterali, e che sarà opportuno ricondurla al suo contenuto essenziale.
E sono giunto a questa conclusione, dal rilievo della diversa natura delle osservazioni dei sostenitori della tesi, che possiamo chiamare Nitti-Corbino, e degli oppositori di questa tesi.
Gli uni, cioè i sostenitori, hanno portato — di massima — argomenti positivi; gli altri, cioè gli oppugnatori di questa tesi, hanno portato di massima argomenti negativi, nel senso che, più che dire per quali ragioni essi preferirebbero un altro sistema, hanno soprattutto detto le regioni per cui non vogliono quel sistema.
Ora, una vecchia esperienza dialettica mi ha insegnato che questi argomenti sono, al solito, argomenti molto deboli.
Vorrei ricondurre la questione al fondo. Prima di tutto, si è da molti invocato il sistema escogitato dalla Commissione. Ora, intendiamoci bene, di questa Commissione facevo parte anch'io, i suoi lavori li ho seguiti; ma il sistema, ormai, è stato completamente cambiato. È inutile che noi ci appelliamo a quello che è stato il sistema che la Commissione aveva proposto: di quel sistema, ormai, è rimasto quello che noi abbiamo come base del progetto e che andiamo continuamente modificando. Anzi, noi abbiamo escogitato, stabilito, votato e codificato un sistema che è in contrasto con quello del progetto, proprio perché, evidentemente, la maggioranza di quest'Assemblea voleva che il sistema fosse diverso. Quindi, prima di tutto, dobbiamo considerare il problema dal punto di vista del nuovo sistema e non di quello che è stato abbandonato. E, dal punto di vista del nuovo sistema, noi vediamo una preoccupazione politica affiorare in alcuni, e di questa preoccupazione politica si è fatto portavoce l'onorevole Lussu, il quale teme di veder sorgere, con questo nuovo Senato della Repubblica, un organo conservatore.
Onorevole Lussu, io sono un conservatore; sono anzi uno di quei pochi conservatori in Italia che dicono di essere tali solo per differenziarsi dai moltissimi conservatori che non hanno il coraggio di dirlo perché lo sono più di lui. (Applausi a sinistra).
Qui mi trovo però in una grande perplessità, perché io so che quei tali conservatori diversi da me hanno una paura matta di questo Senato, proprio per le ragioni opposte a quelle che ha prospettato lei e che ha prospettate, sia pure in altro senso, l'onorevole Paolo Rossi. Ma io sono guidato da un'altra considerazione. Io sono guidato, cioè dalla considerazione che questo Senato debba divenire un organo suscettivo di essere adoperato dallo Stato, mentre sarà lasciata al Paese la responsabilità di dargli quel colore che risponde più alle sue esigenze ed alle sue opinioni.
Io non mi sono dunque lasciato guidare dal timore che, votando questo o quell'emendamento, io potessi favorire o meno i miei avversari politici. Qui la questione è un'altra: noi dobbiamo fare sì o no un Senato che si differenzi dalla Camera dei deputati? Che si differenzi soprattutto secondo le scaturigini che noi gli abbiamo dato? E allora, se così è, noi dobbiamo accettare questo concetto della continuità.
È del resto quello della continuità un concetto che abbiamo già accettato, con quell'istituto della prorogatio che, introdotto nella Costituzione, non sarà per noi che una garanzia di più.
Ma noi dobbiamo dare al Senato il suo carattere; e, d'altra parte, se il rinnovamento del Senato dovesse valere a dimostrare l'esistenza nel Paese di indirizzi nuovi, sarà prezioso appunto per poter seguire questi indirizzi. Perché infatti, onorevoli colleghi, dobbiamo noi temere dei mutamenti? L'opinione pubblica è quella che ci deve guidare; io non riesco davvero a comprendere una preoccupazione che possa derivare dal manifestarsi dell'opinione pubblica.
La verità è, onorevoli colleghi, che qui si confonde molto spesso l'organo con la funzione. Non si dimentichi che noi qui creiamo l'organo: esso poi funzionerà per suo conto. Oggi noi dobbiamo stabilire che il Senato abbia un carattere particolare; ebbene, possiamo noi astenerci dal conferire al Senato, per ciò stesso, un carattere di rinnovamento e di continuità?
È questo, onorevoli colleghi, il concetto conservatore: che cioè nulla si conserva se non si rinnovi continuamente. Che cosa sarà dunque mai del Senato se non si trasfonderà in esso questo continuo travaso di nuove idee? Questo è e deve essere il concetto del Senato. Nessuno tema allora che il Senato possa assumere maggior prestigio della Camera dei deputati; onorevoli colleghi, l'importante è che non abbia maggiori poteri: il prestigio se lo conquistano gli uomini e gli organismi che essi compongono con quello che fanno. Sarà pertanto compito della Camera dei deputati di mostrarsi ad un'altezza tale da non perdere di prestigio davanti al Senato; e, se la Camera dei deputati non sarà a tale altezza, non sarà a tale livello, meglio allora che, per l'interesse del Paese, sia precisamente il Senato ad avere tale maggior prestigio.
Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, poiché tutte le opinioni sono state espresse, non c'è ora che passare ai voti. L'onorevole Ruini ha fatto una proposta, che tuttavia penso non si possa attuare: la proposta di votare il principio. Molte volte noi abbiamo infatti potuto esperimentare la non opportunità di votare dei semplici principî, giacché non riesce poi facile trasferire i principî già approvati in una formulazione precisa.
La questione è già stata discussa alcune volte. D'altra parte, abbiamo davanti a noi degli emendamenti su cui possiamo votare.
Ho detto che l'emendamento dell'onorevole Corbino mi pare sia quello che meglio si presta per questa votazione. L'emendamento dell'onorevole Nitti si riferisce esclusivamente al Senato, mentre questo dell'onorevole Corbino pone il problema di ambedue le Camere. Questa la ragione per cui mi pare che il testo dell'onorevole Corbino sia quello che si presta più favorevolmente alla nostra votazione. Lo rileggo:
«La Camera dei deputati è eletta per cinque anni. Il Senato della Repubblica viene rinnovato per un terzo ogni tre anni».
In questo emendamento è contenuto il principio della rinnovabilità periodica del Senato, sul quale l'onorevole Ruini proponeva di votare inizialmente.
Targetti. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Targetti. Mi pare che in questa formula proposta dall'onorevole Corbino sia indicata anche la durata della Camera dei deputati.
Presidente Terracini. Sì: la Camera dei deputati — è detto — è eletta per cinque anni.
Infatti, onorevole Targetti, io avevo proposto poco fa che si votasse dapprima: «La Camera dei deputati è eletta»; e poi il limite di tempo, dato appunto che c'è un emendamento che vuole fissarlo a quattro anni.
Laconi. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Laconi. Vorrei chiedere che fosse precisato se la durata complessiva del Senato sarebbe posta poi in votazione dopo l'eventuale rinnovabilità.
Presidente Terracini. Ho detto che non votiamo questioni di principio, ma formulazioni concrete; e le formulazioni sono quelle di cui ho già dato lettura.
Se sarà chiesto che si voti per divisione, evidentemente voteremo dapprima: «Il Senato viene rinnovato», e con ciò la questione di principio è affermata. Resta poi aperta la fissazione del termine di periodicità.
Credo ormai che si possa passare alla votazione della prima parte dell'emendamento dell'onorevole Corbino.
Moro. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Moro. Non abbiamo ben capito il valore di questa votazione.
Noi siamo dell'opinione che la Camera dei deputati sia eletta per cinque anni, come, d'altra parte, pensiamo che anche il Senato sia eletto per cinque anni. Quindi saremmo favorevoli al testo della Commissione.
Se ella mette in votazione questa prima parte dell'emendamento Corbino, questa prima parte, come tale, coincide con il nostro pensiero.
Ora, noi vorremmo sapere se, volendo votare contro la tesi del rinnovamento parziale del Senato, noi dobbiamo votare contro tutto questo emendamento.
Presidente Terracini. Onorevole Moro, lei voterà affermativamente: «La Camera dei deputati è eletta per cinque anni», e poi voterà contro la seconda parte: «Il Senato viene rinnovato».
Dato lo svolgimento delle votazioni, evidentemente occorrerà votare ora una formula redatta in via provvisoria, nella quale si ripeterà la dizione del testo, sostituendo però al soggetto attuale, l'altro: «Il Senato», e che potrà poi essere coordinata dal Comitato di redazione.
Laconi. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Laconi. La proposta fatta dall'onorevole Corbino, almeno per la sua prima parte, cioè per quella parte che riguarda la durata della Camera dei deputati, coincide con la proposta del Comitato di redazione.
Evidentemente la proposta che limita la durata a quattro anni deve avere la precedenza.
Presidente Terracini. Onorevole Laconi, ho infatti detto prima che la votazione sarebbe stata fatta inizialmente sulla formula: «La Camera dei deputati è eletta per quattro anni»; e poi, respinti i quattro anni, «per cinque», appunto per potere tener conto — nel quadro dell'emendamento Corbino — dell'emendamento Scoccimarro.
Faremo, successivamente, le seguenti votazioni: prima la Camera dei deputati con la durata di quattro anni e, eventualmente, dopo con la durata di cinque anni. Poi passeremo alla seconda parte dell'emendamento Corbino. Se fosse respinta, si porrebbe la necessità di votare per il Senato una formula uguale a quella votata per la Camera. Le due formule sarebbero poi coordinate.
Pongo pertanto in votazione questa formulazione:
«La Camera dei deputati è eletta per quattro anni».
(Dopo prova e controprova, non è approvata).
Pongo in votazione la prima parte dell'emendamento Corbino:
«La Camera dei deputati è eletta per cinque anni».
(È approvata).
Dobbiamo ora passare alla seconda parte che si riferisce al Senato. Si tenga presente che, votando la formula, di cui darò lettura, si accetta un Senato che si rinnova parzialmente e periodicamente.
E allora voteremo questa parte dell'emendamento Corbino che dice: «Il Senato viene rinnovato».
Ci fermiamo a questo punto perché vi sono altre proposte per una periodicità riferita ad un numero di anni diverso da quello proposto dall'onorevole Corbino.
Pongo dunque in votazione questa formulazione:
«Il Senato viene rinnovato».
(Non è approvata).
Passiamo dunque alla votazione in ordine al Senato, allo stesso modo con cui abbiamo votato per la Camera. Bisogna stabilire infatti se il Senato, pur rinnovandosi al completo ad ogni scadenza di mandato, debba avere una durata eguale a quella della Camera.
Lucifero. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Lucifero. Io credo che almeno una cosa dovremmo impedire. Ormai siamo ai piccoli problemi, perché quelli grandi li abbiamo risolti. Dovremmo impedire la simultaneità delle elezioni, cioè la confusione infinita che si creerebbe nel Paese per una contemporanea consultazione elettorale, col sistema proporzionale e col collegio uninominale, con l'incrociarsi e il confondersi delle due lotte politiche, per cui la gente, che non passa la vita su questi problemi, sarebbe nell'assoluta impossibilità di esprimere una opinione che significhi qualche cosa. Noi dobbiamo stabilire per il Senato una durata maggiore o minore, ma dobbiamo fare in modo che le elezioni non coincidano, altrimenti fabbricheremmo una Torre di Babele. (Applausi a destra).
Presidente Terracini. Onorevole Lucifero, la prego di fare una proposta concreta.
Lucifero. L'onorevole Nitti ha detto, con una certa mia sorpresa, che in nessun popolo civile le legislature durano cinque o sei anni. In Inghilterra, in verità, durano sei anni e non hanno dato cattiva prova. Eppure credo che l'inglese sia un popolo civile. Io proporrei, quindi, che il Senato abbia la durata di sette anni in maniera che le elezioni per il Senato non si sovrappongano a quelle della Camera e non si finiscano le une per cominciare le altre.
Clerici. Propongo la durata di sei anni.
Lucifero. Mi associo alla proposta dell'onorevole Clerici, ritirando la mia.
Presidente Terracini. Allora vi è la proposta della Commissione che il Senato abbia la stessa durata della Camera e la proposta Clerici, cui ha aderito l'onorevole Corbino, che il Senato duri in carica sei anni.
Camangi. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Camangi. Desidero far notare che, se si vuol dare una diversa durata alle due Camere per evitare la coincidenza delle elezioni, questa coincidenza, sia pure a più lunga scadenza, avverrà. (Commenti).
Presidente Terracini. Pongo in votazione la formula proposta dall'onorevole Clerici, accettata dall'onorevole Lucifero.
«Il Senato della Repubblica è eletto per sei anni».
(È approvata).
Se non vi sono osservazioni, resta stabilito che il Comitato di redazione provvederà a coordinare le due formulazioni approvate, e cioè quella relativa alla Camera e l'altra relativa al Senato.
(Così rimane stabilito).
Passiamo al secondo comma dell'articolo 58:
«I loro poteri sono tuttavia prorogati sino alla riunione delle nuove Camere».
Lo pongo in votazione.
(È approvato).
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Desidero fare un'osservazione più generale: con l'ultima votazione che ha portato — contro il mio pensiero — a sei anni la durata del Senato, si viene ad intaccare il concetto di legislatura, che era comune alle due Camere; e significava che le due Camere venivano elette nello stesso tempo e potevano essere sciolte nello stesso tempo.
Faccio le mie riserve, non solo per questo punto, ma per altri; perché molte disposizioni sistematiche del progetto, basate sul parallelo delle due Camere, vengono meno.
Presidente Terracini. Forse in questo caso la dizione significa che quella delle due Camere che in quel momento dovrebbe essere sciolta non lo sarà.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Questa dello scioglimento sarà materia di un successivo articolo. Intanto è mio dovere far presente che bisognerà, nell'elaborazione finale, rivedere e coordinare possibilmente alcune disposizioni.
Presidente Terracini. Segue il terzo comma:
«La legislatura può essere prorogata con legge solo nel caso di guerra in corso o di imminente pericolo di guerra».
L'onorevole Mortati ha proposto il seguente emendamento sostitutivo:
«La legislatura può essere prorogata con legge nel caso di guerra, o di eventi di uguale gravità, tali da rendere impossibile la convocazione dei comizi».
Nitti. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Nitti. Ritengo che questa disposizione sia anche inutile. La Camera dei deputati eletta il 27 novembre 1913 durò fino al 29 settembre 1919; essa fu prorogata senza che la proroga fosse prevista da una disposizione statutaria. Si tratta del caso di necessità, che non occorre prevedere.
Fabbri. Lo Statuto albertino era flessibile. Ora si sta elaborando una Carta costituzionale a sistema rigido.
Nitti. Comunque, ritengo che questa disposizione sia superflua.
Giannini. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Giannini. Ritengo che, nell'interesse dell'uomo qualunque, bisogna vietare qualsiasi proroga delle Camere, anche in caso di guerra. È chiaro che, se scoppia una guerra, questa guerra scoppia principalmente perché la politica fatta dalle Camere ha portato alla guerra. (Commenti).
Sono molto lieto di vedere colleghi disposti alla ilarità; ma ritengo di non dire una cosa del tutto errata. Una guerra scoppia per tante ragioni, fra cui quella di una cattiva politica, fatta precisamente dalle due Camere, cioè dagli organi legislativi eletti dal popolo. Ed allora si stabilirebbe questa situazione immorale: che, per aver fatto una politica che ha portato alla guerra, il Corpo legislativo si autoprorogherebbe, per continuare a commettere gli errori che hanno portato alla guerra, approfittando dello stesso errore, la guerra.
Si stabilirebbe insomma questa immoralità: che coloro i quali sono, in parte maggiore o minore, colpevoli dello stato di guerra determinatosi avrebbero la facoltà di prolungare i loro poteri per continuare a commettere gli errori che hanno portato alla guerra. Ciò è immorale e debbo dire, per quanto mi riguarda, che voterò contro qualsiasi proroga. (Approvazioni a sinistra).
Lucifero. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Lucifero. Sono dolente di non poter concordare con l'amico Giannini, perché la sua osservazione sarebbe giustissima se si potessero sciogliere tutti i Parlamenti del mondo, perché, com'è evidente, una guerra non è fatta da un Paese solo ma almeno da due Paesi ed oggi da tutti. Molto spesso, anzi, le guerre si subiscono e i Parlamenti non sono colpevoli delle guerre imposte dalle circostanze. Qui si tratta di un problema di vita pratica. In certi Paesi, come abbiamo visto, in piena guerra si sono fatte le elezioni. Vuol dire che si trattava di Paesi che si trovavano nella possibilità di farle. Ma ciò si verifica soltanto raramente. Quindi la possibilità di prorogare le legislature della Camera e del Senato ci deve essere, ma solo in caso di guerra. Non posso quindi accettare l'emendamento Mortati. Se si prevedono altri casi di proroga, se si dà alle Camere la prerogativa di inventare i motivi per prorogarsi, esse tenderanno sempre a prorogarsi, così come si è prorogata questa nostra Assemblea. (Commenti). Dobbiamo avere il coraggio di dirlo. Quindi solo in caso di guerra può essere prorogata la legislatura. «Può», non «deve», sicché la proroga non sarebbe obbligatoria. Io chiederei, signor Presidente, che fossero mantenuti la parola «solo» nel testo iniziale e l'emendamento che l'onorevole Targetti ha conservato all'ultimo comma, emendamento che chiarisce e definisce questo concetto.
Benedettini. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Benedettini. Signor Presidente, riferendomi a quanto ha accennato l'onorevole Giannini, io penso che quel che ha detto l'onorevole Nitti circa l'opportunità di non parlare affatto della possibilità di proroga è giusto, anche perché è stato già approvato un articolo il quale dice che l'Italia rinuncia alla guerra, per cui la guerra in questa Costituzione è completamente messa al bando. (Commenti). Quindi io proporrei di non parlare affatto della proroga.
Sereni. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Sereni. Il Gruppo comunista è contrario a che in caso di guerra siano sospese le garanzie costituzionali. È evidente che, come diceva d'altronde l'onorevole Giannini, esiste una responsabilità del Parlamento e del Governo nel caso che il Paese sia trascinato, sia pure senza sua diretta responsabilità, in una guerra. Possono esservi casi di aggressioni internazionali in cui il Paese sia trascinato anche malgrado una politica giusta fatta dal Governo. Può esservi però l'ipotesi contraria: in questo caso occorre che il popolo non sia privato del diritto di sostituire le Camere e il Governo che lo hanno trascinato in una guerra ingiusta. (Approvazioni a sinistra).
Mortati. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Mortati. Ritiro il mio emendamento, non senza fare osservare che esso era stato suggerito dalla considerazione dell'opportunità della equiparazione di situazioni che, facendo sorgere le medesime esigenze, dovrebbero dare luogo agli stessi provvedimenti.
Osservo ora che se veramente si vuole limitare, come diceva l'onorevole Lucifero, il caso della proroga solo ad eventi che non siano suscettibili di valutazioni discrezionali da parte dell'Assemblea che decide la proroga stessa, bisognerebbe conseguentemente modificare anche il testo del progetto, sopprimendo la frase «o di imminente pericolo di guerra», poiché è evidente che l'accertamento di tale circostanza si presta ad apprezzamenti senza carattere di certezza obiettiva.
Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, passiamo alla votazione. Poiché l'onorevole Mortati ritira il suo emendamento, resta soltanto il testo della Commissione. Ma poiché l'onorevole Mortati ha accennato all'idea che la seconda parte del testo della Commissione abbia un carattere a sé stante e pertanto richieda forse una votazione particolare, se nessuno si oppone, pongo in votazione per divisione il testo della Commissione, e precisamente: «La legislatura può essere prorogata con legge solo nel caso di guerra in corso». Poi, voteremo: «o di imminente pericolo di guerra».
Corbino. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Corbino. Io trovo che, essendosi variati i periodi di durata delle due Camere, la facoltà di proroga dovrebbe essere riferita all'ultimo comma dell'articolo 58, dove si dice: «Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti». Siccome noi avremo sempre una Camera in vita, data la diversa durata di ciascuna delle due, è a questa eventualità che ci si deve riferire per la proroga, non alla legislatura.
Presidente Terracini. Onorevole Corbino, per adesso votiamo sul testo della Commissione, la quale poi coordinerà la norma con quelle precedentemente approvate.
Lucifero. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Lucifero. Nell'osservazione dell'onorevole Corbino c'è un concetto costituzionale molto giusto. Qui si tratta non di prorogare la legislatura ma di far funzionare l'istituto della prorogatio fino al termine dello stato di guerra; cioè la legislatura si scioglie di diritto, ma i 70 giorni si prolungano a tempo indefinito. (Commenti). Sta proprio in ciò la questione. Quindi si dovrebbe, con l'emendamento Targetti, sopprimere il terzo comma e dire semplicemente: «Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti, tranne che sia dichiarato lo stato di guerra». In tal modo le Camere continuerebbero a funzionare per prorogatio fino al termine dello stato di guerra.
Presidente Terracini. L'onorevole Giannini ha presentato il seguente emendamento sostitutivo del terzo comma: «In nessun caso la legislatura può essere prorogata».
Faccio notare, per evitare obiezioni, che non si tratta di un emendamento soppressivo (ed in tal caso non lo metteremmo in votazione). Si tratta di un emendamento che afferma un principio, un divieto, e che pertanto ha la precedenza sul testo della Commissione.
Mortati. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Mortati. Non mi pare che una formulazione del genere di quella proposta dall'onorevole Giannini possa essere accolta. Poiché, come è stato or ora esattamente osservato dall'onorevole Fabbri, la nostra Costituzione è rigida, essendovi una disposizione costituzionale secondo cui le Camere sono elette per 5 anni, basta tacere circa la possibilità di proroga perché questa sia esclusa. Con la formula Giannini si potrebbe perfino ritenere che la prorogabilità della legislatura sia da escludere anche in sede di revisione costituzionale.
Presidente Terracini. L'onorevole Giannini è del parere che occorra porre nel testo costituzionale un divieto esplicito.
Pongo pertanto ai voti l'emendamento Giannini:
«In nessun caso la legislatura può essere prorogata».
(Non è approvato).
Pongo allora in votazione la prima parte del terzo comma nel testo del progetto:
«La legislatura può essere prorogata con legge solo nel caso di guerra in corso».
(È approvata).
Pongo in votazione la seconda parte:
«o di imminente pericolo di guerra».
(Non è approvata).
Passiamo all'ultimo comma.
Bosco Lucarelli. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Bosco Lucarelli. Ritiro il mio emendamento all'ultimo comma.
Presidente Terracini. Pongo ai voti il primo periodo dell'ultimo comma:
«Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti».
(È approvato).
Ricordo che al secondo periodo di questo comma: «Il provvedimento che le indice fissa la prima riunione delle Camere non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni» è stato proposto dall'onorevole Perassi un emendamento inteso a sostituire le parole: «Il provvedimento» con le seguenti: «Il decreto del Presidente della Repubblica».
Lucifero. Chiedo di parlare:
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Lucifero. Non possiamo trascurare il caso previsto nell'emendamento dell'onorevole Targetti, al quale mi sono già richiamato, tendente ad inserire, dopo le parole: «hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti», le altre: «tranne che sia dichiarato lo stato di guerra». L'onorevole Targetti prevede l'ipotesi che lo stato di guerra sopravvenga nelle more tra la fine della legislatura e le elezioni. Quindi io insisterei perché l'emendamento dell'onorevole Targetti fosse mantenuto e messo ai voti, altrimenti avremmo votato la possibilità di proroga prima della fine della legislatura e resterebbe in sospeso l'altra eventualità.
Presidente Terracini. Onorevole Targetti, conserva il suo emendamento?
Targetti. Lo conservo.
Mortati. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Mortati. Vorrei pregare l'onorevole Targetti di spiegarci il significato di questo suo emendamento, perché non appare chiaro. Noi abbiamo stabilito che in caso di guerra dichiarata può aver luogo, con legge, la proroga della legislatura. Ora, i casi sono due: o questa proroga è già stata stabilita ed allora non c'è bisogno, naturalmente, di aggiungere l'inciso proposto dall'onorevole Targetti, perché si intuisce che nel caso di proroga non si procede alle nuove elezioni. Se poi la proroga non ci fosse, allora non si intende come si possano sospendere le elezioni già indette. Vorrei quindi pregare l'onorevole Targetti di spiegare la ragione del suo emendamento e la possibilità che vi è di inserirlo nell'insieme delle disposizioni relative alla proroga in caso di guerra.
Targetti. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Targetti. L'emendamento mi sembra molto chiaro e di una portata molto limitata: si riferisce ad un caso che sarà rarissimo, eccezionale, ma che può verificarsi: che cioè lo stato di guerra sia dichiarato dopo che la legislatura ha finito il suo compito e prima che sia stata eletta la nuova Camera. Non c'è stato modo di prorogare la legislatura perché lo stato di guerra ancora non si era verificato; si è verificato in quell'intervallo, ed allora non vale più la regola del termine fisso determinato per le nuove elezioni.
Bozzi. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Bozzi. L'ipotesi che ha prospettato l'onorevole Targetti in realtà si può verificare. Ma già nel testo che abbiamo approvato c'è la possibilità costituzionale di porvi rimedio. Ed è il secondo comma, in base al quale le Camere prorogano i loro poteri sino alla riunione delle nuove. Ora, se interviene l'evento al quale faceva riferimento l'onorevole Targetti, le Camere si riconvocheranno di diritto e potranno prorogare la loro durata.
Lucifero. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Lucifero. C'è un errore, perché le Camere si possono prorogare, possono cioè prendere il provvedimento legislativo di prorogarsi finché non sono state sciolte. Ma quando funzionano per prorogatio, cioè sono già sciolte, questo provvedimento di legge non lo possono più prendere. Ecco perché devono essere autorizzate, secondo quanto stabilisce l'emendamento dell'onorevole Targetti.
Presidente Terracini. Invito l'onorevole Ruini ad esprimere il parere della Commissione.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ho dichiarato che il caso sollevato dall'onorevole Targetti è eccezionalissimo e potrà, se l'Assemblea vuole, prevedersi nel testo. Occorrerà in ogni modo precisare, in relazione al punto prospettato dall'onorevole Lucifero di una proroga votata da una Camera già sciolta. Questa revisione potrà farsi nel coordinamento finale.
Presidente Terracini. Pongo in votazione l'emendamento dell'onorevole Targetti, che propone di aggiungere alla fine del primo periodo del quarto comma già approvato le seguenti parole:
«tranne che sia dichiarato lo stato di guerra».
(È approvato).
Pongo in votazione il secondo periodo dell'ultimo comma con l'emendamento proposto dall'onorevole Perassi e accettato dalla Commissione:
«Il decreto del Presidente della Repubblica che le indice fissa la prima riunione delle Camere non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni».
(È approvato).
Abbiamo così esaurito l'articolo 58. Ne do lettura nel testo approvato, salvo il coordinamento:
«La Camera dei Deputati è eletta per cinque anni; il Senato della Repubblica è eletto per sei anni.
«I loro poteri sono tuttavia prorogati fino alla riunione delle nuove Camere.
«La legislatura può essere prorogata con legge solo nel caso di guerra in corso.
«Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti, tranne che sia dichiarato lo stato di guerra. Il decreto del Presidente della Repubblica che le indice fissa la prima riunione delle Camere non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni».
A cura di Fabrizio Calzaretti