[L'8 marzo 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Ghidini. [...] Solo un articolo, o almeno una parte di esso deve uscire dalle Disposizioni generali. Mi riferisco all'articolo 5, intorno al quale si è già ampiamente discusso. È un punto, onorevoli colleghi, che senza dubbio ci dovrà occupare intensamente.
Io non intendo entrare nel merito della disposizione; non la critico; e non commento affatto le disposizioni del Concordato con la Santa Sede che l'articolo 5 richiama. Mi limito ad alcune osservazioni di carattere generale che attengono alla sistematica ed alla tecnica legislativa.
L'articolo 5, al capoverso, dice che i rapporti fra lo Stato e la Chiesa sono regolati dai Patti Lateranensi e che qualsiasi modificazione dei Patti bilateralmente accettata, non richiede procedimento di revisione costituzionale. Orbene; io penso che questa disposizione non abbia diritto di cittadinanza in seno alle Disposizioni generali. Secondo me, non può farne parte, perché è una disposizione specifica, e richiama un gruppo di disposizioni specifiche. Sono disposizioni specifiche quelle che esauriscono in sé stesse il loro oggetto. La disposizione dell'articolo 5 non ha carattere generale normativo; in altre parole, non è di quelle che sono come le matrici, o come un tronco dal quale si irradia un'ampia ramificazione legislativa. Sono disposizioni di carattere specifico che, ripeto, esauriscono in se stesse il loro oggetto. Come tali non possono essere incluse nelle «Disposizioni generali».
E neppure sono collocabili in un preambolo tale, secondo la definizione che abbiamo acquisito, perché hanno un evidente, chiaro, preciso, risoluto carattere normativo ed hanno una precisa rilevanza giuridica: sono comandi, sono ordini; non sono enunciazioni di carattere programmatico, non sono voti, non sono aspirazioni, ma affermazioni categoriche alle quali si deve adeguare o la condotta dei cittadini oppure la legge. Quindi, ecco perché non possono stare nel preambolo, come non possono stare nelle «Disposizioni generali» o fondamentali.
Ma io penso che non possano essere incluse neppure nel testo della Costituzione. Il loro posto sarebbe piuttosto nella parte dichiarativa dei diritti e più specialmente nel capitolo che parla dei rapporti «etico-sociali», ma non possono stare nel testo per una ragione di tecnica legislativa. Non voglio ripetere ciò che altri hanno detto. Mi limito a dire che nel Concordato con la Santa Sede vi sono articoli incompatibili col testo della nostra Costituzione. Ad esempio gli articoli 14, 16, 27, 48, ecc.
L'articolo 5 del Concordato, prescrive che «i sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento, in un ufficio o in un impiego nei quali siano a contatto immediato col pubblico». Ricordo che una delle accuse principali mosse al progetto è di essere il frutto di un compromesso. Orbene, secondo il mio modo di vedere, il compromesso può essere un bene o un male, tanto un vizio, come una virtù. Quando ad esempio, per addivenire ad una pattuizione le parti transigono e quando si voglia addivenire, come nel caso, alla formazione di un articolo di legge fra parti che hanno orientamenti politici diversi ed anche opposti, se queste parti rinunciano alle estreme conseguenze delle loro ideologie per trovare un punto di contatto, per costituire una piattaforma comune, in questo caso il compromesso è utile, il compromesso è un bene, non vi è eterogeneità di concetti nella disposizione che ne risulta, ma piuttosto una perfetta omogeneità. Per quanto siamo distanti gli uni dagli altri, seduti all'estrema destra o all'estrema sinistra, per quanto le nostre divergenze siano profonde, di dottrina e di metodo, c'è sempre anche un fondo comune ed è su questo fondo comune, che talora ci possiamo incontrare, se sia necessario formare una legge che possa servire alla ricostruzione del nostro infelice Paese. Avremo così fatto un'opera di bene, non un'opera di male. (Applausi).
Il compromesso invece è indubbiamente un vizio, quando si risolve in un baratto.
Quando una delle parti esige una dichiarazione che risponda al suo programma, consentendo in compenso all'altra una disposizione inspirata al programma opposto, allora il compromesso è un male, perché le due soluzioni sono informate a due ideologie contrastanti ed avverse. Avviene bensì fra le due parti un accordo, ma le due disposizioni, così consentite, si accampano l'una contro l'altra in atteggiamento di ostilità e di guerra. In questo caso il compromesso non è più un bene, perché inficia di contraddizione insanabile il testo.
Ora, io dico che questo vizio si è verificato in pieno a proposito dell'articolo 5 delle «Disposizioni generali». L'articolo 5 rappresenta una netta vittoria della democrazia cristiana. Lo ha detto chiaramente l'onorevole Tupini svelando, secondo me, un vizio essenziale della Costituzione.
Questa netta vittoria, rappresentata dall'articolo 5, è in contrasto con gli articoli dianzi citati. Nel medesimo testo — i Patti Lateranensi sono richiamati come se fossero trascritti — non può essere lasciata una contraddizione così flagrante. Bisognerà quindi ricorrere ad un intervento chirurgico, per togliere o l'una parte o l'altra, a seconda che la vittoria porterà le sue bandiere nel vostro campo o nel nostro; a meno che la Saggezza — dicono i maligni che sia una divinità che non soggiorni sovente nei consessi politici — non consigli (in questi mesi che ci avanzano prima dell'approvazione del progetto) modificazioni, non soltanto per sostituire alla firma d'un ministro usurpatore, che ha sottoscritto in nome di un re decaduto, la firma dei legittimi rappresentanti della Repubblica italiana, ma anche per cambiare profondamente quelle statuizioni che sono in contrasto con i principî unanimemente accolti dalla coscienza civile di tutti i popoli. (Applausi a sinistra).
[...]
Damiani. [...] L'articolo 5 tratta della materia religiosa, materia difficile a trattarsi, perché rappresenta un problema veramente complesso. Questo articolo 5 viene poi seguito dall'articolo 14 e questi articoli debbono ispirarsi ad un grande principio, che è quello della libertà di religione.
Ebbene, noi, credenti o non credenti, dobbiamo dire quello che sentiamo e quello che è logico che si senta. Secondo me, è giusto che in questo progetto non si debba parlare dei Patti Lateranensi, perché questi rappresentano un accordo fra lo Stato italiano e lo Stato del Vaticano, ed in ogni Costituzione mi pare che non siano stati mai inseriti accordi internazionali. Lo Stato italiano e lo Stato del Vaticano sono due Stati, che si accorderanno, ma in un rapporto che deve essere esterno alla Costituzione, che non deve influire sulla stessa. Quindi io non voglio criticare — me ne guarderei bene — il problema a fondo; mi limito, al riguardo, a questo solo rilievo, e dico, con tutta franchezza, la mia opinione, come è mio dovere di rappresentante del popolo. Devo parlare non per fare piacere a qualcuno, ma per dire semplicemente quello che penso. Quindi, libertà di religione, sostengo; quindi, rivediamo il problema, in modo che la libertà di religione possa finalmente affermarsi.
Questa libertà fa parte delle grandi libertà, di quelle quattro libertà basilari della Carta atlantica che sorse in un momento tragico della vita del mondo. La storia stessa, in convulsione, suggerì questa Carta e queste quattro libertà furono promesse al mondo: libertà di religione, libertà di parola, libertà dal timore, libertà dal bisogno.
L'articolo 4 rappresenta, realizza, si conforma al principio della libertà dal timore e l'articolo 5 deve conformarsi alla libertà di religione.
A cura di Fabrizio Calzaretti