[Il 26 settembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della seduta.]

Il Presidente Terracini avverte che la prima questione da risolvere è quella della parità o meno delle funzioni delle due Camere.

Leone Giovanni ricorda di aver presentato nella precedente seduta il seguente ordine del giorno sul quale insiste:

«La seconda Sottocommissione, premessa la parità delle attribuzioni fra le due Camere per quanto concerne il potere legislativo e il controllo sul Governo, passa allo studio sulla nomina e composizione della seconda Camera».

Dichiara che in quest'ordine del giorno si sottintende anche la parità delle funzioni tra le due Camere per ciò che concerne l'elezione del Capo dello Stato.

Il Presidente Terracini, poiché vi potranno essere altri poteri attribuiti alle due Camere, come ad esempio quello di dichiarare la guerra e di concedere amnistie, suggerisce di modificare opportunamente l'espressione usata dall'onorevole Leone.

Leone Giovanni aderisce e formula così il suo ordine del giorno:

«La seconda Sottocommissione, premessa la parità delle attribuzioni fra le due Camere, passa allo studio sulla nomina e composizione della seconda Camera».

Grieco presenta il seguente ordine del giorno:

«La seconda Sottocommissione, considerando che alcune delle funzioni del potere legislativo (bilancio, fiducia al Governo, concessione di amnistia, potere di inchiesta) implicano necessariamente l'espressione diretta della volontà popolare attraverso il suffragio universale, diretto, segreto, riconosce che esse devono restare proprie ed esclusive della prima Camera».

Patricolo ritiene che, anche per le considerazioni fatte dal Presidente nella precedente seduta, non si possa decidere sulla parità delle funzioni tra le due Camere, se prima non sia stata stabilita la formazione di queste.

Lussu dichiara di non condividere il parere espresso dall'onorevole Patricolo perché, per poter creare un qualsiasi organo, occorre prima sapere quale funzione esso debba svolgere.

Osserva che la preoccupazione di tutti è che si creino due Camere aventi le stesse potestà, e che sorga il pericolo che la seconda Camera, non eletta come la prima a suffragio diretto e universale, sia in contrasto permanente con l'altra. D'altro canto rileva che le considerazioni espresse ieri dal Presidente danno alcuni orientamenti dei quali non si può non tener conto. Confessa pure di essere rimasto impressionato di quanto l'onorevole Porzio ha detto a tale proposito.

Per non dare l'impressione che si crei un organismo inefficiente e superfluo, ritiene che non si dovrebbe sancire espressamente nella Costituzione che la seconda Camera non avrà gli stessi poteri della prima, ma che l'inferiorità della seconda Camera nei confronti della prima debba risultare implicitamente nella Costituzione.

Mortati, Relatore, osserva che non bisogna confondere la questione della parità del Senato alla Camera con quella della sua posizione quale potrà risultare dal suo funzionamento. La parità giuridica, l'intervento a pari condizioni della seconda Camera in tutte le funzioni della prima non significa che debba essere attribuita alla seconda Camera una posizione di eguaglianza effettiva; la disparità sarà conseguente, sarà un'inferiorità di fatto che potrà tradursi in un'inferiorità giuridica quando sarà stabilito il congegno con cui superare un eventuale conflitto tra le due Camere. In altri termini, il principio della parità non dovrebbe implicare quello di una parità assoluta. Frattanto, per fissare alcuni punti ben determinati, presenta il seguente ordine del giorno:

«La Sottocommissione ritiene che la seconda Camera debba essere configurata quale mezzo per l'espressione degli interessi regionali e nello stesso tempo quale organismo di coordinazione degli interessi stessi nella superiore inscindibile unità dello Stato;

che la seconda Camera debba trovare la fonte del potere di tutti i suoi membri (all'infuori di ogni intervento del Capo dello Stato) in una investitura popolare su una larghissima base di suffragio, con le necessarie differenziazioni di procedimenti elettivi rispetto alla prima Camera;

che pertanto debba essere riconosciuto alla seconda Camera medesima un potere di intervento, con parità di posizione giuridica, nelle stesse funzioni attribuite alla prima Camera;

che la predestinazione dei congegni diretti a dirimere gli eventuali conflitti fra le due Camere debba essere orientata nel senso di riaffermare nella sua pienezza la sovranità popolare;

che alla seconda Camera debba essere confermato il nome, che si collega ad una antichissima tradizione storica, di Senato».

Il Presidente Terracini rileva che l'ordine del giorno dell'onorevole Mortati si riferisce a troppe questioni che dovrebbero essere esaminate e vagliate separatamente. Esso quindi richiederebbe una troppo lunga discussione e non potrebbe essere posto in votazione che alla fine della discussione stessa.

Lussu presenta un ordine del giorno così concepito:

«La seconda Camera è la Camera delle regioni. I suoi poteri, tranne quello sul bilancio, sono eguali a quelli della prima Camera».

Per meglio chiarire il criterio che lo ha indotto a presentare il suo ordine del giorno, dichiara che, secondo il suo avviso, la seconda Camera non rappresenta l'esclusività degli interessi regionali, ma la sintesi dei vari interessi legati all'unità della regione. Dicendo poi che i poteri della seconda Camera, tranne quello sul bilancio, sono eguali a quelli della prima, intende affermare che costituzionalmente non vi è alcuna differenza tra le due Camere, ma, in effetti, tale differenza sussisterà; così ad esempio per quel che riguarda il voto di fiducia al Governo. Insomma, la seconda Camera avrà formalmente gli stessi poteri della prima, ma in pratica avverrà che il Senato, che avrà un minor numero di membri, guidati da criteri di saggezza e di prudenza, non voterà contro il Governo, specialmente se ad esso la Camera dei Deputati avrà già accordato la sua fiducia.

La Rocca dichiara di non condividere il pensiero espresso dall'onorevole Lussu. La questione della parità o meno delle funzioni tra le due Camere deve essere risolta in modo chiaro, senza equivoci. Anche il problema se la seconda Camera debba avere un minor numero di membri non ancora è stato risolto.

Personalmente è contrario a che la seconda Camera abbia le stesse funzioni della prima. In ogni modo, se ciò dovesse essere stabilito nella Costituzione, non si potrebbe poi impedire alla seconda Camera il pieno esercizio delle sue funzioni.

Vanoni intende fare una precisazione di carattere tecnico e storico a proposito di un'eventuale differenza tra le due Camere in materia di legge di bilancio.

Nello Statuto Albertino una norma limitava il potere di iniziativa del Senato in questo campo[i]. L'origine storica di questa norma era nel fatto che tutte le leggi di finanza nella storia parlamentare inglese erano state lo strumento attraverso il quale la Camera dei Comuni aveva potuto affermare il proprio intervento nell'attività legislativa prima e nell'attività politica in un secondo tempo. Si capisce allora come nell'evoluzione costituzionale inglese tra la Camera dei Lords, che in sostanza era un consiglio della Corona, e la Camera dei comuni, che era la rappresentanza delle varie categorie economiche e sociali del Paese, si sia potuta avere una diversa posizione di fronte alle leggi finanziarie, anche perché tali leggi costituivano un contratto tra le categorie che pagavano le imposte e la Corona che le domandava. Ma quando nella Costituzione le due Camere vennero a porsi sullo stesso piano, come aventi la stessa funzione legislativa, la differenza tra esse si attenuò e rimase solo una differenziazione (che risale alla Costituzione Belga del 1827, sulla cui falsariga fu redatto lo Statuto Albertino) per cui il potere di iniziativa in materia finanziaria fu riservato alla Camera Bassa. Nei commenti dei nostri più vecchi costituzionalisti allo Statuto Albertino, si trova un certo imbarazzo nello spiegare l'articolo 10 dello Statuto: chi dice che è stato riprodotto senza molta riflessione dallo Statuto belga e chi dice che, essendo la prima Camera l'espressione più diretta e immediata del popolo, riservare tale diritto ad essa risponde a criteri politici. Però si ammetteva che, in fondo, non v'era differenza nei confronti delle leggi finanziarie. E difatti, nella pratica, si è venuta attenuando la differenziazione e l'unica applicazione dell'articolo 10 non può essere considerata lodevole, perché proprio rispetto alla legge di bilancio, avveniva che il ritardo della discussione da parte della Camera si risolvesse in un esame affrettato del bilancio stesso da parte del Senato.

Se fosse riprodotta la norma anzidetta nella nuova Costituzione, quando a giustificarla, almeno in parvenza, non vi sarebbe più un Senato nominato dall'alto e a vita, si creerebbe una seconda Camera che sarebbe di intralcio al normale svolgimento dei rapporti tra le due Camere. Non crede quindi che, affermando il principio della parità tra le due Camere, debba sussistere alcuna ragione tecnica perché in materia di finanza si faccia una discriminazione tra la competenza dell'una e quella dell'altra Camera. Secondo il processo dell'evoluzione storica, si dovrebbe arrivare ad un'altra conseguenza, cioè a fissare una completa parità di competenza, anche nel settore della finanza, tra le due Camere.

Patricolo osserva che, se si ritiene che la seconda Camera debba rappresentare le regioni, si ha una ragione di più per ammettere la parità fra le due Camere, anche in fatto di leggi fiscali e soprattutto di leggi di bilancio. Le regioni, infatti, sono gli organi più interessati a discutere il bilancio dello Stato; soprattutto se ad esse sarà consentito di avere un bilancio autonomo e di provvedere alla tassazione. Nel campo poi del potere politico di controllo, ritiene che potrebbe essere data una parità completa alle due Camere per la funzione legislativa, riservando tuttavia il potere politico (inchiesta, fiducia al Governo, ecc.) alla prima Camera, in quanto più genuina espressione della volontà popolare.

Il Presidente Terracini ricorda che sono stati presentati quattro ordini del giorno: il primo dell'onorevole Leone, proposto nella riunione precedente, in cui si afferma la parità di attribuzioni alle due Camere; un secondo dell'onorevole Grieco, in cui talune funzioni del potere legislativo sono considerate come esclusive della prima Camera; un terzo, dell'onorevole Mortati, che allarga la questione ed impegnerebbe a votare non soltanto sul fatto specifico della parità, ma anche su altri punti; un quarto, dell'onorevole Lussu, che a parte la premessa, si avvicina alla formulazione dell'onorevole Grieco.

Mortati, Relatore, fa presente che intanto ha presentato il suo ordine del giorno in quanto gli sembrava acquisito che la questione della parità dovesse essere considerata in armonia con altre questioni ad essa connesse. Se viceversa si ritiene che si debba preliminarmente votare il principio della parità, è disposto a ritirarlo.

Il Presidente Terracini mette in votazione l'ordine del giorno dell'onorevole Leone, avvertendo che, ove esso sia approvato, dovranno intendersi superati quelli degli onorevoli Grieco e Lussu.

(È approvato con 18 voti favorevoli e 11 contrari).


 

[i] L'articolo 10 dello Statuto Albertino recitava: « La proposizione delle leggi apparterrà al Re ed a ciascuna delle due Camere. Però ogni legge d'imposizione di tributi, o di approvazione dei bilanci e dei conti dello Stato, sarà presentata prima alla Camera dei Deputati».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti