[Il 25 settembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della seduta.]
Nobile rileva che, a proposito della composizione e delle funzioni della seconda Camera, qualcuno ha affermato che il Senato deve essere un organo moderatore della prima Camera; altri ha sostenuto che deve servire a perfezionare le leggi; l'onorevole Vanoni vede in essa la difesa suprema dei valori morali della Nazione, quasi una specie di baluardo della libertà; taluno ci vuole la rappresentanza istituzionale delle varie categorie professionali e degli interessi economici; altri quella della cultura, dell'arte e della letteratura; altri ancora intendono farne un corpo di rappresentanti di interessi economici e di organizzazioni sindacali.
La diversità delle opinioni, a suo avviso, sta a significare che il Senato non risponde effettivamente ad alcuna necessità, perché altrimenti dovrebbero risultarne subito evidenti le funzioni. Non desidera ritornare su una discussione già fatta, ma gli sembra che la Sottocommissione si trovi nella stessa condizione di chi voglia costruire un edificio, senza sapere quale uso farne, il che dimostra, in ultima analisi, l'inutilità della costruzione.
Comunque, poiché è stato deciso che una seconda Camera debba esistere, interessa renderla il meno possibile dannosa. Condivide pertanto il parere dell'onorevole Lussu, che cioè il Senato sia costituito con rappresentanza diretta ed esclusiva delle Regioni.
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Mannironi. [...] Ricorda di aver già detto in altre occasioni che la seconda Camera dovrà essere espressione della vita delle Regioni, costituita con elezioni di secondo grado, attraverso cioè le Assemblee regionali. Gli sembra frattanto che il criterio della rappresentanza su base regionale sia ormai accettato pressoché da tutti. Si tratterà di vedere se le regioni dovranno essere rappresentate paritariamente, oppure se si dovrà ricorrere ad un sistema misto, col quale per una certa parte i senatori saranno eletti in pari numero e per un'altra parte in rapporto alle popolazioni delle singole regioni. Riconosce che il sistema del numero pari per ciascuna regione costituirebbe un atto di giustizia verso le regioni meno popolate e più povere, che così avrebbero lo stesso peso delle altre nella seconda Assemblea; ma si rende conto delle maggiori esigenze delle regioni economicamente più importanti e popolate. Conferma perciò, come già in precedenza ebbe a dichiarare, di essere favorevole al primo sistema, purché sia fatto salvo il principio della parziale pariteticità di rappresentanza fra le varie regioni.
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Gli sembra giusta l'osservazione dell'onorevole Mortati che, per occuparsi della composizione della seconda Camera, si sarebbe anche dovuto risolvere il problema della costituzione delle Assemblee regionali, visto che la rappresentanza della seconda Camera avrà certamente una base regionale. Al riguardo tiene a dichiarare che in tali Assemblee non dovrà aversi soltanto la rappresentanza politica delle regioni, ma anche quella delle forze produttive e culturali, che a loro volta dovranno essere rappresentate nella seconda Camera.
Afferma poi che sarebbe anche necessario che le Assemblee regionali avessero la facoltà di distribuire i loro membri fra le varie categorie a seconda delle necessità. Ad esempio, nel momento presente le forze produttive più importanti in Sardegna sono l'agricoltura e la pastorizia: quindi in sede di Assemblea regionale sono appunto queste forze che dovranno essere adeguatamente rappresentate. Che se in avvenire l'attività economica dell'Isola prenda un diverso indirizzo e diventi prevalentemente industriale, l'Assemblea regionale sarda dovrà poter variare conseguentemente la sua composizione.
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Tosato. [...] Ritiene che, in via generale, i membri della Sottocommissione siano tutti concordi nell'attribuire alla seconda Camera il carattere di una rappresentanza, prevalente se non esclusiva, su base regionale. Al che si può obiettare che così si verrebbe a dare un'attuazione forse assai più ampia di quel che non si pensi al principio federalistico. Ha già avuto occasione di osservare, parlandosi di regionalismo, che almeno dal punto di vista scientifico, non si concepisce una differenza sostanziale tra l'ordinamento regionale e quello federale. Difatti si ha un ordinamento federale quando un ente, distinto dallo Stato, può emanare, sia pure in minima parte, atti che abbiano forza eguale a quella degli atti emanati dallo Stato. Se a ciò si aggiunge la notevole importanza che assumeranno le regioni, dando vita alla seconda Camera, si deve concludere che effettivamente la seconda Camera ricorda le cosiddette Camere federali.
Anche per questa ragione ritiene che bisogna dare una rappresentanza in Senato a tutti gli interessi ai quali si riconosca la natura di interessi generali e vivi della Nazione. Sottopone pertanto all'esame della Sottocommissione i seguenti articoli formulati sulla base dei principî da lui esposti:
«Art. 1. — Il Senato è composto dai rappresentanti effettivi degli interessi generali attinenti: 1°) agli enti locali territoriali; 2°) alla scuola, alla cultura, all'arte; 3°) al lavoro; 4°) all'industria e al commercio; 5°) all'agricoltura; 6°) all'artigianato; 7°) alla giustizia; 8°) alla sanità pubblica».
«Art. 2. — I senatori sono eletti, per 5 anni, dalle Assemblee regionali, su designazione delle istituzioni e delle associazioni che perseguono gli interessi di cui all'articolo precedente nell'ambito della regione».
Fa presente che ha fissato la durata di 5 anni, intendendo che la seconda Camera debba avere una vita di durata uguale a quella della prima, e seguirne le sorti anche in caso di scioglimento.
Rileva altresì che con una elezione così congegnata si avrebbe modo di stabilire una rappresentanza proporzionata ai vari interessi generali delle singole regioni.
Dà lettura quindi dei successivi articoli:
«Art. 3. — Una legge provvederà alla determinazione delle istituzioni e associazioni legittimate, in ciascuna regione, alla designazione dei senatori. Una legge provvederà pure alla determinazione del procedimento con cui le designazioni avranno luogo».
«Art. 4. — Nessuno potrà essere designato ed eletto senatore se non abbia compiuto 40 anni.
«I requisiti generali di eleggibilità e le incompatibilità saranno stabiliti dalla legge.
«Nessuno può essere ad un tempo deputato e senatore».
«Art. 5. — Le Assemblee regionali eleggeranno ciascuna 15 senatori fra quelli designati. Ognuna delle categorie indicate nell'articolo 1 sarà rappresentata almeno da un senatore».
Richiama l'attenzione dei colleghi sul fatto che le categorie, a norma del primo articolo da lui proposto, sarebbero 8 e che le Assemblee regionali dovrebbero nominare almeno un rappresentante per ciascuna categoria. Così resterebbe un margine di notevole discrezionalità a tali assemblee, che consentirebbe loro di eleggere un numero maggiore di rappresentanti per quelle categorie che nelle singole regioni avessero maggiore importanza. Si eviterebbero pertanto gli inconvenienti temuti dall'onorevole Einaudi.
Per consentire infine al nuovo Parlamento di funzionare immediatamente, aggiungerebbe la seguente disposizione transitoria:
«Fino alla emanazione della legge prevista dall'articolo 3, le Assemblee regionali procederanno alla elezione dei senatori, rappresentanti delle categorie indicate nell'articolo 1, prescindendo dalle designazioni degli enti interessati».
La Rocca. [...] Ricorda d'aver già in altre occasioni esposto nettamente il suo pensiero circa la necessità di evitare che il futuro ordinamento regionale possa tramutarsi in un ordinamento federalistico. È d'accordo che con la seconda Camera si crei un organo che sia la diretta espressione degli interessi e dei bisogni locali, ma ammonisce di andar molto guardinghi in questo campo, per non correre il pericolo di spezzare l'unicità politica ed economica della Nazione.
Circa la questione della parità delle funzioni, osserva che la seconda Camera, in quanto più o meno costituita sulla base della rappresentanza regionale, sostanzialmente sarà l'espressione degli interessi degli enti regionali. Ed è perciò che essa non dovrebbe essere posta su di un piano di parità con la prima, che è l'espressione integrale della volontà della Nazione. Soggiunge che, accogliendo la proposta dell'onorevole Tosato, per cui accanto alla rappresentanza su base regionale dovrebbe aversi nella seconda Camera anche la rappresentanza degli interessi di alcune determinate categorie, si potrebbe avere una prevalenza di questi ultimi interessi su quelli di carattere generale, ed allora la seconda Camera tenderebbe a smorzare, ad attenuare, e forse a distruggere l'opera della prima.
Si dichiara perciò nettamente contrario: innanzi tutto al principio che la seconda Camera debba essere posta su un piede di parità con la prima, e in secondo luogo a che la seconda Camera possa essere composta sulla base della rappresentanza degli interessi di alcune determinate associazioni e categorie. In sostanza, secondo il suo avviso, la seconda Camera dovrebbe essere l'espressione democratica degli organi locali, su base elettiva, e dovrebbe avere soltanto poteri consultivi e integrativi.
Perassi. [...] Per quanto concerne la formazione del Senato, gli sembra che ormai sia da tutti ammesso il principio che il Senato debba trovare la sua base nelle regioni. Al riguardo dichiara di non condividere il timore da altri nutrito di un mascherato federalismo. Pur avendo aderito ad una soluzione più attenuata del problema delle autonomie locali, non ritiene che una prevalenza della rappresentanza regionale nella formazione del Senato possa offrire dei pericoli per il funzionamento dello Stato nell'esercizio della sua attività legislativa e politica.
Circa la composizione numerica del Senato, osserva in linea di principio che non vi è nessuna ragione né logica, né politica perché una Camera debba essere costituita con un solo sistema: possono esservi membri eletti o nominati con un sistema e membri nominati o eletti con un altro. Ritiene eccessivo che ogni Assemblea regionale elegga lo stesso numero di senatori. A suo avviso, ciascuna regione dovrebbe eleggere un certo numero minimo di senatori e per il resto si dovrebbe tener conto della popolazione e della estensione geografica della regione stessa. Si ottiene così la possibilità che del Senato facciano parte, in misura determinata, altri elementi non eletti dalle regioni, e questi potrebbero essere i rappresentanti di enti titolari di particolari interessi economici. Non esclude infine, senza insistere sulle ragioni di opportunità pratica e politica, da altri già lumeggiate, che la nomina di un numero ristrettissimo di senatori possa rientrare nelle facoltà del Capo dello Stato.
Nei riguardi del progetto dell'onorevole Tosato, dichiara che esso non corrisponde esattamente con le sue vedute. A suo parere sarebbe conveniente che le Assemblee regionali avessero facoltà di indicare il numero dei rispettivi senatori.
Quanto alle norme transitorie, osserva che si tratta di un problema di carattere particolare che per ora non è il caso di approfondire. È indubbio, per altro, che non si potrà non tener conto del fatto che le Assemblee regionali non saranno subito costituite; quindi il primo Senato potrà essere eletto dalle regioni con un procedimento che non sarà quello definitivo.
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Bozzi. [...] Osserva che il problema della composizione del Senato non è facile, e che esso può essere variamente risolto: così la sua struttura da alcuni viene ricollegata alle regioni, quando ancora non si sa come le regioni dovranno essere costituite; da altri invece all'intervento della associazioni sindacali, quando non si sa ancora quale sarà la legge che regolerà la formazione ed il potere di tali associazioni.
Richiamandosi alle osservazioni degli onorevoli Tosato e Perassi, nota che, se si parla di rappresentanza delle regioni, si deve anche precisare se si intende parlare di queste come enti di diritto pubblico, come soggetti titolari di autonomia ed autarchia. Teme però che in tal modo si possa favorire il sorgere di una struttura federalistica, specialmente se si aderisce alla tesi, prospettata dall'onorevole Lussu e da altri seguita, di dare ad ogni regione una rappresentanza eguale. Si arriverebbe così facilmente alla regione considerata come un ente sovrano, come membro di uno Stato federale, il che è assolutamente da evitare. Ricorda che nell'accogliere il principio dell'ente regione si partì dal presupposto di uno Stato unitario; presupposto, che assolutamente non deve essere dimenticato.
Dissente da quanti vorrebbero che il corpo elettorale del Senato non fosse quello stesso della Camera: se si vuole creare un Senato che possa efficacemente esplicare una funzione in condizioni di parità con la Camera, occorre che il corpo elettorale dell'uno sia eguale a quello dell'altra. Un Senato con un corpo elettorale più ristretto di quello della Camera, la quale appunto trae la sua autorità dalla volontà generale dei cittadini, sarebbe un organo privo di prestigio, che, automaticamente, anche se fosse affermato il principio della parità delle funzioni delle due Assemblee, si troverebbe in una situazione di subordinazione rispetto all'altro ramo del Parlamento. Pertanto, contrariamente a quanto è stato proposto dall'onorevole Tosato, suggerisce l'adozione di un sistema orientato verso il suffragio universale, sempre però nell'ambito della regione: in altri termini, dovrebbero essere i cittadini delle regioni e non le Assemblea regionali ad eleggere i membri del Senato, perché, se si ricollega la vita del Senato a quella delle Assemblee regionali, quali specifici corpi elettorali, qualunque mutamento queste eventualmente subissero si ripercuoterebbe sulla vita del Senato.
Occorrerebbe invece determinare nella Carta Costituzionale le categorie dei cittadini che potrebbero essere eletti senatori ed allo scopo potrebbero servire come punto di partenza le specificazioni dell'onorevole Tosato, così che la seconda Camera rappresenterebbe quelle forze vive della Nazione, economiche, culturali, artistiche ecc., alle quali spesso si è fatto riferimento.
Bisognerebbe poi procedere all'operazione più difficile, cioè al dosaggio di tali forze, per determinare quanti dovrebbero essere i rappresentanti di una data categoria e quanti quelli di un'altra. Ricorda al riguardo l'acuta osservazione già fatta dall'onorevole Rossi e poi ripresa dall'onorevole Einaudi, che in una norma statutaria non si possono cristallizzare le situazioni, tanto più che si tratta di forze vive e, come tali, in continuo movimento. Si potrebbe pertanto lasciare alle Assemblee regionali la determinazione dei seggi che in ogni regione dovrebbero essere affidati a ciascuna delle categorie previste in via generale dalla Costituzione.
Si avrebbe così una combinazione di tre principî diversi, che potrebbero dare utili risultati: 1°) il principio del suffragio universale, cioè della investitura diretta da parte del popolo, che darebbe autorità e prestigio alla seconda Camera, per cui essa verrebbe a trovarsi senz'altro in una situazione di parità con la prima; 2°) l'indicazione di categorie da considerarsi come forze vive della Nazione; 3°) l'attribuzione alle Assemblee regionali della possibilità di valutare le particolari esigenze e gli specifici aspetti della vita della regione. E naturalmente il sistema dovrebbe trovare la sua concretizzazione in una legge elettorale speciale.
Aggiunge che non è d'accordo con l'onorevole Tosato quando propone che le associazioni sindacali indichino i nomi dei candidati alle Assemblee regionali, perché così si verrebbe a costituire una Camera di rappresentanti di associazioni e di enti in genere, e non già di rappresentanti del popolo.
Fabbri constata che vi sono due punti acquisiti nella discussione: il sistema bicamerale e la costituzione del Senato quale rappresentanza delle forze vive nel Paese. Resta ora da risolvere un problema grave e delicato: quello delle modalità per la scelta dei senatori.
L'onorevole Tosato ha proposto un sistema che in sostanza ne rinvia ad una legge speciale la fissazione, mentre a suo avviso la questione va affrontata in sede di Sottocommissione, risolvendo innanzi tutto il problema se occorra procedere con elezione diretta o di secondo grado. Premesso che il Senato non dovrebbe avere minori funzioni della Camera, sia nel campo legislativo che in quello di controllo sull'azione di governo, ritiene che la Carta statutaria dovrebbe fissare il numero dei senatori e determinare la loro ripartizione tra le varie regioni.
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Circa il riparto dei senatori tra le varie regioni, egli preferisce considerare le regioni come collegi elettorali più che come organi capaci di avere propri rappresentanti, per allontanare il pericolo di addivenire ad un ordinamento federalistico. Sia i deputati che i senatori a suo avviso debbono essere i rappresentanti della Nazione.
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Ambrosini rileva che la Sottocommissione sembra ormai orientata ad assegnare la maggioranza dei seggi della seconda Camera ai rappresentanti delle regioni. Occorre pertanto che sia determinato in modo tassativo il numero dei membri da assegnare alle singole regioni. A tale proposito ritiene che dovrebbe essere assicurato ad ogni regione un minimo di rappresentanza (da due a quattro senatori) mentre il numero degli altri dovrebbe essere fissato in base all'entità della popolazione, perché quanto maggiore è la popolazione e tanto maggiori sono i bisogni, ed è quindi giusto che le regioni più popolose abbiano un maggior numero di rappresentanti.
Ravagnan. [...] Altra questione da decidere, ma sulla quale sostanzialmente si è già d'accordo, è quella se il corpo elettorale, chiamato ad eleggere i membri della seconda Camera, debba essere costituito o meno sulla base della regione. In proposito è da domandarsi se tale corpo elettorale debba essere costituito dalla universalità dei cittadini, sempre nell'ambito della regione, oppure da categorie speciali determinate dalla legge; ed egli è personalmente favorevole alla prima delle due ipotesi.
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Presidente Terracini. [...] Se poi le Assemblee regionali dovessero formarsi secondo propone l'onorevole Conti, la loro base elettiva sarebbe senz'altro mutilata, ed uguale pecca avrebbe una seconda Camera che trovasse in esse la sua sorgente: infatti, una rappresentanza di categorie escluderebbe dal quadro immediatamente quasi tutte le donne, in massima parte non partecipi in modo diretto al processo produttivo e pertanto non includibili nei particolari collegi elettorali. Semplici massaie, esse non avrebbero diritto al voto, perché non esiste un sindacato delle massaie; e se, sotto il fascismo esisté un'associazione delle massaie rurali, di fatto essa era l'organizzazione delle contadine, lavoratrici dei campi.
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Il problema se i membri della seconda Camera siano i rappresentanti delle regioni territorialmente considerate, oppure di certe determinate categorie nell'ambito regionale o nazionale è cosa certamente di rilievo; ma peso maggiore ha l'altro della elettività della seconda Camera, come base esclusiva della sua formazione. Egli opina, anzi, che una affermazione incisiva del principio dovrebbe essere contenuta in un articolo che precedesse tutta la stesura delle norme costituzionali relative agli organi parlamentari, e che dovrebbe suonare nei seguenti termini: «Il potere legislativo, sulla base delle due Camere, ha una sorgente di carattere elettivo».
Stabilita la base regionale della seconda Camera, resta da decidere se l'elezione ne debba essere di primo o di secondo grado. Personalmente esprime l'opinione che debba essere di secondo grado. La proposta dell'onorevole Fabbri, per le elezioni dirette, più democratica all'apparenza, ha in realtà un carattere antipopolare. L'elezione alla seconda Camera con collegio uninominale e sistema maggioritario, darebbe luogo a risultati certamente più di destra, ad un allineamento molto più arretrato di quel che non si verificherebbe nelle elezioni per la prima Camera fatte col sistema proporzionale. Ne sorgerebbe un netto distacco tra le due Camere, tale che non può essere desiderato né favorito da chiunque aspiri alla maggiore armonia tra i due organi.
Quanto alle proposte dell'onorevole Bozzi rileva che esse implicano: un collegio unico regionale, ed il sistema maggioritario nella elezione. Non è infatti pensabile che si possa giungere ai risultati desiderati dall'onorevole Bozzi, cioè ad una rappresentanza di categorie con rapporti prefissati, con il sistema proporzionale. Senza collegio unico con sistema maggioritario, potrebbe avvenire infatti che riuscissero eletti fra i candidati delle varie liste, un maggior numero in alcune categorie ed in altre uno minore di quanto non sia previsto nello schema iniziale. Crede quindi che anche il progetto Bozzi, così attraente a primo acchito, non possa resistere ad un esame accurato del suo giuoco interno.
A cura di Fabrizio Calzaretti