La nascita della Costituzione
Relazioni e proposte presentate nella Commissione per la Costituzione
I Sottocommissione
RELAZIONE
del deputato BASSO LELIO
SU
I PRINCIPI DEI RAPPORTI POLITICI
Art. 1.
La sovranità popolare si esercita attraverso la elezione degli Organi costituzionali dello Stato, mediante suffragio universale, libero, segreto, personale ed uguale. Tutti i cittadini concorrono all'esercizio di questo diritto, tranne coloro che ne sono legalmente privati o che volontariamente non esercitino un'attività produttiva.
È qui enunciato il principio del diritto all'elettorato attivo; e poiché per questo mezzo si esercita in concreto la sovranità popolare, si è preferito dare questa forma alla enunciazione del diritto politico fondamentale dei cittadini, escludendosi così ogni altro mezzo di consultazione popolare che il relatore non ritiene opportuno prevedere ordinariamente, specie nelle condizioni del nostro Paese.
Dei modi di esercizio dell'elettorato si occuperà la parte organizzativa della Costituzione, e partitamente per i singoli organi elettivi. Qui si enunciano le condizioni essenziali e generali di questo diritto, e cioè che il voto sia: universale, dato cioè da tutti i cittadini; libero, non sottoposto cioè ad alcuna pressione o coazione; e perciò segreto, non sottoposto ad alcun controllo che potrebbe essere veicolo di coazione; personale, dato direttamente da ogni cittadino in quanto tale e per atto proprio; ed uguale, equivalendosi fra loro i voti di tutti i cittadini. La seconda parte dell'articolo specifica l'universalità del suffragio, precisando che tutti i cittadini — e s'intende perciò in condizioni di eguaglianza e senza distinzione di sesso né alcuna altra discriminazione possibile — partecipano egualmente al diritto di voto, con le sole due eccezioni tassativamente dichiarate. Esse concernono in primo luogo i cittadini che dal diritto di voto siano esclusi per norma di legge, che li privi specificatamente dell'esercizio dei diritti politici, ad esempio a seguito di condanna penale oppure di legale interdizione; in secondo luogo quei cittadini che non partecipando per atto proprio liberamente voluto all'attività produttiva della Nazione, non è giusto ne siano considerati parte attiva e responsabile.
La prima parte definisce l'esercizio concreto della sovranità popolare e le sue modalità essenziali, ricorrenti in ogni votazione. La seconda precisa il fondamentale diritto politico di ogni cittadino.
Art. 2.
Tutti i cittadini, senza distinzione di sesso né alcuna altra discriminazione possibile, possono accedere alle cariche pubbliche, salve le limitazioni derivanti da incapacità naturali o legali, a norma di legge.
Per l'adempimento delle sue funzioni pubbliche, ogni cittadino ha diritto di disporre del tempo necessario e di non essere privato del suo posto di lavoro.
Questo articolo stabilisce, parallelamente al diritto universale ed uguale di voto di cui all'articolo precedente, il diritto di tutti i cittadini di aver accesso in condizioni di uguaglianza a tutte le cariche pubbliche. È fatta esplicita esclusione di ogni distinzione di sesso e di ogni altra discriminazione, di qualunque genere essa possa essere. Si è preferita questa dizione generica e comprensiva, sia perché una specificazione negativa avrebbe sempre potuto apparire incompleta, sia perché è opportuno che nemmeno negativamente sia dato ricetto nella Costituzione a criteri discriminatori che non devono avere alcuna rilevanza giuridica. Si è fatta salva la eccezione delle incapacità naturali — valide anche in riguardo al sesso — e legali — cioè derivanti dalla legge — quale l'interdizione o l'incapacità derivante da condanna — stabilendo peraltro che così le une come le altre abbiano vigore esclusivamente a norma di legge, e cioè in presenza di una specifica disposizione di legge, non mai per determinazione dell'autorità amministrativa.
La seconda parte dell'articolo con disposizione generale atta a garantire l'esercizio concreto di ogni diritto politico, stabilisce le condizioni per le quali ogni cittadino, anche vincolato da rapporti di lavoro cui non possa rinunciare per la sua esistenza, sia posto effettivamente in grado di esercitare i suoi diritti e le cariche pubbliche che gli siano affidate. Per questa norma costituzionale, gli è garantito il tempo libero per esercitare il diritto di voto, e gli è assicurato — così come fu disposto per i richiamati alle armi — di ritrovare il suo posto di lavoro quando sia cessato l'ufficio pubblico cui sia stato chiamato: disposizioni queste note già alla Costituzione di Weimar, e necessarie perché i diritti politici non siano resi vani per la più larga parte della popolazione.
Art. 3.
Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente e democraticamente in partito politico, allo scopo di concorrere alla determinazione della politica del Paese.
Art. 4.
Ai partiti politici, che nelle votazioni pubbliche abbiano raccolto non meno di cinquecentomila voti, sono riconosciute, sino a nuove votazioni, attribuzioni di carattere costituzionale a norma di questa Costituzione, delle leggi elettorali e sulla stampa, e di altre leggi.
Questi due articoli stabiliscono lo status giuridico, di rilevanza costituzionale, dei partiti politici riconosciuti. Nel primo è definito il diritto di associazione in partito politico. La specificazione del diritto «di organizzarsi liberamente e democraticamente», mentre col primo avverbio ne stabilisce la libertà, col secondo precisa che possono essere riconosciuti solo quei partiti che abbiano natura e struttura democratica. Infine la determinazione dello scopo distingue i partiti politici dalle altre associazioni ordinarie.
A quei partiti politici, il cui concetto è definito dal primo articolo, i quali si trovino anche nella ulteriore condizione di aver riportato non meno di cinquecentomila voti nelle votazioni politiche, è attribuito dal secondo articolo un particolare status. Per votazioni politiche, si intendono le più recenti che successivamente abbiano avuto luogo. Alle successive votazioni, il riconoscimento sarà confermato, revocato o attribuito, a seconda della nuova distribuzione dei voti. Si è preferito fondare l'attribuzione del particolare status costituzionale dei partiti su questo esclusivo criterio, adottato negli Stati Uniti d'America, per evitare altre forme (ad esempio numero degli iscritti, estensione, finalità) che potrebbero esporre a pericolose ingerenze o ad arbitrarie interpretazioni. Il puro criterio elettorale non dubbio e accertabile senza alcuna difficoltà né incertezza, offre un mezzo non controvertibile di valutare gli organismi politici di maggiore importanza. A questi possono essere affidate funzioni di notevole utilità: così in particolare per l'iniziativa delle modifiche della Costituzione che si vogliono sottoporre al Parlamento, per le azioni a tutela dei diritti civili e politici raffigurandosi in nuove forme specifiche il tradizionale e decaduto istituto dell'azione popolare, per i controlli sulla pubblica espressione del pensiero, a mezzo della stampa e della radio, per il controllo e la partecipazione al procedimento elettorale, e così via. Non potendosi fare in un articolo costituzionale un elenco completo delle attribuzioni affidate ai partiti così riconosciuti, si è preferito il rinvio alla legge, specificandosi tuttavia i casi più notevoli e sin d'ora determinabili delle leggi elettorali e sulla stampa, e della Costituzione, che dei partiti riconosciuti potrà appunto fare menzione nella parte relativa alle modifiche costituzionali e in quelle delle garanzie dei diritti e della Costituzione stessa.
Art. 5.
Chiunque, cittadino o straniero, ritenga di aver subito un abuso da parte dei pubblici poteri della Repubblica, può portarne reclamo innanzi al Parlamento. Al Parlamento può pure essere rivolta petizione da ogni cittadino, per chiedere provvedimenti legislativi o esprimere comuni necessità.
Il Parlamento provvede a norma del proprio regolamento interno.
Si regola qui, nei suoi diversi aspetti, il cosidetto diritto di petizione. Per ciò che concerne la denuncia ai rappresentanti della Nazione di abusi commessi da Organi dello Stato, sembra che sia significativa e approvabile l'estensione di questo diritto a chiunque abbia avuto coi pubblici poteri del nostro Paese rapporti dei quali ritenga di potersi dolere, sia che trattisi di cittadino o di straniero.
Al solo cittadino va invece riconosciuto il tradizionale diritto di petizione, che abbia per contenuto una proposta legislativa o una comunicazione di situazioni di comune interesse, che si vogliano portare innanzi al Parlamento. Quanto a modi nei quali è dato seguito alle petizioni, non è parso che se ne debba far oggetto di norma costituzionale. Ogni vaglia dev'essere rimessa ad organi del Parlamento medesimo, ché altrimenti il diritto in esame sarebbe frustrato. Ciò è implicito nel rimettere al suo regolamento interno le modalità procedurali. In pratica il Parlamento provvederà con l'esame preliminare di una sua Commissione; ed è quindi sua materia regolamentare stabilire le disposizioni concrete.
Art. 6.
Tutti i cittadini sono tenuti alle prestazioni personali allo Stato, per servizio militare o di lavoro.
I cittadini e tutti coloro che producono, scambiano, consumano beni nel territorio della Repubblica e comunque partecipano alla vita della società nazionale, sono tenuti alle prestazioni patrimoniali, per corresponsione di tributi personali e reali, in rapporto alla loro capacità contributiva.
Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non per legge.
Tutti i cittadini sono tenuti alle prestazioni personali allo Stato — o agli enti locali nei quali lo Stato è organizzato — che siano stabilite dalla legge. Alle prestazioni patrimoniali sono tenuti altresì, secondo diritto e ragione, gli stranieri che partecipino alla vita del Paese con loro mezzi, ivi comunque posseduti o prodotti o scambiati o consumati. Con queste norme tradizionali, obbligo delle prestazioni e legalità del vincolo sembra giusto specificare, a presidio del principio di uguaglianza, che le prestazioni patrimoniali abbiano ad essere stabilite in rapporto con la capacità contributiva di ciascuna persona o ente.
Art. 7.
Nessuna prestazione o servizio dello Stato può determinare situazioni di ingiustificato privilegio di fatto a beneficio di singoli o di categorie di cittadini.
Con questa norma si contribuisce all'attuazione dell'uguaglianza nella Repubblica. È necessario perciò che, come le prestazioni dei cittadini allo Stato sono improntate all'uguaglianza e all'uguale sacrificio contributivo, così le prestazioni e i servizi dello Stato non abbiano a creare situazioni di privilegio a favore di singoli o di gruppi di beneficiati. La norma evidentemente non esclude provvedimenti particolari che siano ispirati da particolari necessità cui urga provvedere, ma tende ad evitare che dallo Stato si vengano a creare situazioni di favore destituite di ogni legittima giustificazione, e quindi situazioni di diseguaglianza sostanziale.
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A cura di Fabrizio Calzaretti