[Il 3 ottobre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione inizia la discussione generale sui principî dei rapporti sociali.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della seduta.]
Togliatti, Relatore. [...] Osserva che, in questa materia, nelle altre Sottocommissioni si è adottata, per la proprietà, la stessa divisione: proprietà privata, cooperativa, statale. Egli ha cercato di essere più preciso, perché ha parlato di mezzi di produzione, che è ciò che l'interessa, mentre non l'interessa la proprietà dei beni di consumo, cioè quella che potrebbe chiamare la proprietà personale. In questo campo debbono valere norme diverse.
Lo interessa la proprietà dei mezzi di produzione, perché quando essa ecceda determinati limiti e quantitativi, quando diventi ingente per la sua mole, oppure monopolistica, minaccia da un lato le uguali condizioni di esistenza dei cittadini — e quindi quel minimo indispensabile di mezzi di sussistenza che il collega Lucifero invano vorrebbe garantire con la pura e semplice libertà — e dall'altro minaccia, come l'esperienza fascista ha dimostrato, la libertà dei cittadini e quella dello Stato stesso.
Qui si collega l'altro problema cui ha accennato nella sua relazione, il problema delle garanzie contro il ritorno della tirannide, contro il ritorno sopraffattore degli elementi più avidi della società capitalistica, perché se si lascerà ad essi libero giuoco, arriveranno inevitabilmente ad avere nelle loro mani una massa tale di mezzi economici per cui domineranno di nuovo la vita del Paese. Questa è una esperienza ormai universale, ed è per questo che dappertutto oggi si prendono misure di nazionalizzazione, le quali, se hanno da un lato un valore economico, ne hanno dall'altro uno politico, e rappresentano la strada per cui i popoli cercano di orientarsi verso nuove finalità evitando quelle situazioni che sfociano nelle guerre di sterminio a cui si è assistito e che potrebbero di nuovo verificarsi domani.
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Dossetti. [...] Dichiara di poter condividere in gran parte l'impostazione che l'onorevole Togliatti ha voluto fissare. Ritiene infatti che un controllo sociale della vita economica, da realizzarsi attraverso certe strutture che dovranno essere più analiticamente esaminate, sia una necessità assoluta alla quale non ci si possa in alcuna maniera sottrarre, una necessità imposta dalla vita.
Crede indispensabile, al fine di temperare e ridurre gli egoismi, l'affermazione di questa direttiva fondamentale che, naturalmente, dovrà concretarsi in una serie di istituti che rappresentino determinate configurazioni del diritto di proprietà, della organizzazione aziendale e della stessa funzione degli organi statali in ordine all'attività economica: tutti punti questi che dovranno essere singolarmente esaminati. Ritiene comunque che le preoccupazioni e le diffidenze che possono determinare l'onorevole Lucifero ed anche altri componenti della Sottocommissione a resistere ad alcune delle impostazioni espresse dall'onorevole Togliatti (e che l'oratore in gran parte condivide) risulteranno infondate quando si affermi che la direttiva fondamentale di un controllo della vita economica tale che orienti la vita economica stessa a vantaggio della collettività ed a garanzia della espansione di tutti i suoi componenti, deve esplicarsi con l'osservanza di alcune condizioni fondamentali. E la prima condizione è quella della libertà politica, cioè di una democrazia politica, la quale nel contempo assicuri la possibilità di effettuare il controllo sociale sulla vita economica.
Se, come pare intenzione comune, con la Costituzione si cercherà di stabilire la base di una effettiva democrazia politica, il controllo sociale sulla vita economica che si verrà eventualmente ad introdurre non incrinerà la possibilità di vita economica del paese, anzi la renderà effettiva in tutte le direzioni e in tutti i sensi, dando così la garanzia che non vi possano essere deviazioni.
Altra condizione, che ritiene fondamentale, è quella di un riconoscimento, e quindi di una garanzia costituzionale di un minimo di proprietà che giustamente l'onorevole Togliatti ha voluto qualificare, più che proprietà privata, proprietà personale. Accetta in pieno questa impostazione, salvo a discutere come essa possa estrinsecarsi ed in quale misura i mezzi di produzione possano esser fatti rientrare in una proprietà personale.
Per ora, vuol ripetere l'affermazione che un controllo sociale della vita economica che si ispiri a queste tre garanzie essenziali: effettiva democrazia politica, che consenta la più larga possibilità di critica nei confronti del modo con cui il controllo economico viene esercitato; garanzia di un minimo di proprietà personale come risultato del lavoro e del risparmio di ciascuno; articolazione, infine, dei diversi organi in cui il controllo sociale della vita economica si verrà a realizzare, in maniera che non si abbia un accentramento esclusivo e sopraffattore nelle mani dello Stato; un controllo siffatto non solo non è dal suo partito temuto come motivo di sopraffazione o di limitazione della libertà personale, ma anzi è auspicato come l'unica possibilità per dare alle libertà, espresse in termini generici ed in termini giuridici, un contributo effettivo e concreto.
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Mastrojanni. [...] Ritiene che quanto ha affermato l'onorevole Dossetti debba avere il collaudo di una esperienza pratica: bisogna evitare di affezionarsi a seducenti dottrine che poi rimangano inattuabili. È perfettamente d'accordo sulla necessità di venire incontro alle categorie non abbienti e di garantire a tutti il lavoro e quindi un minimo di esistenza; egli è però della opinione che non bisogna contrastare quelli che sono i beni concessi da Dio stesso all'uomo, nel senso che l'uomo non debba essere livellato sotto il rullo compressore, alla stregua di qualunque altro; l'uomo deve essere lasciato libero di esplicare un'attività secondo la propria intelligenza e di esercitare le proprie iniziative senza vincoli e senza preoccupazioni di vedersi tolto dalla comunità sociale quanto in misura più vasta riesce a produrre ed a creare.
Queste le considerazioni di ordine logico che crede debbano essere tenute presenti, tanto più in quanto lo Stato può intervenire egualmente ad incidere sul cumulo delle ricchezze.
Si tratta di una questione di sistema e di conoscenza della psicologia umana: nello Stato italiano vanno attuati principî e sistemi che perseguano i fini sociali, che non debbono urtare la suscettibilità dei singoli.
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Mancini dichiara di aderire perfettamente al pensiero così limpidamente espresso dall'onorevole Togliatti, per le seguenti ragioni:
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4°) perché il controllo sociale sulla vita economica si risolve sempre a favore della collettività, a favore di quelle esigenze della solidarietà sociale, e di quel perfezionamento sociale economico e culturale dell'individuo, affermato nei due articoli discussi nella precedente seduta[i].
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Lucifero, Relatore. [...] È perfettamente convinto che l'onorevole Dossetti è mosso da intendimenti e pensieri ben diversi, ma la sua teorica è la teorica dello Stato corporativo. Non vede infatti come si possa parlare di libertà politica quando c'è una soggezione economica totale: i due termini sono talmente in contrasto che non è possibile ammetterli, a meno che non si accetti la famosa scusa dei fascisti i quali dicevano di avere in seno la loro opposizione. Una delle crisi della nostra democrazia è che certi conflitti si svolgono in seno ai partiti invece di svolgersi in seno al Paese.
Si ribella all'affermazione di voler dare un determinato contenuto alla democrazia, perché la democrazia non può averlo. Quando alla democrazia si vuol dare un determinato contenuto che escluda nel modo più assoluto la possibilità che altri contenuti democratici possano in essa realizzarsi, si uccide la democrazia.
Insiste quindi nel suo concetto originario, che cioè si deve fare uno statuto che non sia una macchina che arrivi fino a conseguenze che non servono se non a distruggere la vita di un individuo libero in una democrazia libera.
La Pira rileva che, data l'attuale situazione di fatto, nella quale esistono larghe crisi periodiche di disoccupazione mentre non è attuata una effettiva e consapevole partecipazione della massa lavoratrice al meccanismo produttivo, sorge il problema: l'ordinamento economico liberale, che ha creato questi due fatti, ha una virtù interna tale da poterli superare? La risposta non può essere che negativa. Di qui la domanda: qual è lo strumento economico nuovo e quindi la nuova struttura economica capace di superare questi due fatti? Respinto l'ordinamento liberale, occorre creare una struttura economica nuova, la quale realizzi quella dignità della persona umana sulla quale tutti sono d'accordo.
Non può quindi accedere alla tesi Lucifero, ma si muove nella direzione indicata dall'onorevole Togliatti, nel senso cioè di creare questo strumento nuovo che permetta di realizzare una dignità effettiva e non astratta della persona umana.
Lucifero, Relatore, afferma che tutti sono d'accordo sulla necessità di stabilire in concreto questa dignità umana. Il contrasto sta nel metodo per risolvere il problema. Ed egli, senza affermare superbamente di essere in possesso del metodo sicuro, ritiene più modestamente che molti metodi diversi potrebbero avviare alla soluzione il problema e quindi vuole lasciare a tutti la porta aperta.
Quanto all'affermazione dell'onorevole La Pira circa l'economia liberale, tiene subito a fare una distinzione fra vecchio e nuovo liberalismo, rilevando che quest'ultimo accetta le concezioni di nazionalizzazione, di controllo e di coordinamento dello Stato che non appartengono certo al vecchio liberalismo.
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Mastrojanni osserva che, mentre socialisti, comunisti, democristiani, tendono ad una realizzazione quasi immediata del loro programma attraverso una coercizione che dallo Stato si riflette sui cittadini, egli ritiene invece che si debbano realizzare i fini economici di solidarietà sociale attraverso i sistemi liberali, cioè senza la coercizione e l'onnipotenza dello Stato.
All'onorevole La Pira, che ha accennato quale obiettivo principale quello della dignità umana, risponde che l'aspirazione che questa dignità umana assurga alla sua potenza e al suo sviluppo completo, è anche la sua aspirazione; ma egli, per dignità umana, non intende solamente quella che si riflette nei confronti del meno abbiente, ma quella che si riflette su tutti gli uomini, abbienti e non abbienti. Si coarta la dignità dell'abbiente quando lo si aggredisce con leggi che contrastano quello che è il suo patrimonio, che può essere stato accumulato con la sua intelligenza. E questa non è giustizia.
Fa poi osservare all'onorevole La Pira che non è assolutamente vero che il concetto liberistico non abbia esaurito nessuno dei presupposti sui quali si intende formulare la nuova Costituzione; e ricorda che la prima legge la quale sia intervenuta in favore degli impiegati privati è precisamente quella del 1919, formulata da Vittorio Emanuele Orlando, cioè quando si era ancora in pieno regime liberale. Oggi vi sono la legge sulla invalidità e vecchiaia, quella sulla disoccupazione e tutte le provvidenze sociali, sia pure in modo embrionale ed imperfetto, e tutte queste non sono la creazione di nuove concezioni, ma il patrimonio di una evoluzione che progressivamente si è affermata. Qui, ora, ben poco si porta di nuovo: si porta un esperimento che potrebbe essere catastrofico, perché si intende aggredire la ricchezza accumulata, in quanto si ritiene che essa costituisca il risultato di una precorsa attività peccaminosa e non sia prodigata — come deve — nell'interesse sociale. In altri termini, si vuole tarpare l'iniziativa privata: errore gravissimo, perché con questo si attribuisce allo Stato quella onnipotenza della quale si è dimostrato non solo immeritevole, ma anche incapace.
Dall'esperienza di questo triennio successivo alla liberazione, ha tratto la convinzione che, il Governo è riuscito a realizzare, ben poco perché i problemi sociali non possono essere affrontati con delle soluzioni rivoluzionarie, attraverso una irreggimentazione dello Stato.
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Moro osserva che è effettivamente insostenibile la concezione liberale in materia economica, in quanto vi è necessità di un controllo in funzione dell'ordinamento più completo dell'economia mondiale, anche e soprattutto per raggiungere il maggiore benessere possibile. Quando si dice controllo della economia, non si intende però che lo Stato debba essere gestore di tutte le attività economiche, ma ci si riferisce allo Stato nella complessità dei suoi poteri e quindi in gran parte allo Stato che non esclude le iniziative individuali, ma le coordina, le disciplina e le orienta. Esprime la certezza che da questo controllo economico, nello Stato democratico, non nascerà un totalitarismo economico né politico. Lo stato fascista non era uno Stato democratico, era anche nelle sue forme di controllo uno Stato delle classi capitalistiche, le quali non tutelavano gli interessi della collettività, ma tutelavano gli interessi della classe che rappresentavano.
Non è possibile permettere che gli egoismi si affermino, ma è necessario porre la barriera dell'interesse collettivo come un orientamento e un controllo di carattere giuridico. Ed è nell'ambito di questo controllo che lo Stato permetterà delle iniziative individuali, finché rientrino nell'ordinamento generale, di svolgersi liberamente. E queste iniziative individuali sono consacrate con il riconoscimento della proprietà personale.
[i] Il riferimento è agli articoli discussi l'1 e il 2 ottobre relativamente alle finalità delle libertà. Non essendo tali articoli entrati nel testo definitivo della costituzione, la relativa discussione è stata inserita nelle appendici.
A cura di Fabrizio Calzaretti