[Il 23 aprile 1947 l'Assemblea Costituente inizia l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo secondo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti etico-sociali».]
Prima di iniziare l'esame, alcuni Deputati parlano sul processo verbale.]
Gronchi. Chiedo di parlare nel processo verbale.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Gronchi. Nella seduta di ieri mattina l'onorevole Calosso, che si compiace di essere uno specialista, direi, in pirotecnica oratoria, ha infilato una serie di paradossi, che si potrebbero definire, senza esser severi con lui, fuor di tempo e fuor di luogo; alcuni dei quali irriverenti, altri addirittura offensivi contro la fede e contro idealità che ci sono care. L'abito mentale volterriano — si parva licet, con quel che segue — dell'onorevole Calosso si inquadra in quella specie di mania aggressiva che induce il suo nuovo partito a menar botte a destra e a sinistra, ad ogni occasione, senza distinzione di colpi. Ma questa è una questione politica, nella quale io non intendo di entrare, né di arrogarmi il diritto di suggerire più razionale condotta.
Qui abbiamo però il diritto di rilevare che male risponde a quelli che dovrebbero essere un nuovo costume politico e parlamentare e una retta concezione della stessa libertà di parola e di espressione, il sostituire alla discussione, sia pure aspra e implacabile, il dileggio e il ridicolo che offendono il rispetto dovuto a qualsiasi opinione.
Noi non vogliamo drammatizzare la nostra reazione, né vogliamo valorizzare lo sberleffo, che voleva essere maligno o brillante, contro una figura così sovrastante ogni contrasto di ideologia o di fede, contro una concezione religiosa a cui tutti gli intelletti e gli spiriti sereni si inchinano al di sopra di ogni contrasto ideologico o politico per il contributo che essa ha dato alla civiltà del mondo.
Ma diciamo che forse bene avrebbe potuto contribuire a tutelare la serietà e la dignità intellettuale stessa dell'Assemblea il collega che presiedette ieri mattina la seduta se avesse richiamato il deputato Calosso a non farsi prendere la mano dall'umorista Calosso, che troppo spesso sembra essere affetto — e la rima qui non sembra casuale — dalla malattia del paradosso. (Applausi al centro).
Bruni. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Bruni. Intendo associarmi pienamente alla protesta dell'onorevole Gronchi. (Applausi al centro).
[...]
Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Ieri sera la discussione generale sul secondo Titolo è stata esaurita. Si tratta ora di passare allo svolgimento degli emendamenti ed alle relative votazioni.
L'onorevole Orlando Vittorio Emanuele ha presentato, prima della chiusura generale, il seguente ordine del giorno:
«L'Assemblea, ritenendo che tutti gli articoli del Titolo II (dal 23 al 29) non debbano essere inseriti in una Carta costituzionale, sia perché mancano di un effettivo contenuto normativo (come le inutili definizioni astratte e le promesse dipendenti da una ignota disponibilità di fondi), sia perché invadono campi riservati alla competenza legislativa ed attualmente regolati da Codici, cioè da leggi costituenti un sistema che non si può alterare in una sua parte senza compromettere la certezza del diritto, rinvia gli articoli stessi alla Commissione per considerare se sia il caso di includere alcune di quelle disposizioni nell'eventuale preambolo alla Costituzione».
L'onorevole Orlando Vittorio Emanuele ha facoltà di svolgere il suo ordine del giorno.
Orlando Vittorio Emanuele. Questo mio ordine del giorno fu da me redatto come una motivazione di voto, qualora il prolungarsi della discussione non avesse consentito che io prendessi la parola.
Ora, il discorso presente è, in certo senso, la continuazione di quell'altro mio discorso che durò due ore (o dovrei dire piuttosto: che imperversò per due ore?). Si intende, però, che la durata di questo sarà di gran lunga minore, perché qui si tratta soltanto di un'applicazione a punti particolari di quelle considerazioni generali.
Io allora avvertii che, nel conflitto fra l'uomo politico ed il tecnico in questo argomento, prevaleva in me il tecnico e che io parlavo allora come tecnico. Non nascosi, per altro, tutta la diffidenza che si deve avere verso i tecnici, i quali non di rado sono dei pedanti; e tale mi qualificai io stesso e vi misi in guardia contro questa mia qualifica. Era questo, evidentemente, un atto di lealtà. Perché, dunque, riprendo l'argomento? Debbo confessare che se, allora, io fui accolto con segni estremamente cortesi di simpatia, di cui fui e sono assai grato, l'Assemblea, però, prese una rotta risolutamente diversa dalla mia, e nel confessarlo do prova anche di una grande lealtà polemica. Sotto tale riguardo, potrebbe forse sembrare inutile che io riprendessi l'argomento: tuttavia, giudico non fuor di luogo una mia dichiarazione di voto. Coloro che di quel mio discorso si sono dimenticati, ritengono che le mie astensioni, numerose senza dubbio, nelle votazioni avvenute, dipendano da un'incertezza che è in me. La verità è, invece, che io mi sono astenuto, perché sono contrario a tutto; né ho altra forma per manifestare il mio dissenso. Dovrei sollevare pregiudiziali in ogni votazione, e veramente ciò sarebbe abusare della vostra cortesia e meriterei di essere messo alla porta. Io — giova ripeterlo — fo una questione di metodo, per cui mi sembra che questa Costituzione, almeno nella sua prima parte, sia radicalmente sbagliata.
Sì può, positivamente, stabilire quale possa essere il contenuto di una Costituzione. Si comprende bene che, essendo l'Assemblea un organo sovrano, non subisce una legge dal di fuori, e tanto meno da ambienti teorici o dottrinari; ma chi deve adempiere una funzione, deve pure averne presenti i limiti e avere la virtù di imporli a sé stesso.
Ora, positivamente, una Costituzione è una legge (la qual cosa spesso, mi pare, si è dimenticata nella discussione di questa nostra Assemblea) una legge — dico — sia pure di un ordine superiore, sia pure una super-legge; ma è sempre una legge. Ebbene, una legge deve avere per contenuto un comando: tu farai la tal cosa, tu non la farai. Se poi essa ha per contenuto un ordinamento, disporrà: Vi sarà un organo costituito in questa maniera; queste ne saranno le funzioni questi i limiti, etc. etc.
Ora, per parlare solo del titolo secondo, perché del primo già mi sono occupato, esso, direi, è per eccellenza il titolo in cui il difetto metodico, da me segnalato, si rileva in maniera addirittura inesplicabile, in tutta la sua estensione. Soprattutto abbondano qui definizioni, che non servono a niente. Dicevano i Romani che se ne intendevano — almeno questo sarà lecito di dire, dal momento che basta pronunciare il nome di Roma per essere tacciato di nazionalismo, che in quel diritto è riconosciuta la ragione scritta, il diritto per eccellenza — ebbene, così essi dicevano: «Omnis definitio in iure periculosa».
Ed insieme alle definizioni abbondano pure le promesse. Si promettono cose che non si sa se potranno essere mantenute: il che, da un lato, non fa parte dei comandi e dei divieti e, d'altro lato dipende dalle disponibilità finanziarie. Se vi domando: «Vi piace consentire a che si diano delle borse di studio?» Figuratevi! E con tutta naturalezza si afferma poi che l'assistenza agli ammalati sia illimitata, completa, piena. Certamente una tal cosa è desiderabile; ma essa dipenderà dai mezzi che si avranno, ed è inutile fare una promessa, della quale non è dato conoscere l'ampiezza, anzi le possibilità di adempierla. Nel presente titolo, ripeto, l'accennato difetto si rileva in maniera speciale.
Ed un'altra osservazione occorre fare: bisogna, cioè, non invadere il campo della legislazione futura, e ciò anche da un punto di vista democratico. È giusto che sia così; e, difatti, in virtù di quale titolo, noi cui è affidata la elaborazione della Costituzione, possiamo pretendere di invadere sin da ora quello che dovrà essere il campo della legislazione da venire?
Forse, fra trent'anni, ci saranno qui un onorevole Tupini, un onorevole Togliatti, un onorevole Corbino: ci saranno essi stessi in persona (così auguro), ma ci saranno anche altri con loro o dopo di loro. Ebbene, questi futuri legislatori avranno lo stesso titolo che abbiamo ora noi qui presenti; essi, difatti verranno dalla stessa fonte di competenza da cui siamo venuti noi. E perché, allora, dobbiamo noi assumere la veste di legislatori mitici, di semidei, come dei Mosè o dei Soloni, per pregiudicare la competenza dei legislatori futuri? Ciò che effettivamente compete alla Costituzione, perché questo è il suo compito, è di stabilire quali sono gli organi sovrani: la parte seconda, dunque, di questo progetto può dirsi la vera Costituzione. Questo è il suo compito; di grande importanza, ma solo.
Tuttavia, sotto l'influenza dei principî, dei grandi principî — detti così per dileggio dal fascismo, ma che grandi sono veramente — della Rivoluzione dell'89, si è aggiunta una dichiarazione di quelle che sono le fondamenta della libertà umana: quindi, il titolo primo ha una sua ragion d'essere, sebbene anche in esso si sia esagerato secondo me, poiché talune disposizioni potrebbero far parte di un regolamento di polizia. Comunque, questa tradizione c'è. Il titolo terzo — lo dissi nel mio precedente discorso e lo ripeto oggi — completa il primo: la proclamazione dei diritti dell'uomo, della personalità umana è integrata dalla proclamazione dei diritti del lavoro, di questa che è la forma moderna del cosidetto diritto economico-sociale. E perché queste proclamazioni vanno fatte? Perché esse danno la figura e la impronta ad una Costituzione, in quanto sia Costituzione di un popolo libero: libero nel senso della libertà individuale e nel senso della libertà economica e sociale.
Ma a che cosa serve, quale fine speciale ed essenziale può avere questo titolo secondo, che abbonda di definizioni? E qui mi si consenta un piccolo fatto personale. Perché in quel mio discorso dissi che non comprendevo perché la famiglia si chiamasse una società naturale, dal momento che tutto è naturale a questo mondo, mi risposero ben tre oratori. Non so se ce ne sarà un quarto, giacché vedo un emendamento dell'onorevole Bosco, e non so se anch'egli allora abbia parlato. Ma, ad ogni modo, vi furono tre oratori valorosi: l'onorevole La Pira, l'onorevole Dossetti e l'onorevole Benvenuti, i quali tutti e tre corsero alla difesa di quella definizione. Non mi pare, però, che appartenessero a settori diversi: appartenevano tutti allo stesso settore, il che potrebbe avere un suo significato. E mi dissero: «Adagio, prima di «naturale» dev'essere sottinteso «di diritto»; la famiglia, dunque, è una società di diritto naturale. Ma siccome questa parola non c'era scritta, vuol dire che avevo ragione io, e che quella espressione era, per lo meno, incompleta. L'aggiunta, dunque, che così vi si apporta, giustifica il rilievo da me fatto, proponendosi di specificare la portata della definizione. Sennonché (è il caso di richiamar qui un motto veneziano, che io non so ripetere — non ho la dolce loquela di quella nostra Venezia triplicemente cara, cioè: «pezo el tacon del buso»), anche a farvi entrare il diritto naturale, dubito forte che la definizione ne esca in qualche modo migliorata. Finora ho saputo — se non sbaglio, ma può darsi che sbagli — che quella del diritto naturale è una scuola filosofica, è una teoria filosofica; è stata illustre e non si può dire tramontata, sebbene presenti delle varianti notevoli, perché c'è un «ius naturale» di San Tommaso, ma ce n'è pure uno di Gian Giacomo Rousseau.
Domando, ad ogni modo, qualunque ne sia il significato: dobbiamo in una Costituzione fare una professione di fede filosofica? Non è possibile che qui non ci siano dei positivisti, degli hegeliani, dei kantiani, dei marxisti, ed essi mostrerebbero davvero una grande longanimità, dato che i filosofi tra loro molto non si amino, a lasciare che la Costituzione in Italia adotti una determinata scuola filosofica.
Se l'acutissimo e solertissimo onorevole Togliatti (dato che sia vero — io non lo so — che molte di queste disposizioni siano state concretate in forma di reciproco scambio) se l'onorevole Togliatti ha consentito che si adotti un principio della scuola filosofica di diritto naturale in un testo costituzionale, in cambio di una qualche altra cosa, credo che egli abbia inteso concedere il fumo e riservarsi l'arrosto. Pur tuttavia, resta sempre inspiegabile come mai una Costituzione faccia professione di una fede filosofica.
Altri dicono — c'è, infatti, un altro emendamento —: noi intendiamo affermare che «la famiglia è una società o un istituto originario». Ebbene, a questa definizione, sì, aderisco; ma dico: a che giova?
D'altra parte, perché l'«originarietà» volete limitarla alla famiglia? La famiglia, indubbiamente, è un istituto originario, ossia che precede lo Stato; ma ci sono anche altri istituti che lo precedono; per esempio, il comune, la città. Nessuno penserà che Roma esiste, perché la Costituzione italiana la riconosce, e quello che si dice di Roma si può dire di qualunque comune: forme di vita collettiva, che sorgono naturalmente, originariamente. Lo Stato le disciplina, ma non le crea; esse dunque sono originarie.
Di queste stesse «regioni», che creiamo, talune — non tutte, forse — hanno una radice, indubbiamente, originaria; ossia, nel tempo precedono lo Stato.
Ci sono poi istituzioni originarie dentro lo Stato, e ce ne sono di quelle al di fuori, al di là dello Stato: così, la religione eccede lo Stato, territorialmente; così la razza (e di una politica che la concerne, abbiamo ben sentito i dolori!).
A che serve, dunque, il dire che la famiglia è originaria? Lo volete dire? ditelo; ma è inutile.
Questo quanto alle definizioni, e su di esse non mi diffondo oltre; passiamo ora ad altro argomento.
Ad un altro rilievo offre occasione l'articolo 27, nel quale si legge:
«Le scuole che non chiedono la parificazione sono soggette soltanto alle norme per la tutela del diritto comune...».
Che cos'è questo diritto comune? Il diritto comune, il common law inglese è tutt'altra cosa. Direte: «È una espressione, un modo di dire che se non fa bene, non fa male». Fa male invece, — rispondo io —, perché l'interprete, quando trova una espressione nella legge, per timore riverenziale non si persuade che è inutile e va cercando la ragione; e naturalmente, siccome la ragione non c'è, ne trova una cattiva ed applica male la legge.
E veniamo, ora, alle non meno abbondanti promesse, delle quali parlò a lungo il mio amico Nitti, che è presente, e non ripeterò quello che egli disse.
Ad ogni piè sospinto questa Costituzione promette. Ora, nell'interesse della Repubblica, che è lo Stato, non conviene che documenti di questa solennità siano, tra cinque o dieci anni, esposti a commenti più o meno malevoli, che pubblicamente facciano constatare la mancanza in pieno, il fallimento più o meno totale delle fatte promesse.
Tutta questa è materia di legge; anzi, di molte leggi. Qui abbiamo in questi pochi articoli — perché non sono che 7 — nei primi 3, quasi tutto il Libro delle persone; in uno, le disposizioni concernenti la sanità pubblica; in altri 3, una sintesi, un estratto di quello che sarà una futura legislazione sulla scuola, sui monumenti, persino sul rispetto dei panorami. Orbene, questa è — ripeto — tutta materia legislativa per eccellenza, che ha per sé una tradizione, come tale. Perché sopprimerla?
E qui io faccio un piccolo salto su di un tema, che per ora appassiona: il tema del termine che urge, il termine che urge per il limite di tempo assegnatoci. Io non me ne occupo: la mia parola vale ben poco; non mancheranno di riunirsi coloro cui spetta di decidere. C'è chi dice: «Bisogna tornare alle fonti della sovranità, che è il popolo e far quindi le elezioni nel più breve tempo possibile. Ed io posso anche essere d'accordo.
Però, se ed in quanto voglia farsi questione di una nostra negligenza, di una nostra mancanza di sollecitudine, dico la verità, che a questa Assemblea non si può muovere un rimprovero di tal genere, perché, in relazione alla gravità e alla importanza della materia, non può dirsi che abbia parlato troppo, non può dirsi che abbia perduto troppo tempo.
Ma sapete voi quello che si fa per un libro del Codice civile? Comincia il Guardasigilli, con l'elaborare o fare elaborare gli articoli, e poi domanda il parere a tutte le Corti d'appello, a tutte le Università, a tutti i Consigli degli Ordini; arrivate queste relazioni, si fanno delle Commissioni, che studiano, che esaminano; sono dei crivelli attraverso i quali la materia continuamente passa. Or, quando un'Assemblea ad un complesso di disposizioni così vasto quale il presente progetto dedica quel tempo che sinora noi vi abbiamo dedicato, non si può certo dire che esso sia eccessivo, si dovrebbe dire che pecca per troppa disinvoltura.
Così, dunque, io voglio ben guardarmi dal fare dei lunghi discorsi; ma credo di non dovermi astenere dallo svolgere taluni rilievi e talune osservazioni, che mirano per l'appunto a dimostrare come vi siano argomenti, che la Costituzione avrebbe fatto meglio a lasciar fuori e sui quali si sarebbe potuto risparmiare una lunga discussione in questa sede.
Per esempio, nell'articolo 26 si dice: «Nessun trattamento sanitario può essere reso obbligatorio se non per legge»; ma c'è proprio bisogno di dirlo? Non c'è già la dichiarazione generale del rispetto della personalità umana? Per la stessa ragione per cui la persona umana è sacra ed inviolabile — e questo che si diceva del Re, lo si deve dire di ognuno — è da ritenersi, anche senza bisogno di alcuna esplicita dichiarazione, che nessuno possa arbitrariamente essere assoggettato ad un trattamento sia pur sanitario, e che siano da vietarsi quelle pratiche sanitarie che ledano la dignità umana.
L'articolo 27 riguarda la scuola. Che cosa c'è di più alto e di più nobile? Io sono un «animale» universitario, nato — per così dire — nella Università, vissuto nell'Università, felice di tornare all'Università, e posso rilevare che in queste direttive che si danno al legislatore, che dovrà legiferare, non si parla dell'Università, ma si enunciano delle disposizioni, a proposito delle quali ricorderò il discorso fatto qui dall'onorevole Codignola, discorso il cui contenuto fu questo: che l'attuale Ministro della pubblica istruzione sta «clandestinamente» — la parola non è mia — creando un novus ordo in materia di istruzione. Ora, io non ho competenza per giudicare se queste censure siano o non siano fondate; ma, in ogni caso, le ritengo un esempio, una ipotesi, una possibilità di quanto accade ora o accadrà in avvenire. Ebbene, che cosa ciò significa? Significa che noi pretendiamo di disciplinare, in via costituzionale, quella che può essere fatto attraverso un'effettiva azione di Governo, e questo è proprio volere spingersi fino all'ultima Tule — per così dire — della proclamazione di un principio, di una norma: voler disciplinare addirittura l'atto. Noi non ci accontentiamo di disciplinare la materia costituzionale, non ci accontentiamo d'invadere i campi della futura legislazione, non ci accontentiamo, in alcuni punti, d'invadere anche i campi del regolamento (com'è il caso, ad esempio, del panorama o dell'abbattere oppur no i pini), ma arriviamo addirittura fino al fatto, fino all'azione; e pretendiamo, fin da ora, di risolvere tutte quelle che potrebbero essere le materie di interpellanza ai Ministri della pubblica istruzione, ai Ministri attuali ed ai futuri.
L'articolo 27 che contenuto ha? In esso si dice che l'arte e la scienza sono libere e che libero è il loro insegnamento. Nessuno dubita di questo.
L'articolo continua col dire che la Repubblica detta le norme generali sull'istruzione; ed «organizza la scuola in tutti i suoi gradi mediante istituti statali; riconosce ad enti e a privati la facoltà di formare scuole ed istituti di educazione».
Ma chi ne ha mai dubitato? Tutti i discorsi che ho sentiti, in questa Aula, in questa occasione, e ve ne sono stati di ammirevoli, tutti hanno dichiarato che l'istruzione di Stato ci deve essere; cerchiamo che essa sia la migliore possibile. Ma, d'altra parte, non può non esserci e non si può impedire quel libero concorso, quell'afflusso di altre forze spontanee che concorrono, quella emulazione tra due forme di scuola, affinché questa riesca nel miglior modo possibile. L'errore, però, è di volere scrivere tutto questo nella Costituzione. Una volta che è scritto, voi vedrete (temo di essere facile profeta; non potrò constatare io stesso l'avverarsi della mia profezia, ma l'affido ad altri) voi vedrete che quando verranno le leggi, quelle leggi che voi consentite che siano fatte, balzerà su qualcuno a dire: «Ma, adagio, qui non è stata rispettata la tale disposizione della Costituzione». Questo, perché voi volete pure fare una Costituzione rigida. Meno male fosse una di quelle Costituzioni flessibili, come era indubbiamente lo Statuto Albertino, del quale la stessa interpretazione restava affidata al potere legislativo. Ora no. Quindi, vorrei fin da ora — giacché non desidererei più riprendere la parola — vorrei pregarvi di ripensarci prima di mantenere questa rigidità nella Costituzione. Che bisogno ce n'è? Lo Statuto Albertino, non rigido, non fu mai toccato direttamente da nessuna legge. Il fascismo lo abolì; ma quello fu un colpo di Stato, un vero colpo di Stato, del quale lo Statuto è perfettamente innocente. Che volete che faccia uno Statuto di fronte a un atto di violenza? Forse che trasformi le lettere delle sue parole in uomini d'arme? Colpo di Stato per eccellenza, dunque. Io dico che una Costituzione deve la sua durata soprattutto al rispetto, che essa infonde, e non già ad una Corte Suprema, come quella Corte che create secondo la proposta. Credete voi, forse, che la forza di una istituzione venga da una disposizione di legge? No, viene invece dalla sua autorità interna, viene dalle fonti del suo potere; è storia, non è regola astratta. Nell'America quell'Altissima Corte è la custode del Patto di unione. Altrove, può essere la stessa veneranda durata. I Romani — lo dissi già l'altra volta — non si diedero mai una Costituzione scritta: essenza, anima della loro Costituzione fu quella misteriosa «lex curiata de imperio», che aveva acquistato una forza veramente mistica.
L'antica Monarchia si fondò su di essa, e così la prima Repubblica, che fu aristocratica; e parimenti la successiva Repubblica democratica; ed infine l'Impero. Tutte, dunque, le più svariate forme di Governo che si susseguirono, si richiamavano a quella stessa «lex curiata de imperio». Nella sovranità popolare, era la volontà del popolo che ne consacrava la dignità. Questo, sì, era un istituto che aveva una intima, possente forza. Ma credete voi sul serio che, quando si saranno messe insieme persone certo rispettabilissime, come magistrati, professori, avranno essi questa grande autorità di controllare il legislatore, che è sovrano, e di annullare le leggi? Così, poniamo ad esempio, mettendo essi a confronto una legge con la Carta costituzionale, la quale dice che «le scuole che non chiedono la parificazione sono soggette alle norme del diritto comune», qualora ritengano che quelle date norme secondo cui la legge futura ammetterà la concessione della parificazione non siano conformi a codesto vago e generico diritto comune, annulleranno la legge e sopprimeranno le scuole? Ma queste non sono cose credibili!
Abbrevio; anzi, non aggiungerò altro su questi articoli, che intenderebbero costituire altrettante leggi. Una sola osservazione mi sia, però, consentita, che riguarda le leggi di quella grande Italietta del passato, le quali hanno mostrato di resistere così a lungo come io auguro che possa resistere questa Costituzione. Ed esse esisterebbero ancora intatte, se non fosse stata quella follia sciagurata del fascismo, che pretese di rifarle tutte, per dire che tutto proveniva dalla nuova èra.
Eppure, esso poteva cambiare qualche parola negli articoli, cambiare il loro numero, spostarli; ma le leggi, nella loro sostanza, erano pur sempre quelle. I famosi allegati alla legge del 1865: la legge comunale e provinciale del 1865, chi la toccò mai? la mirabile legge sul contenzioso amministrativo, che istituiva la difesa del cittadino contro l'invadenza del potere esecutivo, non osarono toccarla; la legge sui lavori pubblici, pure del 1865, è sempre quella. Ci aggiunsero qualcosa, ma il contenuto sostanziale non cambiò.
Ad osservazioni di una portata ben più grave danno luogo i primi tre articoli di questo Titolo secondo, che riguardano l'ordinamento della famiglia, dopo di averne dato quella definizione, che — come innanzi si è detto — non ci sembra né felice, né opportuna. Con quegli articoli, infatti, è il Codice che viene toccato. Ora, che cosa è il Codice? È un sistema complesso di disposizioni, per cui voi non potete rendervi conto sin da ora quale influenza siano per esercitare su di esso questi articoli che siamo invitati a votare. Vogliamo leggerli rapidamente. Il primo è l'articolo 23, che contiene una serie di definizioni e di enunciazioni da sopprimere...
Presidente Terracini. Onorevole Orlando, prima di entrare nel merito, sia pure succinto, degli articoli, poiché col suo ordine del giorno lei pone una questione pregiudiziale, che, se accettata, ci esonererebbe dall'entrare nel merito, vorrei chiederle se non ritiene opportuno che prima il suo ordine del giorno sia giudicato in sé, nella specifica proposta concreta che presenta.
Orlando Vittorio Emanuele. Mi pare che io non sia entrato affatto nel merito.
Presidente Terracini. Ma siccome in questo momento si proponeva di entrare...
Orlando Vittorio Emanuele. Io ubbidisco sempre al Presidente; se mi dice di tacere... (Commenti).
Voci. Parli! Parli!
Orlando Vittorio Emanuele. Ad ogni modo, abbrevio.
Il capoverso dell'articolo 23 dice: «La Repubblica assicura alla famiglia le condizioni economiche necessarie alla sua formazione, alla sua difesa e al suo sviluppo, con speciale riguardo alle famiglie numerose».
Qui si affaccia subito una domanda: il Ministro del tesoro provvederà con un apposito capitolo adeguato?
Io ho rispetto delle famiglie numerose; appartengo ad una famiglia numerosa; ho una famiglia numerosa. Ma, dopo il fascismo, con quella sua ideologia smaccata, ridicola, delle famiglie numerose, avrei preferito che non se ne fosse parlato. E questo è l'articolo 23.
Articolo 24: «Il matrimonio è basato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi». Ma avete pensato che c'è l'articolo 144 del Codice che dice il contrario? Un tempo, quando si aveva la tranquillità per tal genere di discussioni, si avevano le rivendicazioni femministe, nelle quali, quando si voleva affermare che l'uomo era un tiranno, si diceva che egli è il capo della famiglia. Io rispondevo allora: Volete esser voi, donne, a capo della famiglia? Io non vi avrei alcuna difficoltà; ciò risponde già, del resto, il più delle volte, alla realtà.
Se, dunque, nell'articolo 24 del nostro progetto ci fosse una proposta, per cui capo della famiglia fosse dichiarata la moglie, io non avrei difficoltà ad accoglierla, perché la moglie è la madre, e la madre è superiore per sua natura. Ma da quando in qua c'è un gruppo sociale che non abbia un capo?
Io ho udito degli interventi, delle discussioni, come quelle degli onorevoli La Pira e Dossetti, che sono dei valorosi colleghi e che, com'è naturale, sono aggiornati su queste ricerche scientifiche; ma chi dice gruppo sociale, dice ordinamento; e chi dice ordinamento, dice capo.
È vero, bene si potrà modificare l'articolo 144 del Codice: ma vi siete resi scientemente conto dell'incidenza? Ci sono, infatti, anche altre questioni: così, per dirne una, quella dell'assunzione del cognome. Si potrà rispondere che la moglie porterà il suo ed il marito farà altrettanto; ed io ho visto, del resto, che, in generale, le mogli, così come i mariti preferiscono mantenere il proprio, ma pur sempre aggiungendo a quello del marito. In ciò si riafferma quell'unità che è la prima, la più essenziale condizione della vita coniugale.
E la residenza? Anche questa è un'altra questione: finora è il marito che sceglie la residenza; ma, se ora non c'è più un capo, in quale residenza dovrà stare la famiglia? Vedete, dunque, come con ragione io avverta le difficoltà delle incidenze, perché — nelle condizioni attuali — l'abbandono del domicilio è un motivo di separazione. Ebbene, si potranno anche lasciare andare per il loro verso tutte queste conseguenze; ma le avete voi previste? Ve ne siete voi resi conto? Che cosa avverrà del nostro diritto della persona e della famiglia, il giorno in cui il testo sarà approvato? Vi sarà una tale anarchia da fare spavento.
La legge — è detto nell'articolo 24 — «regola la condizione dei coniugi a fine di garantire l'indissolubilità del matrimonio e l'unità della famiglia». Che vuol dire «l'unità» quell'unità, che avete tolto da una parte e che dall'altra volete mantenere? Può sorgere il dubbio, come di fatto si è affacciato, che si voglia abrogare l'istituto della separazione. Stando alla Costituzione, dovrebbe dirsi che l'unità della famiglia non può scindersi; e la separazione la scinde. E passiamo avanti.
Diritti e doveri dei genitori. È detto, nell'articolo 25, che «i genitori hanno verso i figli nati fuori del matrimonio gli stessi doveri che verso quelli nati nel matrimonio. La legge garantisce ai figli nati fuori del matrimonio uno stato giuridico che escluda inferiorità civili e sociali».
Ora, tutto questo dovrebbe essere coordinato con la legislazione vigente: lo avete coordinato? Intanto, sta di fatto che c'è il Codice fascista, che ancora vige, dal momento che questa Italia antifascista non ha avuto la forza di abrogarlo! Ebbene, la legge fascista aveva già annullato la distinzione tra figli semplicemente naturali e figli adulterini. Badate che il passo fu notevole. Aveva poi considerato con grande larghezza anche la distinzione fra i naturali e i legittimi, consentendo eguaglianza di diritti: completa, meno l'usufrutto legale al padre, diminuendo in tal modo i diritti solamente nei confronti del padre, ma non dei figli.
Quanto all'educazione, il genitore naturale è tenuto a mantenere il figlio riconosciuto, a educarlo e ad istruirlo, conformemente a quanto è previsto dall'articolo 147, il quale stabilisce i doveri verso i figli legittimi. C'è, dunque, una parificazione. Allora la cosa fece tanto impressione e suscitò tale sorpresa che corsero voci (io non vi credetti, ma le voci vi furono) che questo stupefacente allargamento dei diritti dei figli naturali (col fascismo, che pur ostentava di esaltare l'unità della famiglia) fosse determinato da assai poco confessabili motivi: dissero, insomma, che vi fosse concorso uno dei metodi della legislazione fascista che non era del tutto obiettivo.
Questa eguaglianza tra figli nati nel matrimonio e fuori del matrimonio, in gran parte, dunque, già esiste; per cui voi potreste anche dire che, dopo tutto, con questo articolo 25 non si compie affatto una innovazione rivoluzionaria.
Ebbene, io osserverò che si andrà alla ricerca di altre eguaglianze, che, per ora almeno, non ci sono. Intanto, la legge fascista soppresse la distinzione tra figli adulterini e figli naturali, ma lasciò quella tra figli naturali e figli incestuosi. Riguardo ad essa che cosa intendete fare con l'articolo proposto? Annullarla o mantenerla?
Poi, in materia di successione, la legge vigente attribuisce una quota minore ai figli naturali in rapporto ai legittimi. Ma con la disposizione di questo articolo 25, che sancisce gli stessi doveri del padre verso i figli legittimi e i figli naturali, e a questi garantisce il medesimo stato giuridico di quelli, un avvocato intelligente potrà venire a sostenere che nelle successioni le quote debbono essere uguali per tutti i figli indistintamente.
Avete pensato a questo? Certo, il mio amico Tupini, valoroso giurista ed avvocato, dirà la ragione delle formule prescelte; ma — ripeto — avete pensato a queste incidenze? Vi sono delle disposizioni transitorie? Dopo questo mio suggerimento, può darsi che ammettiate qualche disposizione transitoria, la quale avverta che questa parte è sospesa in attesa di una legge di coordinazione. Per forza dovete mettere qualche disposizione transitoria! Ma il nuovo legislatore, poveretto, fra gli altri guai, sarà obbligato a riprendere la trattazione di tutta la materia; e dopo che avrà fatto la legge in un modo o nell'altro, si troverà sottoposto al giudizio della Corte costituzionale. E, difatti, se stabilirà che la proclamata eguaglianza non riguarda le successioni e che, quindi, il figlio naturale deve aver meno, ci saranno i figli naturali che faranno le cause, sostenendo che in questo punto la Costituzione è stata violata; e, reciprocamente, qualora la divisione venga disposta in parti uguali per i figli tutti, saranno i figli legittimi che protesteranno.
Io non voglio abusare della pazienza del Presidente, verso cui ho tanta deferenza; e perciò, mi fermo qui e dico: «tecnicamente, queste disposizioni sono fatte apposta per rimettere in dubbio la certezza del diritto». Voi capite bene che cosa importa questa certezza; è uno degli obiettivi più essenziali del progresso giuridico: si tratta di sapere di che morte si deve morire! Il cittadino ha il diritto di sapere in quali limiti si può svolgere la sua attività; e voi, invece, aprite questo periodo di incertezza, di indecisioni, di liti giudiziarie i mali sociali. E, ripeto: io non faccio, a questo riguardo, questioni politiche. Che se poi tutto questo ben di Dio è determinato dal proponimento di fare entrare nella Costituzione l'indissolubilità del matrimonio, di farvi entrare anche la scuola privata, ebbene questo — no, non vorrei crederlo — sarebbe troppo mortificante!
Io, da Guardasigilli o, meglio ancora, da Ministro dell'istruzione, — ben 43 anni or sono, nel 1904 — difesi l'insegnamento religioso nelle scuole. Non c'era allora la democrazia cristiana, e non c'erano i Patti Lateranensi; ma io lo difesi in nome della libertà del genitore di educare come voleva i propri figli, nel caso, naturalmente, in cui lo domandasse.
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Come noi.
Orlando Vittorio Emanuele. E fui contrario al divorzio. E questo, ripeto, feci quando nessuna intesa si era determinata fra Stato e Chiesa, quando, al contrario, eravamo ufficialmente in conflitto con la Chiesa, e quindi poteva esservi la scusante di una legittima difesa dello Stato. E alcune disposizioni furono realmente in difesa e furono ben fatte, benché a nome dei liberali, ai quali vengono rimproverate con maggior acredine. Giacché — non bisogna dimenticarlo — il liberale può essere un credente come lo sono io, fiero della mia fede, ma che, quando occorra, sa anche ergersi in difesa dello Stato. E questo fatto può spiegare ciò che mi è capitato di vedere in un libro in cui sono elencati i nemici che vanno combattuti: ci sono i comunisti, ma al numero due; al numero uno ci siamo noi liberali.
Pur tuttavia, nelle condizioni accennate, io non fui contro la scuola privata e non fui per il divorzio, come continuo a non esserlo. Ma, per carità, non colleghiamo tali questioni politiche con quelli che debbono essere i veri capisaldi, sui quali si dovrà assidere, mercé la sua Costituzione, il futuro Stato della Repubblica italiana. (Vivi applausi).
Presidente Terracini. Prego l'onorevole Tupini di esprimere l'avviso della Commissione sull'ordine del giorno proposto dall'onorevole Orlando.
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Onorevole Presidente, fo osservare innanzi tutto che esiste un altro ordine del giorno, quello dell'onorevole Ruggiero Carlo che, pur basandosi su motivi più limitati e specifici, conclude allo stesso modo dell'onorevole Orlando. Se l'onorevole Ruggiero è presente e intende svolgere il suo ordine del giorno...
Una voce. È stato già svolto.
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Benissimo. Parlerò dunque dell'ordine del giorno dell'onorevole Orlando.
È la prima volta che mi tocca la non desiderata ventura di dover prendere la parola per contraddire al mio venerato Maestro e grande amico onorevole Orlando.
Io ho compreso il senso del suo emendamento sul quale io credo che non sia lecito ad alcuno in questa Assemblea di fare uno schieramento di carattere politico. La ragione che ha animato il suo emendamento, onorevole Orlando, Ella la ha sufficientemente e chiaramente spiegata; è un ragione d'ordine tecnico; ed ha anche ricordato che su questo suo motivo non è la prima volta, che Ella interviene, e che, anche a proposito d'altre questioni, ugualmente importanti anche se il pensiero dell'Assemblea è, a loro riguardo, non conforme, anche su altre questioni l'Assemblea ha avuto occasione di intervenire e di pronunziarsi in senso non conforme ai suoi desideri.
Orlando Vittorio Emanuele. Questo è vero.
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. La Commissione, pur non essendo unanime, naturalmente, su questo punto di vista, tuttavia, nella sua maggioranza, non è favorevole all'accoglimento dell'ordine del giorno dell'onorevole Orlando, e ritiene (se l'onorevole Orlando insisterà che sia posto in votazione) di dovere domandare all'Assemblea di respingerlo per le brevissime considerazioni che esporrò.
Io non entrerò nel merito dei vari argomenti coi quali l'onorevole Orlando ha illustrato il suo ordine del giorno. Non lo farò sopratutto in omaggio a quel criterio di economia di tempo al quale ho cercato e cerco sempre di attenermi in tutti i miei numerosi interventi nella discussione.
Mi limiterò, dunque e soltanto a prendere in considerazione quei motivi sintetici e succinti, che l'onorevole Orlando ha condensato nel suo ordine del giorno.
Ella scrive, onorevole Orlando, che non devono essere inseriti in una Carta costituzionale gli articoli del Titolo II, perché essi mancano di un effettivo contenuto normativo.
Ella sa, onorevole Orlando, perché più volte è stato posto l'accento su questo punto, che il nostro progetto consta di due elementi fondamentali: uno di carattere normativo assoluto, e l'altro di direttiva al futuro legislatore perché vi si conformi e vi si adegui.
Ma l'onorevole Orlando parla anche di inutili definizioni astratte e di promesse dipendenti da una ignota disponibilità di fondi.
A proposito di definizioni astratte, onorevole Orlando, io mi permetto una volta ancora di rilevare che è veramente una cosa non conforme a giustizia seguitare ad affermare che tutto quello che si traduce nelle nostre formule non sia ispirato a sincerità e rappresenti anzi il risultato di un compromesso o di un baratto tra le varie parti al fine di consentire rispettivamente all'una o all'altra di esse di aver causa vinta in questo o in quel punto di vista.
Onorevole Orlando, Ella che è stata sempre con me così buono, così cortese e così amabile maestro, mi ha dato atto, anche in conversazioni private, che non è lecito confondere lo sforzo comune, cui Ella dà sempre notevole contributo, di raggiungere un determinato fine con l'elemento deteriore del baratto o del compromesso. Si tratta, invece di raccogliere su una formula o su un articolo o su un insieme di articoli il maggior comune denominatore di consensi e quindi il massimo delle adesioni e dei voti al nobile fine di dar vita a uno statuto vivo e vitale capace di raccogliere il più esteso e convinto consenso dei componenti l'Assemblea e del Paese.
Si parla, onorevole Orlando, nel suo emendamento, di «ignota disponibilità di fondi» che Ella ha illustrato nel suo autorevole e pregevole intervento nella discussione con una specie di sottintesa volontà da parte della Commissione oggi e da parte dell'Assemblea domani — ove votasse questi articoli — di promettere ciò che non possiamo mantenere.
Onorevole Orlando, questo è lontano dal pensiero della Commissione. Noi, ripeto, diamo al legislatore delle direttive; pensiamo che molte di queste cose potranno essere mantenute, e se taluna di esse cozzerà, malgrado tutto, contro difficoltà gravi e pesanti, dobbiamo augurarci che il legislatore di domani non perda mai di vista la meta da raggiungere e si adoperi con tutti i mezzi per raggiungerla, camminando nel binario da noi tracciato e fissato.
Le nostre formule sono state a lungo discusse e non abbiamo trovato termini più idonei per articolarle. L'onorevole Orlando ha anche accennato, quando ha illustrato il suo emendamento, alle disposizioni attuali del codice riguardanti la famiglia, mettendole a raffronto con quelle del nostro progetto e prevedendo così difficoltà gravi di adeguamento tra di esse.
Ma, onorevole Orlando, noi non dobbiamo dimenticare che facciamo una Costituzione nuova, la Costituzione della Repubblica italiana, una Costituzione che tiene conto delle esigenze nuove dei tempi, di quelle, cioè, che sono le necessità che coloro che fecero il Codice del 1935 o del 1865 non poterono assolutamente prevedere. Noi facciamo una Costituzione che impegna la legge futura ma che non è impegnata da quella presente. L'onorevole Orlando ha previsto che ci saranno difficoltà. Difficoltà ci potranno essere; le affronteremo, le risolveremo perché non avvenga quel caos al quale Ella ha accennato. Si potranno fare anche disposizioni transitorie, ma il principio fondamentale che deve essere tenuto presente è questo: noi non siamo impegnati dalla legge presente; noi impegniamo la legge futura. Ragion per cui io penso che esaurite tutte le motivazioni in virtù delle quali sul piano semplicemente tecnico-giuridico l'onorevole Orlando ha domandato che la serie degli articoli che vanno dal 23 al 29 sia mandata ad un preambolo, o meglio alla Commissione perché esamini se ed in quanto sia opportuno rinunciarvi e chiamarli a far parte di un preambolo, io posso dire all'onorevole Orlando ed all'Assemblea che la Commissione già ha esaminato questa sua proposta; l'ha esaminata non solo in questa occasione, ma anche in altre occasioni e di fronte ad analoghe proposte ed è ferma nel suo proposito di insistere perché gli articoli del secondo titolo siano discussi senz'altro e non siano né soppressi né rinviati a far parte di una dichiarazione di carattere generale. Per queste ragioni prego l'Assemblea di voler respingere l'ordine del giorno dell'onorevole Orlando.
L'onorevole Ruggiero ha già svolto il suo emendamento. Egli afferma soprattutto nel suo emendamento che «l'Assemblea, convinta che i principî dell'indissolubilità del matrimonio e della unità della famiglia, contenuti nell'articolo 24 del progetto di Costituzione, sono incompatibili con la natura della Costituzione inquantochè, considerati ecc. ecc.». In fondo, l'onorevole Ruggiero fa perno del suo emendamento unicamente l'articolo che riguarda l'inserzione del matrimonio indissolubile nella nuova Costituzione. L'onorevole Ruggiero conosce perfettamente quale è il pensiero, almeno fino a questo momento, della maggioranza della Commissione in ordine all'opportunità che questo articolo sia inserito nella Costituzione. La discussione generale alla quale hanno partecipato numerosi nostri colleghi, e durante la quale si sono svolti hic et inde i vari argomenti non solo a favore del merito della questione, ma anche a favore del criterio di opportunità di sua particolare inserzione nella Costituzione, mi dispensa dal ripetere le ragioni che militano a favore di questa tesi e che ebbero modo di spiegarsi ampiamente sia in sede di Sottocommissione che di Commissione plenaria. Io mi riferisco completamente alle precedenti conclusioni che faccio mie in questa sede e in forza delle quali mi permetto di pregare l'Assemblea di respingere, dopo quello dell'onorevole Orlando, anche quello dell'onorevole Ruggiero.
Io mi auguro che l'Assemblea, nella sua maggioranza, possa seguire e approvare, e quindi collaudare, il pensiero ed il lavoro della Commissione.
Presidente Terracini. Vi sono, dunque, due ordini del giorno.
L'ordine del giorno dell'onorevole Orlando e l'ordine del giorno dell'onorevole Ruggiero sono stati svolti con argomentazioni completamente diverse ma, nelle conclusioni pratiche — nell'ipotesi che l'ordine del giorno dell'onorevole Orlando fosse accettato dalla maggioranza dell'Assemblea — anche quello dell'onorevole Ruggiero troverebbe soddisfazione, ma sarebbe per una coincidenza materiale dei risultati e non per le ragioni con le quali sono stati svolti. Debbo quindi chiedere anzitutto ai due presentatori dell'ordine del giorno se essi li mantengono. In tal caso, prima di procedere all'esame degli emendamenti e alle votazioni relative, mi pare naturale che si debba votare sull'ordine del giorno dell'onorevole Orlando, che, se accettato, ci dispenserebbe sia dall'esame degli emendamenti, che dalle votazioni con essi collegate.
Ricordo che l'ordine del giorno dell'onorevole Ruggiero è così formulato:
«L'Assemblea,
convinta che la Carta costituzionale è un atto legislativo che, per la sua natura, deve accogliere solo quei principî fondamentali e quei sovrani comandamenti che rispondono alle esigenze di una coscienza etica collettiva;
convinta che i principî della indissolubilità del matrimonio e della unità della famiglia, contenuti nell'articolo 24 del progetto di Costituzione, sono incompatibili con la natura della Costituzione inquantoché, considerati attraverso una valutazione di carattere universale, rappresentano la manifestazione di un'ideologia e di un'etica particolari;
convinta che i principî della indissolubilità del matrimonio e della unità della famiglia già sono consacrati nella realtà giuridica ed etica, il primo come una norma obbiettiva della nostra legislazione e il secondo come inconcusso precetto morale, e che non abbisognano quindi della garanzia di una specifica tutela costituzionale;
passa all'ordine del giorno».
Prego l'onorevole Orlando di voler dire se mantiene il suo ordine del giorno.
Orlando Vittorio Emanuele. Avevo già dichiarato che non mi proponevo con la presentazione del mio ordine del giorno alcuno scopo politico. Il mio era soltanto un punto di vista tecnico; e quindi se ho torto, continuerò ad aver torto, anche se l'Assemblea approverà il mio ordine del giorno; e se ho ragione, continuerò ad aver ragione, anche se l'Assemblea non lo approverà. D'altra parte, le adesioni che ho ricevute costituiscono per me una specie di dovere di mantenere il mio ordine del giorno, anche per constatare quali fra i plaudenti cortesi erano mossi semplicemente da simpatia personale e quali, invece, da una vera convinzione. (Approvazioni).
Presidente Terracini. Dobbiamo porre in votazione l'ordine del giorno dell'onorevole Orlando. È stata presentata, su di esso, domanda di votazione per appello nominale firmata dagli onorevoli Bocconi, Paris, Bassano, Persico, Veroni, Cairo, Filippini, Treves, Montemartini, Grilli, Vigorelli, Arata, Zanardi, Canepa, Corsi, Bennani.
Mortati. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Mortati. A nome del gruppo parlamentare della democrazia cristiana, dichiaro che noi voteremo contro l'ordine del giorno dell'onorevole Orlando. Sono dolente di non potere essere d'accordo col mio antico maestro Vittorio Emanuele Orlando. Ma le sue argomentazioni non mi hanno convinto. Osservo preliminarmente che non vi è ragione di trattare in modo speciale gli articoli compresi nel secondo titolo, perché se le eccezioni sollevate dall'onorevole Orlando in ordine all'inserzione dei medesimi nel testo della Costituzione fossero valide dovrebbero valere anche per le disposizioni del titolo successivo e altresì per alcune di quelle già approvate. Non sarebbe giusto sottoporre a votazione per una fattispecie particolare un principio che ha carattere generale, e che quindi dovrebbe valere per tutti i casi che rientrano in esso. Ma, a parte questa eccezione di carattere pregiudiziale, entrando nel merito delle argomentazioni dell'onorevole Orlando, osservo che esse non sono convincenti. L'onorevole Orlando ha toccato due punti in sostanza. Egli ha innanzi tutto eccepito la mancanza di contenuto normativo delle disposizioni in parola; il che non è però esatto. Infatti alcune hanno un indubbio contenuto normativo; quella dell'indissolubilità del matrimonio, per esempio. Ma anche le altre che, a prima vista sembrano rivestire un carattere definitorio, se esaminate nel loro contenuto particolare, rivelano un sostanziale contenuto giuridico. La stessa definizione della famiglia come società naturale, se se ne analizzi il significato, rivela il suo carattere normativo. Con essa si vuole infatti assegnare all'istituto familiare una sua autonomia originaria, destinata a circoscrivere i poteri del futuro legislatore in ordine alla sua regolamentazione.
Ha osservato inoltre l'onorevole Orlando che la materia regolata dalle disposizioni in esame deve ritenersi riservata alla legge. Ma si può opporre — e l'onorevole Orlando può insegnarlo — che non esistono materie assolutamente legislative e materie assolutamente costituzionali, ed invece sono esclusivamente le valutazioni politiche che le forze politiche fanno, in un certo momento, circa la rilevanza di una norma che decidono circa il contenuto legislativo o costituzionale della medesima.
Dice inoltre l'onorevole Orlando che vi sarebbe un turbamento nel sistema se alcune di queste disposizioni fossero inserite nella Costituzione, e che quindi si determinerebbe una dannosa incertezza nel diritto. Anche questo argomento non è persuasivo. Anzitutto è ovvio che quando una nuova Costituzione entra in vigore, c'è una parte di essa, e precisamente le disposizioni transitorie, che ha come scopo appunto di evitare queste disarmonie nel sistema. Ma, anche se tali disposizioni non ci fossero, varrebbero i principî generali di interpretazione, per cui, per esempio, le norme dell'attuale Codice civile che siano in contrasto con precise disposizioni della nuova Costituzione, cadrebbero automaticamente; mentre altre, che fossero compatibili, seppure non in perfetta armonia, con disposizioni costituzionali d'indole direttiva rimarrebbero in attesa delle future riforme; e intanto si imporrebbe all'interprete l'adattamento delle medesime al nuovo spirito immesso all'ordinamento attraverso la Costituzione. L'argomentazione dell'onorevole Orlando, se fosse accolta, porterebbe a questa inammissibile conseguenza: che non la nuova Costituzione si impone alla precedente legislazione, ma questa a quella.
Per quanto riguarda il preambolo, cioè l'eventuale trasposizione nel preambolo di alcune di queste norme, faccio osservare che la questione è rimasta in sospeso perché, per una precedente deliberazione di questa Assemblea, è stato rinviato ad un secondo momento l'esame sull'opportunità di trasferire alcune delle disposizioni inserite nel testo della Costituzione in un preambolo e quindi sarebbe in contrasto con tale criterio generale già adottato una deliberazione nel senso proposto.
Quindi, per tutte queste ragioni, riteniamo di non poter aderire all'ordine del giorno dell'onorevole Orlando.
Cortese. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Cortese. Aderendo alle ragioni esposte dall'onorevole Orlando, dichiariamo di votare a favore dell'ordine del giorno da lui presentato.
Nel caso che l'ordine del giorno fosse respinto dall'Assemblea, dichiariamo che ciascuno di noi liberali sarà completamente libero nel voto che darà.
Dominedò. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto;
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Dominedò. Desidero dichiarare che, pur votando contro l'ordine del giorno, ad un tempo intendo di affermare, in linea di principio, la duplice esigenza che le norme le quali risultino prive di effettivo contenuto normativo o siano di competenza legislativa o regolamentare, debbano essere di regola depennate dal testo della Costituzione.
Tuttavia, pur affermando con l'onorevole Orlando questa tendenza, poiché l'ordine del giorno si conclude con un totale rinvio del titolo al preambolo, sotto questo aspetto non posso oggi consentire in una così radicale e incondizionata proposta.
Mazzei. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Mazzei. Devo dichiarare che voterò a favore dell'ordine del giorno dell'onorevole Orlando. I motivi che l'onorevole Orlando ha addotto sono perfettamente fondati. Quello che si oppone da parte democristiana non mi sembra affatto convincente. La mancanza di contenuto normativo della maggior parte delle disposizioni contenute in questo titolo è fuori di dubbio. L'onorevole Mortati ha dovuto pescare qualche rara disposizione a cui si potesse allegare un qualche serio e possibile od eventuale contenuto normativo.
Quanto poi a quello che accadrebbe inevitabilmente se talune disposizioni contenute nel titolo in questione fossero votate e non fossero espressamente coordinate col Codice civile, le affermazioni che ha fatto l'onorevole Orlando calzano ancora una volta; calzano perché si tratterebbe ancora di stabilire quali norme — così come diceva l'onorevole Mortati — del codice civile sarebbero caducate e si ingenererebbe negli interpreti una enorme confusione per valutare quali di esse siano perfettamente contrastanti con le norme e con lo spirito della Costituzione, quali invece lo siano meno e possano ancora sopravvivere e quali non lo siano affatto o, anche non essendolo rispetto alla lettera, lo siano pure di fronte allo spirito; perché indubbiamente, in una Costituzione, è lo spirito generale quello che più conta, non già la lettera delle disposizioni singole.
C'è poi da osservare che la richiesta di trasposizione del preambolo non implica alcuna contraddizione con le disposizioni precedentemente votate. Questi lavori hanno un loro ordine, ma dovranno in definitiva avere, attraverso un apposito comitato, anche un coordinamento e, se qui c'è una serie di disposizioni la cui sede naturale si ritenga debba essere il preambolo, non si vede perché non si debba decidere fin da ora la trasposizione.
Dichiaro pertanto che, insieme con gli altri colleghi repubblicani, voterò a favore dell'ordine del giorno presentato dall'onorevole Orlando.
Condorelli. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Condorelli. Io mi pronunciai a favore della proposta dell'onorevole Orlando, allorché essa fu formulata all'inizio dei nostri lavori. Ma, adesso che la Costituzione è scesa a particolari che certamente hanno molto minor rilevanza di quelli che dovremmo deliberare oggi, mi pare che la proposta non si possa più accettare.
Noi ci troviamo infatti di fronte ad una Costituzione che ha in animo di stabilire il diritto alle ferie, il diritto al riposo settimanale, la tutela del paesaggio, l'ordinamento carcerario; mi sembra strano perciò che questa Costituzione debba sorvolare su quello veramente che è il fondamento della società: il matrimonio, la famiglia, la scuola.
Io avrei voluto che non si fosse scesi a particolari in questa prima parte, ma, poiché l'avvio dei nostri lavori è stato questo, mi sembrerebbe che toglieremmo un elemento di simmetria indispensabile alla nostra Costituzione, se sorvolassimo su quelle che sono veramente le basi di uno stato e di una società.
Da che si parlano idiomi italiani, si è sempre detto che la famiglia è il seminario della repubblica, che la famiglia è la base della società: e si sorvola proprio su questo punto? È per questa ragione che io dichiaro di votare contro l'ordine del giorno dell'onorevole Orlando.
Cevolotto. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Cevolotto. Dichiaro che voterò a favore della mozione dell'onorevole Orlando, pur affermando che non consento in quella parte della motivazione nella quale è criticato il progetto di Costituzione in quanto invaderebbe il campo riservato alla competenza legislativa e attualmente regolato da codici, i quali costituiscono un sistema che non si può alterare in alcuna parte senza alterare la certezza stessa del diritto.
La Costituzione non può essere condizionata ai codici vigenti, ma se mai li condiziona nel senso che i codici dovranno essere poi adattati a quella nuova legislazione della quale la Costituzione avrà imposto le linee essenziali. Con questo chiarimento e con questa limitazione, voterò a favore dell'ordine del giorno dell'onorevole Orlando.
Targetti. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Targetti. A nome del Gruppo parlamentare socialista, dichiaro che voteremo contro l'ordine del giorno dell'onorevole Orlando. Non è il momento, ed a me, comunque, ne mancherebbe del tutto l'autorità, per fare una polemica di carattere giuridico, costituzionale con l'onorevole Orlando. Riconosciamo che le ragioni per le quali l'onorevole Orlando ha proposto di omettere nella Costituzione il titolo secondo, sono ragioni che, per la natura degli articoli che questo titolo compongono, trovano in gran parte consenziente anche il nostro Gruppo.
Ma si oppongono all'accettazione dell'ordine del giorno dell'onorevole Orlando varie considerazioni. Prima di tutto, me lo permetta l'onorevole Orlando, questa eccezione, questo ordine del giorno avrebbe trovato più logica sede all'inizio della discussione. E non già dopo l'approvazione del titolo primo.
L'Assemblea ricorderà che l'onorevole Lucifero e l'onorevole Calamandrei in quella sede proposero un ordine del giorno inteso a togliere molte delle disposizioni del testo della Costituzione e collocarle in un preambolo. L'Assemblea fu concorde nel deliberare... (Commenti — Interruzioni).
Se prima di interrompere, gli egregi colleghi aspettassero di sentire quello che dico, forse l'interruzione potrebbe essere più giustificata ma potrebbe anche essere del tutto ingiustificata. Volevo ricordare che, in merito a quelle proposte, l'Assemblea si pronunziò, nel senso che esaminando i vari articoli, qualora alcuni di questi articoli fossero stati tolti dal testo della Costituzione, i principî in essi contenuti avrebbero potuto far parte di un preambolo, che a conclusione di quella discussione, si continuò a chiamare «eventuale». È una questione dunque già risolta in linea di massima.
Ma contro l'ordine del giorno presentato sta per noi una ragione di importanza capitale. Ammesso il principio di togliere dal testo della Costituzione tutto il titolo secondo, evidentemente lo si potrebbe applicare anche ad altri titoli e potrebbe portare alla soppressione anche del titolo terzo che riguarda i rapporti economici (Commenti). Se questo titolo contiene disposizioni che possono eventualmente non incontrare il pieno favore di alcune parti dell'Assemblea, incontra tanto il nostro favore da costituire per noi una giustificazione all'approvazione di altri principî e di altre massime che fossero eventualmente non del tutto conformi al nostro pensiero.
Un'ultima osservazione: l'approvazione di quest'ordine del giorno, certo andando contro alla lealtà, alla chiara volontà dell'onorevole Orlando, non faciliterebbe — adopro un eufemismo — il compito dell'Assemblea Costituente nei riguardi della Costituzione. In questo momento noi riteniamo che tutti coloro che sono sinceramente fautori, convinti sostenitori della necessità di dare al più presto un solido fondamento al regime repubblicano, debbono aver fretta a dare a questo regime una Costituzione e sventare quindi qualsiasi tentativo che a questo scopo possa essere di ostacolo. (Applausi a sinistra).
Laconi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Laconi. Voteremo contro l'ordine del giorno presentato dall'onorevole Orlando, per le stesse ragioni che ci hanno indotto nel corso delle riunioni della Commissione dei settantacinque a votare contro gli ordini del giorno che tendevano a togliere dalla Costituzione quelle parti che avessero unicamente valore di orientamento per il legislatore futuro.
Voteremo contro, in quanto che riteniamo come ha giustamente rilevato l'onorevole Mortati, che la Costituzione non sia soltanto un documento giuridico ma sia anche un documento politico.
Per quanto riguarda il secondo appunto dell'onorevole Orlando, cioè le definizioni che figurano in questa parte del Progetto, noi pensiamo che questo difetto possa essere eliminato attraverso la presentazione di emendamenti, senza che questo rilievo debba comportare la soppressione del titolo.
Gullo Rocco. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Gullo Rocco. Per incarico di una gran parte del Gruppo socialista dei lavoratori italiani, dichiaro che voteremo a favore dell'ordine del giorno Orlando. Parlo di gran parte del Gruppo, in quanto siccome mi sembra che la questione sia più di carattere tecnico che di carattere politico, ritengo che si possa lasciare ampia libertà ai componenti del Gruppo. È stata fatta un'osservazione per la tempestività dell'ordine del giorno proposto dall'onorevole Orlando. Anche se fosse esatta l'osservazione di intempestività o ritardo nella presentazione dell'ordine del giorno, penso che non sia mai troppo tardi per evitare di commettere degli errori.
In merito alle affermazioni dell'onorevole Laconi, dichiaro che io le condivido per quanto riguarda gli altri titoli della Costituzione, ma nel caso in esame a me sembra che le osservazioni di carattere costituzionale fatte dall'onorevole Orlando siano tali per cui si debba votare a favore dell'ordine del giorno, e non occorre illustrare queste ragioni, anche perché sono state già magistralmente illustrate dallo stesso proponente dell'ordine del giorno.
Calamandrei. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Calamandrei. Io sono stato, onorevoli colleghi, il proponente, all'inizio delle nostre discussioni, di un ordine del giorno relativo al preambolo. Questo ordine del giorno non fu respinto; ma l'Assemblea ritenne che sull'opportunità di inserire nella Costituzione un preambolo e sugli articoli da trasferire dalla Costituzione nel preambolo, la decisione fosse rimandata alla fine dei nostri lavori.
Come presentatore di questa proposta, io dovrei essere favorevole, dunque, alla proposta oggi presentata dall'onorevole Orlando. Sennonché non vi nascondo di avere qualche ragione di perplessità che è sopratutto la seguente: nel titolo che oggi l'onorevole Orlando propone di rimandare integralmente al preambolo, sono contenute disposizioni su materie le quali in parte sono già state regolate da altre disposizioni, contenute nei titoli precedenti, sulla collocazione delle quali parrebbe che ormai non si possa più discutere, nel senso che esse debbano ormai trovar posto nel corpo della Costituzione e non esser trasferite nel preambolo. Per esempio, la materia matrimoniale, che è quella sulla quale sopra tutto si è aggirata la discussione in questi ultimi giorni, è in gran parte, per il novantanove per cento si può dire, già regolata dall'articolo 7 che, richiamando e mantenendo in vigore nella Costituzione l'articolo 34 del Concordato, viene per rinvio a dare carattere di norma costituzionale a questo articolo che regola appunto la materia matrimoniale. Ora, approvando la proposta dell'onorevole Orlando, si potrebbe arrivare a questa contraddizione: che la materia matrimoniale, che per il novantanove per cento è regolata da una vera e propria norma costituzionale che ha sede nel corpo della Costituzione, verrebbe invece per l'altro uno per cento, che è regolato dall'articolo 24 del titolo secondo, degradata da materia costituzionale a materia assai meno importante, rilasciata soltanto a una di quelle raccomandazioni od orientamenti che sarebbero contenuti nel preambolo.
Questo diverso trattamento giuridico che si farebbe a diverse porzioni della stessa materia mi lascia perplesso per la sua contraddittoria eterogeneità.
Tuttavia, poiché, come ha riconosciuto l'onorevole Mortati, il fatto che norme costituzionali in proposito siano state già approvate nel titolo precedente non esclude che esse possano esser riprese in esame per decidere quali di esse possano esser trasferite nel preambolo, io mi auguro che anche per ragioni di omogeneità nel preambolo possa esser trasferito alla fine l'articolo 7; e con questa speranza, coi colleghi del mio gruppo, voterò a favore dell'ordine del giorno Orlando. (Commenti).
Sardiello. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Sardiello. Voterò favorevolmente all'ordine del giorno proposto dall'onorevole Orlando, per questa considerazione: che le motivazioni che precedono la proposta Orlando riflettono sostanzialmente alcune tra le più importanti considerazioni che ho già esposte da questi banchi sugli articoli di questa parte del progetto di Costituzione; e anche perché deve ritenersi che il preambolo costituisca indubbiamente parte integrante della Costituzione.
Penso perciò che quei principî fondamentali già accettati come rivendicazioni di giustizia sociale possano trovare la loro consacrazione con la forza necessaria per rispondere a quella funzione indicatrice verso il legislatore ordinario che in sede di preambolo, anziché in forma di norme, può essere accolta.
Selvaggi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Selvaggi. Dichiaro a nome del mio Gruppo che voterò a favore dell'ordine del giorno Orlando, dando ad esso il preciso significato che non si tratta di escludere dalla Costituzione determinati principî riguardanti la famiglia, perché essi potrebbero trovar posto in sede di preambolo.
Benedettini. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Benedettini. Dichiaro che voterò a favore dell'ordine del giorno Orlando per le stesse considerazioni esposte dall'onorevole Gullo Rocco.
Bruni. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Bruni. Dichiaro di votare contro l'ordine del giorno Orlando perché, qualunque possano essere le preferenze di metodo e di tecnica, non credo possibile escludere dalla Carta costituzionale norme così importanti come quelle riguardanti la scuola e la libertà d'insegnamento.
Presidente Terracini. Chiedo ai presentatori della domanda di appello nominale se, dopo le dichiarazioni di voto ora fatte, la mantengono.
Bocconi. A nome dei presentatori della richiesta, dichiaro che la manteniamo.
Presidente Terracini. Procediamo dunque alla votazione per appello nominale sull'ordine del giorno presentato dall'onorevole Orlando Vittorio Emanuele. Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).
La chiama incomincerà dall'onorevole Targetti.
Si faccia la chiama.
Molinelli, Segretario, fa la chiama:
Rispondono sì:
Arata, Azzi.
Bassano, Bellusci, Bencivenga, Benedettini, Bergamini, Bernabei, Bianchi Bianca, Bocconi, Bonomi Ivanoe, Bordon, Bozzi.
Cairo, Calamandrei, Calosso, Camangi, Candela, Canepa, Canevari, Capua, Carboni, Cevolotto, Chiostergi, Cianca, Cifaldi, Codignola, Colitto, Conti, Coppa Ezio, Corbino, Corsi, Corsini, Cortese.
D'Aragona, De Caro Raffaele, Della Seta, De Mercurio, Di Gloria.
Einaudi.
Fabbri, Facchinetti, Fietta, Filippini, Fresa, Fusco.
Ghidini, Giannini, Grassi, Grilli, Gullo Rocco.
Labriola, Lagravinese Pasquale, La Malfa, Lami Starnuti, Lombardi Riccardo, Longhena, Lucifero, Lussu.
Macrelli, Maffioli, Magrini, Marina Mario, Marinaro, Martino Enrico, Martino Gaetano, Mastino Pietro, Mastrojanni, Matteotti Matteo, Mazza, Mazzei, Miccolis, Modigliani, Molè, Momigliano, Montemartini, Morelli Renato, Morini.
Natoli Lamantea, Nitti.
Orlando Vittorio Emanuele.
Pacciardi, Paolucci, Paratore, Paris, Patricolo, Pera, Perassi, Persico, Perugi, Piemonte, Puoti.
Reale Vito, Rodi, Rodinò Mario, Ruggiero Carlo, Russo Perez.
Sardiello, Schiavetti, Selvaggi, Simonini, Spallicci.
Tieri Vincenzo, Tremelloni, Treves, Tripepi, Tumminelli.
Valiani, Vallone, Venditti, Veroni, Vigorelli, Vilardi, Villabruna, Villani.
Zanardi, Zuccarini.
Rispondono no:
Adonnino, Alberti, Allegato, Amadei, Ambrosini, Amendola, Andreotti, Angelini, Angelucci, Arcaini, Arcangeli, Avanzini.
Badini Confalonieri, Baldassari, Balduzzi, Baracco, Barbareschi, Bardini, Bargagna, Barontini Anelito, Barontini Ilio, Basso, Bastianetto, Bei Adele, Bellato, Belotti, Benvenuti, Bernamonti, Bernini Ferdinando, Bertola, Bertone, Bettiol, Bianchi Bruno, Bianchini Laura, Bibolotti, Bitossi, Bonomelli, Bonomi Paolo, Bosco Lucarelli, Bosi, Bovetti, Braschi, Bruni, Brusasca, Bubbio, Bucci, Bulloni Pietro, Burato.
Caccuri, Caiati, Caldera, Camposarcuno, Caporali, Cappelletti, Cappi Giuseppe, Cappugi, Caprani, Carbonari, Carignani, Caristia, Carmagnola, Caronia, Carpano Maglioli, Carratelli, Caso, Cassiani, Castelli Edgardo, Castelli Avolio, Cavallari, Cavalli, Cavallotti, Cerreti, Chatrian, Ciampitti, Cimenti, Cingolani Mario, Clerici, Coccia, Codacci Pisanelli, Colombo Emilio, Colonnetti, Conci Elisabetta, Condorelli, Coppi Alessandro, Corbi, Corsanego, Costa, Costantini, Cotellessa, Cremaschi Carlo, Cremaschi Olindo.
D'Amico Diego, De Caro Gerardo, De Filpo, Del Curto, Delli Castelli Filomena, De Maria, De Martino, De Michele Luigi, De Michelis Paolo, De Palma, De Unterrichter Maria, Di Fausto, Di Vittorio, Dominedò, D'Onofrio, Dossetti, Dugoni.
Ermini.
Fabriani, Fanfani, Fantoni, Fantuzzi, Farina Giovanni, Fedeli Armando, Federici Maria, Ferrarese, Ferrario Celestino, Ferreri, Fioritto, Firrao, Fogagnolo, Foresi, Fornara, Franceschini, Froggio, Fuschini.
Gabrieli, Galati, Gallico Spano Nadia, Garlato, Gatta, Gavina, Germano, Gervasi, Geuna, Ghidetti, Giacchero, Giolitti, Giordani, Giua, Gorreri, Gortani, Gotelli Angela, Grieco, Gronchi, Guariento, Guerrieri Filippo, Gui, Guidi Cingolani Angela.
Imperiale.
Jacini, Jacometti, Jervolino.
Laconi, Landi, La Rocca, Lazzati, Leone Giovanni, Lettieri, Lizier, Lizzadri, Lombardi Carlo, Longo, Lopardi, Lozza, Luisetti.
Maffi, Magnani, Malagugini, Maltagliati, Mannironi, Manzini, Marazza, Marchesi, Marconi, Mariani Enrico, Martinelli, Marzarotto, Massini, Massola, Mastino Gesumino, Mattei Teresa, Meda Luigi, Mentasti, Merighi, Merlin Angelina, Merlin Umberto, Micheli, Minella Angiola, Molinelli, Monterisi, Monticelli, Montini, Moro, Mortati, Murdaca, Murgia, Musolino.
Negro, Nobili Oro, Notarianni, Novella, Numeroso.
Orlando Camillo.
Pallastrelli, Pastore Giulio, Pat, Pella, Perlingieri, Pesenti, Petrilli, Piccioni, Pieri Gino, Pignedoli, Pistoia, Platone, Pollastrini Elettra, Ponti, Pratolongo, Priolo, Proia, Pucci.
Quintieri Adolfo.
Raimondi, Ravagnan, Reale Eugenio, Recca, Rescigno, Restagno, Ricci Giuseppe, Riccio Stefano, Rivera, Roselli, Rossi Giuseppe, Rossi Maria Maddalena, Roveda, Ruggeri Luigi, Rumor.
Saccenti, Salizzoni, Sampietro, Sartor, Scalfaro, Schiratti, Scoca, Scoccimarro Scotti Francesco, Secchia, Segni, Siles, Silipo, Spano, Spataro, Stampacchia, Stella, Storchi, Sullo Fiorentino.
Tambroni Armaroli, Targetti, Taviani, Tega, Terranova, Tessitori, Togliatti, Tomba, Tonello, Tosato, Tosi, Tozzi Condivi, Tupini, Turco.
Uberti.
Valenti, Valmarana, Vernocchi, Viale, Vicentini, Vischioni.
Zannerini, Zappelli, Zerbi, Zotta.
Astenuti: Bazoli, Ruini, Scotti Alessandro.
Sono in congedo:
Bernardi, Bargagna.
Caroleo, Cosattini.
De Vita.
Fiore.
Li Causi.
Malvestiti, Mazzoni, Montalbano.
Parri, Penna Ottavia.
Rapelli, Rubilli.
Presidente Terracini. Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli segretari a procedere alla numerazione dei voti.
(Gli onorevoli segretari numerano i voti).
Comunico il risultato della votazione nominale.
Presenti.......................... 404
Votanti...................... 401
Astenuti......................... 3
Maggioranza.............. 202
Hanno risposto sì....... 117
Hanno risposto no..... 284
(L'Assemblea non approva l'ordine del giorno dell'onorevole Orlando Vittorio Emanuele).
Avverto che il Comitato di redazione ha redatto un nuovo testo degli articoli 23, 24 e 25 del Titolo 2°, tenuto conto dei vari emendamenti presentati nel corso della discussione generale.
Il nuovo testo è il seguente:
Art. 23.
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio indissolubile.
Il matrimonio è ordinato in base all'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nei limiti richiesti dall'unità della famiglia.
Art. 24.
È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche nati fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità la legge provvede a che siano assolti tali compiti.
Ai figli nati fuori del matrimonio è riconosciuta una condizione giuridica che esclude inferiorità morali e sociali.
Art. 25.
La Repubblica agevola con appropriate misure economiche la formazione della famiglia e l'adempimento dei suoi oneri, con particolare riguardo alle famiglie numerose; provvede alla protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
Ho fatto distribuire, nei limiti del possibile, nella prima parte di questa seduta il testo di questi nuovi articoli e penso che in generale essi siano conosciuti.
Prego quindi gli onorevoli colleghi che avevano presentato emendamenti agli articoli di voler dichiarare se intendono conservare o meno i loro emendamenti.
Russo Perez. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Russo Perez. Se qualcuno volesse proporre una leggera modifica a questi articoli, dato che veniamo a conoscenza della nuova formulazione soltanto oggi, non potrebbe farlo?
Presidente Terracini. Dato che il testo dei nuovi articoli è stato presentato durante la seduta si possono proporre emendamenti, purché ciò avvenga sollecitamente.
Persico. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Persico. Vorrei capire il meccanismo di questo nuovo testo della Commissione. Esso è presentato dalla Commissione dei settantacinque o dal Comitato di redazione che ha solo un potere di coordinamento? È una questione di procedura, ma che ha un certo rilievo pratico nella discussione che andiamo a fare. Se, infatti; è un nuovo testo della Commissione dei settantacinque evidentemente è una nuova proposta che non corrisponde al Titolo 2° che abbiamo discusso.
Se, poi, è una proposta del Comitato dei diciotto, allora è un emendamento presentato senza firma, poiché non sappiamo chi sono i diciotto che l'hanno presentato, se erano tutti presenti, se erano tutti d'accordo.
In realtà siamo di fronte a nuovi articoli, in cui sono rimasti alcuni principî dei vecchi e sono scomparsi altri, si sono fusi degli articoli sostituendo muove formule.
Presidente Terracini. Sta bene, onorevole Persico; credo di poter rispondere immediatamente.
Gli emendamenti che sono man mano presentati non sono trasmessi alla Commissione dei settantacinque, perché siano esaminati, perché ciò praticamente vorrebbe dire non andare avanti di un passo nel nostro lavoro. Il Comitato di redazione, i cui componenti, onorevole Persico, sono tutti noti, e che assumono direttamente la responsabilità di ciò che propongono all'Assemblea, è stato, fin dall'inizio dei nostri lavori, dall'Assemblea plenaria investito di questo compito: di pronunciarsi sugli emendamenti. Che significa pronunciarsi sugli emendamenti? Significa respingerli o accettarli, e, nei limiti in cui vengono accettati, significa incorporarli nel testo presentato dalla Commissione dei settantacinque, che ha dato il mandato di fiducia, non solo implicito, ma esplicito, in questo senso al Comitato dei diciotto. E, pertanto, a parte il giudizio di merito, nel quale non voglio entrare, il Comitato dei diciotto, che siede all'Assemblea e che già parecchie volte si è pronunciato in un senso o nell'altro, questa volta — ed è un vantaggio, a mio parere — porta dinnanzi all'Assemblea il risultato dei suoi lavori, offrendo il testo nel quale ha incluso ciò che le è parso fosse accettabile degli emendamenti proposti.
Labriola. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Labriola. La Commissione ha presentato un nuovo testo che si riferisce esclusivamente agli articoli 23, 24 e 25. Vorrei sapere se essa si propone di presentare anche altri emendamenti su altre parti dello stesso titolo. In questa maniera, si farebbe un lavoro unico e non saremmo costretti a correre dietro alle iniziative della Commissione. È questo l'unico testo nuovo che essa ci presenta, oppure si riserva di presentare un altro testo, di altri articoli della Costituzione?
Presidente Terracini. Onorevole Labriola, è certo che se nessuno presentasse emendamenti, la Commissione starebbe nell'inerzia, perché ha già fatto conoscere all'Assemblea il suo pensiero. I tre articoli rielaborati che abbiamo sott'occhi, riguardano un tema specifico, che è quello della famiglia, e ritengo che non sia assolutamente necessario conoscere gli eventuali nuovi testi formati in base agli emendamenti proposti da numerosi colleghi e che si riferiscono alla scuola e alla istruzione, nel momento in cui dobbiamo decidere gli articoli che trattano della famiglia e del matrimonio. Comunque, la Commissione può rispondere e dire se si riserva di presentare, sulla base degli emendamenti proposti, un'altra formulazione degli articoli. Vorrei però precisare che non possiamo chiamare emendamenti questi che la Commissione oggi ci offre. Sono il risultato degli emendamenti presentati dai colleghi nel corso della discussione.
Labriola. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Labriola. La Commissione propone un nuovo testo per tre articoli. Se essa continuerà a fare così, la discussione si dovrà riaprire sugli altri articoli, di cui, eventualmente, potrà proporre un nuovo testo. Meglio sarebbe stato, per l'economia del nostro lavoro, che la Commissione avesse proposto un nuovo testo su tutti quegli articoli che essa crede debbano essere emendati. L'onorevole Ruini potrebbe dare qualche chiarimento.
Presidente Terracini. Desidererei soltanto che i colleghi — e anche lei, onorevole Labriola — si rendessero conto che la Commissione ha dei doveri che può adempiere nei limiti in cui noi adempiamo i nostri. Se, per esempio, un emendamento è presentato all'ultimo momento, è evidente che la Commissione non può presentare il nuovo testo che in un tempo successivo.
Se i colleghi tenessero presente l'invito che è stato fatto tante volte di presentare gli emendamenti in tempo debito, la Commissione avrebbe il tempo di valutarli e di tenerne o meno conto.
L'onorevole Ruini ha facoltà di rispondere al quesito posto dall'onorevole Labriola.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Dopo le dichiarazioni che ha fatto con tanta lucidità il nostro Presidente, io non avrei nulla da dire. Poiché sono stato richiesto, non posso che ripetere una cosa che mi pare già chiara di per sé. L'Assemblea Costituente incaricò formalmente il Comitato dei diciotto di esaminare gli emendamenti e di riferire; e ciò per necessità di lavoro, perché, come ha detto il Presidente, non si poteva riunire a ripetizione la Commissione dei settantacinque. Il Comitato, per scrupolo, chiese anche un esplicito mandato, in questo senso, da un'adunanza plenaria della Commissione. Il mandato fu dato. Quindi siamo a posto; è una necessità di lavoro che decidano i diciotto in cui sono rappresentate tutte le tendenze; essi sono dunque, un po', il succo dei Settantacinque.
Che cosa devono fare i diciotto, cioè il Comitato? Sono stati proposti molti emendamenti. Se il Comitato dice il suo parere all'Assemblea (in fondo l'accettare non è che esprimere parere) su questi emendamenti, è evidente che, ove li accetti, modifica il proprio testo. È ciò che si è fatto finora. Il Presidente e relatore della prima Sottocommissione rispondeva e diceva: l'articolo viene ora modificato così. Abbiamo creduto — e l'onorevole nostro Presidente ha messo in luce benissimo — che è un miglioramento ed un progresso tecnico, anziché cercare di concludere qui a voce dopo che si sono svolti gli emendamenti, comunicare per scritto quello che è il risultato dell'esame degli emendamenti e il riflesso, la posizione che il Comitato prende di fronte agli emendamenti con le modifiche al testo che era stato in origine presentato all'Assemblea.
Quanto alla domanda dell'onorevole Labriola, che cosa abbiamo fatto finora? Abbiamo discusso gli emendamenti per articoli ed in certi casi per temi o gruppi d'articolo. Se non avessimo formulato per scritto il nostro emendamento sugli emendamenti, l'avremmo fatto dopo, a voce. Ci occupiamo ora della famiglia. Non possiamo occuparci nel tempo stesso della scuola. Quando verrà il momento, ci occuperemo degli emendamenti sulla scuola. E potremo seguire lo stesso metodo che ora adottiamo.
Voglia ad ogni modo l'Assemblea tener presente la nostra condizione. Abbiamo due sedute d'Assemblea al giorno e il Comitato deve radunarsi una terza volta. Farà tutto ciò che è possibile per agevolare i lavori. A questo criterio si è ispirata la presentazione dell'innocente pezzo di carta che rifletteva il nostro pensiero sugli emendamenti. Non è del resto, neppure una presentazione formale; è una bozza della comunicazione che abbiamo fatto alla Presidenza dell'Assemblea, e che essa ha fatto bene a stampare e diffondere, si noti, non nel consueto fascicolo di emendamenti. Non sembra che vi sia luogo a rilievi e questioni formali di metodo nella discussione.
Tonello. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Tonello. Il Comitato dei diciotto non ha, secondo me, altra facoltà che quella di esprimere il suo parere sugli emendamenti proposti; ma non può venire qui a presentare all'ultimo momento un altro testo di legge. Esso deve attenersi al testo che ci aveva presentato, altrimenti rifaremo da capo tutto il lavoro.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Osservo che, accettati certi emendamenti, bisogna trasferirli nel testo. Il Comitato non ha fatto altro che trasferire nel nuovo testo gli emendamenti che è parso opportuno di accettare. L'Assemblea può benissimo respingere il nuovo testo e tornare a quello precedente, o adottarne un altro.
Ghidini. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Ghidini. Ho chiesto la parola per dichiarare che in sede di Comitato non ho approvato l'articolo 23 che è stato proposto dalla Commissione. Quanto all'osservazione dell'onorevole Persico, credo che tutto si possa ridurre ad una questione di procedura, nel senso cioè che se chiamiamo questi articoli un nuovo testo, esso, come tale, verrebbe a sostituire il testo ufficiale e quindi verrebbe a far cadere tutti gli emendamenti che sono stati proposti. Ora, io sinceramente non credo che il Comitato di redazione abbia questa facoltà; però credo che esso possa proporre un articolo, anche completamente nuovo, ma come articolo di emendamento; nel senso cioè che si deve discutere come si devono discutere anche gli altri emendamenti. Non è un articolo sostitutivo, in sostanza. L'Assemblea poi potrà decidere se premettere la discussione su questo emendamento o fare la discussione prima sugli altri; ma, ripeto, l'articolo 32 redatto dalla Commissione non si può considerare come un nuovo testo. Gli emendamenti e gli articoli già proposti permangono e tutti devono essere oggetto di discussione.
Presidente Terracini. In conclusione, egregi colleghi, dovremmo prendere atto delle cose che sono state dette e cominciare l'esame concreto degli articoli.
Nobili Tito Oro. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Nobili Tito Oro. A me pare, onorevole Presidente, che il rimpasto degli articoli 23, 24 e 25 risponda a criteri che i partiti, almeno dal punto di vista strutturale, se non sostanziale, hanno accettati. Naturalmente, nel testo sono rimaste delle parti che in alcuni emendamenti erano state soppresse. Io penso che il testo così ricostituito possa essere messo in votazione separatamente per le parti che sono oggetto di contrasto, in modo da dare agio ai presentatori degli emendamenti soppressivi di non votare quelle parti che essi proponevano già di sopprimere nel testo originario.
Per quanto poi riguarda personalmente me, indipendentemente da altri emendamenti, io ne avevo presentato uno all'articolo 23, che aggiungeva al testo originario la proposta che l'assistenza alle famiglie sia data mediante una diffusa organizzazione del lavoro domestico, che io considero come la base del più onorevole presidio economico da parte di una Repubblica democratica che è fondata sul lavoro.
Non è un dettaglio questo; è sostanza e può bene costituire materia di Costituzione.
Presidente Terracini. Onorevole Nobili, non svolga però già il suo emendamento.
Nobili Tito Oro. Non lo svolgo, onorevole Presidente; voglio soltanto dire che, pur non essendo stato l'emendamento trasferito nel testo della Commissione, io ho motivo di insistervi.
Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, vorrei chiarire che il testo del Comitato di redazione non significa la soppressione degli emendamenti, i quali saranno svolti dai presentatori e posti in votazione.
Il testo del Comitato significa semplicemente che abbiamo un nuovo termine di riferimento per gli emendamenti.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Confermo pienamente quello che ha detto l'onorevole Presidente. Noi del Comitato siamo colpevoli di aver fatto, per troppa diligenza, una cosa che potevamo fare dopo lo svolgimento degli emendamenti. Non c'è bisogno di dire che ogni presentatore d'emendamenti ha il diritto di svolgere il suo.
Quando saranno finiti gli svolgimenti — si è fatto sempre così — il nostro relatore onorevole Tupini risponderà. Abbiamo creduto opportuno di dare un pezzo di carta dal quale si possa già comprendere quale sarà la nostra risposta. Fate conto, se volete, di non averlo ricevuto questo foglietto che non è se non una precisazione ed una anticipazione.
Grilli. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Grilli. Io avevo proposto un emendamento all'articolo 24, inteso a togliere le parole «indissolubilità del matrimonio». Adesso, nel nuovo articolo 24, non c'è più nulla.
Presidente Terracini. Ma c'è nell'articolo 23, onorevole Grilli.
Grilli. Lo so; è stato trasportato all'articolo 23. Ma ivi l'espressione «indissolubilità del matrimonio» è stata sostituita da una sola parola: «indissolubile». Allora il mio emendamento passa all'articolo 23 e consiste nella proposta di soppressione della parola «indissolubile».
Presidente Terracini. Io confermo che tutti gli emendamenti conservano la loro validità; anche quelli che sono stati accettati dalla Commissione.
Labriola. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Labriola. Voteremo sui singoli emendamenti, e sta bene; ma poi si dovrà giungere al testo; e il testo qual è: il vecchio o il nuovo?
Presidente Terracini. È il nuovo; ma l'onorevole Ruini ha già fatto presente che, se c'è qualcuno che fa proprio il precedente testo, questo sarà posto in votazione.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Mi duole dovere una volta ancora ripetere che faremo come abbiamo fatto finora. Dopo che si sono svolti tutti gli emendamenti, il relatore ha dichiarato quale era il pensiero della Commissione ed ha proposto una nuova dizione, chiamatela testo o emendamento, sulla quale si è votato. È una logica così semplice, sulla quale non vi può essere nessunissimo dubbio.
Persico. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Persico. Se l'onorevole Ruini consente, per brevità, vorrei che il nuovo testo sostituisse l'antico e si discutesse sul nuovo testo. C'è stata la contaminatio tra l'articolo 23 e il 24 che sono stati uniti. Dobbiamo dire qualche cosa.
Presidente Terracini. Io desidererei che lei mi indicasse nel nuovo testo qualche concetto il quale non fosse già contenuto nel vecchio, e intorno al quale quindi sia necessario o utile aprire una discussione. Se lei me lo indica, noi faremo senz'altro su di esso la discussione.
Persico. Credo di non essere stato compreso. Io ho detto che, poiché il nuovo testo è profondamente innovativo sull'antico ed è concordato dalla Commissione, io riterrei opportuno aprire la discussione sugli emendamenti al nuovo testo.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non si discute un testo ora, si discutono gli emendamenti; Sopra ogni emendamento, l'Assemblea ha diritto di esprimere la sua decisione. Se, chi presenta l'emendamento, conoscendo in anticipo la risposta del Comitato, si dichiara soddisfatto, risparmieremo parecchie discussioni; sarà un contributo all'acceleramento dei nostri lavori. Gli emendamenti che i presentatori intendano, e ne hanno diritto, discutere e mettere ai voti lo saranno senza alcun limite; l'Assemblea può approvarli o no.
Presidente Terracini. Ritengo che, tenendo conto delle osservazioni fatte — senza che, peraltro, siano state tradotte in qualche proposta concreta — possiamo incominciare finalmente l'esame degli emendamenti presentati. Dopo che saranno stati svolti, si passerà alla votazione, e sarà dal risultato della votazione che risulterà in definitiva il testo ultimo che noi accetteremo. Se tutti gli emendamenti fossero, per ipotesi, respinti, noi metteremo in votazione il testo della Commissione. Se fosse respinto anche quello, allora la questione rimarrebbe aperta.
Cianca. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Cianca. Io non vorrei prolungare questo dibattito. Penso però che non si sia ancora giunti ad un chiarimento definitivo. È vero che si è fatta la discussione generale sul titolo, ma è anche vero che si sono proposti emendamenti tanto che dal foglio di carta che abbiamo sott'occhio, risulta che accanto ad alcune proposte di emendamenti è scritto «svolto». Ora, questi emendamenti si riferiscono ad un testo. Il testo su cui dobbiamo discutere è evidentemente il primo testo proposto dalla Commissione. Io credo che si debba accettare il criterio esposto dall'onorevole Ghidini, vale a dire che il nuovo testo proposto dal Comitato debba essere considerato come una serie di emendamenti proposti al primitivo progetto.
Questo mi pare che sia l'unico sistema che garantisca una discussione chiara e precisa.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Sono d'accordo.
Presidente Terracini. Passiamo allo svolgimento degli emendamenti all'articolo 23.
Il primo emendamento, già svolto, è stato presentato dall'onorevole Badini Confalonieri, il quale ha proposto di sostituire l'articolo 23 col seguente:
«Lo Stato riconosce la famiglia, costituita dal matrimonio indissolubile, come nucleo naturale, originario e fondamentale della società, e tutela l'adempimento della sua funzione».
Il secondo emendamento, anch'esso svolto, è stato presentato dagli onorevoli Sardiello e De Mercurio, i quali hanno proposto di sostituire l'articolo 23 col seguente:
«La Repubblica riconosce i diritti della famiglia nell'adempimento della missione ad essa spettante e ne assume la tutela per la saldezza morale e la prosperità della Nazione.
«La Repubblica, tra gli altri suoi compiti, deve proporsi quello di assicurare le condizioni economiche necessarie alla formazione, alla difesa ed allo sviluppo della famiglia, con speciale riguardo alle famiglie bisognose».
Gli onorevoli Nobili Tito Oro, Vernocchi, Tega, Merighi, De Michelis e Barbareschi, hanno proposto di sostituire il secondo comma dell'articolo 23 col seguente:
«La Repubblica assiste la famiglia per il raggiungimento dei suoi fini etici e sociali; e le assicura le condizioni indispensabili alla sua formazione, alla sua difesa e al suo sviluppo, promuovendo, oltre ad ogni altra idonea iniziativa, l'organizzazione di appositi enti per l'industria casalinga mediante l'assegnazione di macchine artigiane e l'istituzione di centri di addestramento, distribuzione e raccolta del lavoro».
L'onorevole Nobili Tito Oro ha facoltà di svolgere l'emendamento.
Nobili Tito Oro. Onorevoli colleghi. Io ero presentatore di un emendamento all'articolo 23, di un emendamento sostitutivo all'articolo 24 e di emendamenti all'articolo 25.
Dichiaro fin d'ora che ritiro gli emendamenti all'articolo 25, ritiro l'emendamento all'articolo 24, al quale viene sostituito l'emendamento del collega Targetti. Per quel che riguarda l'articolo 23 dichiaro di insistere nella soppressione dell'ultima proposizione; «con speciale riguardo alle famiglie numerose» per le ragioni che sono già state espresse e che si riassumono in queste: 1°) la inutilità dell'aggiunta, perché se l'assistenza deve essere sempre proporzionata ai bisogni, si intende che la famiglia numerosa richiederà, senza bisogno di espressa enunciazione, un'assistenza maggiore che non quella dovuta alle famiglie meno numerose; 2°) l'altro motivo può essere ben inteso da tutti: il richiamo ostentato alle famiglie numerose è una reviviscenza superflua e di poco buon gusto.
Per quanto riflette poi l'emendamento all'articolo 23, nel quale devo insistere, e al quale avevo accennato poc'anzi, lo riassumo brevemente.
La Repubblica, che si fonda sul lavoro e che viene incontro ai lavoratori assicurando loro il lavoro in Italia e tutelandolo all'estero, la Repubblica, che vuol rimuovere gli ostacoli che si frappongono ai diritti essenziali della personalità, alla formazione, alla difesa e allo sviluppo delle famiglie, all'adempimento della loro missione, deve ravvisare sempre e soltanto nel lavoro il mezzo più elevato e più degno per riuscirvi: si tratta di favorire un'organizzazione diffusa che offra alle famiglie, a tutte le famiglie, anche a quelle della cosiddetta «miseria dorata» che hanno vergogna delle loro condizioni economiche, la possibilità di un continuativo e metodico lavoro domestico. In ogni casa, si può trovare un angolino dove possa essere collocata una macchina da cucire, una macchina da maglieria, un tombolo per il merletto, un telaio per filet, un bilanciere per minuterie... (Rumori — Commenti).
Presidente Terracini. Desidero far presente ai colleghi che la discussione passata era necessaria e utile, ma non ha costituito che una premessa per giungere alla conclusione. Pregherei quindi i colleghi di volersi applicare con attenzione all'esame di questi emendamenti ed alla votazione.
Onorevole Nobili, ora prosegua.
Nobili Tito Oro. Indico un orientamento che ha carattere educativo, formativo e che crea vere fonti di risorse economiche; esso, se può far sorridere gli scettici, deve attrarre, l'attenzione degli uomini di buona volontà. Indicarlo nel testo dell'articolo costituirà un impegno per il legislatore di domani e non offenderà le linee della Costituzione più che non la offendano tante inserzioni che vi sono state già fatte e che continueranno a farvisi. Si tratta di creare il salario complementare là dove quello principale non basta alla famiglia del lavoratore; ed esso si ottiene in modo da non turbare l'ordine della famiglia, alla quale non viene sottratta l'assistenza della madre. La madre, che ha cura di bimbi, potrà continuare ad accudirli, potrà attendere alle faccende domestiche e nello stesso tempo potrà curare, negli intervalli che il suo accorgimento le procurerà, quel lavoro che le frutterà, allo scadere della quindicina o a fine mese, un aiuto prezioso per il bilancio familiare: mentre le ragazze, senza esporsi ai rischi dello stabilimento, potranno esercitare in casa, sotto l'occhio vigile delle madri, quella attività che permetterà loro di essere di aiuto alla famiglia e di accumulare per sé qualche risparmio che spiani loro la via del matrimonio. Questo lavoro va organizzato da appositi enti locali, che provvederanno all'addestramento, alla distribuzione delle materie prime e alla raccolta dei manufatti, e che saranno in collegamento con enti centrali che approvvigioneranno le materie da lavorare e provvederanno alla vendita.
Inserire nel testo un breve accenno a questa soluzione ci libererebbe dalla preoccupazione che l'onorevole Calamandrei nella discussione generale ha fatto presente, e che oggi è tornato ad esporre l'onorevole Orlando: la Repubblica viene assumendo troppi impegni; come potranno essere mantenuti? Noi qui indichiamo un mezzo, che disimpegna in gran parte la Repubblica sul terreno economico, rappresenta indiscutibilmente un aiuto sicuro per le famiglie, giova all'economia generale, al costume, alla sanità delle famiglie, alla formazione delle nuove generazioni del lavoro.
Per queste ragioni, insisto nell'emendamento.
Presidente Terracini. I seguenti emendamenti sono stati già svolti:
«Sostituire il primo comma col seguente:
«La Repubblica tutela la famiglia per la saldezza morale e la prosperità della Nazione.
«Preti, Carboni, Binni, Ruggiero Carlo».
«Sostituire il primo comma col seguente:
«La famiglia è un'istituzione morale: la Repubblica ne riconosce i diritti e garantisce le condizioni necessarie al suo libero sviluppo.
«Rodi».
«Al primo comma, sostituire la parola: naturale, con la parola: originaria.
«Bosco Lucarelli».
«Al primo comma, alle parole: La famiglia è una società naturale, sostituire: La famiglia è una società di diritto naturale.
«Bosco Lucarelli».
Segue ora l'emendamento dell'onorevole Veroni.
«Al primo comma, sopprimere le parole: La famiglia è una società naturale, e sostituire le parole: la Repubblica ne riconosce i diritti..., con le parole: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia».
L'onorevole Veroni ha facoltà di svolgerlo.
Veroni. Sarò assai breve nell'illustrare il mio emendamento, anche perché la sostanza di esso si identifica con quella dell'emendamento presentato dagli onorevoli Preti, Carboni ed altri.
Il mio emendamento era inteso ad eliminare nella Costituzione la definizione pericolosa della famiglia come società naturale o, come altri hanno sostenuto, originaria, di diritto naturale, primaria. Ma poiché lo stesso fine si sono proposti i colleghi, io ritiro il mio emendamento e mi associo a quello degli onorevoli Preti, Carboni ed altri.
Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Medi:
«Al primo comma, sostituire la seconda parte con la seguente:
«La Repubblica ne riconosce i diritti. Essa protegge l'istituto familiare affinché liberamente possa adempiere la sua missione, fondamento della saldezza morale e della prosperità della nazione».
Poiché l'onorevole Medi non è presente, l'emendamento si intende decaduto.
Segue l'emendamento dell'onorevole Riccio Stefano:
«Al primo comma, dopo la parola: diritti, aggiungere: originari».
L'onorevole Riccio Stefano ha facoltà di svolgerlo.
Riccio Stefano. Rinunzio all'emendamento.
Presidente Terracini. Sta bene. Segue l'emendamento, già svolto degli onorevoli Zotta, Gabrieli, Di Fausto, Orlando Camillo, Montini, Dominedò:
«Al primo comma, dopo le parole: e la prosperità della Nazione, aggiungere: in armonia con la tradizione religiosa, sociale e giuridica del popolo italiano».
Segue l'emendamento dell'onorevole Mazzei.
«Sopprimere il secondo comma».
L'onorevole Mazzei ha facoltà di svolgerlo.
Mazzei. L'emendamento soppressivo del secondo comma dell'articolo 23 da me proposto, viene ora, dato il nuovo testo dei tre articoli presentati dalla Commissione, ad essere assorbito nel secondo emendamento da me presentato e che deve intendersi, con delle lievi variazioni che ora formulerò, sostitutivo dei tre articoli 23, 24 e 25.
Il concetto del primo emendamento soppressivo è questo: non si può ammettere che nella Carta costituzionale si fissi il principio che la famiglia debba essere aiutata già al suo formarsi e che le famiglie numerose debbano avere un particolare trattamento di favore.
Questo è assolutamente inopportuno, perché in una Nazione, che ha un aumento demografico di 1.200.000 unità all'anno, credo non si debba sollecitare un incremento ulteriore.
Ed indubbiamente sarebbe questa la portata politica dell'articolo.
Eventuali provvidenze, limitate e ragionevoli, che lo Stato volesse adottare, per lenire certe situazioni particolarmente dolorose, potrebbero essere adottare egualmente, anche senza l'esistenza d'una norma costituzionale.
In politica l'implicito e l'esplicito non si equivalgono.
Una cosa è un principio affermato esplicitamente; una cosa è il tacito consenso che si assolva una certa esigenza con provvidenze da valutare e da deliberare caso per caso.
Se si fissa il principio nella Carta costituzionale, si dà altra intonazione a tutta la politica dello Stato.
Tra i compiti, che lo Stato democratico deve prefiggersi, c'è anche la tutela del miglioramento demografico del Paese, non nel senso quantitativo, ma nel senso qualitativo.
Era un errore, il credere, secondo la politica demografica fascista, che lo Stato diventi forte coll'aumento della popolazione. Uno Stato diventa più forte col miglioramento fisico qualitativo degli individui.
I premi di nuzialità e di natalità facevano credere ai cittadini che, mettendo al mondo, in modo irresponsabile, numerosi figli ad un certo momento vi dovesse provvedere lo Stato. Era una politica allegra, che noi evidentemente non possiamo seguire.
Bisogna, invece, tendere al miglioramento qualitativo della massa popolare, evitando la diffusione delle malattie sociali, e curando che le giovani generazioni crescano sane.
Dunque, per noi è inaccettabile ed inopportuno quel principio dell'aiuto alle famiglie numerose e per questo ne proponiamo la soppressione.
Ai tre nuovi articoli 23, 24 e 25 proposti dalla Commissione noi proponiamo di sostituire un unico articolo, che suona così:
«La legge assicura l'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nell'unità della famiglia.
È dovere e diritto dei genitori mantenere, educare ed istruire i figli anche nati fuori del matrimonio.
La legge garantisce ai figli nati fuori del matrimonio una condizione giuridica che escluda inferiorità morali e sociali.
La Repubblica provvede alla protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù».
Avverto che ho anche omesso quell'ultimo accenno dell'articolo 25 al «favorire gli istituti necessari a tali scopi», perché questa espressione potrebbe far sorgere l'idea che noi sentiamo il bisogno urgente di nuovi enti e di nuovi commissariati là dove di enti e di commissariati ne abbiamo anche troppi: vi è una legge sulla maternità e l'infanzia, vi sono disposizioni che, opportunamente coordinate e modificate, possono rispondere allo scopo. Quindi, non vogliamo favorire la creazione di altri istituti, oltre quelli che già esistono.
Quanto al resto dell'emendamento, faccio osservare che il punto delicato è indubbiamente quello della indissolubilità del matrimonio. Noi abbiamo discusso a lungo di ciò ed io non penso di infliggervi un'altra lunga discussione.
Aggiungo semplicemente questo, sopra tutto per i colleghi democristiani. Io domando: se questo articolo incide semplicemente su quel famoso uno per cento cui accennava l'onorevole Calamandrei, se incide semplicemente su quella parte marginale, limitatissima di matrimoni celebrati col solo rito civile, non vedo perché tante preoccupazioni, perché si voglia sbarrare assolutamente questa piccola valvola di sicurezza, perché mai — in altri termini — si voglia imporre anche alla coscienza degli acattolici o degli anticattolici di accettare un principio, che, per loro, non è necessario e non è coerente con la loro concezione della vita familiare.
Io capisco, posso capire anche — per quanto non veda contraddizione necessaria fra l'eventuale scioglimento del matrimonio e la nostra concezione cristiana (nel senso più ampio della parola) — che voi vi preoccupiate di dare un regolamento giuridico confacente alla vostra concezione ai rapporti matrimoniali dei cittadini cattolici. Ma non posso ammettere che si voglia imporre un regolamento dei rapporti matrimoniali ispirato ai principî della Chiesa cattolica a coloro che cattolici non sono.
Questa è, a mio vedere, una vera e propria prepotenza maggioritaria della Democrazia cristiana (Rumori — Commenti al centro).
È una prepotenza maggioritaria, perché diversamente non si spiega. Se domani venisse nella legislazione civile — e probabilmente non verrà — un criterio meno restrittivo in fatto di annullamenti di matrimonio; se domani venisse, per maturazione della coscienza in quelle correnti che possono non essere cattoliche, la determinazione di concepire il matrimonio come dissolubile, se questo avvenisse non vedrei alcun pericolo per voi. Può darsi che, col tempo, si istituisca la possibilità del divorzio per quanto riguarda quel piccolo numero di acattolici o di anticattolici che oggi sposa con rito civile. Temete voi che, per la possibilità del divorzio, quel piccolo numero diventi un grande numero? Se è così, io vi dico che avete troppo scarsa fiducia nella potenza del sentimento cattolico degli italiani.
Io sono cattolico e al vostro posto non avrei questa preoccupazione. (Commenti).
Vi prego di ascoltarmi con calma. Io trovo antidemocratico voler imporre un regolamento dei rapporti matrimoniali che si conviene ai cittadini cattolici, anche a coloro che sono acattolici o addirittura anticattolici. Questo per me è l'argomento politico fondamentale contro la vostra tesi. Perché volete coartare la coscienza di quelli che non sono cattolici? Noi vediamo in questo un tentativo di chiudere la via ad ogni possibilità avvenire, e vorremmo trovare tutti coloro che ragionano serenamente concordi con noi.
Presidente Terracini. Onorevole Mazzei, la prego di concludere.
Mazzei. L'ultima osservazione che faccio è questa: la formula proposta dalla Commissione, per quanto riguarda i figli nati fuori del matrimonio, con quella lieve modifica apportata al testo originario del progetto, appare accettabile, e perciò quella parte l'ho trasferita nel mio emendamento. Non ho altro da dire.
Presidente Terracini. L'onorevole Veroni ha proposto un emendamento soppressivo del secondo comma dell'articolo 23.
Ha facoltà di svolgerlo.
Veroni. Non vi insisto.
Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Rodi, già svolto:
«Sopprimere il secondo comma».
Segue l'emendamento dell'onorevole Marconi:
«Al secondo comma dopo la parola: economiche, aggiungere le parole: e morali».
Ha facoltà di svolgerlo.
Marconi. Rinuncio al mio emendamento.
Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Guerrieri Filippo:
«Al secondo comma, dopo la parola: economiche, aggiungere: e di libertà».
L'onorevole Guerrieri Filippo ha facoltà di svolgerlo.
Guerrieri Filippo. Io ho proposto questo emendamento all'articolo 23, ma ho fatto anche una proposta aggiuntiva all'articolo 24, la quale assorbirebbe completamente l'emendamento dell'articolo 23. Ritiene l'onorevole Presidente che io possa svolgere ora tale emendamento aggiuntivo, tanto più che nel nuovo testo proposto dalla Commissione, ciò che riguarda il matrimonio è stato trasferito all'articolo 23 stesso?
Presidente Terracini. Svolga pure quell'emendamento, onorevole Guerrieri.
Guerrieri Filippo. Onorevoli colleghi, una volta tanto non si tratta di discutere se il matrimonio sia un contratto o se il matrimonio sia un sacramento. Si tratta soltanto di questo: di stabilire che il cittadino italiano avendo diritto al matrimonio, conseguentemente deve avere piena libertà di sposare quando vuole e chi vuole. (Commenti). Il principio è così chiaro, così lapalissiano che è veramente strano ed incredibile che vi siano invece in Italia delle tassative disposizioni di legge che lo infirmano in contrasto coi termini stabiliti dal Codice civile. La cosa non solo apparirà strana agli onorevoli colleghi, ma anche dolorosa, quando mi permetterò di ricordare l'anormale situazione di carattere matrimoniale che da noi vige attualmente in rapporto ai dipendenti di alcune amministrazioni dello Stato. Le citazioni che farò dimostreranno che non è vero che in Italia si possa sempre sposar quando si vuole e la persona che si desidera. Tutt'altro. Esiste ad esempio una disposizione, onorevoli colleghi, riflettente i carabinieri, in base alla quale il limite di età, stabilito dal codice civile in sedici anni, per contrarre matrimonio, è portato a 28 anni (12 anni di differenza!) ed un'altra, nei confronti degli agenti di custodia, che eleva in taluni casi il limite stesso a 30 anni! Vi è poi una seconda restrizione ancora più grave, determinata dal numero degli anni di servizio, per la quale non è consentito contrarre matrimonio se non dopo aver superato un determinato numero di anni di anzianità che va dai 5 anni per gli agenti di custodia, ai 9 anni per il maresciallo dei carabinieri e niente meno che a 12 anni per gli appuntati dei carabinieri. È una enormità, onorevoli colleghi. Ma questa enormità è ancora superata da un'altra che appare incredibile. Invero quando uno di questi poveri dipendenti avrà raggiunto gli anni di età e servizio prescritto potrà essergli osservato che tutto ciò non basta se non rientra nella percentuale annualmente stabilita di coloro che potranno contrarre matrimonio, che è per i vicebrigadieri dei carabinieri di un decimo dell'organico e per gli appuntati di tre quinti. Onorevoli colleghi, non mi pare che sia più il caso a questo punto di sorridere quando io propongo l'emendamento in oggetto e vi chiedo di dispensarmi da altre citazioni. In un regime di libertà, nel 1947, in un momento in cui si tratta, e proprio qui, di tutte le libertà e sopratutto della formazione e della tutela della famiglia, è triste che esistano ancora simili disposizioni restrittive tanto più che tutto quanto ho ricordato va inquadrato in una cornice, va posto in uno sfondo ancora più penoso: nell'obbligo cioè di sottostare in ogni caso alla domanda di autorizzazione, la quale si risolve in una indagine così minuziosa ed irriverente su tutti i segreti famigliari di quella povera figliuola che eventualmente sia stata chiesta in matrimonio da offendere e chi la conduce e chi la subisce. Ma è mai possibile, onorevoli colleghi, tutto questo? Mi sembra che sia giusto e perentorio stabilire il principio da me proposto: che le limitazioni a contrarre matrimonio siano soltanto quelle previste dal codice civile per tutti indistintamente.
Ho voluto domandare il perché delle predette disposizioni e mi si è risposto che esse si fondano su necessità di servizio e sulla opportunità di agevolare ai dipendenti il compimento del loro dovere. Ciò non soddisfa. Le esigenze di servizio sono compatibili con quelle familiari e per quanto ha riferimento al dovere è da ritenersi proprio il contrario, giacché la famiglia è sempre stata la scuola del dovere spinto sino al sacrificio in ogni tempo ed in ogni luogo, sia in pace che in guerra, e quando si è nella trincea a difendere la Patria, pronti a morire per essa, due volte la si difende e due volte si è pronti a morire, quando la si identifica nella propria casa e nei propri figli. La resistenza e la vittoria del Piave furono la resistenza e la vittoria dei focolari domestici. Né maggiormente soddisfa, sebbene apprezzabilissimo, l'intendimento di evitare, coll'obbligo di richiedere l'autorizzazione specie agli ufficiali, la possibilità di matrimoni non desiderabili sotto il profilo dell'onore e che potrebbero essere causa di gravi perturbamenti morali. Ma, onorevoli colleghi, ma, onorevole generale Chatrian, è pacifico per tutti che gli ufficiali sono dei gentiluomini perfetti, tessuti e nutriti di alta dignità, e potete voi pensare che essi, così onesti e valorosi, vadano proprio a cercare le compagne della loro vita tra persone non altrettanto degne e meritevoli? Ma pensate proprio a questa possibilità? Se mai il fatto accadesse, non potrebbe trattarsi altro che di un'eccezione; che non infirmerebbe la regola e che comunque la negata autorizzazione non risolverebbe in quanto il matrimonio mancato, assai probabilmente, si trasformerebbe in un concubinato ugualmente offensivo e deleterio.
Presidente Terracini. Onorevole Guerrieri, tenga presente che sono ormai trascorsi i dieci minuti.
Guerrieri Filippo. Due minuti ancora, onorevole Presidente.
Quanto ho detto, onorevoli colleghi, dimostra la gravità della situazione in questa materia e la necessità impellente di porvi rimedio.
Questi poveri dipendenti, e magari proprio questi poveri appuntati, in definitiva vengono a trovarsi in questo dilemma: o abbandonare il servizio o rinunciare a sposarsi.
Abbandonano il servizio e allora viene menomato il loro diritto fondamentale al lavoro, che è diritto alla vita; abbandonano la donna con la quale dovrebbero sposarsi, e viene menomato il loro diritto fondamentale al matrimonio, diritti ambedue essenziali della personalità umana.
Ogni altra soluzione conduce per di più a quei disordini morali sociali e familiari che noi tutti vogliamo combattere ed eliminare.
Onorevoli colleghi, per tutte queste constatazioni e considerazioni ho proposto, insieme con i colleghi Zotta, Carignani, Bovetti, Cremaschi Carlo, di aggiungere all'articolo 24 il seguente comma:
«La legge non può stabilire limiti, oltre quelli del Codice civile, alla libertà di contrarre matrimonio».
Credo che possa essere accolto nella Costituzione. Mi pare che sia strettamente e logicamente collegato a quanto contemplato negli articoli precedenti. Se la Costituzione stabilisce che le famiglie devono essere assistite, nella loro formazione e nel loro sviluppo economicamente e spiritualmente, è evidente il contrasto con le vigenti, lamentate restrizioni al matrimonio, che sta alla base delle famiglie stesse, restrizioni appunto che il mio emendamento mira a sopprimere.
Cesserà così quello stato di disagio che oggi immeritatamente turba una classe di benemeriti cittadini cui deve andare la nostra riconoscenza per la loro opera faticosa e fedele.
Credo pertanto che il mio emendamento possa essere accolto. (Applausi).
Presidente Terracini. Seguono gli emendamenti degli onorevoli Avanzini ed Ermini già svolti:
«Fondere in un unico articolo la prima parte dell'articolo 23 e l'articolo 24».
«Sostituire il secondo comma dell'articolo 23 col seguente:
«La Repubblica, con appropriate misure economiche, facilita ad ogni modo ad ogni cittadino bisognoso la costituzione di una famiglia e l'adempimento degli oneri familiari, soprattutto se si tratti di famiglie numerose.
e farlo seguire dal secondo comma dell'articolo 25:
«La Repubblica provvede alla protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
«Farne un articolo a parte».
Egregi colleghi, ho alcune proposte da fare per lo svolgimento dei nostri lavori. Mi sono pervenute alcune richieste in ordine alla seduta di domani. Interrompendo ora i nostri lavori, non intendo ancora dichiarare chiusa la seduta di oggi perché, potremo, secondo la proposta che sottopongo, accogliere le esigenze affacciate per domani, a condizione che facciamo ancora qualche cosa quest'oggi.
È dunque stato espresso il desiderio di poter essere liberi presto domani nel pomeriggio per poter lasciare Roma coi primi treni, in tal modo da fruire in uno col 25 — festa nazionale — di tre interi giorni di sospensione dei lavori.
Ma non possiamo d'altronde non votare gli articoli del Titolo secondo, prima di lasciarci e quindi si rende necessario — ed io chiedo pertanto ai colleghi di volerlo deliberare — che si sospenda ora la seduta e che ci si ritrovi qui alle ore 21,30, in maniera da poter votare almeno alcuni degli articoli.
Per domani, poi, propongo una sola seduta che si potrebbe svolgere dalle 10,30 alle 14,30. (Approvazioni).
Se gli onorevoli colleghi sono d'accordo, sospendo la seduta per riprenderla alle 21,30.
(Così rimane stabilito — La seduta, sospesa alle 20, è ripresa alle 21,30).
Passiamo all'esame degli emendamenti all'articolo 24.
I primi due emendamenti sono stati già svolti:
«Sopprimerlo.
«Calamandrei, Codignola, Foa, Valiani».
«Sostituirlo col seguente:
«Il matrimonio è basato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nei limiti stabiliti dal bene comune della famiglia, dalla mutua assistenza, dagli interessi della prole.
«Badini Confalonieri».
L'onorevole Persico ha presentato il seguente emendamento:
«Sostituirlo col seguente:
«Il matrimonio è basato sull'eguaglianza morale e sociale dei coniugi per il raggiungimento dei fini etici, ai quali è diretto l'istituto familiare».
Ha facoltà di svolgerlo.
Persico. Onorevoli colleghi, Signor Presidente, avrei rinunziato volentieri alla parola, se non sentissi un dovere: a me sembra che in una questione di questa importanza, tutti i deputati alla Costituente avrebbero l'obbligo di esprimere la loro opinione ed assumere le relative responsabilità.
Io avrei preferito parlare sulla discussione generale, ma ragioni dipendenti dal mio ufficio pubblico me lo hanno impedito. Certo, non tedierò l'Assemblea con un lungo discorso, ma alcune poche cose ritengo utile e necessario doverle dire.
Innanzi tutto a me sembra che la lunga discussione che si è fatta sull'articolo 24, oggi in parte sostituito nel testo della Commissione con l'articolo 23, abbia avuto un duplice errore di impostazione: un errore di metodo ed un errore di tempo.
Primo errore: di metodo. Si è trasferito sul terreno politico una questione eminentemente tecnica. Si trattava di stabilire se la indissolubilità del matrimonio dovesse restare nel Codice civile o se invece dovesse diventare parte integrante della Costituzione, e quindi soggetta alle speciali norme attraverso le quali la Costituzione può essere modificata.
Un problema tecnico si è trasformato in una questione politica, ed in una questione politica al più alto grado, perché si è finito col fare una specie di battaglia tra divorzisti ed antidivorzisti, mentre il divorzio non era in discussione, non solo, ma avendo gli amici della Democrazia cristiana assunto una posizione rigida in favore dell'indissolubilità del matrimonio secondo i precetti della Chiesa cattolica, è parso quasi che coloro che sostenevano la tesi contraria volessero urtare contro i dogmi della Chiesa e fare una contesa a sapore e sfondo anticlericale. Io ho voluto vedere come è sorta la questione dell'articolo 24 ed ho trovato che nella seduta della prima Sottocommissione del 7 novembre 1946, la Commissione che doveva redigere l'articolo, composta dai professori colleghi ed amici Corsanego e Moro e dalla gentile collega signorina Iotti, aveva formulato così l'articolo: «La legge regola la condizione giuridica dei coniugi allo scopo di garantire l'unità della famiglia», formulazione chiara, precisa, lucida che avrebbe potuto essere approvata da tutta la Costituente e che non avrebbe forse dato luogo ad una così lunga discussione.
Si alzò allora l'onorevole La Pira, il quale propose una nuova formula: «La legge regola la condizione giuridica dei coniugi allo scopo di garantire l'indissolubilità del matrimonio e l'unità della famiglia». Parve un po' improvvisa questa formula, ed in seno alla Commissione sorse un piccolo alterco cortese. Si cercò allora di formulare l'articolo in un altro modo, in modo cioè che potesse essere approvato all'unanimità. Se ne riparlò il 12 novembre, ma il 13 novembre l'onorevole La Pira insistette nella sua proposta. Ecco le precise parole del resoconto sommario:
«Per i democristiani è assolutamente necessaria l'affermazione del principio dell'indissolubilità del matrimonio enunciato nella formula da lui proposta: esso rappresenta un principio fondamentale ed è la ragione stessa per cui i deputati democristiani sono stati eletti alla Costituente».
A me pare invece che gli elettori abbiano mandato alla Costituente i loro rappresentanti e che questi poi siano liberi di interpretarne la volontà ed il pensiero nel modo che ritengono migliore, mentre qui l'onorevole La Pira ha parlato di un mandato esplicito che i deputati della Democrazia cristiana avrebbero avuto.
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Lo avevano liberamente accettato.
Persico. Siamo perfettamente d'accordo, ma qui si è di fronte all'affermazione di un vero e proprio mandato imperativo.
Ed allora dall'onorevole Togliatti è stato proposto di approvare un ordine del giorno così formulato: «La prima Sottocommissione, constatato che da nessuna parte è stata avanzata la proposta di modificare la vigente legislazione per quanto concerne la indissolubilità del matrimonio, non ritiene opportuno di parlare di questa questione nel testo costituzionale».
Era questa la soluzione più elegante e più corretta. Si mise ai voti l'ordine del giorno Togliatti: sette contrari, sei favorevoli, due astenuti, tredici assenti, e, neanche a farlo apposta, tutti dei partiti di sinistra.
Questa votazione lascia molto perplessi: in queste condizioni è sorto l'articolo 23.
Secondo errore: di tempo. Quando l'onorevole La Pira propose il suo emendamento al testo preparato dalla speciale Commissione e quando con una lieve maggioranza riuscì a farlo passare, non era stato ancora approvato dall'Assemblea Costituente l'articolo 7. Era comprensibile allora lo scrupolo dell'onorevole La Pira che nella Costituzione entrasse l'indissolubilità del matrimonio, secondo il patto convenuto fra elettori ed eletti della Democrazia cristiana. Ma tutto questo ha perso oggi ogni importanza.
Approvato l'articolo 7 che stabilisce i rapporti fra Chiesa e Stato secondo i Patti Lateranensi, il matrimonio religioso ha quasi completamente sostituito il matrimonio civile e quindi non c'è più bisogno di introdurre il principio della indissolubilità nella Costituzione. Si noti che l'articolo 34 del Concordato, entrato a far parte della nostra Costituzione, ha un ultimo capoverso che dimostra quanto si sia voluto stravincere da parte democristiana. Esso dice infatti che: «quanto alle cause di separazione personale la Santa Sede consente che siano giudicate dall'autorità giudiziaria civile», mentre tutte le cause concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa dal matrimonio sono riservate alla competenza dei Tribunali ecclesiastici.
Ecco perché mi sono permesso di presentare un emendamento, il quale suona così:
«Il matrimonio è basato sull'eguaglianza morale e sociale dei coniugi per il raggiungimento dei fini etici, ai quali è diretto l'istituto familiare».
L'indissolubilità c'è già nel Codice civile, perché il matrimonio non può essere sciolto che con la morte. Ora, in questo momento storico, nessuno pensa a modificare il Codice civile. Resta soltanto l'uno per cento dei matrimoni contratti con rito civile. Per gli altri ci sono i Patti lateranensi. Quindi la questione è perfettamente esaurita.
Ma evidentemente gli amici e i colleghi democristiani pensano che possano in avvenire sorgere delle agitazioni per il divorzio e vogliono perciò ipotecare il futuro.
Che possano sorgere è possibile: tutte le volte che del divorzio si è parlato...
Presidente Terracini. Permetta, onorevole Persico, siamo in sede di emendamenti è vero, ma ella sta svolgendone uno nel quale non si accenna affatto all'indissolubilità del matrimonio. Oltre a ciò, ella parla da quindici minuti.
Persico. Ma io parlo su tre articoli e seguo il testo della Commissione.
Presidente Terracini. Onorevole Persico, vedo che lei persiste nello strano errore di prima. Non siamo in sede di discussione degli articoli, ma di svolgimento degli emendamenti.
Lei ha presentato un emendamento, nel quale non si parla di indissolubilità del matrimonio.
Persico. Il mio emendamento si riferisce tanto all'articolo 23 quanto all'articolo 24.
Dato che la Commissione ha fatto conoscere il suo pensiero sui due articoli, possiamo tenerne conto.
Presidente Terracini. Lei parli sul suo emendamento.
Persico. Devo dire le ragioni per le quali propongo che si modifichi il testo della Commissione.
Prima di tutto, non «uguaglianza morale e giuridica» ma «uguaglianza morale e sociale».
In questo modo si supera la questione dell'articolo 144 del Codice civile e si supera anche la formulazione dell'articolo 23 (nuovo testo della Commissione), in cui si parla dei limiti richiesti dall'unità della famiglia.
In secondo luogo, l'articolo 24 vecchio testo vuole garantire soltanto l'unità familiare; invece noi vogliamo garantire il raggiungimento di quei fini etici, ai quali è diretto l'istituto familiare; il che è assai diverso; perché mantiene l'unità familiare, il consortium omnis vitae di Modestino, nel senso della preminenza del marito, non intesa come soggezione della donna (la donna, per noi, è la regina della famiglia, è la dolce compagna dell'uomo, che l'assiste in tutte le sue lotte). Ma, evidentemente, ci deve essere un'unità familiare, ci deve essere qualcuno che rappresenti la famiglia.
Ecco perché riteniamo che l'eguaglianza debba essere soltanto morale e sociale.
Poi aggiungiamo: «per il raggiungimento dei fini etici» perché vogliamo affermare la costituzione morale, la spiritualità, la sacramentalità veramente religiosa del matrimonio; la famiglia è la nuova entità sociale che si costituisce col matrimonio, e noi vogliamo difenderla, perché è la base della nuova società democratica italiana per la quale dobbiamo fare il nuovo statuto.
Ecco perché intendiamo che, senza parlare di indissolubilità del matrimonio, si debba creare una famiglia sana, veramente e profondamente etica, che abbia lo scopo di raggiungere le finalità più elevate di questo primo nucleo veramente originario, su cui è basata la società umana.
Confido perciò che il mio emendamento possa essere approvato.
Presidente Terracini. Segue l'emendamento presentato dall'onorevole Targetti, al quale dichiara di aderire l'onorevole Giua:
«Sostituirlo col seguente:
«Il matrimonio è basato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi e la legge ne regola la condizione in modo da garantire l'unità della famiglia».
L'onorevole Giua ha facoltà di svolgerlo.
Giua. Questo emendamento è stato già svolto in sede di discussione generale.
Presidente Terracini. L'onorevole Nobili Tito Oro ha dichiarato prima di ritirare il seguente emendamento:
«Sostituirlo col seguente:
«Il matrimonio è fondato sul mutuo affetto dei coniugi e sulla loro illimitata cooperazione al bene della famiglia; esso vincola i coniugi per tutta la vita: la legge tassativamente determina i casi in cui, mancate le sue finalità, può esserne dichiarato lo scioglimento».
L'onorevole Rodi ha già svolto il suo emendamento:
«Sostituirlo col seguente:
«Il matrimonio è basato sull'eguaglianza dei coniugi e la legge garantisce la sua indissolubilità. La Repubblica garentisce altresì l'unità della famiglia e assicura alla donna l'esercizio delle sue funzioni di cittadina in armonia con l'ufficio di madre e con la sua particolare missione sociale».
Segue l'emendamento dell'onorevole Grilli.
«Dopo le parole: a fine di garantire, sopprimere: l'indissolubilità del matrimonio e».
Ha facoltà di svolgerlo.
Grilli. Rinunzio a svolgerlo perché sull'argomento hanno ormai parlato altri oratori.
Presidente Terracini. I seguenti emendamenti sono stati già svolti:
«Alle parole: a fine di garantire l'indissolubilità del matrimonio e l'unità della famiglia, sostituire le altre: a fine di limitare l'adulterio, la prostituzione e il matrimonio d'interesse.
«Calosso».
«Al secondo periodo, sopprimere le parole: l'indissolubilità del matrimonio e».
«Sardiello, De Mercurio».
«Aggiungere il seguente comma:
«Il marito è il capo della famiglia
«Zotta, Gabrieli, Di Fausto, Orlando Camillo, Montini, Dominedò».
«Aggiungere il seguente comma:
«La legge non può stabilire limiti — oltre quelli del Codice civile — alla libertà di contrarre matrimonio.
«Guerrieri Filippo, Zotta, Carignani, Bovetti, Cremaschi Carlo».
«Sostituire gli articoli 24 e 25 con un solo articolo del seguente tenore:
«La legge assicura l'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nell'unità della famiglia.
«È dovere e diritto dei genitori mantenere, educare ed istruire i figli, anche nati fuori del matrimonio.
«La legge garantisce ai figli nati fuori del matrimonio uno stato giuridico che escluda inferiorità morali e sociali.
«La Repubblica provvede alla protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù.
«Mazzei».
Vi sono ora altri emendamenti presentati dopo che è stato reso noto il nuovo testo che la Commissione propone per i tre articoli.
L'onorevole Condorelli ha proposto di sostituire il primo comma dell'articolo 23 col seguente:
«Lo Stato riconosce e tutela la famiglia come comunità originaria fondata sul matrimonio indissolubile».
L'onorevole Condorelli ha facoltà di svolgere il suo emendamento.
Condorelli. Il mio emendamento, comincia col sostituire all'espressione «società naturale» l'altra «comunità originaria», che mi sembra più esatta, perché, in verità, la famiglia non è una società ma è una comunità, in quanto la società ha una base volontaria o contrattuale; la comunità, invece, ha proprio una base naturale. E se veramente a base del matrimonio sta la volontà, a base della famiglia non sta la volontà: basti pensare ai rapporti tra genitori e figli.
In realtà, la famiglia intesa nel suo complesso, è una comunità ed è una comunità originaria.
Poi, il mio emendamento ha lo scopo di eliminare una imprecisione: si dice nel progetto che lo Stato riconosce i diritti della famiglia. È una espressione tecnicamente inesatta: i diritti appartengono ai soggetti di diritto, la famiglia nel suo ordinamento giuridico non è soggetto di diritto. Qui si usa la parola «diritti» come spesso, per traslato, la usiamo dicendo i diritti della verità, i diritti della storia, i diritti della logica o della grammatica; ma è un modo di dire traslato.
Oggi, mentre si fa un testo legislativo, si ha il dovere di usare le espressioni nel loro significato tecnico. Perciò ho pensato di presentate questo emendamento, al primo comma che propone di dire: «Lo Stato riconosce e tutela la famiglia come comunità originaria, fondata sul matrimonio indissolubile». Ciò perché credo che l'espressione «comunità originaria» sia più appropriata. E dico «riconosce e tutela» per dire che lo Stato adempie proprio a questa funzione di riconoscere e tutelare la famiglia, ma non di riconoscere e tutelare i suoi diritti, perché la famiglia, come ente, è un ente sociale, ma non un ente giuridico, e, pertanto, non può essere titolare di diritti. Il mio emendamento, ripeto, non si scosta affatto dal pensiero della Commissione ma vuole essere soltanto una precisazione tecnica.
Presidente Terracini. L'onorevole Cappi ha proposto di sostituire al secondo comma dell'articolo 23, nuovo testo, alle parole: «dall'unità della famiglia» le parole: «dalla posizione particolare del marito nella direzione e nella rappresentanza della famiglia».
Pertanto, il secondo comma dell'articolo 23 risulterebbe il seguente: «Il matrimonio è ordinato in base all'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nei limiti richiesti dalla posizione particolare del marito nella direzione e nella rappresentanza della famiglia».
L'onorevole Cappi ha facoltà di svolgere il suo emendamento.
Cappi. Onorevoli colleghi, dirò brevissime parole. Se non avessi ritenuto di fare cosa vana, avrei proposto la soppressione del secondo comma, perché pare a me che il concetto dell'eguaglianza dei coniugi sia ormai acquisito nella coscienza giuridica e morale italiana; quindi, superfluo metterlo nella Costituzione. Ma, se questo comma deve restare, mi sembra che debba rispondere almeno a quella esigenza di chiarezza, sulla quale tutti siamo d'accordo; cioè, che la Costituzione deve essere per lo meno chiara. Ora, pare a me che la dizione del secondo comma sia tutt'altro che chiara. Si afferma l'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, e si aggiunge «nei limiti richiesti dall'unità della famiglia». Questo concetto dell'unità della famiglia non implica, o, per lo meno, non esprime chiaramente il concetto dell'unicità di direzione, perché la famiglia può essere unita anche nell'eguaglianza assoluta e illimitata dei due coniugi. Negli istituti politici, negli istituti sociali vi possono essere delle diarchie, ma la famiglia — credo che siamo tutti d'accordo — deve costituire una monarchia. (Commenti). Mi si è risposto, in conversazioni amichevoli, che ciò si capisce e si presuppone. Allora ho domandato: se si presuppone nel concetto di unità e si ritiene implicito il concetto di unicità di direzione, chi dirige? Il marito o la moglie? Si dice che è pacifico che dirige il marito. Osservo che, stando al tenore letterario del comma, una legge potrebbe dare la direzione della famiglia e la posizione di preminenza alla moglie senza urtare contro la parola della Costituzione. Insomma, per qual senso di timorosità vogliamo non affermare il concetto che una certa posizione di preminenza nella famiglia l'abbia il marito? Di qui il mio emendamento, secondo il quale la parità giuridica e morale dei coniugi è contenuta nei limiti richiesti dalla posizione particolare del marito. Ed ho voluto essere relativamente generico per lasciare largo ambito al futuro legislatore, nell'emanazione di norme concrete, di specificare quale debba essere la posizione particolare del marito nella direzione e nella rappresentanza — s'intende, la rappresentanza legale — della famiglia. Queste le ragioni del mio emendamento. (Applausi).
Presidente Terracini. L'onorevole Russo Perez ha proposto di sostituire l'articolo 25 col seguente:
«La Repubblica agevola la formazione della famiglia e lo sviluppo di essa, mediante opportune provvidenze, con particolare riguardo alle famiglie numerose, alla maternità, all'infanzia ed alla gioventù».
L'onorevole Russo Perez ha facoltà di svolgere il suo emendamento.
Russo Perez. Si tratta di piccole modifiche di forma. Per esempio non capisco perché si debba dire: «con appropriate misure economiche». Le misure potrebbero anche essere di carattere morale. Trovo quindi opportuno che sia detto: «con opportune provvidenze».
Poi c'è un'altra frase che mi sembra non vada bene anche dal punto di vista grammaticale, letterario: «La formazione della famiglia e l'adempimento dei suoi oneri»; si adempie un mandato, un incarico, non un onere. Quindi credo che sia più opportuno dire che la Repubblica agevola con particolari provvidenze la formazione e lo sviluppo della famiglia. Il resto poi va bene, sia per quanto riguarda le famiglie numerose, sia per quanto riguarda l'infanzia e la gioventù. È evidente che tutto ciò ricorda qualche istituto del passato regime, ma sostanzialmente va bene. Le mie modifiche sono quindi di pura forma.
Presidente Terracini. L'onorevole Merlin Umberto ha proposto di sostituire il terzo comma dell'articolo 24 col seguente:
«La legge fissa le norme per dare ai figli nati fuori del matrimonio una condizione giuridica che eviti inferiorità morali e sociali».
L'onorevole Merlin Umberto ha facoltà di svolgere l'emendamento.
Merlin Umberto. Do ragione brevemente di questo emendamento. Non voglio ripetere quanto ho detto già all'Assemblea nel mio discorso. Io mi preoccupo della questione dei figli illegittimi da un punto di vista della difesa della famiglia. Riconosco che nel nuovo testo della Commissione si è venuti incontro, in parte almeno, ai desideri che io avevo espresso, ma resto egualmente preoccupato perché la formula che è oggi proposta lascia ancora aperto un quesito assai interessante e grave. I figli nati fuori del matrimonio sono per il Codice civile di tre specie: ci sono i figli naturali, ci sono i figli incestuosi e ci sono i figli adulterini.
Davanti all'Assemblea non occorre fare definizioni o leggere gli articoli del Codice, che sono già una definizione. Il concetto è espresso chiaramente dalle parole: figli naturali, figli incestuosi e figli adulterini. Ora, la Commissione mi deve dire questo: con le parole che essa ha adoperato, cioè: «ai figli nati fuori del matrimonio è riconosciuta una condizione giuridica che esclude inferiorità morali e sociali» si vuole ammettere in deroga agli articoli del Codice civile il pieno riconoscimento di tutte queste creature? Questa è la prima domanda perché ricordo, per coloro che eventualmente non lo sapessero, ma tutti lo sanno, che, mentre per i figli naturali il riconoscimento è ammesso nel più ampio modo, da tutti e due i genitori, per i figli incestuosi, cioè per quelli che siano disgraziatamente nati da persone legate da vincoli di parentela o di affinità, il riconoscimento non è affatto ammesso. La ragione che ha spinto il legislatore nei vari Codici a negare questo riconoscimento è intuitiva, senza che io la spieghi. Del resto è intuitivo che chi abbia avuto la disgrazia di nascere dalla unione del padre con la sorella o con la figlia, non desidera riconoscimento di sorta. Per i figli adulterini poi, qui bisogna intenderci. Con finissima parola l'onorevole Nitti ha detto — commentando un discorso dell'onorevole Gullo — che il riconoscimento pieno e completo dei figli adulterini abolirebbe un reato che ancora è scritto nel Codice: quello di bigamia. Ora, per ammettere il riconoscimento dei figli adulterini, il Codice invece fissa delle condizioni; condizioni di rispetto per il coniuge che sia vivente; condizioni di rispetto per la famiglia che sia eventualmente formata; esclusione del riconoscimento fino a che dura il matrimonio legittimo.
Ora, la materia, onorevoli colleghi, è delle più delicate. Non vogliamo lasciarci trasportare su questo binario soltanto da ragioni di sentimento, alle quali nessuno di noi è insensibile. Io posso apparire duro in quello che dico, ma quelli che mi conoscono sanno che ho altrettanto cuore quanto i colleghi che hanno domandato la piena parità o la non inferiorità. Ma dico, lasciamo questa materia così difficile da regolare, al nuovo legislatore; indichiamogli la strada, diciamo che noi desideriamo che dove è possibile — come io dico nel mio emendamento — si evitino inferiorità morali è sociali; ma lasciamo che il nuovo legislatore — non noi, che in questo momento saremmo impreparati o potremmo fare una cosa incompleta e insufficiente, ma il legislatore futuro — possa regolare questa materia con piena maturità e piena competenza ed abbia quella libertà che deve avere, perché — ripeto —, onorevoli colleghi, la materia è una delle più delicate. (Applausi al centro).
Presidente Terracini. L'onorevole Grassi ha presentato, unitamente all'onorevole Bozzi, il seguente emendamento:
«Nel secondo comma dell'articolo 23 del nuovo testo sostituire le parole: nei limiti richiesti dall'unità della famiglia, con le altre: nei limiti stabiliti dalla legge per l'unità della famiglia».
L'onorevole Grassi ha facoltà di svolgerlo.
Grassi. È una semplice modificazione tecnica, perché sul testo sono d'accordo con l'onorevole Condorelli che mi ha preceduto, il quale ha detto una cosa molto giusta, che cioè la famiglia non è una persona giuridica; quindi essa non ha suoi diritti. Vi sono coloro che la compongono che hanno delle posizioni giuridiche per le quali c'è uno status familiae: ma non di più.
Alla fine del secondo comma dell'articolo 23 si dice: «nei limiti richiesti dall'unità della famiglia». Ora, un'uguaglianza fra i coniugi potrà essere un'esigenza morale e giuridica, ma tutti noi sappiamo — perché in ogni occasione di matrimonio vengono letti degli articoli specifici da colui che lo celebra — quali sono i doveri e i diritti dei coniugi.
Ebbene, essi non sono uguali: è inutile che io ve li legga. Basterebbe pensare alla patria potestà. Ora, ciò non si può annullare, perché allora si distruggerebbe l'unità familiare, non solo per quelli che sono i rapporti affettivi e di sangue, ma anche per i rapporti finanziari.
È necessario quindi stabilire uno status di questa unità familiare, ed allora ho proposto che si dica: «nei limiti stabiliti dalla legge per l'unità familiare».
Presidente Terracini. Passiamo ora agli emendamenti all'articolo 25, che erano stati già proposti:
Il primo, dell'onorevole Badini Confalonieri, è stato già svolto:
«Sostituire l'articolo 25 col seguente:
«L'educazione morale, intellettuale, fisica, sociale della prole è un diritto della famiglia.
«Lo Stato, nel rispetto della libertà del cittadino, sorveglia e, occorrendo, integra l'adempimento di tale compito, con speciale riguardo alle condizioni economiche necessarie alla formazione, difesa e sviluppo della famiglia.
«Provvede, inoltre, alla protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù, favorendo ed istituendo gli organi necessari allo scopo.
«La legge detta le norme per l'efficace protezione dei figli nati fuori del matrimonio e consente l'esperimento dei mezzi di prova idonei ad accertare la discendenza naturale».
Gli onorevoli Bozzi e Grassi hanno proposto di sostituire l'articolo 25 col seguente:
«È dovere e diritto dei genitori mantenere, educare ed istruire la prole.
«Gli stessi doveri hanno i genitori verso i figli nati fuori del matrimonio, quando la legge ne ammette il riconoscimento volontario o giudiziale. Agli altri figli nati fuori del matrimonio la legge assicura uno stato che escluda inferiorità morali e sociali.
«La Repubblica provvede alla tutela della maternità, dell'infanzia e della gioventù».
L'onorevole Bozzi ha facoltà di svolgere l'emendamento.
Bozzi. Mi riallaccio a quanto or ora ha detto l'onorevole Merlin, per richiamare l'attenzione dell'Assemblea sulla delicatezza di questo argomento dei figli nati fuori del matrimonio. La disposizione, che è presentata al nostro esame, sia quella del testo originario, sia quella della seconda edizione, dirò così, ha contenuto veramente normativo, ed incide su un complesso di rapporti, che è regolato dalla legge civile, e lo sconvolge. I due testi del progetto, salvo lievi differenze formali, riproducono lo stesso concetto, che è ispirato all'idea di portare su un piano di eguaglianza non pure morale e sociale ma anche giuridica, i figli nati fuori del matrimonio e i figli nati nel matrimonio. Se noi ci mettiamo su questo piano, scardiniamo — secondo me — quella che è l'affermazione base che impronta di sé questo Titolo dei rapporti etico-sociali: la tutela della famiglia legittima, società di diritto naturale che precede lo Stato stesso e ne limita, in certo senso, la potestà, e diamo vita a contraddizioni ed incertezze.
Mi rendo conto delle esigenze, non soltanto sentimentali, che devono spingerci ad una maggiore considerazione verso i figli nati fuori del matrimonio; ma dobbiamo anche tener presente che nella categoria dei figli naturali sono compresi diversi tipi, diverse sottocategorie. Vi sono i figli adulterini; i figli incestuosi, i quali nascono da un fatto che è spesso delittuoso. Ora, ammettere, senza alcuna distinzione, l'eguaglianza di tutte le categorie di figli naturali con i figli legittimi, a me pare non rispondente alla nostra coscienza civile e morale ed in contrasto con gli stessi fini politici che la famiglia, fondata sul matrimonio, deve raggiungere come cellula primigenia dello Stato.
Nel secondo testo si dice che è dovere dei genitori mantenere, educare ed istruire la prole, anche se nata fuori del matrimonio. Ora, perché si possa avere questo dovere, occorre evidentemente identificarne il soggetto; il dovere è come una medaglia, che ha il suo rovescio. Se v'è il soggetto di un dovere, vi deve essere il soggetto del diritto correlativo, di un diritto naturalmente azionabile. Allora noi ammettiamo che anche i figli incestuosi possano fare la ricerca della paternità per costringere il genitore a mantenerli, ad educarli e ad istruirli. Riconosciamo loro uno status familiare.
A me sembra che questo indirizzo sia eccessivo. Il nostro codice civile, come l'onorevole Orlando poc'anzi ricordava, si è spinto abbastanza innanzi sulla via della tutela dei figli naturali. Ammette, in taluni casi, il riconoscimento degli adulterini ed anche degli incestuosi. La base dovrebbe essere, per me, sempre quella del riconoscimento, volontario o giudiziale. Talune distinzioni e limitazioni sono indispensabili, e vi penserà il legislatore ordinario. Altrimenti, con diverse parole, riproduciamo la Costituzione sovietica, che non distingue fra illegittimi e legittimi.
Questa, adunque, dovrebbe essere la linea della nostra Costituzione. Sarà poi compito del legislatore ordinario valutare se il riconoscimento possa essere ammesso in casi più ampi.
Ma per i figli non riconoscibili o comunque non riconosciuti c'è indubbiamente un'esigenza sociale e morale. E questa esigenza è tenuta presente nell'emendamento presentato dall'onorevole Grassi e da me. Noi diciamo che a questi altri figli deve essere dalla legge assicurata una certa situazione che escluda quelle valutazioni di inferiorità sociali e morali, che tristemente ancor oggi si fanno.
Noi proponiamo che a questi figli sia fatta dalla legge una situazione per cui si venga a togliere loro quello che appare di — per così dire — infamante. Abolire, ad esempio, quell'«N.N.», che è un orribile marchio. In questa materia tanto delicata, la quale ha per anni ed anni affaticato giuristi e sociologi, bisogna proceder cauti, senza improvvisazioni, senza cedere facilmente al sentimento o, peggio, al sentimentalismo. Il nostro emendamento si muove per una linea giuridica che contempera le due esigenze: la tutela, preminente, della famiglia legittima e la protezione degli illegittimi.
Presidente Terracini. Gli onorevoli Camposarcuno, Lizier e Franceschini hanno presentato il seguente emendamento:
«Sostituire il primo comma col seguente:
«È diritto e dovere dei genitori alimentare, istruire ed educare la prole. Per i casi di provata incapacità morale od economica, l'adempimento di tali compiti è determinato dalla legge».
L'onorevole Camposarcuno ha facoltà di svolgerlo.
Camposarcuno. L'emendamento che ho presentato, anche a nome degli onorevoli colleghi Lizier e Franceschini, riguarda il primo comma dell'articolo 25 del testo originario del progetto di Costituzione, che risponde all'attuale articolo 24, redatto in nuova forma dalla Commissione dei settantacinque.
L'articolo 25, consacrato nel progetto di Costituzione, era del preciso tenore seguente:
«È dovere e diritto dei genitori alimentare, istruire, educare la prole. Nei casi di provata incapacità morale o economica la Repubblica cura che siano adempiuti tali compiti.
«I genitori hanno verso i figli nati fuori del matrimonio gli stessi doveri che verso quelli nati nel matrimonio. La legge garentisce ai figli nati fuori del matrimonio uno stato giuridico che escluda inferiorità civili e sociali.
«La Repubblica provvede alla protezione della maternità, della infanzia e della gioventù, favorendo ed istituendo gli organi necessari a tale scopo».
L'emendamento presentato, e del quale io mi occupo, riguarda, come ho detto, il primo comma, ed è il seguente:
«È diritto e dovere dei genitori alimentare, istruire ed educare la prole. Per i casi di provata incapacità morale o economica, l'adempimento di tali compiti è determinato dalla legge».
In due riunioni che i presentatori di emendamenti hanno avuto con la Commissione di coordinamento — con l'intervento dell'onorevole Ruini, Presidente dei settantacinque — ho reso note le ragioni che mi hanno suggerito le proposte di modifica dell'articolo in esame.
Rilevo ora che la Commissione per la Costituzione ha adottato una nuova formulazione dell'articolo 24, già 25, presentato solo oggi all'Assemblea, nel seguente testo:
«È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche nati fuori del matrimonio.
«Nei casi di incapacità la legge provvede a che siano assolti tali compiti.
«Ai figli nati fuori del matrimonio è riconosciuta una condizione giuridica che esclude inferiorità morali e sociali».
La differenza, tra la nuova redazione proposta dalla Commissione e il mio emendamento, consiste in questo.
La Commissione, anziché dire «è diritto e dovere» insiste nella inversione delle parole e propone la dicitura «è dovere e diritto».
Se la Commissione ha ciò fatto per affermare in modo preminente il significato morale, il significato soprattutto spirituale che si dà al «dovere» che hanno i genitori di alimentare, istruire ed educare la prole, io penso che la nuova dizione possa essere preferita; non insisto pertanto nella formula proposta.
Nell'emendamento che mi onoro di illustrare è detto che «è dovere e diritto dei genitori «alimentare», istruire ed educare la prole».
La Commissione sostituisce al verbo «alimentare» quello «mantenere».
Penso che la sostituzione debba essere intesa nel senso che si è voluto dare, con quest'ultimo verbo, una espressione più ampia e più comprensiva degli obblighi che i genitori hanno verso i figli.
E se la parola «mantenere» significa, oltre al resto, anche «alimentare», penso che la proposta della Commissione possa essere senz'altro accettata.
Per quanto riguarda la «incapacità» osservo che nella prima redazione dell'articolo 25 era detto che nei casi di provata incapacità «morale o economica», la Repubblica cura che siano adempiuti tali compiti; i compiti, cioè, di alimentare, istruire ed educare la prole.
Nel mio emendamento le parole «morale od economica» sono conservate, ma le vedo soppresse nella nuova dizione presentata oggi dalla Commissione. Non so spiegarmene il motivo ed attendo in proposito i chiarimenti della Commissione. Forse hanno ritenuto i Commissari che, oltre la incapacità morale e quella economica, vi possono essere altre incapacità, ad esempio, quella fisica, e perciò, anche in questo caso specifico, si è usata una dizione più ampia e che possa tranquillizzare maggiormente?
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Proprio così.
Camposarcuno. E allora è bene che questi aggettivi che limitano i casi di incapacità non siano messi nel testo definitivo dell'articolo.
Vengo ora ad un altro punto.
Vedo soppresso, nell'ultima redazione dell'articolo, la parola «provata» nella dizione «provata incapacità».
Ritengo che vada mantenuta la prima formulazione.
Anzitutto ricordo che era già nel primitivo testo proposto dalla Commissione per la Costituzione. Io penso che la «incapacità» debba essere provata...
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Si presume.
Camposarcuno. ...e che la Commissione possa accogliere il proposto emendamento; così non ci si affiderà al caso o ad interpretazione rischiosa in materia così delicata. Insomma io ritengo che la prova della «incapacità» per sottrarre i genitori agli obblighi di mantenere, istruire ed educare i figli, dev'essere stabilita in modo preciso ed inequivocabile.
Un'ultima osservazione. La redazione finale del primo comma dell'articolo 25, diventato 24 nel nuovo testo presentato dalla Commissione, dice: «Nei casi di incapacità la legge provvede a che siano assolti tali compiti».
L'emendamento da noi proposto è redatto in una forma che mi sembra migliore (è una mia impressione, anzi una mia convinzione), pur esprimendo lo stesso concetto del testo presentato dalla Commissione. L'emendamento sarebbe così definitivamente formulato nell'ultima parte:
«Per i casi di provata incapacità l'adempimento di tali compiti è determinato dalla legge».
Il concetto, ripeto, è identico, ma questa ultima dizione mi sembra più felice.
Concludendo (e mi pare di avere osservato scrupolosamente i termini regolamentari) io non insisto per la sostituzione del verbo «alimentare» al verbo «mantenere»; chiedo che sia mantenuto l'aggettivo «provata» accanto al sostantivo «incapacità» ed insisto nella dizione dell'ultima parte del primo comma del nuovo articolo 24. (Applausi).
Presidente Terracini. Gli onorevoli Tomba e Malagugini hanno presentato il seguente emendamento:
«Dopo il primo comma, aggiungere il seguente:
«È dovere dei figli maggiorenni provvedere, proporzionalmente alle loro possibilità economiche, al nutrimento ed all'assistenza decorosi dei propri genitori, quando questi per invalidità o vecchiaia non ne abbiano i mezzi necessari».
L'onorevole Tomba ha facoltà di svolgerlo.
Tomba. Siccome nel primo comma dell'articolo 25 proposto dalla Commissione è statuito l'obbligo da parte dei genitori del mantenimento dei propri figli, io credo che occorra stabilire nella Costituzione anche l'obbligo dei figli di provvedere al mantenimento dei genitori. Pertanto mantengo l'emendamento.
Presidente Terracini. Gli onorevoli Zotta, Dominedò, Gabrieli, Orlando Camillo, Di Fausto, Rescigno, Guerrieri, Caccuri e Montini, hanno presentato il seguente emendamento:
«Sostituire il secondo comma dell'articolo 25 col seguente:
«La legge assicura ai figli illegittimi ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima».
L'onorevole Zotta ha facoltà di svolgerlo.
Zotta. Il mio emendamento ha ragione di essere anche dopo la presentazione del nuovo testo della Commissione, il quale, se non vado errato, riproduce esattamente, con un mutamento di forma, il capoverso dell'articolo 25 del progetto. Eppure il nuovo testo vorrebbe rappresentare una evoluzione corrispondente a quanto è emerso dalla discussione di questa Assemblea, in cui è apparso evidente che una parità di diritti dei figli legittimi e illegittimi sia assolutamente da respingere, poiché urta contro la coscienza etica e giuridica del popolo italiano. Si è detto in questo emendamento della Commissione che «è diritto e dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli anche nati fuori del matrimonio». Questa dizione veramente nel Codice civile vigente è relegata nell'articolo 261, ove si fissano i doveri dei genitori verso i figli naturali riconosciuti. Ora questa dizione viene trasportata di pianta in un campo più vasto — senza che sia avvenuta una congrua discussione in merito — su di un testo, che ci è stato presentato dieci minuti or sono, il quale ci obbliga a superare la distinzione tra i figli naturali, adulterini ed incestuosi. A me sembra che in questa commistione di elementi diversi stiano un difetto e un eccesso. Sta un eccesso, nell'estendere agli adulterini ed incestuosi i diritti riservati finora ai naturali riconosciuti, un difetto nel mantenere ferme quelle posizioni negative che a norma del Codice vigente tengono in stato di inferiorità i figli naturali.
La posizione di eccesso che deriva dalla fretta di mettere sullo stesso piano figli legittimi e figli illegittimi, senza che in questa seconda categoria vi sia una congrua distinzione tra le varie specie, urta contro il principio della indissolubilità del matrimonio e dell'unità della famiglia. Invero, se si vuol rendere operante ed efficace questo concetto, bisogna intendere che i genitori abbiano gli stessi doveri verso i figli legittimi e i figli illegittimi. Sicché logicamente non si sfugge ad uno dei lati del dilemma: o il genitore introduce il figlio illegittimo in casa, ed allora avremo legittimata la famiglia illegittima ed introdotto l'immoralità nella casa (Interruzioni), o crea un'altra famiglia, ed allora avremo distrutto il concetto dell'unità della famiglia e della indissolubilità del matrimonio.
Il testo pecca anche per difetto, perché noi dovremmo assicurare una maggiore protezione ai figli naturali, non incestuosi e non adulterini, in omaggio ai criteri della solidarietà e della eguaglianza degli esseri umani. Così, ad esempio, noi dovremmo garantire al figlio naturale, il quale si trovi di fronte a genitori non legati da vincolo di matrimonio, una protezione giuridica pari a quella del figlio legittimo ed analogo trattamento fare al figlio adulterino, nei confronti di quello dei genitori che non sia legato da matrimonio.
Nel secondo comma del nuovo testo presentato dalla Commissione, questa ha creduto di avere introdotto una modificazione sostanziale di fronte al testo del progetto esprimendosi in questi sensi:
«Ai figli nati fuori del matrimonio è riconosciuta una condizione giuridica che esclude inferiorità morali e sociali».
Che cosa è questa posizione giuridica? Si vuole riferire soltanto al diritto al nome? E si parla della condizione giuridica? Condizione giuridica indica un complesso di diritti, uno status.
Ora non può riferirsi ad uno status nel campo del diritto pubblico, perché questo è già assicurato dalla Costituzione. È uno status nel campo del diritto privato? E che altro può essere — quando noi già nella prima proposizione abbiamo stabilito il dovere di mantenere, istruire ed educare — se non quello che si estrinseca nel campo successorio?
Ed allora noi, accettando la formulazione del testo della Commissione, abbiamo creato quella perfetta parità, che si voleva evitare.
Ora, le critiche fatte al capoverso dell'articolo 25 valgono anche per questo articolo, anzi hanno una forma di maggiore gravità, per quel difetto e quell'eccesso che ho rilevato.
Ecco perché io propongo una nuova formula. Dobbiamo stabilire due principî: il rispetto dell'istituto della famiglia ed il miglioramento della condizione giuridica dei figli naturali. Cerchiamo di contemperarli. Sarà il legislatore ordinario ad escogitare tutti i casi, in cui l'elevazione dello stato del figlio illegittimo possa ottenersi senza ledere l'istituto della famiglia.
L'emendamento da me proposto suona così:
«La legge assicura ai figli illegittimi ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima».
Presidente Terracini. Segue l'emendamento dell'onorevole Caroleo:
«Al secondo comma, dopo le parole: fuori del matrimonio, aggiungere le seguenti: l'esperimento dei mezzi di prova idonei ad accertare la paternità naturale e».
Non essendo presente l'onorevole Caroleo, l'emendamento si intende decaduto.
I seguenti emendamenti all'articolo 25 sono stati già svolti:
«Sostituire il secondo comma col seguente:
«La legge garantirà un adeguato stato giuridico ai figli nati fuori del matrimonio.
«Bosco Lucarelli».
«Al secondo comma, sostituire le parole: La legge garantisce ai figli nati fuori del matrimonio uno stato giuridico che escluda inferiorità civili e sociali, con le seguenti: La legge detta le norme per l'efficace protezione dei figli nati fuori del matrimonio.
«Merlin Umberto».
«Sostituire il secondo periodo del secondo comma col seguente:
«Riguardo ai figli nati fuori del matrimonio, la legge dovrà mirare ad escludere le inferiorità civili e sociali.
«Sardiello, De Mercurio».
«Dopo il secondo comma aggiungere il seguente:
«La legge detta le norme ed i limiti per la ricerca della paternità.
«Merlin Umberto».
«Sostituire l'ultimo comma col seguente:
«Lo Stato provvede alla protezione della maternità e dell'infanzia, favorendo e istituendo gli organi necessari a tale scopo.
«Tumminelli».
L'onorevole Nobili Tito Oro ha dichiarato di non insistere nei seguenti emendamenti firmati anche dagli onorevoli Vernocchi, Malagugini, Tega, Merighi, Fornara, De Michelis, Barbareschi.
«Sostituire il secondo comma col seguente:
«Il genitore è tenuto all'assistenza del figlio nato fuori del matrimonio nella stessa misura in cui può assistere i figli nati dal matrimonio: la legge regola lo stato giuridico e determina la misura dei diritti successori.
«Dopo il secondo comma, aggiungere il seguente:
«La Repubblica riconosce al figlio nato fuori del matrimonio il diritto alla ricerca dei genitori.»
L'onorevole Morelli Renato ha presentato, insieme cogli onorevoli Cortese e Corbino, il seguente emendamento all'articolo 25, nuovo testo:
«Sopprimere le parole: con particolare riguardo alle famiglie numerose».
L'onorevole Morelli Renato ha facoltà di svolgerlo.
Morelli Renato. Lo mantengo, ma rinunzio a svolgerlo.
Presidente Terracini. È stato così esaurito l'esame di tutti gli emendamenti, presentati sia al testo primitivo, sia al nuovo testo della Commissione.
Chiedo all'onorevole Tupini, di esprimere l'avviso della Commissione.
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Onorevoli colleghi, mi consentirete questa sera una particolare benevolenza, perché dovrò rispondere ad una serie di emendamenti che sono pervenuti sul mio tavolo soltanto all'ultim'ora, e solo il senso dell'orientamento è per me, come lo sarebbe per ognuno di voi, abbastanza arduo. È per questo che vi domando di scusarmi se, per caso, non sarò altrettanto preciso e ordinato.
Comincio dagli emendamenti che sono stati presentati in ordine all'articolo 23. Premetto che, via via che saranno da me esaminati, sarò costretto a respingerli e a pregare i colleghi, che li hanno presentati, di ritirarli. La formulazione infatti dei tre articoli presentati ora dalla Commissione, ed ai quali si riferiscono gli stessi emendamenti, risponde, a mio avviso, in modo adeguato alle esigenze affiorate durante la discussione e meglio definisce la materia di quanto non vi provvedesse la primitiva formulazione del progetto. Al nuovo testo abbiamo contribuito un po' tutti i rappresentanti dei vari gruppi col nobile intento di accordarci su un punto di vista possibilmente accettabile e non già col deteriore proposito di trovare comunque un compromesso. Domando perciò all'Assemblea di mettersi sullo stesso piano di possibile intesa che ci consenta di mandare avanti con maggiore speditezza il nostro lavoro.
Poniamo, dunque, subito la nostra attenzione sull'articolo 23, nuova edizione.
Esso è il risultato di una felice commistione degli articoli 23 e 24 del progetto. A tal riguardo sono stati presentati degli emendamenti sostitutivi e tra questi quello dell'onorevole Mazzei, la cui formulazione si discosta di poco dalla nostra. Un solo elemento sostanziale vi noto e cioè la soppressione dell'inciso «particolare riguardo alle famiglie numerose». Analogo emendamento è stato presentato all'ultim'ora dall'onorevole Corbino. La Commissione ha esaminato stamani l'opportunità o meno che venisse tolto questo inciso sul quale era stata già richiamata ad aures la nostra attenzione da vari onorevoli colleghi in senso diverso ed opposto, chi in favore della soppressione, chi della conservazione dell'inciso. La Commissione, considerati i pro ed i contra, si è trovata all'unanimità concorde nell'opportunità di mantenere quell'inciso, ragion per cui, onorevole Corbino e onorevole Mazzei, la Commissione insiste nel pregare l'Assemblea di voler votare anche per questa parte l'articolo in questione.
L'onorevole Badini Confalonieri ha svolto il suo emendamento. Non lo leggo per non far perdere tempo all'Assemblea ed anche perché immagino che i colleghi l'abbiano sotto gli occhi e lo possano seguire. Faccio notare all'onorevole Badini Confalonieri che per quanto attiene alla sua formula, di cui pure si apprezza l'importanza, crediamo che quanto in essa è contenuto sia egualmente contenuto nella nostra formulazione. Per cui, se nella sostanza non c'è un divario apprezzabile, è evidente ed opportuno che per l'economia della votazione io debba pregare l'onorevole Badini Confalonieri di non insistere nella votazione del suo emendamento.
Vi è poi l'emendamento degli onorevoli Sardiello e De Mercurio. In fondo, essi chiedono delle cose, che mi pare siano soddisfatte dalla formulazione della Commissione. Infatti l'emendamento parla di tutela per la saldezza morale e la prosperità della Nazione, accenna alle famiglie bisognose, ora il primo concetto è compreso nella formulazione del nostro articolo, mentre nella seconda parte, allorquando la nostra formulazione investe l'opportunità dell'aiuto, delle agevolazioni, degli sviluppi si intende che in questo sviluppo della famiglia naturalmente sia compreso, come sottinteso, come evidente, il fatto che l'aiuto va prima di tutto alle famiglie bisognose. Per questa ragione, io prego gli onorevoli Sardiello e De Mercurio di non voler insistere nel loro emendamento e di votare la nostra formula.
L'onorevole Nobili Tito Oro ha sollevato nel suo emendamento delle questioni che mi paiono troppo particolareggiate. Mi pare, cioè, che l'onorevole Nobili indulga ad una suggestione di esemplificazione che non è appropriata alla linea più sobria possibile alla quale si deve uniformare una Costituzione. C'è stato già rimproverato da molti che abbiamo abbondato in certe formulazioni e abbondare ancora di più sarebbe un fuor d'opera. Voglia perciò l'onorevole Nobili rinunziare al suo emendamento, tanto più che non potrà escludersi che la legge, sulle direttive che segna la Costituzione, possa provvedere anche a quei casi che tanto lo preoccupano.
L'onorevole Preti e l'onorevole Veroni — poiché mi pare di ricordare che l'onorevole Veroni abbia dichiarato di rinunziare al suo emendamento e di far proprio e associarsi a quello dell'onorevole Preti — domandano che il primo comma del vecchio articolo, che adesso è un altro comma del nuovo articolo, dichiari di tutelare la famiglia per la saldezza morale e la prosperità della nazione. Ripeto all'onorevole Preti, all'onorevole Carboni, all'onorevole Binni e all'onorevole Ruggiero che hanno firmato questo emendamento, nonché all'onorevole Veroni che vi si è associato, le stesse ragioni che ho già dette nei riguardi dell'emendamento Sardiello. Crediamo che quelle loro esigenze, tanto calorosamente sostenute, possano ritenersi soddisfatte dall'articolo del nostro progetto.
L'onorevole Rodi ci domanda di sostituire la nostra formula con quest'altra: «La famiglia è una istituzione morale: la Repubblica ne riconosce i diritti e garantisce le condizioni necessarie al suo libero sviluppo».
Evidentemente la seconda parte, onorevole Rodi, è compresa anche formalmente, anche letterariamente in una delle formulazioni dei nostri tre articoli. Rimane soltanto la definizione «La famiglia è una istituzione morale». Onorevole Rodi, ella sa quanto si è faticato e quanto si è discusso intorno a questa definizione della famiglia. La famiglia, si è detto, è una società naturale, una società di diritto naturale, un'istituzione morale, una comunità originaria, come propone l'onorevole Condorelli. Noi riteniamo che queste preoccupazioni che hanno dato luogo alle proposte di emendamento siano sufficientemente comprese e soddisfatte nella nostra formula. E poiché ho accennato all'onorevole Condorelli, rispondo fin da questo momento alla sua proposta per dirgli che siamo dolenti di non poterla accettare. Evidentemente la «comunità originaria» dice qualche cosa. Noi sentiamo che sarebbe anche una formula accettabile, ma non in quanto possa sostituire, nel senso che trasformi il significato della formula nostra nella quale vediamo anche compreso il senso che l'onorevole Condorelli vuol dare alla formula da lui proposta.
Analoga risposta debbo dare all'onorevole Bosco Lucarelli. Anch'egli parlava non di «comunità originaria», ma di «società originaria». Penso che l'istanza dell'onorevole Bosco Lucarelli sia la stessa di quella espressa dall'emendamento Condorelli; ma debbo dire ad entrambi che l'accoglimento del loro emendamento non è possibile, non solo perché noi siamo tutti d'accordo nel sostenere la nostra formula, ma anche perché crediamo che questo concetto della comunità e della originarietà, sia il primo contenuto nella definizione con la parola «società» e il secondo nella parola «naturale» o nelle parole «di diritto naturale» che dir si voglia. E questo dico anche per la proposta di sostituire «società naturale» con «società di diritto naturale». Se gli onorevoli colleghi hanno letto i verbali, anche io, in sede di Sottocommissione, facevo la stessa proposta. Vi ho rinunciato perché mi sono persuaso che il dire «società naturale» con l'obbligo dello Stato di riconoscerla, possa egualmente soddisfare quella che era l'esigenza mia e di coloro che preferiscono «società di diritto naturale» a «società naturale».
L'onorevole Medi ha rinunziato al suo emendamento. L'onorevole Riccio ha rinunziato, mi pare, anche al suo. L'onorevole Zotta, rinunzia al primo, è vero? Poi parlerò, onorevole Zotta, dell'altro emendamento, che or ora ha svolto. Agli onorevoli Mazzei e Veroni ho risposto.
All'onorevole Rodi, che chiede la soppressione del secondo comma, devo rispondere che non è possibile per le ragioni che ho avuto occasione di illustrare a proposito dell'emendamento dell'onorevole Vittorio Emanuele Orlando. Non possiamo, cioè, sopprimere nessuna di queste disposizioni; né per intero, per rimandarle al prologo; né per intero per essere sostituite da altre formulazioni, né nessuno dei commi che non siano contenuti invece negli articoli da noi proposti.
L'onorevole Marconi ha rinunziato al suo emendamento.
L'onorevole Guerrieri ha proposto due emendamenti: uno all'articolo 2 che riguarda i diritti di libertà e l'altro aggiuntivo laddove si dice «misure economiche di libertà»; poi ha completato il suo emendamento con l'altro, dove si dice che «la legge non può stabilire limiti oltre quelli del Codice civile alla libertà di contrarre matrimonio». Onorevole Guerrieri, — non c'è? Onorevole Carignani, lo sostiene lei, vero? — io apprezzo e comprendo il contenuto del suo emendamento, però faccio notare che mi sembra superfluo e mi sembra sotto certi aspetti anche intempestivo.
Superfluo, perché la nostra Costituzione garantisce tutti i diritti di libertà; intempestivo, perché vi si accenna ai Codici, di cui noi in questo momento non possiamo tener conto, inquantochè noi facciamo la Costituzione: saranno i Codici che dovranno uniformarsi alla Costituzione e a loro volta le leggi che dovranno uniformarsi ai Codici e alla Costituzione.
Per queste ragioni, pur apprezzando e condividendo il punto di vista dell'emendamento Guerrieri, prego gli onorevoli presentatori di non insistervi e di far proprio il nostro punto di vista.
L'onorevole Avanzini ha comunicato che rinunzia al suo emendamento. Gli onorevoli Avanzini ed Ermini, che hanno presentato un altro emendamento, credo di ricordare che abbiano rinunziato anche a questo.
E vengo agli emendamenti presentati all'articolo 23, all'ultima ora.
Ce n'è uno dell'onorevole Grassi, il quale riguarda la formulazione da noi proposta nella parte in cui si dice che il matrimonio è ordinato in base all'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nei limiti richiesti dall'unità della famiglia L'onorevole Grassi, d'accordo con l'onorevole Bozzi, propone che quest'ultima parte sia meglio chiarita; essi fanno del loro emendamento, più che una questione di sostanza, una questione di forma ed è per questo che, ritenendo che la forma proposta dall'onorevole Grassi sia migliore di quella indicata dall'ultimo capoverso del nostro articolo, anche a nome della Commissione dichiaro di accettare la proposta di emendamento presentata dall'onorevole Grassi per cui, al secondo comma dell'articolo 23, nel punto ove è detto: «Il matrimonio è ordinato in base all'eguaglianza giuridica dei coniugi nei limiti richiesti dall'unità della famiglia», dovrebbe invece usarsi la seguente espressione: «...nei limiti stabiliti dalla legge per l'unità della famiglia».
Questa precisazione formale che la Commissione ha accettato, credo debba avere un suo significato anche per coloro che giustamente si sono preoccupati che la Costituzione non abbia in questa formula sufficientemente garantito, nel concetto dell'unità della famiglia, anche quello della garanzia della famiglia.
Evidentemente, onorevoli colleghi — e qui rispondo a coloro che hanno presentato un emendamento in questo senso — evidentemente, quando si dice che la legge deve stabilire le norme per garantire l'unità della famiglia, tra i requisiti necessari al raggiungimento di questa unità, c'è anche quello di carattere gerarchico, cioè che la famiglia abbia un capo.
Penserà poi la legge a dire chi sarà questo capo e in quali modi e forme questa primazia debba essere esercitata al fine di garantire a sua volta l'unità della famiglia.
L'onorevole Condorelli ha presentato un emendamento al quale ho già implicitamente risposto con le considerazioni dedicate all'onorevole Bosco Lucarelli.
Condorelli. Ma ne ho presentato anche un altro.
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Io già le ho detto che noi invece insistiamo sulla nostra formula, in quanto il riconoscimento della famiglia come società naturale risponde alle stesse esigenze che hanno indotto lei a proporre la sua formula.
Lei dice anche: «Lo Stato riconosce e tutela la famiglia.», mentre noi diciamo invece: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia». Riteniamo che la nostra formula sia più precisa dal punto di vista tecnico-giuridico.
Lo Stato, infatti, quando riconosce i diritti della famiglia riconosce in pari tempo la famiglia stessa ed è, quindi, in tale riconoscimento implicito già il concetto della tutela.
Condorelli. Ma la famiglia non è un soggetto di diritto.
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Come, non è un soggetto di diritto!
Presidente Terracini. Si tratta di opinioni diverse.
Condorelli. Ma non si può avere un'opinione diversa su questo: è assurdo.
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. Sono opinioni, onorevole Condorelli: io ho la mia, lei ha la sua; io rispetto la sua, lei rispetterà la mia.
C'è poi l'emendamento dell'onorevole Cappi. Onorevole Cappi, quando io ho dato la risposta all'onorevole Grassi dichiarando di accettare la sua formula, ho rilevato che, con l'accettazione di quella formula, si poteva anche venire incontro a preoccupazioni come quelle giustamente da lei espresse nell'emendamento che ci ha sottoposto e che ci ha illustrato.
Spero che ella sia convinto di queste mie spiegazioni. Comunque, per le ragioni che ho detto, mi duole dover pregare l'onorevole Cappi di non insistere nel suo emendamento e di indursi a votare la formula da noi proposta.
L'onorevole Zotta ha illustrato il suo emendamento. L'onorevole Zotta sa che, prima di presentarlo, io l'ho esaminato, mi sono reso conto delle considerazioni, dei sentimenti che animano l'onorevole Zotta nel presentare e nel sostenere questo emendamento, ed ho fatto del tutto, anche in seno alla Commissione, per far valere in quei termini così espliciti, come da lui dettati, questa preoccupazione.
Non ci siamo trovati d'accordo; avremmo potuto determinare una divisione tra i vari membri della Commissione. Abbiamo cercato sempre di raggiungere una formula che ci mettesse tutti d'accordo, presupponendo che l'accordo fra di noi, a sua volta, poi, si risolvesse anche nell'accordo dei gruppi che noi rappresentiamo.
Però io credo che la nuova formulazione, da noi proposta all'Assemblea in sostituzione di quella contenuta nel progetto, abbia costituito e costituisca un passo avanti verso l'accoglimento di quelle preoccupazioni, di cui si è fatto interprete anche l'onorevole Condorelli, specialmente se si tien conto che l'emendamento Zotta dice: «La legge assicura ai figli illegittimi ogni tutela giuridica e sociale compatibile coi diritti dei membri della famiglia legittima».
Tenga presente, onorevole Zotta, il testo del progetto in confronto col testo dell'articolo 24, e mi dica se effettivamente non abbiamo fatto un passo avanti. Ecco, infatti, la nuova formula: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche nati fuori del matrimonio». Mi pare che a voce, perché non l'ho trovato qui per iscritto, mi sia stato suggerito un emendamento, che la Commissione avrebbe accettato: «anche se nati fuori del matrimonio». Non ho trovato più questo emendamento, ma ho interpellato i miei colleghi, ed essi sono stati d'accordo nell'aggiunta di quel «se», che rafforza il concetto di gradualità che dovrebbe stabilirsi tra i figli legittimi e i figli nati fuori del matrimonio.
Che cosa si vuole dire, onorevoli colleghi, con tale affermazione? Questo: che colui che mette al mondo dei figli assume il sacrosanto obbligo di mantenerli, istruirli ed educarli, siano essi legittimi od illegittimi.
È un dovere che non possiamo disconoscere e per questa prima parte, io credo, che sia facile l'accordo. Altro è il dovere di mantenere, educare ed istruire, ed altro è quello dell'equiparazione; ed è perciò che nel capoverso è detto che ai figli nati fuori del matrimonio è riconosciuta una condizione giuridica che escluda l'inferiorità morale e sociale.
Onorevole Zotta, se noi avessimo voluto equiparare in modo assoluto e a tutti gli effetti, compresi quelli giustamente temuti, della parificazione fra figli legittimi ed illegittimi, non avremmo usato questa formula e ci saremmo fermati alla prima parte dell'articolo. Abbiamo invece proposto l'ultimo comma che segna una direttiva al futuro legislatore, il quale, lungi da ogni criterio equiparativo, che sarebbe ingiusto ed assurdo, dovrà garantire ai figli illegittimi una sufficiente dignità che escluda ogni odiosa inferiorità morale e sociale, pur nella necessaria discriminazione fra figli naturali, adulterini e incestuosi.
Ragione per cui, onorevole Zotta, per quanto io condivida la sua opinione e sia perfettamente d'accordo con lei, non posso accettare la sua formula e ritengo che il testo della Commissione, dopo i miei chiarimenti, dovrebbe soddisfare anche lei.
Identica risposta devo dare all'onorevole Bosco Lucarelli che ha presentato un emendamento analogo a quello dell'onorevole Zotta.
L'onorevole Nobili Tito Oro propone l'emendamento che riguarda la tutela dei figli pure nati fuori dal matrimonio con una formula che è diversa dalla nostra, ma che esprime, come la nostra, l'identico nostro concetto, lo stesso nostro pensiero.
Confido che l'onorevole Nobili non vorrà insistere sul suo emendamento e accontentarsi della nostra formula.
L'onorevole Merlin, con una insistenza che lo onora, sottolinea ancora di più la sua preoccupazione che si stabilisca attraverso la indicata tutela dei figli illegittimi una sperequazione in danno di quelli legittimi. Apprezzo in sommo grado le preoccupazioni dell'onorevole Merlin. Lo assicuro della mia solidarietà, ma insisto nel ritenere che tali sue preoccupazioni siano eccessive e che in ogni modo saranno bene presenti ai futuri legislatori per la realizzazione di quel sano e giusto equilibrio che è unanimemente desiderato dall'Assemblea Costituente.
L'onorevole Sardiello presso a poco si esprime negli stessi termini della nostra formula, e ritengo perciò che non vorrà insistere nella sua.
L'onorevole Caroleo è decaduto dal suo emendamento.
L'onorevole Nobili Tito Oro vuole che si stabilisca il diritto del figlio nato fuori del matrimonio ad essere assistito dai genitori. Questo concetto è già sancito dalla legge ed è implicito nella disposizione della Costituzione che è sottoposta al vostro esame.
Anche all'onorevole Merlin per quanto attiene alla ricerca della paternità dò la stessa risposta che ho data all'onorevole Nobili.
C'è un altro emendamento Tumminelli, riguardante la protezione della maternità e dell'infanzia. L'onorevole Tumminelli sa che una formula diretta a tale scopo è contenuta in un comma degli articoli da noi proposti, e credo che non vorrà insistere nel suo emendamento. Comunque la sua formula è contenuta nella nostra.
La Commissione, per quanto attiene alla formulazione dell'ultimo articolo 25, nel testo ultima serie, enunciato nella seduta di oggi, dice così:
«La Repubblica agevola con appropriate misure economiche la formazione della famiglia e l'adempimento dei suoi oneri con particolare riguardo alle famiglie numerose; provvede alla protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù favorendo gli istituti necessari a tale scopo».
Ricordo in proposito che l'onorevole Russo Perez ha sottolineato che al suo emendamento intendeva dare soltanto un carattere formale, ritenendo che le parole da noi adoperate fossero meno felici delle sue e, anche quando insisteva nella soppressione del termine «economiche», lo faceva non in quanto non volesse queste misure economiche, ma in quanto riteneva che dire soltanto «economiche» fosse qualcosa di meno che dire misure di carattere generale.
La Commissione ha portato la sua attenzione sull'emendamento proposto dall'onorevole Russo Perez. Malgrado il diverso avviso della maggioranza, a me sembra che si possa accettare la dizione «provvidenze». È una questione di forma. Mi permetta la Commissione di poter dare questa soddisfazione all'onorevole Russo Perez.
L'onorevole Tomba ha proposto un emendamento di natura speciale: parla dei doveri dei figli verso i genitori.
Rivolgo all'onorevole Tomba la preghiera di non insistere, perché si tratta anche qui di qualcosa di specifico, che non è proprio d'una Costituzione, ma del Codice civile.
Quando si dice che la Repubblica si preoccupa della famiglia, evidentemente nella famiglia ci sono i rapporti dei padri verso i figli ed anche dei figli verso i padri.
Il concetto dell'unità della famiglia esaurisce anche questa sua preoccupazione. La prego di non insistere; non potremmo consentire che venisse messa in votazione la sua proposta.
L'onorevole Camposarcuno ha parlato in parte per sottolineare la migliore formulazione dell'ultima edizione dei nostri articoli, ed in parte per sostenere una sua formula, che non credo possa essere accettata.
«È diritto e dovere dei genitori alimentare...».
Credo che l'onorevole Camposarcuno abbia apprezzato la sostituzione del verbo «mantenere» all'altro «alimentare».
Con questa espressione il concetto appare meglio definito.
L'onorevole Camposarcuno inoltre insiste nel mantenimento della dizione «provata incapacità», contenuta nella formulazione precedente. Abbiamo discusso a questo riguardo ed abbiamo ritenuto non sia necessario dire «provata»; perché il concetto di «provata» è implicito nel fatto della constatazione della incapacità. Non esiste incapacità, che abbia una certa funzione e forza e conseguenza giuridica, se non sia naturalmente provata; per questo abbiamo eliminato quel termine come superfluo. Insistiamo perciò nella nostra formula.
Infine, l'onorevole Camposarcuno insiste nel sostenere che l'adempimento degli obblighi o dei compiti che derivano dai casi di incapacità sia determinato per legge. Anche questo, onorevole Camposarcuno, è implicito nella nostra formula, perché, quando si dice che la Repubblica provvede e si sostituisce sussidiariamente, integrativamente, suppletivamente a quelle che sono le incapacità (si sottintende che debbono essere provate) non è necessario riferirsi esplicitamente alla legge, in quanto si suppone che la legge dovrà provvedere a determinare e regolare i singoli casi.
E con questo mi pare di non aver trascurato alcun emendamento. (Vivi applausi).
Presidente Terracini. Dopo aver udito le considerazioni svolte a nome della Commissione dall'onorevole Tupini, chiedo ai presentatori degli emendamenti se li mantengono.
Onorevole Badini Confalonieri, mantiene l'emendamento all'articolo 23?
Badini Confalonieri. Sarei disposto a rinunziare al mio emendamento. Gradirei, però, che la Commissione rivedesse quella dizione «società naturale». Rilevo che l'onorevole Corsanego, autorevole portavoce del gruppo democristiano, ieri stesso ha fatto presente che la dizione è infelicissima.
Non rivendico la paternità dell'una o dell'altra espressione: si dica «nucleo» o «istituto» o «comunità»; ma l'attuale definizione, specie nell'attuale redazione mutilata non risponde al concetto; questa espressione senz'altra aggiunta può anche definire una qualsiasi società animale, una conigliera. Faccio, quindi, preghiera alla Commissione, di rivedere una siffatta dizione.
Presidente Terracini. Onorevole Sardiello, mantiene l'emendamento all'articolo 23?
Sardiello. Chiedo se questo articolo, nella prima formulazione, sarà votato per divisione, perché in questo caso non insisterei sul mio emendamento, in quanto esso si riferisce sostanzialmente alla definizione «famiglia naturale».
Se l'articolo 23 venisse votato per divisione, non avrei bisogno di insistere; altrimenti insisto.
Presidente Terracini. Onorevole Sardiello, mi sembra che il suo emendamento, se riguarda essenzialmente l'espressione «società naturale», che è contenuta anche nel nuovo testo, potrebbe essere ritirato.
Sardiello. Si voterà, dunque, per divisione?
Presidente Terracini. È evidente.
Sardiello. Allora ritiro l'emendamento.
Presidente Terracini. All'articolo 23 c'è ancora l'emendamento proposto dall'onorevole Nobili Tito Oro. Questo emendamento è sottoscritto da numerosi altri colleghi. Desidero far presente ai firmatari che l'onorevole Nobili Tito Oro, svolgendo l'emendamento si è soffermato soltanto sull'ultima parte relativa all'organizzazione di appositi enti per l'industria casalinga.
Prego i firmatari di dichiarare se insistono su questo emendamento.
Merighi. Lo ritiriamo.
Presidente Terracini. Onorevole Preti, mantiene il suo emendamento?
Preti. Il mio emendamento ha inteso sopprimere la formula «società naturale». Lo ritiro, associandomi a quanto ha detto l'onorevole Sardiello.
Presidente Terracini. Onorevole Rodi, mantiene il suo emendamento?
Rodi. Lo mantengo.
Presidente Terracini. Onorevole Bosco Lucarelli, mantiene i suoi emendamenti?
Bosco Lucarelli. Li ritiro, dato il nuovo testo dell'articolo 23. Ritiro anche l'emendamento all'articolo 25.
Presidente Terracini. Onorevole Zotta, mantiene il suo emendamento?
Zotta. Vi rinuncio.
Presidente Terracini. L'emendamento dell'onorevole Mazzei, soppressivo del secondo comma, è assorbito, come egli stesso ha dichiarato, nel secondo emendamento da lui presentato.
Onorevole Rodi, mantiene il suo emendamento che pure si riferisce alla soppressione del secondo comma dell'articolo 23?
Rodi. Si tratta di vedere se voteremo in base alla prima redazione o alla seconda.
Presidente Terracini. Onorevole Rodi, poiché proponeva di sopprimere un intero comma, lei intendeva di sopprimere il concetto. È evidente che se il concetto intero è stato riassunto nella nuova formulazione della Commissione, lei mantiene la sua proposta di soppressione.
Rodi. Mantengo la mia proposta di soppressione del comma.
Presidente Terracini. Quindi, il suo emendamento resta, poiché il concetto è stato ripreso nella nuova formulazione dell'articolo 25.
L'onorevole Marconi, ha dichiarato di rinunciare al suo emendamento.
Onorevole Guerrieri Filippo, mi pare che ella abbia rinunciato al suo primo emendamento.
Guerrieri Filippo. Vorrei fare una dichiarazione. Io rendo omaggio alle dichiarazioni dell'onorevole Tupini. Vorrei spiegare il perché del ritiro del mio emendamento. (Commenti).
Presidente Terracini. Spieghi brevissimamente perché lo ritira.
Guerrieri Filippo. Avevo visto tante libertà stabilite negli articoli: libertà di circolare, libertà di soggiornare, libertà di spostarsi da Piazza Barberini a Piazza Navona, e pensavo, fra me e me, che vi poteva essere anche la libertà di matrimonio. Ma poiché l'onorevole Tupini mi dà atto ufficiale che questo mio principio, che volevo affermare nel mio emendamento, si deve ritenere già acquisito nelle libertà sancite dalla Costituzione, ne prendo volentieri atto e non insisto nell'emendamento, dichiarandomi soddisfatto di aver potuto provocare una tale dichiarazione dal Relatore.
Presidente Terracini. Onorevole Avanzini mantiene i suoi emendamenti?
Avanzini. Rinuncio, perché assorbiti.
Presidente Terracini. Passiamo agli emendamenti proposti all'articolo 24. Vi è una proposta degli onorevoli Calamandrei, Codignola, Foa e Valiani che si riferisce alla soppressione della prima formulazione dell'articolo che riguardava l'indissolubilità del matrimonio, oltre, secondo l'esposizione dell'onorevole Calamandrei, l'affermazione della eguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Questi due concetti sono ripresi ambedue nella nuova formulazione dell'articolo 23.
Prego, pertanto, l'onorevole Calamandrei di dire se mantiene la soppressione di entrambi i commi del nuovo articolo 23. Faccio presente all'onorevole Calamandrei, che dobbiamo ancora pronunciarci sull'ordine del giorno dell'onorevole Ruggiero, il quale, se accettato, verrebbe a realizzare la richiesta di soppressione dell'articolo 24.
Calamandrei. Noi manteniamo la richiesta di soppressione del primo comma del nuovo articolo 23.
Presidente Terracini. Onorevole Badini Confalonieri, mantiene l'emendamento?
Badini Confalonieri. Rinunzio.
Presidente Terracini. Onorevole Persico, mantiene l'emendamento?
Persico. Lo mantengo perché il Presidente della prima Sottocommissione non mi ha risposto.
Presidente Terracini. Onorevole Targetti, mantiene l'emendamento?
Targetti. Lo ritiro.
Presidente Terracini. Onorevole Rodi, mantiene l'emendamento.?
Rodi. Lo mantengo.
Presidente Terracini. Onorevole Grilli, mantiene l'emendamento?
Grilli. Lo mantengo.
Presidente Terracini. Non essendo presente l'onorevole Calosso, il suo emendamento si intende decaduto.
Onorevole Sardiello mantiene il suo emendamento?
Sardiello. Sì, trasferendolo all'articolo 23.
Presidente Terracini. Onorevole Zotta, mantiene l'emendamento?
Zotta. Rinuncio, ritenendolo già incluso nella nuova formulazione.
Presidente Terracini. Onorevole Guerrieri, mantiene l'emendamento?
Guerrieri Filippo. Lo ritiro.
Presidente Terracini. Onorevole Mazzei, mantiene l'emendamento?
Mazzei. Lo mantengo.
Presidente Terracini. Passiamo agli emendamenti all'articolo 25.
Onorevole Badini Confalonieri, mantiene l'emendamento?
Badini Confalonieri. Rinuncio.
Presidente Terracini. Onorevole Bozzi, mantiene l'emendamento?
Bozzi. Lo ritiro e aderisco a quello dell'onorevole Merlin Umberto.
Presidente Terracini. Onorevole Camposarcuno, mantiene l'emendamento?
Camposarcuno. Dopo i chiarimenti dati dalla Commissione, pensi un po' la Commissione stessa, in sede di coordinamento, se non valga la pena di ripristinare la formula «provata incapacità».
Non insisto nella votazione. Per la redazione della seconda parte dell'articolo 25, oggi 24, siccome i termini sono diversi, ma il concetto è identico, veda la Commissione di usare la formula migliore per esprimere nel modo più esatto e conveniente il concetto.
Presidente Terracini. Onorevole Tomba mantiene l'emendamento?
Tomba. Lo mantengo.
Presidente Terracini. Onorevole Zotta, mantiene l'emendamento?
Zotta. Lo mantengo, dolente di essere dissenziente dal Presidente della Commissione. Ho mostrato già molta comprensione per gli altri due precedenti emendamenti.
Presidente Terracini. Onorevole Bosco Lucarelli, mantiene l'emendamento?
Bosco Lucarelli. Non insisto.
Presidente Terracini. L'onorevole Merlin Umberto aveva presentato un emendamento già svolto, all'articolo 25; ma lo ha sostituito con un altro sostitutivo del terzo comma dell'articolo 24, nuovo testo.
Onorevole Merlin mantiene questo nuovo emendamento?
Merlin Umberto. Dichiaro di rinunciare, nel senso che le parole illustrative dell'onorevole Tupini hanno ammesso che il legislatore futuro avrà piena libertà di regolare la materia.
Presidente Terracini. Onorevole Sardiello, mantiene l'emendamento?
Sardiello. Lo trasformo in raccomandazione.
Fuschini. Che cosa si intende raccomandare? Raccomandazioni di questo genere non hanno nessun valore.
Presidente Terracini. Onorevole Fuschini, lei sa perfettamente che molti di questi emendamenti si riducono a sfumature. La Commissione, nella redazione del testo completo, potrà tener conto dei desideri espressi dagli onorevoli colleghi.
Onorevole Merlin, ella ha presentato un altro emendamento:
Dopo il secondo comma aggiungere il seguente:
«La legge detta le norme ed i limiti per la ricerca della paternità».
Lo mantiene?
Merlin Umberto. Lo mantengo come comma da aggiungere alla fine dell'articolo 24, nuovo testo.
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. È implicito.
Presidente Terracini. Onorevole Tumminelli mantiene l'emendamento?
Tumminelli. Potrei rinunciare se la Commissione accettasse di togliere le parole «e della gioventù», per due ragioni: una perché la protezione della gioventù è implicita già nell'articolo 24 e anche nell'articolo 28; in secondo luogo, perché il favorire questa protezione della gioventù potrebbe essere una ricostruzione dell'antica Gil. E, quindi, potrei ritirarlo, se la Commissione accetta la votazione per divisione, con e senza questo termine «gioventù».
Presidente Terracini. Sta bene; faremo la votazione per divisione.
Devo, ora, rivolgermi ai presentatori degli emendamenti al nuovo testo.
L'emendamento degli onorevoli Grassi e Bozzi al secondo comma dell'articolo 23, nuovo testo, è stato accettato dalla Commissione.
Onorevole Cappi, mantiene l'emendamento allo stesso secondo comma dell'articolo 23?
Cappi. Farei un complimento se dicessi che l'onorevole Tupini, pur con la sua impareggiabile arte, mi abbia completamente convinto; tuttavia, dopo l'accettazione dell'emendamento degli onorevoli Grassi e Bozzi ritiro il mio.
Presidente Terracini. Onorevole Condorelli, mantiene l'emendamento al primo comma del nuovo testo dell'articolo 23?
Condorelli. Per rispetto alla famiglia, che non può essere chiamata una società naturale, e per rispetto alla scienza del diritto, per la quale la famiglia non è un soggetto di diritto, debbo insistere.
Presidente Terracini. Onorevole Russo Perez, mantiene l'emendamento sostitutivo dell'articolo 25?
Russo Perez. Rinunzio condizionatamente. Per quanto riguarda la prima osservazione, per quanto riguarda, cioè, l'opportunità di sostituire la frase «adempimento dei suoi oneri» con altra più adatta, mi pare che la Commissione l'abbia effettivamente sostituita con una dizione che ritengo di poter accettare. Ma per quanto riguarda l'espressione «misure economiche», io insisto nella mia proposta, chiedendo che essa sia sostituita con l'altra espressione «opportune provvidenze», che, oltre ad indicare provvidenze di carattere economico, ne implica anche altre di carattere diverso.
Se tuttavia la Commissione accedesse al mio suggerimento nel senso di adottare la dizione «misure economiche od altre provvidenze», io rinunzierei al mio emendamento.
Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. La Commissione accetta.
Russo Perez. Allora ritiro l'emendamento.
Presidente Terracini. Vi è ora l'emendamento presentato dagli onorevoli Corbino, Cortese e Morelli Renato, che tende a sopprimere, all'articolo 25, nuovo testo, le parole «con particolare riguardo alle famiglie numerose». I proponenti lo mantengono?
Corbino. Lo manteniamo.
Presidente Terracini. Prima di passare alla votazione degli emendamenti, avverto che bisogna votare l'ordine del giorno dell'onorevole Ruggiero Carlo, già svolto, e che non è stato assorbito dalla votazione eseguita sull'ordine del giorno dell'onorevole Orlando Vittorio Emanuele.
Onorevole Ruggiero, mantiene il suo ordine del giorno?
Ruggiero Carlo. Lo mantengo.
Presidente Terracini. Pongo ai voti l'ordine del giorno così formulato:
«L'Assemblea,
convinta che la Carta costituzionale è un atto legislativo che, per la sua natura, deve accogliere solo quei principî fondamentali e quei sovrani comandamenti che rispondono alle esigenze di una coscienza etica collettiva;
convinta che i principî della indissolubilità del matrimonio e della unità della famiglia, contenuti nell'articolo 24 del progetto di Costituzione, sono incompatibili con la natura della Costituzione, inquantoché, considerati attraverso una valutazione di carattere universale, rappresentano la manifestazione di un'ideologia e di un'etica particolari;
convinta che i principî della indissolubilità del matrimonio e della unità della famiglia già sono consacrati nella realtà giuridica ed etica, il primo come una norma obiettiva della nostra legislazione e il secondo come inconcusso precetto morale, e che non abbisognano quindi della garanzia di una specifica tutela costituzionale;
passa all'ordine del giorno».
(Non è approvato).
Passiamo alla votazione degli emendamenti mantenuti.
[Il seguito della discussione viene riportato a commento degli articoli cui si riferisce.]
A cura di Fabrizio Calzaretti