[Il 28 settembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della seduta.]
Il Presidente Terracini comunica che l'onorevole Ambrosini propone la seguente articolazione:
«Art. 1. — I seggi della seconda Camera sono attribuiti fra le regioni in ragione della loro proporzione con un minimo di numero ... senatori per regione.
«Art. 2. — L'elezione dei senatori è fatta per due terzi sulla base della rappresentanza territoriale e per un terzo delle attività produttive.
«Art. 3. — I due terzi dei senatori attribuiti alle regioni sono eletti da un collegio elettorale regionale composto:
a) dai membri dell'Assemblea regionale;
b) dai membri dei Consigli elettivi degli altri enti locali territoriali.
«Art. 4. — Un terzo dei senatori assegnati alle regioni è eletto da Collegi speciali delle varie attività produttive secondo la ripartizione che verrà stabilita da una legge speciale».
Gli onorevoli Laconi, Farini, Ravagnan e La Rocca hanno presentato il seguente ordine del giorno:
«La seconda Sottocommissione, in ordine al modo di costituzione della seconda Camera, decide: 1°) il numero dei rappresentanti di ogni regione nella seconda Camera è proporzionale alla sua popolazione; 2°) i deputati della seconda Camera sono eletti a suffragio diretto e segreto dai componenti i Consigli comunali di ciascuna regione; 3°) sono eleggibili, a membri della seconda Camera, tutti i cittadini che abbiano compiuto il trentesimo anno di età e concorrano attivamente alla vita economica, sociale e culturale della regione».
Un'altra articolazione ha proposto l'onorevole Fuschini:
«Art. 1. — (Eguale all'articolo presentato dall'onorevole Ambrosini).
«Art. 2. — Il Senato è composto di 300 membri, nominati dai Collegi elettorali conformemente alla legge elettorale, aventi l'età di 40 anni compiuti e appartenenti ad una delle categorie seguenti: 1°) i membri delle Assemblee regionali e deputati provinciali, i sindaci dei comuni dopo 4 anni di funzione; 2°) i professori di Università o di Istituti superiori; i professori di scuole medie pubbliche e private, e i direttori didattici dopo 10 anni di funzioni; 3°) i funzionari dello Stato dal 1° al 6° grado compreso dopo 3 anni di funzioni; 4°) i Presidenti e i membri dei Consigli direttivi delle Camere di commercio, industria e agricoltura dopo ... anni di funzioni; 5°) i membri dei Consigli direttivi dei Consorzi agrari dopo ... anni di attività; 6°) i membri dei Consigli direttivi delle Federazioni e dei Sindacati di categoria registrati secondo la legge dopo ... anni di funzioni; 7°) i membri dei Consigli direttivi dei Collegi o albi professionali dopo ... anni di funzioni.
«Art. 3. — Si può essere candidati nella regione ove si è nati e nella regione nella quale si ha il domicilio.
«Art. 4. — Le elezioni dei senatori avverrà col sistema del suffragio universale diretto, segreto e per regioni in base ad apposita legge elettorale».
Si tratta ora di cercare di raccogliere le varie proposte in pochi gruppi, tenendo conto delle loro affinità. Un primo elemento di distinzione potrebbe ravvisarsi nella base elettorale, in ordine alla quale sono state prospettate tre diverse soluzioni: rappresentanza esclusivamente territoriale; rappresentanza di categorie di interessi; rappresentanza mista, genericamente territoriale e di interessi.
Un secondo elemento di raggruppamento poi potrà essere costituito dal tipo di suffragio, diretto o indiretto (2° grado).
Lussu ritiene che la prima cosa da esaminare è se si voglia ammettere o meno la rappresentanza di interessi.
Il Presidente Terracini lascia alla Sottocommissione di decidere se porre in votazione il principio puro e semplice senza riferirsi a nessuno degli ordini del giorno.
Dà notizia di un emendamento dell'onorevole Perassi, all'articolo 4 proposto dall'onorevole Ambrosini, così formulato: «Il terzo dei senatori assegnato alle regioni è eletto dall'Assemblea regionale entro le categorie che saranno stabilite da una legge speciale, ecc.».
Mortati, Relatore, esprime l'avviso che, in merito alla base elettorale, la Sottocommissione si sia già pronunciata. Quando fu approvato il concetto che la seconda Camera dovesse dare completezza di espressione politica a tutte le forze vive della Nazione, non solo secondo l'opinione dei presentatori dell'ordine del giorno, ma anche secondo quella degli oppositori, si intese affermare un maggior contatto con le associazioni o forze della produzione. Il dissenso si è manifestato invece sulla possibilità di dare o meno una rappresentanza a queste organizzazioni di categoria.
Ciò premesso, nota che alcune proposte, come quella dell'onorevole Lussu, che riguarda la graduazione della rappresentanza, e quella dell'onorevole Patricolo, relativa alla nomina di personalità locali di particolare valore, potrebbero per il momento essere accantonate, perché esorbitano dalla questione che si vuole risolvere.
Rileva poi che non si può procedere ad una votazione separata, della base elettorale prima e del modo di elezione dopo, perché questi sono elementi strettamente connessi. Occorre altresì tener conto della situazione transitoria, in quanto molti sarebbero favorevoli alla rappresentanza di interessi, ma si arrestano di fronte alla situazione attuale di carenza di organizzazioni di categorie, riconosciute dalla legge o comunque facili ad identificarsi. La preoccupazione in merito alle difficoltà di una immediata pratica attuazione del progetto appare legittima, quando si consideri che la seconda Camera potrebbe essere chiamata a funzionare fra breve tempo. L'onorevole Lami Starnuti ha anche manifestato la sua perplessità di fronte alla assenza di progetti sufficientemente dettagliati e che diano un orientamento preciso sull'effettivo funzionamento della rappresentanza proposta. Crede che tutte queste considerazioni dovrebbero consigliare ai vari presentatori di proposte di cercare, con un lavoro più approfondito, di trovare delle formule di compromesso che possano orientare meglio le correnti manifestatesi nella Sottocommissione, precisando anche, nei limiti del possibile, sia gli ordinamenti futuri di questa rappresentanza di categorie, sia le disposizioni transitorie per rendere possibile un tentativo di attuazione immediata.
Il Presidente Terracini obietta all'onorevole Mortati che può essere sentita la necessità di norme transitorie per una immediata attuazione, ma occorre che sia soprattutto tenuto di vista il carattere permanente della Costituzione. Bisogna quindi che ci siano dei dati, se non accertati, almeno accertabili e precisi per trovare una formulazione che contemperi la provvisorietà con la stabilità.
Nota che, se l'interpretazione dell'onorevole Mortati riguardo ad una decisione precedente fosse valida, la maggior parte della discussione delle ultime riunioni sarebbe stata inutile, e si potrebbero scartare diverse formulazioni, semplificando il problema. Ma nessuno si è accorto di una tale inutilità. Già si è trattato dell'interpretazione da dare all'espressione «forze vive», riconoscendo che non si è detto niente di inequivocabile e decisivo.
Invita pertanto a non considerare la questione pregiudicata dalla precedente decisione.
Ambrosini fa rilevare che, tenendo conto della impossibilità od estrema difficoltà di mettere subito in moto il meccanismo elettorale per la prima elezione della seconda Camera, ha inserito nel suo progetto sulle autonomie regionali una disposizione transitoria, per cui l'elezione dei membri della seconda Camera avrebbe luogo per la prima volta a mezzo dei Consigli Comunali.
Passando ad illustrare il progetto che ha presentato poc'anzi, dichiara di essersi proposto di trovare una via di conciliazione delle vedute diverse. Accennerà ai punti fondamentali.
[...]
Riguardo alla questione più controversa, della base, eguale o diversa, della rappresentanza per la composizione della nuova Camera, ricorda di avere già esposto i motivi per cui ritiene opportuno che venga adottato un sistema misto sulla base della rappresentanza degli interessi territoriali e della rappresentanza delle attività produttive, delle categorie professionali; alla quale, secondo categoria di rappresentanza, riserverebbe — per andare incontro al punto di vista degli avversari di questo sistema e per cercare di attenuare le loro apprensioni — soltanto un terzo dei seggi del Senato.
I due terzi dei seggi sarebbero, secondo la sua proposta, assegnati alla rappresentanza territoriale. Questa diversa proporzione potrebbe offrire un punto di incontro fra le due tendenze diverse che si sono manifestate decisamente nel seno della Sottocommissione.
Il desiderio di arrivare ad un accordo non può però spingere alla rinunzia completa, specie quando si tratta di una questione di principio.
Egli è d'avviso che l'attuale struttura della rappresentanza politica basata sull'elezione da parte di un corpo elettorale indifferenziato non arriva a rispecchiare nelle Assemblee legislative tutte le espressioni delle varie forze sociali, e che occorre integrare il sistema attuale, che dà voce soltanto alle ideologie politiche, con l'attribuzione di un quantitativo di rappresentanza alle particolari forze economiche, culturali e lavorative in generale.
Si rileva in contrario che una tale rappresentanza specifica non è necessaria, in quanto le forze in questione avrebbero già la propria voce ed eserciterebbero appieno il loro peso per mezzo dei partiti.
Ciò può anche ammettersi, ma non basta per colmare la deficienza di rappresentanza specifica alla quale si è accennato.
I partiti, i grandi partiti, si basano sulle ideologie e ne sono i propugnatori. Essi partono da alte vedute di insieme, da un proprio modo di vedere e più ancora di sentire le cose della Nazione e del Mondo, partono cioè da una propria Weltanschauung, che necessariamente li porta a riguardare la quell'alto punto di vista generale le cose particolari, e tendenzialmente a piegare queste al raggiungimento degli scopi supremi segnati nel rispettivo programma di partito. È così che procede avanti la storia.
Ma, oltre alla necessità di alimentare la vita e di indirizzare i movimenti della società e dello Stato sulla scia della grande luce delle ideologie, si appalesa opportuno ed utile sentire la voce dei singoli interessi particolari, non come interessi particolaristici, ma come interessi di grandi categorie, di quelle grandi categorie delle attività produttive e delle varie funzioni sociali, che costituiscono una realtà ed una forza operante nella vita quotidiana, e che per ciò debbono, come tali, essere prese in considerazione anche nel campo politico.
La legislazione può anche arrivare a disconoscerle; ma non per ciò esse cessano di esistere. Ora, se esistono ed operano, è bene che non siano abbandonate a se stesse, e che non si mettano nella condizione di far valere i loro interessi in modo coperto e magari subdolo attraverso i partiti. È bene cioè che possano direttamente esporre i propri punti di vista, e che all'uopo abbiano una propria rappresentanza in una delle Assemblee legislative.
Questo gioverà non solo ad assicurare alla seconda Camera l'apporto di tecnici che possano prospettare i problemi delle varie branche della produzione e del lavoro con una competenza specifica superiore a quella che hanno gli uomini politici nella generalità dei casi, ma gioverà anche a stabilire la chiarezza delle situazioni, facendo apertamente assumere ai rappresentanti qualificati delle diverse categorie la precisa responsabilità di quello che sostengono.
Rileva che gli sembra infondato il timore che con l'adozione di questo sistema l'Assemblea si ridurrebbe ad un campo di lotta di particolaristici interessi contrari, che potrebbero finire o col non intendersi e causare così una maggiore confusione, o con l'intendersi e con ciò arrivare a soluzioni ad essi soli favorevoli e contrarie ai consumatori ed all'interesse della Nazione in generale.
Questo pericolo non esiste per varie ragioni: in primo luogo perché i rappresentanti delle categorie sarebbero indotti o, al fine, costretti, occupandosi nell'Assemblea dei propri rispettivi interessi, a prospettarli da un punto di vista più generale, ad inquadrarli nell'interesse nazionale, e con ciò stesso a smorzarne o ad attenuarne l'ottusità ed il particolarismo.
Il pericolo, in secondo luogo, non c'è, perché l'Assemblea non può, in definitiva, che arrivare ad una decisione improntata a criteri politici.
È la stessa messa in moto del meccanismo dell'Assemblea che trasformerebbe l'impostazione particolaristica data dai rappresentanti delle categorie ai singoli problemi specifici, trasportando questi dal piano angustamente economico a quello più propriamente politico.
Ma c'è una ragione ancora più forte, decisiva che porta a far ritenere insussistente il pericolo da varie parti prospettato, ed è questa: che col progetto presentato, dell'attribuzione di due terzi dei seggi alla rappresentanza territoriale e soltanto di un terzo alla rappresentanza delle categorie in questione, queste sarebbero già in netta minoranza e non potrebbero in conseguenza, anche quando si mantenessero compatte, imporre la loro volontà all'Assemblea.
Deve aggiungersi, in riguardo ad un'altra obiezione che è stata fatta, che una tale rappresentanza non importerebbe affatto un contrapporsi o un diminuire in alcun modo la rappresentanza popolare espressa col sistema di formazione della Camera dei deputati.
L'assegnare una rappresentanza speciale alle varie categorie del corpo sociale, secondo la configurazione suddetta e con gli scopi suaccennati, non significherebbe limitare la sovranità popolare, ma completarla, integrarla, renderla più perfetta e più efficiente.
[...]
Quanto all'altro terzo di cui all'articolo 4, ha ritenuto opportuno che se ne rimandi la ripartizione tra le varie attività produttive ad una legge speciale; e ciò per evitare i pericoli di una decisione affrettata. Per l'applicazione del principio si dovrà naturalmente arrivare alla formazione degli elenchi degli appartenenti alle categorie. Ciò, per altro, dovrebbe farsi anche se si adottasse il criterio di trasferire il requisito dell'appartenenza alle categorie dagli elettori agli eleggibili.
Fabbri sostiene che non sia necessaria una vera e propria iscrizione, perché i requisiti di idoneità personale sono costituiti dalla vita precedente. La Costituzione potrebbe stabilire che per essere eletto occorre aver esercitato una determinata professione, arte o mestiere per un determinato numero di anni. Si tratterebbe soltanto di una constatazione di fatto inerente all'attività svolta e non della iscrizione in un albo.
Ambrosini ritiene che l'attuazione del principio della rappresentanza organica deve avvenire con l'elezione da parte dei Collegi elettorali di categoria, e non col semplice trasferimento del requisito di appartenenza alla categoria per gli eleggibili. Rileva che chi aspirasse a presentare la sua candidatura, non troverebbe difficoltà a procurarsi tale titolo, a meno che si richiedesse inoltre l'effettivo esercizio per un determinato tempo di una speciale attività produttiva. Comunque, ad un registro delle categorie si dovrebbe arrivare.
Fuschini osserva che un registro delle categorie significherebbe un ritorno alla legislazione corporativa fascista.
Ambrosini dissente decisamente da questa osservazione. Rileva anzitutto in proposito che il corporativismo non fu inventato dal fascismo. Il fascismo copiò, e malamente, e non attuò affatto il principio, non solo perché volle piegarlo e sfruttarlo a scopi puramente di egemonia di partito e di oligarchie gerarchiche, ma anche perché ne disconobbe lo spirito animatore, sopprimendo il sistema elettivo, che è connaturato con lo stesso principio. Non crede quindi che sia il caso di nutrire le apprensioni che può suscitare quel ricordo.
Per altro, osserva a sua volta che non può disconoscersi la necessità di riguardare e risolvere il problema di un qualche inquadramento degli appartenenti alle categorie, o per lo meno a talune categorie delle branche produttive, non foss'altro per regolare i rapporti di lavoro e stabilire a chi spetti la stipulazione dei contratti collettivi di lavoro. È l'argomento di cui si sta occupando la terza Sottocommissione.
La verità è che contro il principio della rappresentanza organica agiscono delle prevenzioni alimentate dal ricordo del passato e fors'anche della dizione stessa che spesso si usa per indicare tale tipo di rappresentanza. L'espressione di «rappresentanza degli interessi» suscita dell'avversione. Vero è, che è risaputo che la parola «interesse» è adoperata nell'accezione più ampia, tale da comprendere gli interessi culturali, artistici, ecc. Ma la parola resta sempre ostica. Si fu forse per questa ragione, e per evitare comunque il riferimento ad «interessi» prestabiliti e ad intenti e programmi conservativi o addirittura reazionari, che uno dei maggiori sostenitori della rappresentanza organica, il De Greef, socialista, usò l'espressione «rappresentanza di funzioni sociali», e che, sulla base appunto delle categorie comprendenti le varie funzioni sociali, elaborò un piano concreto di riforma di tutto il sistema rappresentativo.
Avviandosi alla conclusione, fa presente che molto più modesta è la richiesta di riforma avanzata con l'articolo 4 del suaccennato progetto; essa è limitata soltanto ad un terzo di seggi e di una sola Assemblea. Si augura quindi che venga presa in considerazione per vedere se può arrivarsi ad un punto di incontro fra le opposte tendenze manifestatesi nel seno della Sottocommissione.
A cura di Fabrizio Calzaretti