[Il 1 ottobre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della seduta.]
Bozzi comunica che la riunione dei presentatori di ordini del giorno ha portato, più che a risultati positivi, a identificare i punti controversi che possono essere così riepilogati:
1°) se il corpo elettorale per la seconda Camera debba essere indistinto, oppure se ci debbano essere corpi elettorali professionali. A questo proposito ha notato che, mentre nella precedente riunione egli era quasi l'unico ad aderire all'idea de corpo elettorale indifferenziato, l'onorevole Mortati ha annunciato una seconda edizione del suo ordine del giorno, nella quale aderisce a questo punto di vista. All'idea del corpo elettorale professionale aderiscono invece gli onorevoli Ambrosini e Tosato;
2°) se le elezioni debbano essere dirette o indirette. Per queste ultime erano gli onorevoli Ambrosini, Tosato, Perassi e Conti; le dirette raccoglievano invece l'adesione sua e dell'onorevole Mortati;
[...]
Grieco, non avendo preso parte alle precedenti riunioni, ha esaminato con attenzione gli ordini del giorno presentati, ravvisando in ciascuno di essi qualche idea accettabile. Considera innanzi tutto da accogliere il principio che il corpo elettorale della seconda Camera sia indistinto e che le elezioni siano dirette. È d'avviso però che siano almeno da indicare alcuni dei requisiti per l'eleggibilità. Uno di questi è senza dubbio quello dell'età, ma ve ne potrebbero essere degli altri, come, per esempio, l'essere stato Consigliere comunale, deputato, sindaco, ecc. In questa maniera si andrebbe incontro alle preoccupazioni per la scelta degli eleggibili, senza dover accedere al criterio delle categorie di interessi, contro il quale egli si è già pronunciato.
[...]
Conclude presentando il seguente ordine del giorno:
«La seconda Sottocommissione decide:
1°) i deputati della seconda Camera sono eletti a suffragio universale, diretto, uguale e segreto;
2°) sono eleggibili a membri della seconda Camera tutti i cittadini che abbiano compiuto il 30° anno di età e che rispondano alle condizioni di eleggibilità indicate dalla legge elettorale;
3°) la votazione ha luogo su base regionale e con lo stesso sistema della prima Camera. I deputati sono eletti in ragione di uno ogni 150.000 abitanti».
Laconi si associa all'ordine del giorno Grieco e ritira il suo.
Il Presidente Terracini, dato il numero degli ordini del giorno, propone di non esaminarli uno per uno, ma di discutere innanzi tutto le tre questioni controverse — ormai specificate — per cercare di risolverle. In relazione alle decisioni che saranno adottate, potrà essere scartata una parte degli ordini del giorno.
Apre pertanto la discussione sul primo argomento: se il corpo elettorale debba essere indistinto, ovvero se vi debbano essere corpi elettorali professionali, nel senso che il corpo elettorale venga suddiviso in un certo numero di sottocollegi, ciascuno dei quali nomini un dato numero di membri della seconda Camera.
Fuschini, premesso che presupposto indispensabile per procedere alle elezioni è una base elettorale, esprime il timore che, se si adottasse una base differenziata, la nomina dei componenti la seconda Camera dovrebbe essere rimandata ancora per lungo tempo, a meno di ricorrere ad una disposizione transitoria per la prima elezione. Il principio della rappresentanza delle categorie professionali e degli interessi è stato dal suo gruppo sempre difeso; ma non si è mai esaminata a fondo la sua pratica realizzazione, la quale presuppone che gli interessi siano giuridicamente organizzati. Gli sembra di aver letto in una relazione dell'onorevole Di Vittorio che le organizzazioni sindacali, se in possesso di determinati requisiti, avrebbero potuto essere riconosciute ed avere la facoltà di stipulare contratti collettivi di lavoro aventi valore giuridico, com'era previsto dalla legge 4 aprile 1926. Comunque, è convinto che, prima di arrivare ad una completa organizzazione sindacale, ci vorrà molto tempo. Per questi motivi, allo stato attuale dei fatti, pur accettando dal punto di vista teorico il principio della differenziazione del corpo elettorale, preferisce farvi rinuncia. Conclude caldeggiando per la seconda Camera una base elettorale eguale a quella della prima, posto che è stato accettato il principio della parità tra i due organi legislativi.
