[Il 17 settembre 1946, la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione discute l'articolo 4 della proposta dei relatori La Pira e Basso che è così formulato:
«L'imputato è presunto innocente, fino a che con atto dell'autorità giudiziaria non sia stato dichiarato colpevole.
«La difesa processuale è garantita a tutti.
«Nessuno può essere sottoposto se non a giudici precostituiti ed a nessun titolo e sotto nessuna denominazione può essere creata una giurisdizione straordinaria».
In questa sede viene trattata solo la discussione relativa al primo comma. Il resto dell'articolo è stato trattato a commento degli articoli 24, 25 e 102.]
Il Presidente Tupini [...] pone in discussione il primo comma.
Cevolotto dichiara di non poter approvare la dizione, perché non può esistere nessuna presunzione di innocenza da parte dell'autorità nei riguardi dell'imputato, il quale non può essere condannato se non vi sono prove: bisogna provare che c'è un reato. Se si parte da una presunzione di innocenza, questa prova si trasforma in una prova contraria; è una presunzione, mentre invece ci vuole l'obbligo di una prova diretta dell'esistenza di un reato. Si rende conto che questa potrà sembrare una impostazione teorica, mentre le Costituzioni sono qualche cosa di pratico, e poiché tale presunzione c'è nelle altre Costituzioni è probabile che venga accolta anche nella nostra. Per suo conto ritiene che non sia esatta.
Mancini si dichiara contrario al concetto espresso dall'onorevole Cevolotto. Ricorda che nel Codice del 1913 si affermò la presunzione di innocenza dell'imputato, che parve una grande conquista. Vennero dopo i codici fascisti e fu messa da parte.
La Commissione deve affermare questo principio, e chiede pertanto che il comma venga modificato nella seguente forma: «L'innocenza dell'imputato è presunta fino alla condanna definitiva».
Mastrojanni osserva che la dizione: «atto dell'autorità giudiziaria» è imprecisa ed equivoca. Con ciò si potrebbe giungere all'assurdo che appena il giudice istruttore o il Procuratore della Repubblica hanno emesso ordine o mandato di cattura, essendo questi atti giudiziari, da quel momento la presunzione di innocenza viene a scomparire. Invece la presunzione deve permanere non fino a quando non vi è un atto giudiziario qualsiasi, ma fino a sentenza definitiva di condanna.
Cevolotto risponde che vi è il decreto penale.
Mastrojanni osserva che il decreto penale è suscettibile di opposizione, ed è emanato senza che sia udita l'altra parte. Il condannato per decreto penale ha diritto di produrre opposizione; ed allora soltanto il decreto penale può trasformarsi da giudizio unilaterale in giudizio in contraddittorio. Perciò la presunzione dell'innocenza dell'arrestato dura fin tanto che non vi sia una sentenza definitiva.
Cevolotto osserva che il decreto penale è una condanna che si pronuncia «inaudita altera parte» ed ammette una opposizione. È questa una forma di impugnativa, che importa un riesame del merito, come se non fosse stato emesso il decreto cui deve seguire una sentenza definitiva. Però se questa opposizione non viene sollevata la condanna diventa definitiva. Vi sono delle condanne definitive per decreto, oltre che per sentenza, che tolgono la presunzione di innocenza. Ecco perché egli preferisce la dizione «atto dell'autorità giudiziaria».
Moro rileva che si può discutere in sede dogmatica se e quando vi sia una presunzione di innocenza in senso stretto; ma in sede di Commissione preparatoria della Costituente si deve considerare il profilo politico della questione. Quindi la presunzione di innocenza, come una forma di garanzia della libertà individuale, come un ulteriore impedimento di quell'arbitrio che si potrebbe verificare qualora l'imputato o arrestato o detenuto fosse già considerato come qualificato in senso negativo della società, rappresenta un principio che è necessario ammettere.
Lucifero conviene in molte delle osservazioni che sono state fatte; però osserva che nel comma in discussione c'è un'affermazione di principio che può essere foriera di effettive realizzazioni giuridiche.
Esiste un problema d'ordine pratico: oggi in Italia chi è trattenuto in arresto in attesa di giudizio ha lo stesso trattamento di colui che è stato condannato. In fondo, la vera realizzazione pratica dei principî di cui si sta discutendo, è quella di stabilire un diverso trattamento tra colui che è stato riconosciuto colpevole e sconta una pena, e colui che è in attesa di giudizio e dev'essere giustamente presunto innocente.
Pertanto vorrebbe che questa differenza di trattamento venisse affermata nell'articolo.
Basso, Relatore, si dichiara d'accordo con l'onorevole Cevolotto circa la sua posizione dottrinale.
Rispondendo all'onorevole Mastrojanni circa la sostituzione della parola «atto giudiziario» con quella di «sentenza», osserva che nel caso in esame non si tratta di un atto giudiziario qualsiasi, ma di un atto giudiziario che dichiara la colpevolezza. Atto giudiziario indica tutte le sentenze, e tecnicamente non è possibile escludere tale espressione.
Lombardi Giovanni considera la presunzione di innocenza non un concetto giuridico, ma un concetto politico. Ricorda che così l'intendeva la scuola di Enrico Ferri, e così pure Ludovico Mortara che, Ministro Guardasigilli, volle includere nel codice di procedura penale del 1913 la dichiarazione della presunzione di innocenza. Ma tale presunzione non viene meno per un qualsiasi atto dell'autorità giudiziaria. La prima sentenza del tribunale è un atto dell'autorità giudiziaria; poi c'è l'appello, poi il ricorso per Cassazione: ognuna di queste sentenze è un atto dell'autorità giudiziaria, ma finché anche questo atto non sia definitivo, la presunzione di innocenza deve rimanere a significare appunto, che solamente quando si sono esperite tutte le forme volute dalla legge un cittadino può essere ritenuto colpevole.
Dichiara perciò di aderire alla formula Mastrojanni, proponendo che si dica che l'arrestato è presunto innocente fino alla sentenza definitiva.
Mancini rispondendo agli argomenti dell'onorevole Lucifero, osserva che esiste nei vigenti regolamenti carcerari un trattamento per i giudicabili diverso da quello che si applica ai giudicati. I giudicabili possono comunicare con i parenti due o tre volte la settimana, possono ricevere il vitto dall'esterno, possono incontrarsi con le persone che desiderano visitarli, previo biglietto di colloquio. I giudicati invece non possono vedere i parenti che ogni tre mesi, non possono ricevere il vitto da fuori, ecc. ecc. Le norme relative a questo sistema differenziato non possono evidentemente trovare ospitalità in una Costituzione, ma fanno parte dei regolamenti penitenziari. Ciò premesso dichiara di essere d'accordo con l'onorevole Lombardi. La presunzione di innocenza non ha soltanto valore tecnico giuridico, ma ha valore essenzialmente politico; e se ne coglie la prova tangibile nel codice di procedura emanato sotto il regime fascista; il quale, proprio perché la presunzione di innocenza toccava la libertà del cittadino, abolì ogni presunzione di innocenza.
Quando si dice che l'innocenza dell'imputato è presunta fino alla condanna, bisogna tener presente che nella tecnica giuridica quando si parla di condanna si intende sempre una condanna irrevocabile. Rileva che la formula usata dal codice di procedura penale del 1913, cioè che l'innocenza è presunto fino a che non sia accertata la colpevolezza, non è suscettibile di arbitrarie interpretazioni. Così pure, quando si afferma che la difesa processuale è un diritto inviolabile.
Cevolotto ricorda di aver proposto che si dica «con pronuncia definitiva dell'autorità giudiziaria», ma fa presente che vi può anche essere una condanna che non proviene dalla autorità giudiziaria: cioè la condanna per decreto dell'intendente di finanza. Anche questa è una condanna penale.
Mancini obietta che tale specie di condanna non è però segnata nel casellario giudiziario, perché si tratta di condanna amministrativa.
Il Presidente Tupini rileva che il concetto della presunzione dell'innocenza è condiviso da tutti: vi è soltanto dissenso sulla più acconcia formulazione del concetto stesso. Ricorda che, a questo riguardo, oltre alla formula proposta dai relatori c'è quella dell'onorevole Mancini, il quale vorrebbe si dicesse:
«L'innocenza dell'imputato è presunta fino alla condanna».
Gli sembra che questa formula sia la più accettabile. Vorrebbe però aggiungere dopo «condanna» la parola «definitiva».
Mancini dichiara di accettare.
Basso e La Pira, Relatori, aderiscono alla formula proposta dall'onorevole Mancini, integrata con l'aggiunta suggerita dal Presidente.
Il Presidente Tupini la pone ai voti.
(È approvata).
[Dopo la discussione degli altri punti dell'articolo, prima della votazione dell'articolo nel suo insieme, l'onorevole ...]
Basso, Relatore, non avendo partecipato alla votazione del primo comma dell'articolo, dichiara che se fosse stato presente avrebbe votato contro. Sta bene la prima parte dove si afferma che «L'innocenza dell'imputato è presunta fino alla condanna», ma aggiungervi il termine: «definitiva» rappresenta per lui un assurdo giuridico. Dinanzi ad una sentenza di condanna sta una presunzione di colpevolezza come una presunzione legale di innocenza. Non è il caso di creare uno stato di diritto.
[Il Presidente Tupini, anche a seguito di altre osservazioni dell'onorevole Dossetti relativamente al terzo comma, riapre, con il consenso della Commissione, la discussione; tuttavia, il dibattito che ne segue non tocca gli argomenti segnalati dall'onorevole Basso.
Dopo la votazione...]
Basso, Relatore, chiede che sia messo a verbale che non approva l'aggiunta «definitiva» alla parola «condanna».
A cura di Fabrizio Calzaretti