[Il 24 settembre 1946 la terza Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulle garanzie economico-sociali del diritto all'affermazione della personalità del cittadino.]
Il Presidente Ghidini apre la discussione sui due articoli proposti dall'onorevole Giua, riguardanti il diritto di migrazione.
Giua, Relatore, avendo preso visione di un articolo approvato dalla prima Sottocommissione in materia di migrazione, che riproduce quasi letteralmente quelli da lui proposti, chiede quale sia il pensiero della Sottocommissione in proposito.
Il Presidente Ghidini risponde che la questione sarà risolta in sede di coordinamento.
Dà quindi lettura degli articoli proposti dall'onorevole Giua:
«Ogni cittadino può circolare e fissare la propria residenza o domicilio in ogni parte del territorio nazionale, salvo i limiti imposti dalla legge per motivi di sanità e di ordine pubblico».
«La libertà di movimento del cittadino italiano all'esterno del territorio nazionale (diritto di emigrazione) non può essere limitata dallo Stato, altro che per ciò che concerne la tutela del lavoro volontariamente collettivo. Il cittadino italiano che abbandona volontariamente il territorio nazionale per ragioni di lavoro, non perde il diritto alla protezione dello Stato».
Ritiene, d'accordo con altri colleghi, che gli articoli, con lievi modifiche di forma, potrebbero essere formulati nel modo seguente:
«Il cittadino può circolare e fissare la propria residenza, domicilio o dimora in ogni parte del territorio dello Stato, salvo i limiti imposti dalla legge per motivi di sanità e di ordine pubblico».
«La libertà di movimento del cittadino italiano all'estero (diritto di emigrazione) può essere limitata dallo Stato solo per la tutela del lavoro nell'interesse collettivo. Il cittadino che emigra non perde il diritto alla protezione dello Stato».
Pone in discussione il primo articolo.
Giua, Relatore, dichiara di consentire nella nuova formulazione, in quanto contiene gli stessi concetti degli articoli da lui proposti.
Colitto propone di togliere le parole «può circolare», poiché il concetto esposto da esse è implicito là dove si parla di «fissare la propria dimora».
Giua, Relatore, propone di mettere «può muoversi liberamente».
Il Presidente Ghidini conviene che si può usare un'altra parola che esprima lo stesso concetto, ma fa presente che il termine «circolare» è usato anche in altre Costituzioni.
Colitto insiste nella sua proposta, in quanto, a suo parere, è chiaro che, quando si può fissare liberamente la propria dimora, si può anche circolare.
Il Presidente Ghidini osserva che, effettivamente, se nell'articolo si parlasse soltanto di domicilio e di residenza il termine «circolare» si renderebbe necessario, ma con l'aggiunta della parola «dimora» si rende chiaro il concetto della libertà di muoversi; tuttavia eliminarlo completamente ridurrebbe il concetto che si vuole esprimere.
Colitto propone di adottare il termine «muoversi», per una semplice questione di proprietà di linguaggio.
Giua, Relatore, è del parere di lasciare l'espressione che si ritrova in tutte le Costituzioni; tanto più che, se si dovesse giungere alle autonomie regionali, potrebbero venire stabiliti dei divieti di trasferimento da regione a regione.
Colitto propone la dizione «muoversi liberamente».
Paratore concorda con l'onorevole Colitto nel trovare linguisticamente poco felice il termine «circolare», che pare riferirsi più a dei veicoli che a degli individui.
Merlin Angelina propone l'adozione del termine «trasferirsi».
Paratore, data la difficoltà di trovare un termine sostitutivo, propone di lasciare «circolare».
Molè non trova opportuno far riferimento, nella Costituzione, a ragioni di ordine pubblico; è un concetto di grande discrezionalità lasciato all'arbitrio della polizia. Le ragioni sanitarie sono applicate in base a determinazioni del Governo, i motivi di ordine pubblico possono sempre essere sollevati dalla polizia.
Colitto propone la formula «salvi i limiti imposti dalla legge».
Molè, per quanto riguarda l'eccezione sollevata dall'onorevole Colitto sul termine «circolare», propone che questo venga sostituito con «trasferirsi».
Il Presidente Ghidini propone di mettere accanto al termine «circolare» l'avverbio «liberamente».
Concordando nella necessità di togliere il termine «ordine pubblico», propone che l'articolo resti così formulato:
«Il cittadino può liberamente circolare e fissare la propria residenza, domicilio e dimora in ogni parte del territorio dello Stato, salvo i limiti imposti dalla legge».
Colitto propone di invertire l'ordine dei termini «residenza, domicilio e dimora», uniformandosi alla dizione seguita dal Codice civile italiano. Propone di sopprimere l'aggettivo «proprio».
Il Presidente Ghidini dichiara che, accogliendo la proposta dell'onorevole Colitto, l'articolo resta così formulato:
«Il cittadino può circolare e fissare il domicilio, la residenza e la dimora in ogni parte del territorio dello Stato, salvo i limiti imposti dalla legge».
Lo pone ai voti.
(È approvato).
Apre la discussione sul secondo articolo proposto dall'onorevole Giua, articolo che, come ha già detto, è stato, d'accordo con alcuni colleghi, così modificato:
«La libertà di movimento del cittadino italiano all'estero (diritto di emigrazione) può essere limitata dallo Stato solo per la tutela del lavoro nell'interesse collettivo. Il cittadino che emigra non perde il diritto alla protezione dello Stato».
Molè fa considerare che la libertà di movimento all'estero non dipende dallo Stato italiano; da questo, se mai, dipende la libertà di uscire.
Colitto pensa che con questo articolo si voglia affermare che il cittadino che valica i confini conserva la protezione dello Stato.
Giua, Relatore, osserva che se il cittadino vuole emigrare, lo Stato non glielo può impedire. Si potrebbe dire: «Il diritto di emigrazione è garantito dallo Stato».
Paratore ritiene la dichiarazione troppo categorica, perché l'emigrazione non dipende sempre dallo Stato.
Il Presidente Ghidini spiega che il diritto di emigrazione può essere limitato dallo Stato solo per ciò che concerne la tutela del lavoro o l'interesse collettivo.
Paratore aggiunge che l'emigrante ha diritto a speciale protezione.
Merlin Angelina fa il caso dell'operaio, che, con i suoi risparmi, si rechi, ad esempio, in Isvizzera e si ammali. Se deve essere ricoverato all'ospedale chi pagherà la retta se egli non avesse i mezzi?
Molè risponde che nei trattati internazionali sono regolati anche i rapporti nei riguardi dell'assistenza. Se poi questo regolamento manca, sarà il Console italiano che dovrà provvedere.
Giua, Relatore, aggiunge che se il cittadino è andato all'estero per ragioni di lavoro ha diritto ad una maggiore tutela.
Molè ricorda che i rappresentanti italiani, sotto tutti i regimi, anche sotto quello totalitario, hanno sempre protetto il cittadino italiano all'estero. Quindi non trova necessario riaffermare qui questo diritto, che è considerato sotto il diritto internazionale.
Fanfani propone la seguente formula: «Il diritto di espatriare è garantito dallo Stato nei limiti consentiti dagli accordi internazionali e dalle leggi sulla tutela del lavoro. Il cittadino emigrato non perde il diritto alla protezione dello Stato».
Paratore osserva che quando si dice «non perde il diritto alla tutela» si suppone la legge sull'emigrazione. Questo deve restar chiaro.
Il Presidente Ghidini dichiara che l'articolo rimarrebbe così formulato:
«Il diritto di espatriare è garantito dallo Stato nei limiti consentiti dagli accordi internazionali e dalle leggi sulla tutela del lavoro. Il cittadino emigrato non perde il diritto alla protezione dello Stato».
Propone di riunire in uno solo i due articoli proposti dal relatore.
Molè userebbe la parola «stabiliti» invece di «consentiti».
Assennato direbbe «emigrato per ragioni di lavoro».
Colitto rileva che questa precisazione può far pensare che il cittadino che espatria per altre ragioni perde la protezione.
Fanfani preferirebbe la parola «espatriato» ad «emigrato».
Paratore osserva che c'è differenza fra l'emigrante e colui che va all'estero non per ragioni di lavoro. Bisogna chiarire a chi si fa riferimento.
Colitto risponde che si fa riferimento al cittadino italiano che, per il fatto che va all'estero, ha diritto alla protezione.
Paratore ritiene più proprio dire «espatriato» che «emigrato».
Assennato non ritiene uguale la posizione del cittadino che espatria per lavoro a quella di chi espatria per altri motivi. Gli pare opportuno dichiarare che vi è un diritto particolare alla protezione a favore di chi espatria per ragioni di lavoro.
È ovvio che chi espatria conservi il diritto alla protezione dello Stato di origine; l'essenziale è sottolineare il diritto dell'emigrante che deve sentirsi sempre particolarmente protetto dalla Patria.
Paratore, poiché la Commissione dovrà occuparsi dell'emigrazione, pensa che il problema vada trattato in quella occasione; qui occorre solo limitarsi a considerare che chi lascia l'Italia è tutelato come cittadino italiano; quindi è inutile parlare di emigranti.
Colitto ricorda che la Commissione si deve occupare delle questioni economico-sociali, perciò anche della emigrazione. Si dovrebbe dire: «Il diritto di emigrare per ragioni di lavoro è consentito nei limiti delle leggi».
Merlin Angelina osserva che si può espatriare anche per ragioni di studio, ed essere oggetto di soprusi.
Giua, Relatore, risponde che a questo provvedono gli accordi internazionali.
Il Presidente Ghidini ritiene che l'osservazione dell'onorevole Assennato, di ammettere una particolare protezione dello Stato per l'emigrante, non è superata dal fatto che si parli di emigrante.
Pone ai voti l'articolo così formulato:
«Il diritto di emigrare è garantito dallo Stato nei limiti stabiliti dagli accordi internazionali e dalle leggi sul lavoro.
Il cittadino emigrato ha diritto alla protezione dello stato».
(È approvato).
Pone ai voti la proposta da lui formulata di riunire in uno solo i due articoli approvati.
(È approvata).
Dà lettura dell'articolo nel suo testo definitivo:
«Il cittadino può circolare e fissare il domicilio, la residenza e la dimora in ogni parte del territorio dello Stato, salvo i limiti imposti dalla legge.
Il diritto di emigrare è garantito dallo Stato nei limiti stabiliti dagli accordi internazionali e dalle leggi sul lavoro.
Il cittadino emigrato ha diritto alla protezione dello Stato».
Lo pone ai voti.
(È approvato).
A cura di Fabrizio Calzaretti