Mortati, Relatore, per quanto abbia presentato un ordine del giorno in contrasto con l'avviso espresso dall'onorevole Fuschini, non può negare che le sue considerazioni siano improntate ad un senso di realismo. Riconosce che in effetti un'organizzazione di queste categorie professionali e sindacali oggi ancora non esiste e prima che possa essere giuridicamente completa, molto tempo dovrà trascorrere. Per questi motivi ritiene opportuno recedere dalla sua primitiva proposta di un collegio duplice, accedendo al concetto di un collegio unico anche per la seconda Camera. Compie questo avvicinamento alle opposte tendenze nella speranza di accelerare un accordo. Un ulteriore passo avanti pensa che potrebbe essere compiuto nel senso di riconoscere che l'esigenza funzionale della seconda Camera meglio sarebbe realizzata, non solo ammettendo una selezione degli eleggibili, ma anche determinando le quote per ciascun gruppo di essi. Tale principio è stato difeso da uno studioso socialista, il Luzzatto, il quale nel mettere in luce questa esigenza funzionale del Senato, notava che sarebbe stato opportuno giungere fino alla graduazione delle categorie ed alla attribuzione di quote per ognuna di esse. Se la Sottocommissione si mettesse su questa via, crede che si potrebbe giungere ad una rapida intesa.
Bozzi si compiace delle dichiarazioni dell'onorevole Mortati, perché fino al giorno avanti era quasi solo a sostenere la necessità di un collegio elettorale indistinto, che ora vede riconosciuta dai più.
Ritiene che il principio della rappresentanza delle attività produttive non andrebbe abbandonato, ma trasferito dal piano del corpo elettorale a quello delle categorie degli eleggibili, fissando altresì il numero di seggi spettanti a ciascuna di esse. In altri termini, si dovrebbe rinunciare al corpo elettorale plurimo, e identificare le categorie di eleggibili tra i rappresentanti non di determinate categorie, ma di attività sociali; svincolandosi così da ogni collegamento con enti, sindacati o qualsiasi altra istituzione. Resterebbe poi da risolvere la questione se la ripartizione dei seggi debba essere fatta dalla Costituzione o con legge speciale, ovvero dalle stesse Assemblee regionali periodicamente.
Nobile fa presente che non ha aderito all'ordine del giorno che ha l'onorevole Laconi come primo firmatario, essendo contrario alla elezione dei senatori da parte dei Consigli comunali. Dal momento che è stata accettata la parità di funzioni delle due Camere, ritiene anche necessaria una parità del corpo elettorale.
Laconi tiene a far notare all'onorevole Mortati che, d'accordo coi colleghi, si è già messo sulla strada di un avvicinamento, avendo acceduto all'ordine del giorno dell'onorevole Grieco che sostiene le elezioni a suffragio universale, diretto e segreto. In tal modo egli e i suoi colleghi hanno inteso appunto avvicinarsi alla tesi dell'onorevole Mortati, nel senso di stabilire una differenziazione non nel corpo elettorale, ma negli eleggibili.
Un accordo invece sarà più difficile sulla determinazione delle categorie di eleggibili e sul numero dei seggi da assegnare a ciascuna. In tale campo non vi sono precedenti ed anche nel vecchio Senato, pur essendo gli eleggibili suddivisi in categorie, non erano stabilite delle proporzioni fisse. Il determinare quote proporzionali per ognuna delle categorie gli sembra un voler fissare dei limiti artificiali alla sovrana volontà popolare, che può essere incanalata verso determinati gruppi di interessi, ma non può essere costretta entro i limiti delle quote prefissate. Le difficoltà poi sono anche maggiori dal punto di vista pratico, perché da regione a regione la situazione cambia sensibilmente.
Esprime perciò l'avviso che sia meglio lasciare che la proporzione tra le diverse categorie si determini naturalmente nelle diverse regioni, in quanto gli elettori si orienteranno verso quelle categorie che meglio appariranno qualificate per difendere i loro interessi. Non c'è migliore giudice dello stesso elettore.
Patricolo rileva che gli onorevoli Laconi e Mortati hanno evitato di pronunciare la parola «compromesso», ma in realtà si va incontro al peggiore dei compromessi, ad un compromesso dettato esclusivamente da ragioni politiche su una questione che riguarda l'ordinamento giuridico dello Stato.
Quale appartenente ad un gruppo di minoranza, non può far prevalere il suo punto di vista, ma tiene ad affermare che, così facendo, si costituirà una seconda Camera che non solo non risponderà alle esigenze del Paese, ma nella quale neppure si vedranno rappresentate quelle «forze vive» di cui parla l'ordine del giorno più volte ricordato. Col sistema che sembra incontrare il favore della maggioranza si eleggeranno uomini che non rappresenteranno nulla, ma saranno solo dei competenti: tanto varrebbe limitarsi a dire che saranno eletti uomini competenti in determinate branche dell'attività economica, sociale o professionale. Voterà quindi contro l'approvazione di un criterio che non risponde alle esigenze espresse in un ordine del giorno già approvato.
Uberti non crede che una disposizione transitoria, di cui ha parlato l'onorevole Fuschini, come resa necessaria dal fatto che non sarebbe possibile creare subito una organizzazione giuridica delle categorie, costituirebbe un inconveniente grave. Ritiene infatti che non sia cosa assurda stabilire il principio, salvo poi a trovare una soluzione provvisoria per la prima nomina dei componenti della seconda Camera. Ricorda che in numerose altre occasioni si è proceduto in via transitoria, utilizzando organismi già esistenti.
Ha l'impressione tuttavia che, votando a favore di un collegio unico indifferenziato, si precluda la possibilità di sostenere in seguito la nomina attraverso alle Assemblee regionali, sminuendo così il valore dell'ente regione e privandolo della possibilità di far udire la sua voce attraverso alla seconda Camera. Insiste sull'opportunità di non rinunciare alla rappresentanza degli interessi locali — alla quale finora si è dato tanto peso — di fronte alla difficoltà di individuare le categorie professionali.
Aggiunge che, se si accettasse il criterio del suffragio universale, si farebbe un doppione della prima Camera, mentre sarebbe desiderabile un apporto di forze nuove.
[...]
Conti, Relatore, si richiama ad una considerazione di carattere fondamentale fatta dall'onorevole Lussu, secondo la quale l'elezione da parte delle Assemblee regionali di elementi che si vanno ad inserire nella vita dello Stato significa il collegamento fra le parti e il tutto, e rappresenta quindi una affermazione dell'unità nazionale a cui gli autonomisti aspirano.
Da questa premessa scaturisce la sua contrarietà ad una elezione a suffragio universale diretto. Riconosce che questo ha una sua funzione particolare, ma sostiene che non è necessario farvi sempre ricorso, perché, se si partisse da questo punto di vista, sarebbe da condannare anche l'elezione del Capo dello Stato fatta dall'Assemblea Nazionale, cioè in forma indiretta.
Considerata la funzione di integrazione e di perfezionamento della tecnica legislativa, affidata alla seconda Camera, afferma che non si può prescindere per la formazione di questa da una elezione di secondo grado.
Il Presidente Terracini invita i commissari a non allargare il campo della discussione che per il momento dovrebbe mantenersi sul corpo elettorale differenziato o indifferenziato, nell'interno della regione. Si tratta cioè di stabilire se i rappresentanti di regione ripeteranno il loro mandato da tutta la regione o soltanto da determinati gruppi interni della regione.
Ricorda che l'onorevole Mortati, nel suo ordine del giorno, proponeva che una metà della seconda Camera fosse eletta in modo indifferenziato e l'altra metà per gruppi di interessi. Sennonché lo stesso onorevole Mortati ha poc'anzi esposto le ragioni per cui ha creduto di modificare questa sua prima impostazione — rinunciando al corpo elettorale professionale — al fine di facilitare l'incontro con altre posizioni manifestatesi in seno alla Sottocommissione.
Uberti domanda se l'onorevole Mortati abbia rinunciato alla sua proposta soltanto in relazione alla prima elezione della seconda Camera, per le difficoltà di immediata attuazione, o anche per le ulteriori.
Il Presidente Terracini risponde che l'onorevole Mortati ha assunto questo atteggiamento in sede costituzionale, non per una norma transitoria.
Einaudi dichiara di essere disposto a votare per il collegio indifferenziato, purché resti inteso che un tale voto non pregiudica la questione del suffragio diretto o indiretto. Fa tale atto di adesione anche perché in precedenza ha votato in favore dell'espressione «forze vive», intendendo con ciò di votare contro la rappresentanza di categorie economiche, le quali per conto suo vanno considerate non come forze vive, ma come forze morte.
Ricorda che la distinzione essenziale tra le corporazioni del periodo fascista e le vere corporazioni, era questa: che le corporazioni fasciste erano una brutta copia delle corporazioni del 1600 e del 1700, mentre invece le vere corporazioni erano quelle del 1200 e del 1300. Le vere corporazioni non erano legiferate e non era specificato chi apparteneva ad una categoria o ad un'altra; esse erano vive, appunto perché ciò non era detto e si aveva larga possibilità di passare dall'una all'altra. Quando poi nel 1600-1700 si è cominciato a disciplinarle, sono morte e con esse è morta anche l'economia del Paese.
Ambrosini, senza entrare in dettagli storici o di principio, rileva che le espressioni: attività professionali, gruppi di produzione, attività lavorative, ecc., comunque si configurino, corrispondono alla realtà e non possono mai essere riguardate come riferentisi a cose morte, perché la legge non può far morire quello che esiste.
Tornando all'argomento in discussione, dichiara di mantenere il suo punto di vista — che ha concretato in un ordine del giorno — favorevole alla doppia rappresentanza.
Circa le difficoltà di indole pratica prospettate riguardo alla formazione del primo Senato, osserva che potrebbero essere superate agevolmente con una norma transitoria, alla quale del resto in nessun caso si potrà fare a meno di ricorrere, finché l'ente regione non sarà costituito. Ma ritiene che il principio dovrebbe essere ammesso, dando ad esso il dovuto rilievo e non trasportandolo sul piano dei requisiti di eleggibilità, perché in tal modo si svuoterebbe di contenuto. Occorrerebbe dare alle categorie la possibilità di eleggere direttamente i propri rappresentanti; solo così la loro voce avrebbe un peso e sarebbe espressione responsabile della categoria interessata.
La Rocca si dichiara contrario alla rappresentanza di categorie di interessi, in quanto presuppone una elencazione tassativa che costituirebbe un intralcio alle loro possibilità di sviluppo. Aggiunge che si correrebbe il pericolo di escludere proprio quelle «forze vive» che si vogliono immettere nella seconda Camera.
A suo parere, la rappresentanza diretta a base indifferenziata conferirebbe alla seconda Camera una maggiore autorità e un maggiore prestigio, dando modo a tutte le forze che vivono nella regione di esprimersi.
Inoltre gli interessati saprebbero volta per volta individuare coloro che danno affidamento di saper meglio difendere i loro diritti e le loro ragioni.
Lussu rileva che il problema, da qualche giorno in esame, è di tale importanza da indurre a procedere con la massima cautela, senza lasciarsi influenzare dalla esigenza di giungere presto ad una conclusione. Suffraga il suo avviso l'esempio della Francia, ove proprio questo spinoso argomento ha fatto respingere il primo progetto di Costituzione, frutto del lavoro di parecchi mesi, e gli stessi pericoli si profilano per il secondo, in seguito alla posizione assunta da alcuni eminenti uomini politici.
Venendo a parlare del nuovo atteggiamento assunto dall'onorevole Mortati, si compiace del suo avvicinamento al punto di vista che personalmente ha difeso e dell'abbandono di alcune sue posizioni.
Non ritiene ammissibile che nella seconda Camera possano essere rappresentate in egual misura le organizzazioni dei datori di lavoro e quelle dei lavoratori; il che sarebbe come dire che coloro che hanno un censo maggiore avrebbero diritto ad un maggiore numero di rappresentanti, dato che in Italia, su 18 milioni di cittadini in età da lavorare oltre 15 milioni sono lavoratori e il rimanente datori di lavoro. Dovrebbe invece seguirsi un criterio di proporzionalità, stabilendo una maggioranza e una minoranza.
È favorevole infine all'idea di conciliare le diverse tendenze manifestatesi durante la discussione, trasferendo il problema della rappresentanza sul terreno dei requisiti di eleggibilità. Tali requisiti potrebbero essere costituiti dall'età, dai titoli di studio, dall'aver diretto Camere di lavoro o organizzazioni sindacali, dall'essere stati deputati al Parlamento, dall'essere stati membri dell'Assemblea regionale, ecc.
Perassi, premesso che condivide l'opinione dell'onorevole Lussu sull'avvedutezza cui bisogna ispirarsi nella discussione in corso, sostiene la necessità di chiarire in maniera inequivocabile che la votazione sul corpo elettorale indifferenziato o professionale lascia impregiudicata qualsiasi decisione in merito al suffragio diretto o indiretto. Dovrebbe altresì restare impregiudicato l'esame dei criteri con i quali gli organi procederanno alle elezioni.
Con queste riserve può aderire al concetto di un organo collegiale indistinto.
Piccioni esprime l'avviso che nella discussione — la cui vitale importanza è stata messa in evidenza — non si sia raggiunto un punto di coagulazione tale da poter stabilire un orientamento per la Sottocommissione. Trova che non vi sarebbe nulla di perduto ad impiegare ancora una o due sedute ad approfondire maggiormente il problema per chiarire gli eventuali equivoci ed evitare strascichi spiacevoli.
Entrando nel merito, rileva che i vari aspetti del problema sono intimamente connessi ed è impossibile esaminarli separatamente.
Quanto al collegio indifferenziato, osserva che per il momento la sua attuazione concreta appare legata al suffragio diretto, né vede come potrebbe ad esso contrapporsi un suffragio indiretto, quando la Sottocommissione non ha ancora deliberata la composizione dell'Assemblea regionale. D'altra parte, c'è una deliberazione per la quale la seconda Camera dovrebbe essere espressione prevalente delle «forze vive», cioè degli interessi regionali. Ora, se in qualche modo le regioni debbono entrare nella composizione della seconda Camera, si deve preliminarmente sapere che cosa rappresentino, quali poteri abbiano, e come siano composte le Assemblee regionali. Solo quando questi problemi fossero definiti, si potrebbe intravedere concretamente la possibilità di avere un Collegio indifferenziato con suffragio indiretto.
Propone pertanto di sospendere ogni votazione sulla base elettorale, ed affrontare immediatamente l'esame della costituzione dell'ente regione.
Lussu manifesta la sua contrarietà ad una sospensiva dei lavori rilevando che, per quanto si abbiano ancora idee imprecise sull'autonomia degli enti locali, è evidente che la regione avrà quanto meno un consiglio regionale corrispondente, grosso modo, al consiglio provinciale.
Zuccarini condivide l'opinione dell'onorevole Piccioni. A suo parere il comitato incaricato della redazione del progetto sulle autonomie regionali dovrebbe affrettare le sue conclusioni, in modo che la Sottocommissione possa risolvere il problema delle autonomie, prima di affrontare quello della composizione della seconda Camera.
Quanto alla rappresentanza di interessi, ritiene che la discussione sia stata utilissima, ma la sua sede più opportuna sarebbe stata quella della composizione della prima Camera, poiché gli interessi, in quanto tali, possono utilmente influire sulla elaborazione della legge, più che sul suo perfezionamento.
Se si volesse veramente dare una rappresentanza alle «forze vive», la questione potrebbe esser posta come base della formazione della prima e non della seconda Camera che dovrebbe essere l'espressione delle regioni. In via subordinata insisterebbe per il rinvio dell'attuale discussione a quando fosse meglio delineata la struttura dell'organizzazione statale.
Tosato si associa. Concorda nel ritenere che la discussione non ha ancora raggiunto un punto di maturità che possa avvicinare ad una soluzione, la quale è resa difficile dalle molte incognite e soprattutto da quella relativa all'ordinamento regionale. Allo stato attuale delle cose una votazione non potrebbe avere che un significato negativo, nel senso di escludere la possibilità di elezione da parte di collegi speciali a carattere professionale. Non potrebbe escludere però la possibilità di richiedere determinati requisiti di eleggibilità. È evidente in tal caso che il problema della rappresentanza di interessi sarebbe trasferito da un campo ad un altro, ma la situazione resterebbe immutata, perché i requisiti di eleggibilità importerebbero un riconoscimento, sia pure indiretto, di diverse categorie. Aderisce quindi alla proposta Piccioni.
Uberti osserva che potrebbe essere utile, agli effetti di una semplificazione del lavoro, affrontare la discussione sull'ente regione direttamente in sede di Sottocommissione.
Castiglia riconosce che ci si trova in un vicolo cieco, e che spingere ulteriormente la discussione approderebbe a ben poco dal punto di vista pratico. L'unica via di uscita crede sia quella suggerita dall'onorevole Piccioni, accogliendo anche la proposta dell'onorevole Uberti di sottoporre direttamente alla Sottocommissione le varie proposte articolate sull'autonomia regionale.
Lussu prega i colleghi di considerare seriamente se il sistema proposto non intralci i lavori della Sottocommissione. A suo avviso, data la complessità ed il numero delle relazioni presentate sull'autonomia regionale, la Sottocommissione si troverebbe in serio imbarazzo. Sostiene perciò l'opportunità di continuare la discussione in corso, tenendo per acquisita l'esistenza di un ente regione, magari con poteri minimi, e quanto meno di un consiglio regionale, salvo poi a rivedere le eventuali conclusioni alla luce delle decisioni che saranno state prese in materia di autonomie locali.
Einaudi ritiene che, dopo la discussione sulle regioni, la Sottocommissione si ritroverebbe al punto di partenza, per quel che riguarda la composizione della seconda Camera.
Laconi è dello stesso parere, mentre pensa che si può giungere ad una decisione sul collegio elettorale. Nessuno pone in dubbio la futura esistenza dell'ente regione e dei consigli regionali e comunali: non ha quindi ragion d'essere l'obiezione dell'onorevole Piccioni che, abbandonando il sistema di un corpo elettorale differenziato, non vi sia altra soluzione che quella di un suffragio diretto, in quanto che non si esclude affatto l'ipotesi di elezioni attraverso le assemblee o i consigli regionali, ovvero attraverso ad un sistema misto.
Il Presidente Terracini rileva che, mentre da un lato con la proposta di rinvio non si raggiungerebbe lo scopo di smussare certe asperità e di avvicinare i contrastanti punti di vista, dall'altro lato, essendosi impadronita della questione anche la stampa, un rinvio sarebbe interpretato da tutti come una mancanza d'accordo che impedisca di giungere a risultati concreti.
