[Il 24 gennaio 1947 la seconda Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulla Corte costituzionale.]

Il Presidente Conti dà lettura degli articoli approvati nella precedente riunione e rivisti dal Comitato di redazione.

[...]

Comunica che per l'articolo 7 sono state proposte le due seguenti dizioni:

1°) «Qualora la dichiarazione sia stata pronunciata in via incidentale ha efficacia vincolante per il caso singolo nella prosecuzione del giudizio rimasto sospeso».

2°) «In ogni caso, quando si presenti in un nuovo giudizio la questione dell'applicazione di una legge che sia stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema, il giudice può rifiutarsi di applicarla senza bisogno di sospendere il giudizio».

Personalmente preferisce la prima dizione.

Leone Giovanni, Relatore, chiarisce che nel primo caso l'effetto della dichiarazione di incostituzionalità, in via incidentale, si riferisce al caso concreto. Nel secondo caso, che è conforme al progetto Calamandrei, gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità si estendono anche ai casi nei quali si ripresenti la medesima questione.

Cappi pone in evidenza che ogni questione sarebbe superata, approvando l'articolo 7-bis, da lui proposto e così formulato:

«Pronunziata l'incostituzionalità di una legge, questa cessa di aver vigore. Il Parlamento potrà promuovere o l'abrogazione normale della legge o la revisione della Costituzione».

Ambrosini sarebbe favorevole a limitare l'efficacia della dichiarazione al caso deciso, perché una diversa soluzione, qual è quella proposta nell'articolo 7-bis dall'onorevole Cappi, verrebbe a violare uno dei principî fondamentali di tutto l'ordinamento giuridico moderno, cioè quello della divisione dei poteri.

Bozzi, in relazione all'articolo 7-bis, non comprende quale abrogazione o revisione debba fare il Parlamento se, una volta pronunciata l'incostituzionalità di una legge, questa cessa di avere vigore. Dichiarata nulla una legge, gli sembra che i poteri del Parlamento, in ordine ad essa, siano esauriti.

Il Presidente Conti crede che, formalmente, sia sempre necessaria l'abrogazione da parte del potere legislativo.

Bozzi riterrebbe più giusto stabilire che la Corte costituzionale farebbe una indicazione al Parlamento nel senso di rendergli noto che una determinata legge è incostituzionale. Il Parlamento allora avrà il dovere giuridico e politico di abrogare la legge o modificare la Costituzione. In tal modo, da un lato si salverebbe il principio della divisione dei poteri, e nello stesso tempo si darebbe l'efficacia che merita alla pronuncia della Corte.

Cappi ritiene di aver contemplato nella sua proposta ambedue le possibilità. Di fronte ad una pronuncia di incostituzionalità di una legge, il Parlamento ha davanti a sé due vie: o conformarsi alla decisione, oppure far rivivere, in un certo senso, la legge, mettendo in moto il meccanismo di revisione della Costituzione.

Bozzi rileva che in tal caso sarà necessario modificare la forma dell'articolo.

Leone Giovanni, Relatore, senza dilungarsi in discussioni, ricorda che le Costituzioni estere segnalano a tale proposito varie possibilità. Innanzi tutto vi è la possibilità che la Corte costituzionale emani una pronuncia semplicemente indicativa di incostituzionalità al Parlamento, il quale, in base a questa decisione segnalativa, può abrogare la legge o modificarla. La decisione di incostituzionalità, in questa ipotesi, non opera fin dal momento della pronuncia, e la legge continua ad avere vigore.

Vi è poi la soluzione opposta, per cui la dichiarazione di incostituzionalità opera l'annullamento della legge, o dal momento della pronuncia della sentenza della Corte (o della sua pubblicazione in qualche bollettino) ovvero, con effetto retroattivo, dal momento in cui l'incostituzionalità è stata messa in evidenza. Nell'articolo 8 del suo progetto era appunto prevista questa ultima forma.

In sede di Comitato ha ritenuto di accettare una via intermedia, cioè la formula dell'articolo 7-bis proposto dall'onorevole Cappi, secondo la quale la dichiarazione in via principale della incostituzionalità comporta che la legge da quel momento non abbia più vigore, cioè non sia più vincolante per i cittadini, ma non possa importare un'abrogazione vera e propria dal punto di vista formale. Il Parlamento, di fronte alla pronuncia della Corte, ha due possibilità: abrogazione della legge, nel senso di toglierle anche il residuo crisma formale, ovvero adire le vie per la revisione della Costituzione.

