[Il 7 maggio 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo terzo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti economici».
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Della Seta. [...] Per quanto riguarda lo sciopero consacrato, nell'articolo 36, come un diritto dei lavoratori, esso è un diritto incontestabile. In sé e per sé esso è un ricorso alla forza; ma, spogliato ormai di quelle forme violenti onde, negli anni lontani, si caratterizzò quando si attuò, esso oggi è una forma civile di lotta per la emancipazione del lavoro.
Si potrebbe discutere se lo sciopero, non essendo un vero e proprio diritto naturale, ma un mezzo, un metodo di lotta, non ritrovi, pel riconoscimento, la sua propria sede in una legge, in un codice del lavoro, anziché nella Costituzione. È facile rispondere che ciò che con una legge si riconosce può con altra legge essere abrogato; e un nuovo vento di reazione potrebbe domani far considerare lo sciopero come in regime fascista fu considerato, cioè non come diritto, ma come delitto.
Un qualche collega ha voluto fare la distinzione tra sciopero economico e sciopero politico, ammettendo il primo, non legittimando il secondo. Vana distinzione. Ogni sciopero, in quanto astensione dal lavoro, è un fatto essenzialmente economico; ma diverso può esserne il fine. Normalmente si lotta, con lo sciopero, per talune rivendicazioni economiche; ma ciò non toglie che lo sciopero, ad una data ora, possa prefiggersi una data finalità politica. E non saremo noi davvero che lo respingeremo per usarlo, con la debita circospezione, come una valida arma di lotta in difesa delle pubbliche libertà e contro ogni possibile reazione.
Tutti i lavoratori, si legge nel testo, hanno diritto di sciopero. Tutti?. Anche i funzionari dello Stato? Anche gli addetti ai pubblici servizi? Punto oggi molto controverso.
Quanto ai pubblici funzionari, non saprei nascondere il mio grande senso di disagio quando apprendo, ad esempio, il minacciato sciopero dei magistrati o lo sciopero degli insegnanti. Sarà la mia forse una mentalità arretrata, ma così è. È un disagio il mio che non vuol essere, semplicemente, preoccupazione e deplorazione per l'astensione da alte funzioni inerenti alla vita dello Stato, ma è anche condanna di un ordinamento statale, il quale, profittando di un tradizionale dignitoso riserbo di una categoria benemerita di lavoratori, non sa assicurare a questi lavoratori, mentre tanto e tanto in altri campi si sperpera, un trattamento economico adeguato alle funzioni che esercitano e soprattutto alle mutate condizioni di vita. Non bisogna troppo abusare della dignitosa pazienza altrui. La corda a lungo tesa si spezza.
Quanto agli addetti a dati pubblici servizi io sono contro lo sciopero, recisamente. Comprendo lo sciopero dei tramvieri, non comprendo lo sciopero degli infermieri. Date prestazioni di opera implicano grande spirito di sacrificio ed alto senso di responsabilità. Il che non significa che questi lavoratori non debbano essere tutelati nei loro diritti. Io arriverei a concepire, in loro difesa, uno sciopero di solidarietà di altre categorie di lavoratori. Ma certi pubblici servizi, per senso di umanità, non debbono essere abbandonati. Non si può concepire uno sciopero degli infermieri o dei farmacisti. Hanno scioperato una volta anche i becchini. Stavo per dire che talvolta scioperano anche... i deputati (Ilarità).
Concludendo, si deve riconoscere per i lavoratori il diritto di sciopero, ma come un diritto il cui esercizio dai dirigenti responsabili deve essere severamente vigilato e disciplinato. Un diritto ad ogni modo cui, come extrema ratio, si dovrebbe ricorrere solo dopo un tentativo di conciliazione, dopo il ricorso ad un arbitrato.
Di Vittorio. Si fa sempre.
[...]
Taviani. [...] Un altro punto: il diritto di sciopero! Anche qui il nostro pensiero sgorga logicamente dalle posizioni generali che ho cercato di precisare. In uno Stato perfettamente capace di realizzare la giustizia non dovrebbe esservi lo sciopero. Di questo siete convinti anche voi, colleghi comunisti; soltanto che, per voi, questo Stato perfetto già esiste ed in esso difatti è proibito il diritto di sciopero.
Per noi è lecito supporre che sia almeno più difficile di quanto voi non riteniate, realizzare su questa terra una tale perfezione. Nell'ipotesi che essa per ora non esista, o che addirittura non possa esistere, resta a vedere se la Costituzione deve tener conto di quello che è un aspetto patologico della vita economico-sociale. Ecco perché comprendiamo benissimo quello che è stato detto testé dall'onorevole Della Seta. È il caso, egli si è chiesto e si chiede qualcuno, anche fra noi, di inserire questo diritto nella Costituzione? Esso non è altro che la logica derivazione del diritto alla legittima difesa, non è che una triste necessaria conseguenza di un rapporto di forza, lo ha detto testé l'onorevole Della Seta, fra capitale e lavoro. Qualcuno, più drasticamente, parla addirittura di una legge della foresta. Ora, lo Stato può sopportare, può comprendere che ciò si verifichi, che i lavoratori abbiano il diritto di difendersi, ma può apparire vano, inutile, superfluo intervenire a codificare o disciplinare dei rapporti di forza. Noi credevamo che questa fosse la vostra tesi (Si rivolge a sinistra) e dovrebbe esserlo, logicamente.
Noi non riteniamo peraltro, data la nostra concezione realistica, che questa tesi si debba senz'altro accettare. Noi riteniamo che la Costituzione possa e debba parlare del diritto di sciopero, non debba ignorare la facoltà dello sciopero, ma, intendiamoci, riteniamo che questa facoltà debba esercitarsi nell'ambito delle leggi. Tutti gli altri diritti, sanciti e riconosciuti in questo Titolo, anche il diritto di proprietà privata, che è diritto naturale, anche il diritto di iniziativa personale, il diritto al lavoro, il diritto all'assistenza, tutti vengono ricondotti alla legge che li regola, li disciplina e li determina. Perché non si dovrebbe fare la stesso anche per il diritto di sciopero?
Se noi dovessimo entrare nel merito — e già ne ha parlato ieri l'onorevole Belotti — potremmo prendere in considerazione lo sciopero nel caso dei servizi pubblici, nel qual caso concordiamo con le osservazioni dell'onorevole Della Seta. Sennonché pare ingenuo ritenere che vi possa essere una categoria di persone che debba scioperare in luogo di coloro che sono adibiti ai servizi pubblici, quasi che vi siano degli addetti al servizio di sciopero! Particolarmente significativa è poi la condizione dei pubblici ufficiali, per i quali, secondo l'espressione paradossale dell'onorevole Molè, si verificherebbe il caso dello Stato che sciopera contro lo Stato. Noi non avremmo nulla in contrario all'articolo della prima Sottocommissione, dove si entra nel merito per quanto concerne le modalità di questo diritto. Se non si ritiene di dover entrare nel merito, noi possiamo aderire ad una dizione simile a quella della Costituzione francese.
[...]
Di Vittorio. [...] Permettetemi ora di dire poche parole sulla questione più dibattuta di questa Assemblea: la questione del diritto di sciopero. Numerosi colleghi hanno detto: è proprio necessario sancire il diritto di sciopero nella Costituzione? Anche l'onorevole Della Seta si domandava poco fa: non sarebbe sufficiente che una legge ordinaria dello Stato togliesse il divieto del diritto di sciopero? Noi riteniamo che ciò non sarebbe sufficiente. L'onorevole Nitti, l'altro giorno, domandava in quale altra Costituzione è sancito il diritto di sciopero e perché lo dovremmo sancire proprio noi in Italia. Vi è una risposta a questa domanda dell'onorevole Nitti. Noi non possiamo prescindere dal fatto che in Italia, per circa 20 anni, il diritto di sciopero è stato negato. Lo sciopero era considerato un crimine, un delitto, punito dalla legge, e noi usciamo dal regime che aveva reso lo sciopero un crimine. Evidentemente in altri Paesi democratici, che non hanno avuto la lunga parentesi del fascismo, il diritto di sciopero è un diritto così naturale, che è superfluo sancirlo nella Costituzione, perché ormai è entrato nel costume e nella vita nazionale e più nessuno lo pone in discussione.
Benedettini. Più nessuno? Tutti lo mettiamo in discussione! (Rumori a sinistra).
Di Vittorio. Ma io ho detto in altri paesi democratici...
Benedettini. Come in Russia per esempio! (Commenti).
Di Vittorio. Voi siete un prolungamento del passato! (Applausi a sinistra).
Una voce a destra. C'è in Russia diritto di sciopero? (Commenti).
Di Vittorio. A proposito di questa interruzione, devo osservare che si dice comunemente, anche in questa Assemblea, che in Russia è proibito lo sciopero, non esiste il diritto di sciopero; ma questo non è vero, in Russia non vi è più lo sciopero perché non vi sono più i rapporti sociali che vi sono qui. (Commenti a destra).
Una voce a destra. Il fascismo diceva la stessa cosa!
Di Vittorio. La ragione, dicevo, è molto semplice.
In Russia è stato abolito per sempre lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo; non vi è più nessuno, in Russia, che si arricchisca sul lavoro degli altri e che sfrutti il lavoro degli altri, e quindi lo sciopero non c'è più perché è venuta a mancare la causa stessa dello sciopero, che è lo sfruttamento dei lavoratori da parte dei capitalisti.
Una voce a destra. Ma c'è lo Stato. (Commenti — Interruzioni a sinistra).
Presidente Terracini. Prosegua, onorevole Di Vittorio.
Di Vittorio. Allora, onorevole Nitti, la necessità di inserire nella nostra Costituzione il diritto di sciopero deriva appunto dal fatto che usciamo dal fascismo. Si vuole creare una contrapposizione netta fra la nuova democrazia italiana ed il fascismo, specialmente col riconoscimento di questo diritto fondamentale del proletariato e di tutti i lavoratori: il diritto di sciopero, che è una delle principali conquiste del movimento operaio moderno, è una delle armi essenziali di difesa nel mondo del lavoro, e fa parte dell'integrità e della libertà della persona umana.
Perciò, noi riteniamo che sia indispensabile che questo diritto rimanga sancito nella nuova Costituzione della Repubblica italiana.
È stato osservato ancora che non si specifica se si tratti di sciopero economico o di sciopero politico. Signori, qui si tratta di riconoscere il diritto di sciopero. La natura ed il carattere dello sciopero deve derivare dalla volontà collettiva dei lavoratori che, in un determinato momento, credono necessario scioperare. Lo sciopero, ordinariamente, ha carattere economico: tende alla difesa di interessi immediati e concreti dei lavoratori, alla conquista di nuovi diritti nel campo del lavoro. Ma vi è anche lo sciopero politico, vi è anche lo sciopero di solidarietà. E nessuno deve scandalizzarsi se si dichiara democratico lo sciopero politico, perché, nella storia del movimento operaio italiano e mondiale, vi sono numerosi esempi di scioperi politici, che sono riusciti a salvare la democrazia, e ad impedire l'avvento violento della reazione al potere. Basterebbe ricordare lo sciopero generale in Germania del 1920 contro il putsch del generale Von Kappler; lo sciopero generale del 1934 in Francia, quando il movimento fascista delle Queues de feu aveva organizzato l'assalto al Parlamento per dare un colpo mortale alla democrazia e impossessarsi del potere. È stato lo sciopero generale degli operai e dei lavoratori tutti di Parigi e della Francia che ha impedito ai fascisti francesi di prendere il potere. Peccato che non siamo riusciti in Italia, nel 1922, a fare altrettanto. Il nostro Paese sarebbe stato salvato, fra l'altro, dall'abisso in cui è precipitato. (Applausi a sinistra).
Benedettini. Quali erano i fascisti francesi, onorevole Di Vittorio? (Commenti — Interruzioni a sinistra).
Di Vittorio. Onorevole Benedettini, c'erano le Queues de feu del colonnello Laroque ed i nazionalisti monarchici destinati nel mondo moderno ad essere fascisti dappertutto.
Ma, sulla questione del diritto di sciopero, la maggioranza dell'Assemblea, così come la grande maggioranza della Commissione dei settantacinque, è evidentemente favorevole, in linea generale.
Un dissenso, specialmente fra noi di questa parte dell'Assemblea e gli amici democristiani, sorge sulla estensione di questo diritto.
Gli amici democristiani e ciò che mi meraviglia, anche l'onorevole Della Seta del Gruppo repubblicano, sono per la limitazione del diritto di sciopero, per escludere dal diritto di sciopero i lavoratori dei servizi pubblici, i lavoratori cioè statali ed i lavoratori di determinate produzioni da determinarsi, e ciò per difendere contro lo sciopero eventuale i diritti della collettività.
Su questo punto si è fatta anche molta retorica: si è parlato dell'eventuale sciopero dei medici, degli infermieri del manicomio, dei farmacisti, delle levatrici, dei becchini e di tante altre cose del genere.
È evidente, onorevoli colleghi, che in ogni regolamento ed in ogni manifestazione della vita vi può essere qualche cosa di assurdo, spingendo fino alle ultime conseguenze teoriche ogni posizione. Io ricordo che, quando, ancora ragazzo, cominciavo a lavorare nel movimento sindacale del mio paese, ci si batteva per le otto ore di lavoro; ricordo che una delle osservazioni più comuni, quella che aveva ottenuto il maggior successo contro la nozione delle otto ore di lavoro, anzi, contro il principio della determinazione delle otto ore di lavoro era questa, abbastanza ridicola: come fa il cliente che si trova dal barbiere allo scoccare delle otto ore con mezza barba fatta? Andrà in giro con l'altra mezza barba non fatta? Ed i reazionari di quel tempo credevano di aver fatto una osservazione così interessante e definitiva da dover scoraggiare i lavoratori nell'insistere nella richiesta della determinazione delle otto ore di lavoro.
Si rassomigliano molto a questa osservazione altre osservazioni che ho sentito fare a proposito del diritto di sciopero per i funzionari e per i lavoratori dei pubblici servizi. È evidente che il movimento sindacale, che in alcune regioni ed in alcune zone in particolare rappresenta la maggioranza del popolo, non è insensibile allo sciopero dei servizi pubblici; perché gli stessi lavoratori organizzati nei sindacati sono i primi ad essere danneggiati da determinati scioperi di determinati servizi pubblici: per esempio, lo sciopero dei tranvieri, dei ferrovieri ecc. Perciò i lavoratori organizzati nei sindacati si preoccupano a che non vi siano scioperi che possano danneggiare altri lavoratori e possano avere delle conseguenze negative nella vita nazionale del Paese. Ma evitare lo sciopero nei servizi pubblici, quando è una esigenza effettiva della vita collettiva della Nazione, deve essere il prodotto spontaneo della libera volontà dei lavoratori interessati e non una imposizione violenta che venga dalla legge. Tanto è ciò vero, che lo statuto della Confederazione del lavoro, lo statuto che i lavoratori si sono dati essi, liberamente, senza nessuna ingerenza governativa, stabilisce tassativamente una remora allo sciopero dei servizi pubblici, se volete, un'autolimitazione. Cosa dice lo statuto della Confederazione? «I lavoratori dei servizi pubblici, prima di effettuare uno sciopero, devono avere l'autorizzazione del Comitato direttivo della Confederazione del lavoro», cioè dell'organo centrale dirigente che rappresenta non l'una o l'altra categoria dei lavoratori, ma l'insieme dei lavoratori italiani, cioè una parte notevole della collettività nazionale.
Del resto, i lavoratori dello Stato e degli altri enti parastatali o enti locali stanno dando e hanno dato tante e tali prove, non solo della loro maturità sindacale, ma del loro altissimo senso civico, che veramente, da parte dell'Assemblea Costituente, negare di sancire nella Carta costituzionale il diritto di sciopero significherebbe compensare troppo male il loro senso di civismo. Non ho bisogno di spendere molte parole: tutti qui sappiamo quanto siano gravi oggi le condizioni economiche dei lavoratori statali e anche di lavoratori sottoposti a lavoro pesante e sfibrante come i ferrovieri, come i postelegrafonici; ciò è vero anche per tutte le categorie statali, compresi i maestri, i professori, i magistrati, i funzionari di ogni grado. Ebbene, malgrado questa situazione di estremo disagio, malgrado che il Governo si sia sentito nella necessità di rispondere «no» per un certo tempo ad alcune rivendicazioni minime più che giustificate — e riconosciute giustificate dallo stesso Governo — da parte dei lavoratori, non abbiamo avuto degli scioperi nel nostro Paese. Quando, per esempio, di fronte ai ferrovieri, molti dei quali invocano dalla Confederazione del lavoro la facoltà di scioperare per far valere le proprie rivendicazioni più che giustificate, da parte di altri ferrovieri e della Confederazione del lavoro si è fatto osservare che oggi uno sciopero delle ferrovie metterebbe in pericolo intere popolazioni che hanno l'approvvigionamento di 24 o 48 ore e che, mancando gli approvvigionamenti, a causa dello sciopero delle ferrovie, intere popolazioni resterebbero senza pane, i ferrovieri, come i postelegrafonici, come tutti gli altri lavoratori dello Stato, pure in condizioni di fame, di miseria atroce, non hanno scioperato, dando una prova grandiosa — per me — del loro spirito civico e del loro senso di solidarietà con gli interessi generali della Nazione e del popolo italiano (Vivi applausi a sinistra).
Volete proprio compensare adesso questo atteggiamento dei lavoratori statali, parastatali e degli enti locali di fronte agli interessi del Paese con un diniego del diritto di sciopero? Che cosa significherebbe questo?
Belotti. Non è un diniego. Si tratta di disciplinare il diritto di sciopero. (Commenti — Rumori all'estrema sinistra).
Di Vittorio. Ciò significherebbe che l'Assemblea Costituente non avrebbe fiducia nel senso civico e nello spirito di abnegazione dei lavoratori dello Stato ed avrebbe fiducia invece nei poteri dello Stato, in leggi dello Stato che con mezzi coercitivi dovrebbero impedire lo sciopero.
Signori, se non temessi di annoiarvi, potrei citarvi dei dati dai quali risulta che in tutti i Paesi, fino a quando il diritto di sciopero è stato negato, ostacolato, limitato o disciplinato come dice l'onorevole collega (che è, poi, la stessa cosa) gli scioperi sono stati più numerosi e più violenti. Quando invece il diritto di sciopero è stato largamente riconosciuto ai lavoratori, gli scioperi sono stati di numero inferiore ed hanno avuto sempre un carattere più normale e meno violento.
Questo deve valere anche per i lavoratori dello Stato.
In ultimo vorrei fare una semplice osservazione: i lavoratori dello Stato, i funzionari di ogni grado, in grande maggioranza laureati, i quali nella loro maggioranza non sono orientati verso principî di carattere estremista, sono tutti, dico tutti, assolutamente unanimi nel rivendicare il diritto di sciopero, e parlo di lavoratori che nessuno qui e fuori di qui avrebbe il diritto di accusare di mania scioperaiola, perché non hanno mai scioperato.
Ma tutti questi lavoratori, compresi i lavoratori democratici cristiani, i lavoratori liberali e ce ne sono anche alcuni qualunquisti, tutti in seno ai sindacati sono unanimi nel rivendicare il diritto di sciopero perché, signori, ci sono molti dissensi su questa questione nella Costituente, nella stampa, nei circoli più o meno ben pensanti, ma in seno alle masse lavoratrici non vi è nessuna discussione in materia. Tutti i lavoratori approvano unanimemente il diritto di sciopero esteso a tutti i lavoratori.
Perciò noi domandiamo all'Assemblea Costituente di avere fiducia nelle masse lavoratrici, nel popolo lavoratore. Un Governo democratico deve essere e deve sentirsi così legato alla massa operaia e alla classe lavoratrice in generale da non avere nessun timore, nessuno! Se uno sciopero può avere conseguenze negative deprecabili per la vita del Paese, lasciate che gli stessi lavoratori lo apprezzino e la loro rinunzia allo sciopero sia il prodotto di una libera volontà dell'uomo direttamente e collettivamente interessato e non il prodotto di una coercizione, di una legge, di una imposizione che proviene dall'alto!
Belotti. C'è l'esempio della Russia! (Vive proteste a sinistra).
Di Vittorio. L'ho già detto, ma sento la necessità di ripetere al collega che ha interrotto che in Russia c'è il diritto di sciopero come tutti gli altri diritti; soltanto, gli operai non fanno oggi lo sciopero, perché lo farebbero contro se stessi, lo farebbero contro il loro stesso interesse, poiché in Russia ognuno lavora. (Commenti — Interruzioni al centro e a destra).
Sarebbe molto utile che si cominciasse ad imparare che cosa è la Russia, che cosa c'è in Russia! (Commenti — Interruzioni a destra e al centro).
Presidente Terracini. Prego i colleghi di non interrompere. Onorevole Di Vittorio, prosegua il suo discorso.
Di Vittorio. Onorevoli colleghi, io credo che la maggioranza dell'Assemblea, come già nella Commissione dei settantacinque, vorrà approvare nel suo complesso il Titolo III del progetto di Costituzione, ivi compreso il diritto di sciopero puro e semplice, così come è stato redatto, senza restrizioni, compiendo in tal modo un gesto di fiducia cosciente e consapevole verso le masse lavoratrici. E credo che così facendo l'Assemblea Costituente risponderà alle più vive aspettative delle masse lavoratrici italiane, le quali auspicano di realizzare nell'ordine, nella calma, nella legalità i nuovi diritti che hanno già di fatto conquistato e le riforme strutturali, sociali, che sono indispensabili per aprire al nostro Paese un'era di tranquillità, di benessere e di pace, che deve permettere ai lavoratori italiani, manuali ed intellettuali, cioè alla grande maggioranza del popolo, di conquistare un livello superiore di benessere e un più alto grado di civiltà. (Vivi applausi a sinistra — Congratulazioni).
[...]
Presidente Terracini. [...] Ha facoltà di parlare l'onorevole Ghidini, a nome della Commissione.
[...]
Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. [...] questioni di carattere generale quasi non ne sono state fatte, molte invece di carattere particolare e colla maggiore serenità, salvo che nel tema dello sciopero. Ma anche in tema di sciopero non direi che esista un vero dissenso. Vi sono divergenza di vedute e differenza di temperamenti; ma si può dire che l'Assemblea è unanime almeno sulla convenienza di affermare nella Costituzione il diritto di sciopero. Solo dal Gruppo qualunquista è venuto un emendamento, quello dell'onorevole Giannini, in cui si dice che l'articolo 36 deve essere sostituito col seguente: «Lo sciopero e la serrata sono vietati. I conflitti del lavoro devono essere regolati dalla legge».
È forse questo l'unico emendamento che contrasti in pieno uno dei principî consacrati nella Carta costituzionale. Tutti gli altri rappresentano limitazioni o ampliamenti delle varie disposizioni del Titolo senza negarne però la essenza fondamentale.
A cura di Fabrizio Calzaretti