[Il 18 aprile 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo secondo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti etico-sociali».
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Gullo Fausto. [...] Io quindi sarei senz'altro per la seguente formulazione: «La Repubblica assicura alla famiglia le condizioni economiche necessarie alla sua formazione, alla sua difesa ed al suo sviluppo con speciale riguardo alle famiglie numerose». In tal modo l'articolo 23, privo della inutile definizione, non può non incontrare il plauso di quanti pensano che è necessario rafforzare il nucleo familiare, salvaguardarne i diritti, assumerne la tutela da parte dello Stato, ottenendo così che ogni cittadino possa crearsi una famiglia, e possa nello stesso tempo avere in essa quella sufficienza economica che ora non tutti trovano nel nucleo familiare.
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Si dice inoltre nel progetto che la Repubblica provvede alla protezione dell'infanzia e della gioventù, e questa è una norma quanto mai opportuna e necessaria. Forse è, se mai, censurabile perché essa non contempla un più largo campo di attività; ma comunque deve rimanere ben scolpito nella Costituzione della Repubblica italiana che la Repubblica provvede a questa protezione della maternità, e tutela (questo è il contenuto dell'articolo 26) l'igiene e la salute dell'infanzia e della gioventù. Non è concepibile che vi sia grandezza di Nazione, grandezza di popolo, dove ogni cittadino non abbia la possibilità di crearsi una famiglia e non si senta tutelato nella sua salute, e dove ogni cittadino non abbia la possibilità di soddisfare il suo desiderio di sapere. Io vedo questa parte della Costituzione come quella di più vitale importanza.
Fin qui la Costituzione ha disciplinato le prerogative del cittadino, gli ha riconosciuto il diritto di essere libero, ha tutelato in lui questo grande anelito di libertà che nessuna forza riuscirà mai a distruggere, ed ha fissato lapidariamente tutte le forme, i mezzi e le manifestazioni di questo diritto alla libertà.
Ma che cosa è mai questo diritto alla libertà, che cosa sono questi mezzi e queste forme se noi non facciamo del titolare di questo diritto un cittadino degno di tale nome, un cittadino che senta, che abbia la coscienza dell'importanza del diritto che egli è chiamato ad esercitare? Tutte le altre parti della Costituzione diventano caduche, vane, superflue, se noi non daremo l'esecuzione più precisa a queste norme, che sono le più importanti e che appunto tutelano il cittadino, assicurandogli un nido familiare che sia veramente tale e non un luogo di dolore e di pena, dandogli il modo di conservare la sua sanità fisica, cancellando così la vergogna di statistiche di mortalità che fanno orrore; e assicurandogli infine la possibilità di soddisfare la sua volontà di sapere. Soltanto così noi avremo fatto in maniera che tutte le altre norme abbiano anch'esse la loro effettiva applicazione.
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Molè. [...] Dopo aver inteso i discorsi, alcuni veramente notevoli, pronunciati dai rappresentanti di ogni parte dell'Assemblea, io voglio anzitutto, riesaminando l'articolo 23, affermare definitivamente il concetto che bisogna, da questo articolo, estromettere due enunciazioni inutili, o addirittura dannose: la definizione della famiglia, già pericolosa per se stessa come tutte le definizioni, e tanto più quando la definizione non definisce; e l'impegno solenne che alla Repubblica faremmo assumere di provvedere, con speciale riguardo, alle famiglie numerose: impegno, per i suoi riflessi concreti, anche più pericoloso della definizione della famiglia, perché risuscita ingrate memorie.
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Passo all'altro punto d'insanabile contrasto: l'impegno degli aiuti speciali di natura economica che lo Stato promette alle famiglie in formazione e alle famiglie numerose.
Che cosa significa? Risorgono dunque, in regime repubblicano, i premi di nuzialità, i premi di natalità del regime fascista? Anche la Repubblica alimenta la prolificazione per ragion di Stato? Il riaccostamento è ingrato come il ricordo è inevitabile. Ma altre cose io ricordo. Ricordo che le leggi della natura e della vita impongono il crescite et multiplicamini, ma le leggi della natura e della vita si affidano agli impulsi spontanei dell'amore, non hanno bisogno degli stimoli esterni della propaganda e degli argomenti persuasivi di natura economica.
Io ricordo che il biblico invito è nella politica di tutti i tiranni, che chi cercava l'inflazione demografica si chiamava Napoleone, erano i dittatori di tutte le epoche, tutti gli sfruttatori, tutti i negrieri, tutti i guerrieri, tutti coloro che avevano bisogno di soldati o di schiavi per dare olocausto di carne umana alle guerre e sfruttamento di lavoro umano alle grandi opere pubbliche, fossero gli acquedotti e i teatri romani o le piramidi egizie o il taglio delle foreste vergini nelle terre inesplorate.
Storie di tutti i tempi! E ancora ricordo un passo del Digesto, illustrato dal nostro grande maestro Vittorio Scialoja. La prolificità delle schiave era il pregio maggiore nelle famiglie servili, ed elevava il prezzo di vendita.
Schiavi, soldati, servi della gleba: è lo stesso.
Enfantez, mesdames! incitava l'Imperatore, perché voleva che le notti di Parigi colmassero i vuoti spaventosi dei suoi eserciti.
E nell'ultima recente esperienza che abbiamo purtroppo vissuto, per opera di dittatori, piccole ombre chinesi di questa grande figura storica, uno stesso programma di dominazione mondiale ispirò uno stesso programma di superproduzione demografica e di procreazione irresponsabile.
Ci fu in Italia un uomo che osò dire agl'italiani: «Non pensate, non occupatevi di politica, andate a teatro, andate alle gare di calcio, divertitevi! E soprattutto prolificate, prolificate quanto più potete; fatemi ogni anno un figliolo per il mio sogno imperiale. Niente tasse, ma premi per le famiglie numerose».
Della politica quest'uomo si occupò così bene che il sogno imperiale finì nel baratro della rovina e del disonore.
Ma il popolo italiano abboccò. E la miseria fu spinta a generare miseria. E le famiglie dei poveri, le famiglie dei pezzenti — stimolate da questa sconcia forma di corruzione statale — misero fuori ogni anno, regolarmente, altri pezzenti. E i figli e le madri rimasero a vivere di stenti in Italia e i padri furono mandati a morire lontano, in tutte le terre.
Crescite et multiplicamini? Sì, ma non a prezzo di moneta, non per precetto di Costituzioni e di legge. Questi fatti di natura abbiano il loro corso e si svolgano nell'ombra discreta, ubbidiscano alla sanità dell'amore, nell'intimità della famiglia. Perché noi che reprimiamo come delitto la soppressione dell'infante, e anche l'aborto, e proteggiamo fino la spes hominis, perché in chi non nasce, in ogni vita che poteva schiudersi e non si schiuse, si dilegua la speranza di un'aurora umana, destinata forse ad avere nel mondo una grande luce, riteniamo d'altra parte immorali e antisociali — soprattutto in un periodo come questo di scarse possibilità economiche, in un'Italia povera, in un territorio così sproporzionato alla popolazione — gli stimoli e le propagande irresponsabili di un esasperato accrescimento demografico.
Aiutiamo le famiglie, tutelandole nella salute della madre e dell'infante, assicurando ai genitori umane possibilità e condizioni di lavoro, accrescendo, come possiamo e quanto più possiamo, i mezzi dignitosi di vita.
Ma premi di nuzialità, no. E nemmeno premi di natalità. Non li possiamo, non li dobbiamo promettere. Noi dobbiamo promettere quel che possiamo mantenere.
[...]
Bruni. Signor Presidente, onorevoli colleghi, gli articoli 23, 24 e 26, che riconoscono i diritti della famiglia e l'indissolubilità del matrimonio, mi trovano consenziente, quanto alla loro sostanza.
A cura di Fabrizio Calzaretti