Ambrosini è d'accordo che, più che alla forma si debba guardare alla sostanza. Gli sembra, infatti contraddittorio il sistema in base al quale una legge, pur avendo perso ogni valore in quanto non è più vincolante per i cittadini, conserva però il suo crisma di legge. La situazione diverrebbe ancora più contrastante coi principî generalmente ricevuti nel diritto costituzionale, quando si mettesse il legislatore di fronte all'obbligo: o di abrogare la legge, o di promuovere la revisione della Costituzione, giacché così si imporrebbe un obbligo positivo troppo grave all'organo ordinario che rappresenta il popolo ed esercita una delle funzioni sovrane, ed anzi la preminente funzione sovrana dello Stato. Ad ogni modo, anche a mettersi su questa via, sarebbe meglio adottare un sistema più semplice e coerente, superando qualsiasi pregiudiziale teorica relativa al principio della divisione dei poteri, e dando alla pronuncia della Corte costituzionale la portata logica di dichiarare addirittura la nullità di quella legge che ritenesse contraria alla Costituzione. Altrimenti sarebbe più opportuno limitare l'efficacia della sentenza della Corte al caso deciso.

Cappi osserva che anche in questo caso potrebbe esservi la possibilità di una difformità di giudizi.

Ambrosini risponde che questo inconveniente si verifica anche per i pronunciati della Corte di cassazione.

Leone Giovanni, Relatore, si richiama all'articolo 140 della Costituzione austriaca del 1920, per cui la sentenza con la quale la Corte annulla per incostituzionalità una legge, o una parte della legge, obbliga il Cancelliere federale alla pubblicazione immediata dell'annullamento che entra in vigore dal giorno stesso della pubblicazione.

Ambrosini, riguardo alla Costituzione austriaca che spesso è stata richiamata anche in altre occasioni, osserva che essa era improntata a principî e per qualche punto a preoccupazioni teoriche. Accenna a taluni istituti di essa, ed in particolare rileva la portata di quella parte della Costituzione che considerava la funzione giudiziaria come avente lo stesso carattere sostanziale della funzione amministrativa.

Leone Giovanni, Relatore, rileva che, se si limita la funzione della Corte ad una segnalazione di incostituzionalità, possono anche passare degli anni prima che il Parlamento adotti una qualsiasi decisione nei riguardi della legge. Durante il tempo intercorrente fra il deliberato della Corte costituzionale ed il riesame da parte del Parlamento, la legge continuerà ad avere la sua efficacia, con conseguenti nuove lesioni della Costituzione. Per questo motivo si dovrebbe sentire la necessità che la sentenza della Corte costituzionale per lo meno sospenda l'efficacia della legge. Una tale soluzione non potrebbe ferire la sovranità del Parlamento, che rimarrebbe così libero di adottare la decisione che riterrà più opportuna.

Il Presidente Conti dà lettura del seguente testo dell'articolo 7, presentato dall'onorevole Bozzi:

«La pronuncia di incostituzionalità è comunicata dalla Corte al Parlamento, il quale o abroga la legge o procede alla revisione costituzionale di essa. Sino al momento della deliberazione del Parlamento l'efficacia della legge è sospesa».

Cappi aderisce alla proposta dell'onorevole Bozzi, ritirando il suo articolo 7-bis.

Leone Giovanni, Relatore, concorda con la proposta dell'onorevole Bozzi.

Il Presidente Conti pone ai voti il testo proposto dall'onorevole Bozzi.

(È approvato).

Art. 8. — «La decisione della Suprema Corte che dichiara l'incostituzionalità di una legge è comunicata d'ufficio al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Presidente delle due Camere, affinché sia considerata l'opportunità di procedere in via legislativa alla sua abrogazione o modificazione, ovvero alla modificazione della norma costituzionale contro la quale la legge è in conflitto».

Fa presente che questo articolo in relazione all'approvazione dell'articolo 7 nel testo proposto dall'onorevole Bozzi, deve intendersi superato e pertanto ne propone la soppressione.

(È approvata).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti