La nascita della Costituzione

Relazioni e proposte presentate nella Commissione per la Costituzione
I Sottocommissione

 

RELAZIONE

del deputato LUCIFERO ROBERTO

SU

I PRINCIPII DEI RAPPORTI SOCIALI (ECONOMICI)

 

È necessario che io premetta alla relazione sui cinque articoli che presento alla discussione della Sottocommissione, una deverosa riserva: che ripeta cioè la mia perplessità sul fatto che si tendano ad inserire nella Costituzione molte disposizioni le quali, a parer mio, non sono di natura costituzionale ma bensì di natura legislativa.

Dato che la tendenza generale, da me del resto pienamente condivisa, ci conduce alla compilazione di una Costituzione rigida, ciò potrebbe costituire la premessa di non pochi inconvenienti. Una Costituzione non è un documento teorico, ma uno strumento essenzialmente pratico; essa deve costituire delle Colonne d'Ercole entro le quali si possa liberamente muovere l'attività legislativa, una garenzia per i cittadini e per lo Stato nei loro reciproci rapporti, ma non deve andare più in là. Se essa assume l'aspetto ed il contenuto programmatico di una determinata maggioranza di un determinato momento, ogni spostamento avvenire di maggioranze ne diminuirà la funzionalità e ne intaccherà il prestigio; e ciò con danno di tutto il regolare svolgimento dell'attività legislativa nello Stato e con particolare pregiudizio proprio di quella maggioranza, (e le maggioranze sono sempre transitorie in regime democratico), che ritenne di approfittare di un momento di preponderanza per imporre una propria impostazione programmatica.

A questa riserva, tendente a ridurre all'essenziale la nuova Carta costituzionale del Paese, ne debbo aggiungere un'altra che si riferisce ai cinque articoli che presento all'esame della Sottocommissione. Debbo cioè dichiarare che, relatore per incarico di un Collegio, quale la Sottocommissione è, ho ritenuto mio dovere di esprimere nell'articolazione non il mio personale pensiero, ma lo spirito che mi è apparso affiorare dalle discussioni cui ho assistito e partecipato. Sicché l'articolazione stessa è da riguardarsi come la risultante di una meditazione collegiale di cui ho cercato di essere l'interprete obbiettivo e sereno. Il che ha per conseguenza che non poche affermazioni in essa contenute non rispondano appieno al mio personale pensiero, che mi riservo, se del caso, di esprimere in sede opportuna.

Temo di aver invaso con i cinque articoli il campo della terza Sottocommissione. Ma non credo che in una Costituzione si possa dire sull'argomento molto di più senza invadere in pieno la competenza legislativa degli appositi organi che la Costituzione stessa predisporrà. In ogni modo questa interferenza sarà chiarita in sede di coordinamento, come anche la formulazione tecnica dei vari articoli che dovranno necessariamente assumere una dizione unitaria.

Purtroppo non ho potuto avvalermi nel mio lavoro della collaborazione, che sarebbe stata certamente preziosa, dell'onorevole Togliatti, poiché non mi è stato possibile incontrarlo data la sua assenza da Roma. E certamente per le stesse ragioni egli non ha potuto rispondere alle mie lettere, né esprimermi il suo parere sulla articolazione che, come era mio dovere, gli ho mandato in visione.

Ciò detto passo ad un breve esame degli articoli.

Art. 1. — Il primo comma afferma quello che comunemente suol chiamarsi il «diritto alla vita» e costituisce la premessa da cui tutte le successive disposizioni logicamente si sviluppano.

Nel 1° capoverso ho preferito usare la dizione «attività economica» piuttosto che quella più generica e corrente di «lavoro»; in quanto non ogni lavoro costituisce un'attività economica, mentre solo a queste ultime tali articoli della Costituzione dovrebbero riferirsi.

Il 2° capoverso garantisce il libero esercizio di tali attività, come mezzo di attuazione del principio affermato nel 1° comma.

Art. 2. — Se l'ultimo capoverso dell'articolo 1 assicura la libertà del lavoro, e sancisce con ciò una classica accezione liberale, il 1° comma dell'articolo 2 consacra il principio moderno del diritto che ha il lavoro ad essere protetto dallo Stato.

Il capoverso indica le direttive secondo le quali tale protezione si dovrà concretare lasciando, come è logico, al legislatore di renderle vive ed operanti.

Ho ritenuto di inserire in questa sede la difesa del risparmio, inteso quale frutto nobilissimo del lavoro e del sacrificio umano; ed anche quale elemento integrante della protezione del nucleo centrale della società che è la famiglia, secondo i voti di tutti coloro che si occupano di questi problemi.

Art. 3. — L'articolo assicura la legittimità delle associazioni economiche o di tutela economica (sindacali) trasportando in campo economico il principio politico della libertà di associazione.

Art. 4. — È risultata dalle discussioni svoltesi in sede di Sottocommissione la tendenza ad affermare, nella Carla costituzionale, il diritto di sciopero, il che porta, come logica conseguenza, il diritto di serrata.

A mio parere questa è materia di Codice e non di Costituzione. Ad ogni modo, per fedeltà al principio esposto nella prima parte di questa relazione, ho inserito l'articolo corrispondente. Ho ritenuto però di dover porre un limite là dove lo sciopero o la serrata potessero arrecare nocumento alla vita della Nazione. Sarà poi da stabilire in quali forme e da quali organi dello Stato la illegittimità dello sciopero o della serrata dovrà essere dichiarata.

Art. 5. — Stabilisce le basi del diritto di proprietà e dei suoi limiti.

La vecchia formula, quasi religiosa, che consacrava tale diritto non mi pure corrispondere ai tempi ed alle concezioni attuali. La garenzia dello Stato data alla proprietà mi sembra la forma più consona all'odierna evoluzione etica, giuridica, economica e sociale del concetto di proprietà.

I tre capoversi statuiscono i tre aspetti fondamentali della limitazione del diritto di proprietà.

Il primo considera i casi di espropriazione o di requisizione; il secondo quelli di socializzazione e di nazionalizzazione; il terzo l'intervento dello Stato nella gestione o nel coordinamento delle imprese. Sono queste le logiche conseguenze del moderno concetto della funzione sociale della proprietà.

Esigenze che si conciliano con l'affermazione contenuta nel primo comma, non solo attraverso il compenso, ma anche per il motivo e la forma che confortano tali limitazioni. Il primo, necessità pubblica, che corrisponde appunto al concetto della funzione sociale della proprietà sopra accennato; la seconda, una legge, che garentisce la proprietà da ogni abuso del potere esecutivo.

* * *

Spero, onorevoli colleghi, di essere riuscito ad interpretare il pensiero della Sottocommissione, e mi auguro che dal nostro lavoro possano scaturire le basi di una armonica convivenza, nel nuovo Stato italiano, fra gli uomini di buona volontà.

ARTICOLI PROPOSTI

Art. 1.

Ogni cittadino ha diritto al minimo indispensabile di mezzi di sussistenza perché gli sia assicurata un'esistenza degna dell'uomo.

A tal fine egli è libero di svolgere un'attività economica di sua scelta.

Lo Stato garantisce l'esercizio di questa libertà.

Art. 2.

Il lavoro, nello sue diverse forme, è protetto dallo Stato.

La legislazione sociale regola le assicurazioni contro gli infortuni, le malattie, la disoccupazione involontaria, la vecchiaia, l'invalidità e sulla vita; il lavoro delle donne e dei minori; la protezione della famiglia; la durata della giornata lavorativa e il salario minimo e famigliare; le ferie retribuite; la tutela del lavoratore italiano all'estero; la difesa del risparmio.

Art. 3.

I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente per svolgere un'attività economica e per tutelare comuni interessi.

Art. 4.

Lo Stato può intervenire per la pacifica risoluzione delle controversie del lavoro, ivi comprese quelle attuantisi per via di sciopero o di serrata.

Lo sciopero o la serrata che turbino gravemente l'ordine pubblico o intralcino l'ordinato svolgimento della vita economica e politica dello Stato, possono essere dichiarati illegali.

Art. 5.

La proprietà è garantita dallo Stato.

L'espropriazione dei beni immobili e la requisizione in proprietà od in uso di beni mobili, di brevetti industriali di opere dell'ingegno e di imprese, per motivo di necessità pubblica, possono aver luogo soltanto sul fondamento di una legge e mediante corresponsione di adeguata indennità.

Per lo stesso motivo e con le medesime garanzie la proprietà privata può essere socializzata, e può essere disposta, con legge speciale, la nazionalizzazione di servizi pubblici e di imprese di generale interesse.

Nella stessa forma, e sempre con legge speciale, ricorrendo il motivo di pubblica necessità, può attuarsi l'intervento dello Stato nella gestione di imprese di pubblico interesse e nel coordinamento delle stesse.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti