[Il 29 maggio 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo quinto della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Le Regioni e i Comuni».
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Cifaldi. [...] È necessario poi precisare e definire che cosa si chiede anche in rapporto alla riforma di cui ci occupiamo. Si dovrà mantenere in vita l'Ente provincia o sopprimerlo? Perché questo è un punto essenziale.
Secondo il progetto, la Provincia scompare come ente autarchico; e non è esatto che la provincia ha così pochi compiti che può scomparire senza lasciare alcun rimpianto.
Già al riguardo noi abbiamo sentito esprimere diverse opinioni. Ci sono coloro che si sono affermati difensori dell'Ente provincia, come, per esempio, l'onorevole Rescigno. Vi è stato invece chi, pur appartenendo al suo Gruppo, come l'onorevole Sullo, ha affermato che la provincia è un ente del quale non si avverte l'esistenza. Vi è stato l'onorevole Einaudi il quale ha affermato che nel suo Piemonte l'Ente provincia non rappresenta qualche cosa di vitale, onde scegliere tra provincia e regione è perfettamente indifferente.
Vi è stato l'onorevole Gullo Fausto, il quale ha affermato che, per quanto riguarda il Mezzogiorno d'Italia, la provincia è un ente che ha lunghe tradizioni, salde radici e rappresenta interessi effettivi.
Sicché vediamo che quando ci avviciniamo all'esame di questo problema, a considerare se cioè questo Ente provincia che comunque sussiste da quasi un secolo e servizi ha reso, debba o meno restare, se cioè questa parte nella Costituzione debba rimanere così come prevista o essere modificata, abbiamo grande perplessità e contrasto di opinioni. Perché non è già che l'Ente Provincia non abbia sostanziali incarichi, non risponda ad esigenze effettive. Non deve solo provvedere alle strade provinciali e agli esposti e ai mentecatti, ma è da aggiungere, come è stato ricordato in questa sede, che ha avuto l'incarico della lotta antitubercolare, di quella antitracomatosa, e la cura per la sanità generale della popolazione, onde sono a lei affidati compiti di grande importanza. Ora supponiamo che l'ente scompaia, che questa provincia non vi sia più come ente autarchico, che rimanga semplicemente come un ente burocratico, al quale possono venire affidati dei compiti e degli incarichi da parte dell'ente regione, e allora noi vediamo che la situazione di tutti i componenti la popolazione di ogni regione, delle singole province che compongono una regione, viene ad essere singolarmente ed effettivamente aggravata, rimanendo evidente l'osservazione dell'onorevole Rescigno, che un cittadino il quale dovesse chiedere il ricovero di un mentecatto o il ricovero di un esposto in un brefotrofio, dovrebbe portarsi al capoluogo di regione, capitale di questo ente. Né è fondato il diniego che veggo fare dall'onorevole Persico. Mi permetta osservare l'onorevole Persico che l'ente provincia così come previsto dall'articolo 107 del nostro progetto di Costituzione non è un ente autarchico, ma rimane un ente semplicemente amministrativo, un ente cioè di esecuzione di deliberazioni prese dall'Ente regione, senza potestà deliberativa, onde né l'ente provincia così come previsto e neanche la Giunta provinciale mi pare abbiano facoltà alcuna a provvedere e deliberare per le ipotesi prospettate.
Si suggerisce di provvedere colla possibilità di deleghe, come dice l'onorevole Persico, ma in questa maniera è facile osservare che praticamente rimane in vita l'Ente provincia, perché se l'Ente provincia, per virtù di delega, può provvedere a tutto quanto provvede oggi, non avremo che una duplicazione di poteri, non avremo che un ente regione e un ente provincia, i quali dovranno esplicare gli stessi incarichi ed adempiere le stesse mansioni. Si creerà una nuova e vasta formidabile burocrazia.
E sia consentito osservare che il problema non è di scarsa importanza anche su questo punto. Mi pare che nessuna traccia sia rimasta nei lavori preparatori per quanto riguarda il modo di poter finanziare l'ente regione, in che maniera poter provvedere alle sue esigenze, alle esigenze strutturali di esso, onde se rimane e dovrà rimanere l'ente provincia, come da tante parti d'Italia è invocato e come è stato chiesto in un congresso tenutosi a Firenze, noi avremo che la burocrazia crescerà del doppio.
Troveremo che per poter provvedere a tutte le materie di grande importanza di cui all'articolo 109, 110 e 111 bisognerà creare veri e propri ministeri, perché non è possibile pensare che in materie che vanno dall'energia elettrica alla beneficenza alla polizia locale e così via, si possa provvedere con funzionari di poca o minima preparazione; bisognerà provvedere invece con una struttura la quale costituirà nella capitale di ciascuno di questi piccoli Stati dei veri e propri ministeri.
Conti. Capoluogo, non capitale.
Cifaldi. È quasi una capitale.
Conti. Non gonfiamo.
Cifaldi. Non si tratta di gonfiare, ma di osservare con la maggiore obbiettività. È un problema che non investe principî di carattere etico, ma d'indole amministrativa. Si tratta di osservare se è possibile che un ente il quale debba provvedere (art. 109) alla polizia locale, alle fiere, ai mercati, alla beneficienza pubblica, alla scuola artigiana, alla urbanistica, alle strade, agli acquedotti, ai lavori pubblici, ai porti lacuali, alla pesca nelle acque interne di carattere regionale, alle torbiere, cioè a una vasta legislazione primaria che non solo deve tener conto della legislazione dorsale della Nazione, ma altresì delle altre 21 legislazioni le quali si andrebbero formando (ed io mi auguro che non si formeranno) possa ciò fare senza dei veri Ministeri.
Per quanto riguarda poi le materie dell'articolo 110 e cioè ancora legislazione primaria: assistenza ospedaliera, istruzione tecnico-professionale, biblioteche di enti locali, turismo ed industria alberghiera, agricoltura e foreste, cave, caccia, acque pubbliche ed energia elettrica, acque minerali e termali, tramvie, linee automobilistiche regionali, bisognerà evitare che vi possano essere dei contrasti con le legislazioni delle altre regioni (chiamiamole così, per adesso) e quindi la necessità, inevitabile, di veri e propri ministeri che dovrebbero avere funzionari e competenti per le varie branche che ho elencato. Che dire poi della legislazione di integrazione di cui all'articolo 111? E per tornare al punto circa la provincia, se si lascia la provincia, modificando il progetto, si crea una duplicazione, perché resterà la provincia come ente delegato e avrà perciò tutti i poteri che dovrà avere la regione. Resterà la provincia con poteri inferiori e minori? Bisognerà indicarlo. Non vi sarà addirittura provincia, mantenendo il progetto così come è stato redatto? Avremo quegli inconvenienti gravi che mi sono permesso di ricordare e sui quali ci si potrebbe soffermare a lungo.
Ma quando guardiamo la regione così come è stata costituita nel progetto stesso, viene fatto di affermare che in quella maniera veramente scompaiono le province, e gli interessi delle singole province vengono trascurati e soffocati, non protetti. Consentite che io faccia il semplice ricordo della Campania alla quale appartengo per essere di Benevento e che affermi come veramente sia difficile pensare, ritenere e credere che, quando le province di Benevento, di Avellino, di Caserta, di Salerno e di Napoli siano unite in un solo ente regionale, gli interessi di ciascuna di esse vi possano venir equamente tutelati e che i bisogni, le speranze, le aspirazioni di queste province, possano veramente essere attuate e ci possa essere in questo nuovo ente la vis necessaria a creare nuove energie e valorizzare quelle latenti.
Ritengo di potere affermare, senza tema di smentita, che saremmo di fronte ad un vero e proprio assurdo.
Ad esempio, la provincia di Napoli ha un milione e settecento mila abitanti, ammontare che le altre province della Campania insieme (Salerno, Benevento, Avellino e Caserta) superano di poco; cosicché, quando una di queste quattro province minori andrà a chiedere al Consiglio regionale una strada, un acquedotto, un ospedale, si troverà contro le maggiori esigenze del capoluogo o della capitale di questo piccolo Stato.
Ritengo che questa preoccupazione, che io manifesto per la Campania, esista anche per altre regioni. Del resto, abbiamo la riprova nell'esperienza del Provveditorato per le opere pubbliche. Non è un ente a carattere regionale: il Provveditorato dipende dal Ministero dei lavori pubblici. Eppure, si sono verificate gravissime pretermissioni in danno delle piccole province. Per restare alla Campania, queste hanno dovuto competere, per la ripartizione delle somme assegnate dal Ministero alla Campania, con la città e provincia di Napoli; ed hanno trovato in esse non già incomprensione o ostilità, ma esigenze più dirette ed immediate e non hanno potuto resistere a cogenze, che venivano da agitazioni popolari di masse di disoccupati; il Provveditorato, pressato dal prefetto di Napoli e anche da ministri, ha dovuto cedere a quelle esigenze onde le somme, che dovevano essere ripartite fra le varie province, sono state in gran parte assorbite dal capoluogo della regione.
Cosa accadrà, quando ci troveremo dinanzi al Parlamento regionale, nel quale il numero dei rappresentanti delle piccole province sarà esiguo nei confronti dei rappresentanti della provincia più grande?
Bisognerebbe pensare e sperare in una coalizione delle piccole, per poter pareggiare la forza della provincia, che fa cerchio intorno al capoluogo.
È preoccupazione grave, gravissima; ne avete avuta eco in quest'aula nei giorni scorsi. Avete visto in che modo ciascun rappresentante politico interpreta gli interessi della propria zona, a proposito di questo ente.
L'onorevole Rescigno chiedeva che Salerno venisse staccata dalla Campania, per formare una nuova regione con Avellino. L'onorevole Sicignano, della stessa zona di Salerno, si opponeva a questo concetto.
E per quanto riguarda Avellino, l'onorevole De Mercurio, di parte repubblicana, e l'onorevole Vinciguerra, di parte socialista, si sono opposti vivamente.
Vedete che questa composizione in una regione, che poteva far pensare ad una certa organicità, viene ad essere negata da coloro che vi vivono.
Persico. È campanilismo.
Una voce. È realtà.
Cifaldi. Vedete come nell'austerità e nella serenità di quest'aula, ritorna tremendo il problema, che io sottopongo alla vostra attenzione, perché vedete che ancora un altro deputato, per esempio di Avellino, l'onorevole Preziosi, insorge contro la affermazione di campanilismo dell'onorevole Persico.
Persico. Risolvete, se riuscite. È tutto qui: vedere se è meglio risolvere sul luogo o qui.
Cifaldi. Sono molto onorato della sua interruzione. Ma che significa?
Mi sono permesso di dire, che secondo il mio avviso, bisogna giungere a un decentramento amministrativo con gli enti che ci sono, non creare un ente nuovo, il quale non è un ente di decentramento amministrativo inteso nel concetto istituzionale, ma costituisce veramente, propriamente, la creazione di uno Stato federalistico, composto di più province, (Rumori) per ciascuno di essi.
A cura di Fabrizio Calzaretti