Aggiunge che la soluzione della questione regionale, per quanto urgente, è indipendente da quella in discussione, e non sgombrerà il terreno dai punti controversi. Pertanto un rinvio ritarderebbe ulteriormente la fine dei lavori, per i quali l'Assemblea plenaria ha fissato il termine del 20 ottobre. Del resto, anche l'esame delle autonomie regionali, seppure fosse affrontato risolutamente, non potrebbe sfociare in una conclusione entro un breve periodo di tempo. Tanto meno poi pensa che si possa aderire all'idea di discutere in sede di Sottocommissione, perché il Comitato di redazione fu nominato appunto in vista delle difficoltà di articolare un progetto.
Neppure vede come si potrebbe aderire alla proposta Piccioni di votare nel suo insieme tutto il problema della formazione della seconda Camera perché, a parte il fatto che si accentuerebbero le differenze di opinioni, verrebbero sicuramente richieste delle votazioni per divisione.
Quanto alla immaturità della questione, nota che essa non è stata avvertita dai presentatori di ordini del giorno che si sono riuniti per tentare un possibile avvicinamento, ché anzi essi hanno posto in rilievo quelli che potevano essere i punti di disaccordo, sui quali era necessario venire ad una votazione.
Piccioni non vede come le ragioni addotte possano consigliare di proseguire nella discussione mantenendo in disparte il problema regionale. Considerare come base per la discussione l'esistenza dei consigli regionali e comunali gli sembra che sia un modo superficiale di esaminare il problema, perché evidentemente il modo come la regione sarà funzionante ha il suo rilievo e senza dubbio può influire direttamente sul problema in esame. Per esempio, troverebbe illogico attribuire ad un consiglio regionale formato di 50 o 60 membri la facoltà di nominare 15 o 20 senatori.
La funzionalità e la competenza dell'ente regionale hanno dunque un peso decisivo, anche in ordine al potere che può essere affidato alle Assemblee regionali circa la nomina dei membri della seconda Camera.
Non crede poi che ci si debba preoccupare della cattiva impressione che potrebbe derivare da un eventuale rinvio, perché la Sottocommissione deve avere soprattutto di mira lo scopo di giungere a conclusioni che possano raccogliere un largo suffragio fra i cittadini.
Per quanto riguarda i punti controversi, avverte che essi non si differenziano gran che da quelli che nell'ultima seduta furono già lumeggiati dallo stesso Presidente. Ma ciò che è più sostanziale è di esaminarli tutti insieme, per votare poi su di uno schema che affronti la questione nella sua integrità. Se invece si dovesse votare su un solo aspetto del problema, con tutte le riserve che giustamente sono state avanzate dall'onorevole Perassi — ed alle quali aderisce — si finirebbe per non votare nulla di conclusivo, e le questioni che si fossero evitate in una prima votazione, risorgerebbero sotto altri aspetti nella successiva.
Conclude esprimendo l'avviso che il problema si debba affrontare più coraggiosamente, cercando una soluzione che sia di soddisfazione almeno per la maggioranza della Sottocommissione e proponendo, sia di esaminare i tre punti controversi nel loro complesso, sia di pregare il Comitato di redazione di intensificare il lavoro relativo all'autonomia regionale, fissando altresì il giorno in cui le conclusioni dovranno essere sottoposte alla Sottocommissione.
Il Presidente Terracini ripete che se si riunissero i tre punti in un'unica norma, si finirebbe per votare per divisione.
Piccioni fa presente che, per esempio, egli non potrebbe votare per il collegio indifferenziato, se prima non vedesse salvaguardato il principio della rappresentanza delle «forze vive» della Nazione, che è stato consacrato in un preciso ordine del giorno.
Lussu è contrario al rinvio, che in nessun caso darebbe dei risultati pratici; preferisce valersi del lavoro proficuo dei presentatori di ordini del giorno, per condurre a termine l'esame della questione, ora che il punctum dolens è stato individuato.
Il Presidente Terracini non ha niente in contrario alla ripresa della discussione generale, se la Sottocommissione avverte il bisogno di ulteriori chiarificazioni.
Fabbri, premesso che tutti i Commissari sembrano d'accordo sul criterio di determinare dei requisiti di idoneità (salvo poi ad avere opinioni discordi sulla loro specificazione), crede che una via di uscita potrebbe trovarsi appunto in una elencazione precisa di detti titoli. In tal modo si avrebbe già un orientamento e la sicurezza che i rappresentanti — chiunque li elegga — sarebbero in possesso della necessaria preparazione ed esperienza di vita vissuta. Né si pregiudicherebbe l'indirizzo politico, stabilendo aprioristicamente chi sarebbe qualificato ad entrare a far parte della seconda Camera.
Quanto alla distribuzione dei seggi tra le varie categorie, ha già detto che dovrebbe essere affidata agli organi regionali, ai quali però sarebbe forse opportuno dare delle direttive per facilitare il compito. Pensa che la Sottocommissione, seguendo questa linea di condotta, potrebbe evitare di sospendere i lavori.
Il Presidente Terracini rileva che l'onorevole Fabbri è andato al cuore della questione, perché i requisiti di eleggibilità sono stati presi in considerazione come un succedaneo della suddivisione per categorie del corpo elettorale. È infatti da supporre che, se si decidesse in senso favorevole ad un corpo elettorale differenziato, non sarebbe più necessario prescrivere determinate condizioni di eleggibilità. Si potrebbe, ad esempio, prescindere dal limite di età, in quanto potrebbe esserci un ottimo conduttore di azienda agricola di ventitre anni, che, avendo cominciato a lavorare a tredici anni, avrebbe un'esperienza di dieci anni di attività e potrebbe benissimo rappresentare la categoria.
Fabbri mette in evidenza che ciò non sarebbe mai possibile, ove si stabilisse, per esempio, che il candidato alla nomina debba essere investito di funzioni direttive da almeno dieci anni ed avere un minimo di 40 anni. Ritiene che, se si potesse eliminare la preoccupazione di carattere politico, che è dominante, si farebbe un passo avanti ed aggiunge di essere andato deliberatamente al cuore della questione nel tentativo di facilitare una via conciliativa.
Non dubita che in tutti sia il desiderio di vedere la seconda Camera composta di uomini esperti, riflessivi, capaci di portare un contributo di esperienza e di consapevolezza nella veste di rappresentanti delle attività lavorative. Ove accedesse alla sua idea di convergere tutta l'attenzione sui titoli individuali indispensabili per la candidatura, la Sottocommissione potrebbe, eliminate le perplessità che avevano dato luogo ad una proposta di rinvio, pronunciarsi su dati di fatto più concreti.
Piccioni aderisce alla proposta Fabbri che consente di avere un quadro più completo del futuro organismo. Prima di votare sul collegio differenziato o indifferenziato, si potrebbero considerare gli altri aspetti del problema e, una volta chiarite le idee, se non sarà possibile un accordo su uno schema complessivo, si potrà votare per divisione.
Laconi fa osservare che il punto dolente non è costituito dai requisiti per l'eleggibilità, ma dalla ripartizione dei seggi tra le varie categorie.
Il Presidente Terracini dichiara di non avere nulla in contrario a riaprire la discussione generale, pur sottolineando che nessuno dei punti controversi è stato trascurato nelle discussioni precedenti.
Nobile concorda con l'onorevole Fabbri. Stima infatti miglior partito quello di stabilire prima chi debbano essere gli eletti. Se — per fare un esempio macroscopico — la seconda Camera dovesse essere composta esclusivamente da ingegneri, naturalmente questi dovrebbero essere eletti da un corpo di ingegneri e non da medici od avvocati.
Piccioni non insiste sulla sua proposta di sospensiva, se si concorda su questo metodo di lavoro. Insiste, tuttavia sull'esigenza di accelerare le conclusioni sulle autonomie regionali.
Ambrosini, nella sua qualità di presidente del Comitato, assicura che prenderà accordi con gli altri componenti per imprimere un ritmo ancora più intenso ai lavori.
A cura di Fabrizio Calzaretti