[Il 15 novembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sui principî dei rapporti politici. — Presidenza del Deputato Corsanego.]

Il Presidente Corsanego legge il testo del quinto articolo proposto dai Relatori:

«Tutti i cittadini di entrambi i sessi sono ammissibili alle cariche pubbliche in condizioni di eguaglianza, conformemente allo loro attitudini e facoltà.

«Per l'adempimento delle sue funzioni pubbliche, ogni cittadino ha diritto di disporre del tempo necessario e di non essere privato del suo posto di lavoro».

Merlin Umberto, Relatore, fa presente che il secondo comma riproduce il capoverso dell'art. 2 proposto dall'onorevole Basso.

Osserva che non è competenza della Sottocommissione discutere quanto attiene al lato economico della questione. In questa sede ci si dovrà limitare a fissare solo il principio che, quando un lavoratore viene ad essere investito di una carica pubblica, non deve essere per questo licenziato, ma deve essere ritenuto in congedo o in aspettativa per modo che, quando cessi l'incarico pubblico, egli possa riprendere il suo posto.

Mastrojanni osserva che una disposizione del genere implica anche una corresponsione di indennità. Vi è poi la questione di coloro che svolgono una libera professione, i quali se eletti deputati, finiscono col sacrificare la loro clientela.

Si dichiara del parere che chiunque sia chiamato all'esercizio della cosa pubblica possa conservare il diritto al posto od all'impiego, purché si escluda nel periodo corrispondente il pagamento di assegni.

Ritiene, ad ogni modo, che un principio del genere potrebbe essere lasciato alla legislazione ed alla regolamentazione.

Basso obietta che la questione è trattata anche da altre Costituzioni moderne, e in particolare da quella di Weimar, e che non può essere rimandata alla regolamentazione.

Se si respinge una norma del genere, si toglie alla maggioranza degli italiani la possibilità di accedere alle funzioni pubbliche. Si tratta, in sede di Costituzione, di affermare un principio generale; nell'applicazione pratica vi saranno poi norme diverse a seconda delle varie situazioni e delle diverse cariche pubbliche.

Mastrojanni obietta che chiunque esercita una funzione pubblica o amministrativa deve essere assolutamente libero. Se si esercita il mandato parlamentare o amministrativo e si è al tempo stesso dipendenti, per ragioni di impiego o per ragioni economiche, di enti od istituti privati, od anche dello Stato, non si potrà esercitare tale mandato in assoluta indipendenza ed in piena libertà.

Ritiene, pertanto, incompatibile — e del resto la legge elettorale ne fa menzione — il contemporaneo esercizio del mandato politico o amministrativo e dell'impiego.

Per queste ragioni la preoccupazione che si vorrebbe eliminare attraverso la formula dell'onorevole Basso gli sembra superflua, se si ammette il principio che, dal momento in cui si eserciti un mandato pubblico viene a cessare qualsiasi rapporto di dipendenza con qualsiasi altro ente statale, parastatale o privato.

La Pira dichiara di non poter concordare con le osservazioni svolte dall'onorevole Mastrojanni. Se si ammette in linea generale il principio che chiunque ha un lavoro non può esercitare una funzione pubblica, si viene a vulnerare il principio essenziale della vita democratica. Ricorda che molti deputati alla Costituente sono professori universitari, e non vi è incompatibilità tra le due funzioni.

Ritiene che si debba affermare il principio generale, che chiunque può accedere a funzioni pubbliche, e che deve essere mantenuto nel suo rapporto d'impiego per la durata dell'esercizio di tali funzioni. Questo per un principio di natura democratica, che ha poi anche un valore umano ed attuale, perché indica che si va incontro ai meno abbienti per dare loro la possibilità di esercitare tranquillamente le funzioni pubbliche alle quali sono chiamati.

De Vita rileva che le osservazioni dell'onorevole Mastrojanni sono fondate solo in parte. Il cumulo delle due funzioni non è possibile e vi è una vera e propria incompatibilità, almeno per quanto riguarda gli impiegati dello Stato. In caso di nomina a deputato, vi deve essere per l'impiegato una forma di aspettativa, che purtroppo per alcuni impiegati dello Stato diventa un'aspettativa senza assegni. Ritiene esagerato che si debba privare degli assegni l'impiegato dello Stato investito di un mandato pubblico. Prospetta anche la questione della interruzione del servizio agli effetti delle promozioni e della carriera. È chiaro che un impiegato dello Stato non potrà fare l'impiegato per tutta la durata del mandato parlamentare, ma non deve avere per questo fatto pregiudicata la sua carriera. Non si può ammettere come un'interruzione del servizio l'aspettativa per causa di pubblico mandato, e non si può nemmeno ammettere che un impiegato venga ad essere privato dei suoi assegni se l'indennità parlamentare serve soltanto a coprire le spese a cui verrà incontro per l'espletamento del suo mandato.

Caristia rileva che vi sono due questioni diverse. Una, riguarda unicamente l'incompatibilità tra due determinate funzioni che si svolgono effettivamente, e l'altra riguarda il diritto del cittadino, investito del pubblico incarico, ad avere quel margine di tempo necessario per svolgere la sua attività politica.

Ritiene comunque che si vogliano affermare troppe cose in sede di Costituzione, mentre si dovrebbe rinviarle puramente e semplicemente alla legislazione normale ed alla regolamentazione.

Merlin Umberto, Relatore, fa presente che la norma in discussione si riferisce solamente al rapporto di lavoro, ed assicura in primo luogo al lavoratore il tempo necessario per espletare le funzioni pubbliche alle quali fosse chiamato, perché vi può anche essere il caso che un industriale neghi questo diritto ad un lavoratore chiamato ad esplicare un pubblico mandato, adducendo a motivo che egli è legato con contratto di lavoro e deve compiere le sue ore di lavoro. In secondo luogo, la norma proposta tende ad assicurare al lavoratore che cessa dalle funzioni pubbliche la ripresa del suo posto di lavoro.

Non vede come si possano contrastare questi due principî ed esorta i Commissari a voler considerare la giustezza della disposizione proposta.

Caristia osserva che, comunque, la dizione dell'articolo non è felice.

Mastrojanni osserva che l'onorevole Merlin ha considerato una questione inesistente. Nessun industriale può vietare ad un operaio di adempiere al mandato parlamentare. Il contratto, infatti, si può rescindere per volontà reciproca delle parti.

È d'accordo però sul principio che il rapporto d'impiego non debba restare rescisso. Se questo si vuole affermare, propone un emendamento così formulato: «L'adempimento di una funzione pubblica non scinde il rapporto di impiego, ma lo sospende».

Merlin Umberto, Relatore, osserva che si deve completare la norma nel senso che quando il lavoratore decade dal mandato pubblico deve poter riprendere il suo posto di lavoro.

Moro osserva che la formula proposta dall'onorevole Mastrojanni è troppo estensiva. È chiaro che i benefici di carriera, per esempio, debbano essere garantiti.

Il Presidente Corsanego rileva che la discussione potrebbe intanto limitarsi al primo comma dell'articolo.

Moro osserva che, per quanto riguarda il primo comma dell'articolo, sarebbe preferibile, invece di «ammissibili alle cariche pubbliche» dire: «sono ammessi alle cariche pubbliche» oppure «hanno diritto di accedere alle cariche pubbliche».

Il Presidente Corsanego riconosce che la formulazione dell'articolo non è troppo felice. Si dichiara favorevole all'articolo stesso, nella sostanza, ma desidererebbe una formulazione migliore.

Basso ricorda che nella sua formulazione era detto: «Tutti i cittadini... possono accedere alle cariche pubbliche».

Mancini, Relatore, dichiara di accettare la formulazione proposta dall'onorevole Basso.

Moro dichiara che nell'articolo dell'onorevole Basso si accenna alle limitazioni, nell'accesso alle cariche, derivanti da incapacità naturali o da incapacità legali. È d'accordo nel concetto espresso dagli onorevoli Merlin e Mancini, che si deve essere ammessi alle cariche pubbliche secondo le attitudini e le facoltà, ma fa presente che con ciò non si accenna alla possibilità che, per ragioni naturali o legali, vi possa essere ad opera della legge qualche limitazione ad accedere a determinati impieghi. È quindi del parere che si debba dire qualche cosa in questo senso.

Merlin Umberto, Relatore, dichiara di comprendere la preoccupazione dell'onorevole Moro. Osserva però che quando si dice: «conformemente alle loro attitudini e facoltà» si comprende l'esclusione da determinate funzioni, tanto per l'uomo quanto per la donna.

Il Presidente Corsanego dichiara che le preoccupazioni manifestate dall'onorevole Moro potrebbero essere soddisfatte, se la legge provvedesse anche per le incapacità naturali legali.

Moro chiarisce che non pensa si debba fare, in sede costituzionale, una casistica, ma ritiene che, dopo aver detto che tutti i cittadini di entrambi i sessi sono ammissibili alle cariche pubbliche, si debba porre una limitazione a questo principio. Dichiara comunque di non insistere su tale questione.

Mastrojanni rileva che non viene indicato chi dovrà giudicare in merito alle attitudini e alle facoltà dei cittadini per essere ammessi alle cariche pubbliche.

Basso, accogliendo l'osservazione dell'onorevole Mastrojanni, ritiene si dovrebbe dire «a norma di legge», in modo che si intenda che è la legge che deve stabilire in quali casi si potrà accedere alle cariche pubbliche e con quali attitudini.

Togliatti propone di sostituire le parole «secondo le norme stabilite dalla legge» a quelle «conformemente alle loro attitudini e facoltà».

Mancini e Merlin Umberto, Relatori, accettano l'emendamento dell'onorevole Togliatti soltanto come emendamento aggiuntivo.

Mastrojanni dichiara invece di essere d'accordo con l'onorevole Togliatti che il suo emendamento debba intendersi sostitutivo.

Moro dichiara di accettare la proposta dell'onorevole Togliatti come emendamento aggiuntivo.

Dossetti propone che, invece della formula «secondo le norme stabilite dalla legge», per sottolineare che l'idoneità alle pubbliche cariche deve essere stabilita con criteri generali fissati per legge, si dica: «secondo norme stabilite per legge».

Togliatti accetta la proposta dell'onorevole Dossetti.

Merlin Umberto e Mancini, Relatori, accettano, anch'essi la proposta dell'onorevole Dossetti.

Mastrojanni è d'avviso che anche la formula proposta dall'onorevole Dossetti debba essere sostitutiva delle parole «conformemente alle loro attitudini e facoltà». Infatti non ritiene opportuno sottoporre il cittadino a un giudizio di idoneità da parte di un organo governativo per stabilire la sua capacità a ricoprire pubbliche cariche.

Togliatti insiste perché il suo emendamento, con la modifica proposta dall'onorevole Dossetti, sia inteso come sostitutivo.

Il Presidente Corsanego rileva che la Sottocommissione è d'accordo nell'accettare l'emendamento dell'onorevole Togliatti, modificato dall'onorevole Dossetti. Il dissenso sorge se si deve intendere tale emendamento come aggiuntivo della proposta dei Relatori, o come sostitutivo delle parole «conformemente alle loro attitudini e facoltà».

Pone ai voti tale questione.

Basso dichiara di votare contro la proposta che l'emendamento Togliatti sia considerato come sostitutivo, in quanto ritiene che le parole soppresse limitino ulteriormente la formula Togliatti. È d'accordo che le limitazioni debbano essere fatte per legge soltanto su questa enunciazione.

(La proposta Togliatti d'intendere l'emendamento come sostitutivo è respinta con 9 voti contrari, 1 astenuto e 4 favorevoli).

Il Presidente Corsanego mette pertanto ai voti il primo comma dell'articolo, con l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Togliatti, modificato dall'onorevole Dossetti, nella seguente formulazione:

«Tutti i cittadini di entrambi i sessi possono accedere alle cariche pubbliche in condizioni di eguaglianza, conformemente alle loro attitudini e facoltà, secondo norme stabilite per legge».

(L'articolo è approvato con 13 voti favorevoli e 1 contrario).

Apre la discussione sul secondo comma dell'articolo proposto dai Relatori:

«Per l'adempimento delle funzioni pubbliche, ogni cittadino ha diritto di disporre del tempo necessario e di non essere privato del suo posto di lavoro».

Merlin Umberto, Relatore, dichiara che voterà a favore di questa proposizione, avendo aderito ad inserirla nell'articolo.

Mastrojanni ricorda di aver proposto il seguente emendamento sostitutivo:

«L'adempimento delle funzioni pubbliche non scinde il rapporto di impiego, ma lo sospende».

Dossetti fa osservare che l'articolo, nella formulazione proposta dall'onorevole Mastrojanni, viene ad avere una portata giuridica ben precisa, perché il concetto di sospensione del rapporto di impiego è un concetto strettamente tecnico. L'impostazione sintetica dell'onorevole Mastrojanni all'articolo, implicherebbe che colui il quale viene, per esempio, eletto ad una carica politica o ad una carica amministrativa, non solo non ne avrebbe nessun vantaggio, ma anzi un evidente danno, perché il rapporto di impiego resterebbe sospeso con grave danno per la carriera, l'anzianità, ecc. Si dichiara quindi contrario alla proposta dell'onorevole Mastrojanni.

Caristia dichiara di astenersi dal voto, perché questa materia è di pertinenza della legge elettorale.

De Vita dichiara che potrebbe accettare la proposta dell'onorevole Mastrojanni, qualora egli volesse integrarla nel senso che nessun pregiudizio di carattere economico, o nei riguardi della carriera, deve derivare per chi ricopre cariche politiche o pubbliche.

Cevolotto dichiara di votare contro l'emendamento dell'onorevole Mastrojanni, non soltanto per le ragioni che ha espresso l'onorevole Dossetti, alle quali aderisce, ma anche perché vi sono delle cariche pubbliche le quali importano un impiego di tempo così limitato che non è affatto necessario di sospendere il rapporto di impiego.

Mastrojanni chiarisce che non è il fatto economico che lo preoccupa, ma quello di rendere assolutamente libero l'individuo di poter esercitare una pubblica funzione: libertà che non potrebbe essere esplicata, nell'interesse della collettività, se persistesse quel rapporto di soggezione all'ente datore di lavoro da cui il lavoratore continuerà a dipendere.

(L'emendamento dell'onorevole Mastrojanni è respinto con 12 voti contrari, 1 favorevole e 1 astenuto).

Il Presidente Corsanego pone in votazione il secondo comma dell'articolo:

«Per l'adempimento delle funzioni pubbliche ogni cittadino ha diritto di disporre del tempo necessario e di non essere privato del suo posto di lavoro».

Mastrojanni dichiara di votare contro questo capoverso per le ragioni che ha già esposto e che intende ribadire: chi è investito di pubbliche funzioni deve essere persona assolutamente libera da vincoli di impiego e da soggezioni, perché solo l'uomo libero ha diritto di esercitare il mandato della collettività e deve per l'esercizio di questa alta ed eccelsa missione sacrificare quello che può essere anche l'interesse particolare ed economico.

(Il capoverso è approvato con 11 voti favorevoli, 2 contrari e 1 astenuto).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti