[Il 14 novembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulla organizzazione costituzionale dello Stato.]
Il Presidente Terracini apre la discussione sul problema della suddivisione territoriale dello Stato e della conservazione o meno della Provincia come ente autarchico.
Fuschini domanda al Relatore da chi sarà nominata la Giunta che, a norma dell'ultimo comma dell'articolo 17 sarà istituita in ogni circoscrizione provinciale, e quali saranno i compiti ad essa attribuiti.
Ambrosini, Relatore, fa presente che in seno al Comitato non fu possibile raggiungere un accordo circa il sistema di nomina di tale Giunta. Ricorda che, dopo la decisione di sopprimere la Provincia come ente autarchico e di mantenerla come circoscrizione amministrativa di decentramento regionale, fu decisa la istituzione di tale Giunta al fine di non lasciare gli uffici provinciali nelle mani di elementi soltanto burocratici, ma di affiancare a questi degli esponenti nominati o designati da corpi elettivi, che ne coordinassero l'attività. Il dissenso nacque sul modo di costituire la Giunta. Alcuni sostenevano che dovesse essere composta di delegati dei Comuni; altri invece che dovesse esser nominata dall'Assemblea regionale per la considerazione che la Provincia è mantenuta in funzione di decentramento regionale; egli a sua volta propose, per conciliare le opposte tendenze, un sistema misto. Ma su questo punto non poté formarsi una maggioranza.
Fa poi presente che, per rispondere esaurientemente al secondo quesito posto dall'onorevole Fuschini circa i compiti che alla Giunta provinciale saranno affidati, sarebbe necessario anzitutto aver determinato quali saranno i pubblici servizi che verranno ad assumere un carattere di continuità nell'ambito della circoscrizione provinciale. Aggiunge che ciò è in relazione, sia con la soluzione concreta che si vorrà dare al disposto dell'articolo 6, nel quale si parla delle funzioni amministrative della Regione non solo nelle materie di propria competenza legislativa, ma anche nelle altre materie che dallo Stato verranno delegate ad essa per l'esecuzione; sia con quanto stabilisce l'articolo 24, il quale prevede che il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni, avverrà mediante decreti del Presidente della Repubblica per ogni ramo della pubblica amministrazione.
Ad ogni modo, dichiara che il Comitato ha ritenuto che non fosse ora il caso di affrontare e risolvere i vari problemi in tutti i loro particolari e che bastasse affermare nella Costituzione i principî fondamentali. I particolari potranno esser determinati nella legge che regolerà organicamente la complessa materia.
Conclude facendo rilevare l'importanza che nell'economia della riforma verrebbe ad assumere la suddetta Giunta. È principalmente con la sua istituzione che sarà evitato il pericolo che, mentre si procede ad un decentramento dell'amministrazione dello Stato, si vada a costituire un accentramento regionale.
Targetti rileva anzitutto che la costituzione delle Giunte — sulla cui necessità tutti i componenti del Comitato furono concordi — dà luogo ad una costruzione assai imperfetta, in quanto, nel caso in esame, viene a mancare l'Assemblea deliberante, di cui normalmente una Giunta è il corpo esecutivo.
Crede che le varie ragioni che hanno determinato la proposta di abolire la Provincia possano sintetizzarsi in una sola, e cioè nella superfluità di tale ente, in conseguenza del sorgere del nuovo ente Regione. Non è, personalmente, di tale parere, perché ritiene che la coesistenza dei due enti risulti possibile, sia per considerazioni storiche, sia perché la Regione nasce sottraendo attribuzioni allo Stato e non già alla Provincia. Non trova, quindi, convincenti le ragioni addotte a sostegno della soppressione della Provincia; mentre ricorda le ragioni favorevoli alla sua conservazione; a parte quelle di carattere storico, sono tutte le altre che fanno della Provincia un ente naturale, di cui è riconosciuta l'armonicità in tutti i campi, nelle tradizioni, cioè, nelle abitudini, nel linguaggio, nell'abito mentale degli abitanti, nell'industria e nel commercio, e financo nella costituzione geologica del territorio.
La conservazione della Provincia eviterebbe l'inconveniente accennato da ultimo dal Relatore e cioè la creazione di un nuovo accentramento: infatti, creando la Regione ed abolendo la Provincia, mentre si tenderebbe a ridurre, col decentramento, al minimo gli inconvenienti della burocrazia, non si farebbe altro che sostituire alla burocrazia statale altrettante burocrazie regionali, attraverso le quali si darebbe origine ad un accentramento nuovo, non più sopportabile di quello passato che si era reso oltremodo opprimente.
Il mantenimento della Provincia d'altra parte, potrebbe calmare il disappunto di tutti quegli enti i cui voti o desideri, pur fatti presenti, non sono stati accolti, e se ne avvantaggerebbe la Regione stessa, sorgendo così in un clima più sereno e più sgombro da contrasti.
Conclude affermando che il riformatore più audace non deve avere incertezze nel distruggere ciò che è dannoso, ma deve procedere ponderatamente quando si tratta di demolire istituzioni la cui conservazione può essere utile.
Zuccarini dichiara che coloro che sono favorevoli alla soluzione regionale non hanno mai pensato di fare della Regione l'unico organo rappresentativo degli interessi particolari. Al contrario, in tutti è stata viva la preoccupazione di costituire fra Comuni e Regione organi intermedi, attraverso i quali gli interessi locali potranno far pervenire la loro voce all'ente Regione. Non ci fu dissenso su questo; il dissenso invece sorse quando si trattò di stabilire quali devono essere questi organi e come devono formarsi.
Secondo lui tali organi intermedi non debbono essere creati arbitrariamente o dettati dall'alto (cosa che in passato poteva dirsi per le Province) ma dovranno formarsi naturalmente, secondo gli interessi della popolazione, la quale dovrà avere la possibilità di manifestare il suo intendimento di far parte di un determinato raggruppamento perché lo trova più conveniente, così come i cittadini trovano conveniente recarsi in una città piuttosto che in altra di una data zona per curarvi i loro interessi. Gli organi intermedi dovrebbero, a suo avviso, essere di due specie: l'uno, che chiamerà di «vicinanza», che unisca i comuni esistenti in un raggio più ristretto; l'altro che costituisca un raggruppamento più grande, che potrebbe anche trovare sede negli attuali capoluoghi di Provincia.
Fa subito rilevare che tali organi, che non dovrebbero avere una propria autonomia, assicurerebbero il collegamento fra il Comune e la Regione, ed avrebbero lo scopo di portare a conoscenza e alla risoluzione della Regione i problemi di Comuni o gruppi di Comuni. A tale proposito dichiara che non è nel suo intendimento di sopprimere il concentramento statale per creare poi quello regionale, tanto vero che, in sede di Comitato, ha manifestato il suo aperto dissenso circa la creazione di circondari come organi decentrati della Regione.
Segnala due sistemi che, a suo parere, si potrebbero seguire per la nomina dei componenti di questi organi: la nomina da parte dei Comuni che compongono questi circondari, oppure — specie se si addivenisse come spera, per la elezione dei deputati regionali, ad un sistema di circoscrizioni elettorali più ristrette, corrispondenti ai circondari — delegando ai deputati regionali eletti in quel determinato circondario il compito di funzionare anche come rappresentanza più ristretta degli interessi dello stesso circondario.
Ritiene che, dal momento che si pensa di fare della Regione un organo di decentramento, con attribuzioni limitate e con una rappresentanza in esso dello Stato, il mantenimento della Provincia non costituirebbe altro che l'aggiunta di un nuovo organo, ciò che renderebbe in definitiva più difficile la soluzione del problema del decentramento (non bisogna dimenticare infatti il pericolo di un eccessivo sviluppo della burocrazia!) e complicherebbe il sistema che ora si vuole perfezionare, compromettendo i risultati e l'esistenza stessa dell'organo che in questo momento si sta creando.
Concludendo, manifesta il suo parere assolutamente contrario alla conservazione, come ente autonomo, della Provincia, la quale, così come è ora costituita, resterebbe quella costruzione artificiosa, che dal punto di vista amministrativo non ha assolto ai suoi compiti e non corrisponde esattamente agli interessi delle popolazioni.
Nobile, a parte il fatto che, se errori si sono potuti commettere nella formazione delle province, sarebbe sempre possibile rimediarvi, ritiene che il problema non sia tanto quello di fare una revisione delle circoscrizioni provinciali, quanto quello di considerare l'opportunità della conservazione della Provincia come ente autarchico.
Rileva una contraddizione nella quale, a suo avviso, cadono i regionalisti, i quali sostengono che la creazione delle Assemblee regionali renderà possibile una maggiore partecipazione del popolo italiano alla vita pubblica, ma dimenticano poi che, con la soppressione della Provincia, si aboliscono i Consigli provinciali, i quali, per quanto ristretti, costituiscono pure un mezzo per far partecipare il popolo alla vita politica.
Ritiene poi che non si debba dire troppo male della burocrazia, la cui corruzione odierna rispecchia la corruzione di tutta la vita anche politica del Paese, ed è perciò un fatto contingente al quale si potrà rimediare.
Dichiara quindi di essere favorevole alla coesistenza dell'ente Provincia, accanto all'ente Regione che si sta ora creando.
Laconi dichiara di non essere d'accordo con i colleghi che l'hanno preceduto. Afferma che il nuovo ente si crea per rimediare ad alcune deficienze dell'organizzazione centralistica dello Stato italiano, non solo, ma anche per basare la nuova struttura organica della vita pubblica italiana su una unità più vasta di quello che non sia la Provincia.
Rispondendo all'onorevole Targetti, osserva che l'ente Regione trae le sue attribuzioni in parte dello Stato, ma in parte anche dalla Provincia.
Non ha nulla da eccepire circa l'opportunità di conservare le province e gli organi atti a rimediare a determinate deficienze; ma fa presente che la mancanza, la quale potrebbe essere molto sentita, di un centro provinciale di interessi, di mercato, nel quale poter sbrigare pratiche burocratiche, non porta alla necessaria conseguenza di conservare la Provincia come organo autonomo. Già oggi la Provincia svolge funzioni assai limitate, e si può affermare che ben pochi si accorgono dell'esistenza di un ente autarchico territoriale chiamato Provincia. Non a torto si è detto che questa è una creazione artificiale, ed il fatto stesso che si sia affermata l'esigenza dell'ente Regione esclude la necessità della Provincia.
Conclude dichiarandosi contrario a che la Provincia sia inserita, nell'articolo 1°, il quale riguarda soltanto gli enti che abbiano una rilevanza costituzionale, senza tuttavia escludere la possibilità di considerare gli attuali capoluoghi di provincia come città in cui si trovino uffici decentrati della Regione.
Castiglia ricorda, che la diversità di vedute in merito alla conservazione della Provincia si palesò già in seno al Comitato; ed egli fu tra i deputati di minoranza che si dichiararono per la conservazione della Provincia come ente autarchico, non vedendo ragione per sopprimerla.
Mentre concorda pienamente con le considerazioni dell'onorevole Targetti, non può condividere quelle dell'onorevole Zuccarini, che gli sembrano inspirate soprattutto dalla preoccupazione dell'innovazione ad ogni costo. La Provincia ha dimostrato in passato di saper dare ottime prove di capacità amministrativa e di essere utile agli interessi del Paese.
Circa la suddivisione — della cui necessità lo stesso onorevole Zuccarini si rende conto — della Regione in circoscrizioni raggruppanti un certo numero di comuni, osserva che, dal momento che questo raggruppamento già esiste nella Provincia e funziona da lunghissimo tempo, ogni diversa suddivisione del territorio regionale in circondari, mandamenti o altre circoscrizioni, non avrebbe che il risultato di complicare le cose e di creare nuove difficoltà.
Ritiene poi che agli inconvenienti, ai quali alcuni oratori hanno fatto riferimento, sostenendo l'opportunità di sopprimere la Provincia, sia facile porre riparo e che ad ogni modo non siano tali da infirmare il fatto storico che la Provincia è un aggruppamento naturale e spontaneo di centri minori attorno ad uno maggiore, per cui da provincia a provincia si notano evidenti diversità di dialetto, di usi commerciali e di altre caratteristiche, soprattutto etniche. Conservando alle province soltanto la caratteristica di organi di decentramento amministrativo nell'ambito della Regione, sforniti di ogni capacità di rappresentanza di interessi locali distinti, si intenderebbe sopprimere la Provincia come ente autarchico per realizzare un decentramento amministrativo, senza per altro raggiungere l'intento, perché in fatto nessuno degli uffici attualmente esistenti nei capoluoghi di Provincia sarebbe abolito. Che se, in luogo dell'attuale suddivisione per province, si effettuasse una diversa suddivisione per circondari od altre circoscrizioni territoriali più ristrette della Provincia, si creerebbero altrettante burocrazie, con un effetto esattamente contrario a quello che si dice di voler ottenere.
Per queste ragioni e per le altre esposte dai colleghi che condividono la sua opinione, voterà a favore dell'emendamento proposto all'articolo 1, che prevede la suddivisione del territorio nazionale in Regioni, Province e Comuni, con la riserva di esaminare successivamente la formulazione dell'articolo 17 del progetto.
Lussu è d'avviso che l'argomento in discussione acquisti una grande rilevanza, ove si consideri la ripercussione che la soppressione o meno della Provincia avrà inevitabilmente sulla Regione, così come è stata concepita. Non nasconde le sue preoccupazioni per quanto è stato detto dall'onorevole Targetti; e questo lo induce a pensare che molti siano ancora coloro i quali non vedono il problema della Provincia nella sua realtà.
Sulla soppressione della Provincia come circoscrizione amministrativa (prefetture) tutti sono concordi. La Provincia come ente autarchico territoriale si riduce a ben poca cosa, essendo le sue competenze limitate alle strade provinciali, ai brefotrofi ed ai manicomi. È rimasto, quindi, sorpreso nel riscontrare in un recente discorso tenuto dall'onorevole Einaudi in Piemonte, molte riserve a proposito dell'istituzione della Regione, che ritiene contrastanti con l'atteggiamento dallo stesso oratore tenuto precedentemente in seno alla Sottocommissione. In realtà la soppressione della Provincia come ente autarchico e la sua trasformazione, nei modi e nei termini che saranno successivamente studiati, non porterà alcun danno alla vita politica ed amministrativa del Paese.
Fa presente l'opportunità di combattere la tendenza, manifestatasi in qualche settore dell'opinione pubblica, a considerare la soppressione della Provincia quasi come una diminutio per gli attuali capoluoghi, perché questi, pur sopprimendosi l'ente Provincia, manterranno la loro importanza economica, commerciale ed anche amministrativa, in quanto in queste località continueranno ad avere la loro sede i Tribunali, le Intendenze di finanza, gli enti militari e tutti gli altri istituti, mentre soltanto i problemi relativi alle strade e pochi altri passeranno dalla competenza della Provincia a quella della Regione.
Dichiara di essere stato fautore in seno al Comitato dell'opportunità di creare una circoscrizione intermedia fra la Regione ed il Comune, il distretto, ad esempio, o come altri dice, il circondario (non crede sia il caso di fare questione di terminologia): questa circoscrizione dovrà avere un carattere naturale, risultante da una convergenza di interessi e dovrà avere il diritto di mandare i suoi rappresentanti all'Assemblea regionale.
Con la soppressione della Provincia si otterrà inoltre il vantaggio di una sburocratizzazione, che definisce necessaria ed indilazionabile, e non, come teme l'onorevole Targetti, un appesantimento della burocrazia, che è incompatibile con l'esistenza di circoscrizioni naturali.
Il Presidente Terracini, riassumendo la discussione, pone in rilievo che due sono i punti in discussione: il mantenimento della Provincia come ente autarchico o la sua soppressione e conseguente trasformazione in altro ente considerato come centro di servizi. Ove sia approvata quest'ultima soluzione, il problema verrà nuovamente in discussione nel corso dell'esame dell'articolo 17.
Dà lettura delle due proposte presentate che costituiscono emendamento di quella del Comitato. La prima: «Il territorio dello Stato è ripartito in Comuni, Provincie e Regioni» è dell'onorevole Bozzi; la seconda: «Il territorio della Repubblica è ripartito in Regioni, Provincie e Comuni» degli onorevoli Tosato, Fuschini, Mannironi, De Michele, Cappi e Codacci Pisanelli.
Bozzi, allo scopo di unificare le due proposte sostanzialmente identiche, modifica il suo emendamento, sostituendo alle parole «territorio dello Stato» le altre «territorio della Repubblica».
Tosato in seguito all'andamento della discussione che si è svolta, ritira la sua proposta, la quale, senza pregiudicare la questione circa l'opportunità di considerare o meno la Provincia un ente autarchico, mirava a garantire la Provincia come circoscrizione del territorio dello Stato.
Il Presidente Terracini ricorda poi la proposta dell'onorevole Conti, così formulata: «Il territorio della Repubblica è ripartito in Regioni e Comuni. Le Provincie sono circoscrizioni amministrative di decentramento regionale»; e fa osservare che il presentatore ha tenuto conto dell'osservazione fatta da vari colleghi circa l'opportunità di considerare la Provincia come un organo già esistente, salvo a precisarne poi la figura.
Metterà prima in votazione l'emendamento Bozzi: ove questo non sia approvato metterà in votazione la proposta Conti, che accetta il principio adottato dal Comitato con un'aggiunta che serve a soddisfare esigenze di altro ordine.
Conti dichiara di aver presentato tale proposta allo scopo di precisare — in contrapposto a quella presentata dall'onorevole Tosato — che la Provincia è un ente di decentramento amministrativo.
Laconi ricorda l'emendamento, da lui presentato, che considera particolarmente la questione delle Regioni autonome.
Il Presidente Terracini è del parere che della proposta dell'onorevole Laconi, il quale ritiene che certe regioni abbiano una figura tipica e differenziata, tale che debba essere messa in evidenza anche nel primo articolo, si possa parlare in seguito.
Mette in votazione la formula proposta dall'onorevole Bozzi:
«Il territorio dello Stato è ripartito in Comuni, Provincie e Regioni».
Piccioni dichiara di votare contro, perché questa formula, per il modo come è redatta, pone la Provincia sullo stesso piano della Regione e del Comune. Voterà invece a favore dell'ordine del giorno Conti.
La Rocca voterà contro, in quanto la proposta Bozzi fa anche della Provincia un ente autarchico.
Fabbri voterà pure contro, perché ritiene che il criterio dell'autonomia debba essere tenuto distinto da quello dell'adempimento dei servizi. Fa presente che la Provincia oggi non ha autonomia che per limitati oggetti (strade, brefotrofi, manicomi) i cui problemi sono suscettibili di risoluzione in sede più larga, come quella rappresentata dalla Regione che, secondo il progetto, dovrà avere una base di almeno 500.000 abitanti. I Parlamenti regionali, non solo per le strade, i brefotrofi e i manicomi, ma per un'infinità di altri servizi potranno deliberare in modo autonomo, nell'ambito della legge nazionale e, con ogni probabilità, la sede burocratica dei servizi locali coinciderà con quella degli attuali capoluoghi di provincia.
Lussu dichiara di votare contro la proposta Bozzi.
Lami Starnuti voterà contro, perché non è favorevole al mantenimento della Provincia come ente autarchico.
Voterà invece a favore dell'aggiunta proposta dall'onorevole Conti, la quale non fa che spostare all'articolo 1 quello che è detto all'articolo 17.
Nobile dichiara pure di votare contro.
Tosato dichiara di votare contro la formula Bozzi ed a favore di quella dell'onorevole Conti, che risponde all'esigenza alla quale si ispirava la sua propria proposta.
Si riserva di insistere, quando verrà in discussione l'articolo 17, circa l'opportunità di rendere la Giunta elettiva.
Fuschini voterà a favore della proposta dell'onorevole Bozzi, perché ritiene che il mantenimento della Provincia come ente autarchico, invece di danneggiare la Regione, possa giovarle.
Mannironi si asterrà dalla votazione, riservandosi di precisare il suo pensiero in sede di discussione dell'articolo 17.
(Non è approvata).
Laconi chiede che la proposta dell'onorevole Conti venga messa in votazione per divisione perché egli, pur non essendo contrario a quanto dispone nella seconda parte, ritiene che essa accenni ad una questione che non ha rilevanza costituzionale.
Quanto alla sua proposta: «Il territorio della Repubblica è ripartito in Regioni, Regioni autonome e Comuni», accetta che sia discussa in sede di articolo 2, con la riserva che, se la questione verrà risolta in senso favorevole alla sua tesi, si modificherà conseguentemente l'articolo 1, introducendovi il concetto in essa contenuto.
Il Presidente Terracini concorda con l'onorevole Laconi.
Ambrosini, Relatore, chiede che, eliminato l'emendamento Bozzi, sia posto in votazione il testo del progetto, salvo a passare poi all'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Conti.
Il Presidente Terracini pone in votazione la formulazione dell'articolo 1 nel testo proposto dal Comitato:
«Il territorio della Repubblica è ripartito in Regioni e Comuni».
(È approvata).
Invita la Sottocommissione a pronunciarsi sul comma aggiuntivo proposto dall'onorevole Conti:
«Le Provincie sono circoscrizioni amministrative di decentramento regionale».
Fabbri domanda se con ciò si intendano limitare le circoscrizioni amministrative alle sole Province, escludendo altre circoscrizioni che, ai fini di altri servizi statali, esistono nel territorio nazionale, come dipartimenti, distretti, circondari, ecc.
Il Presidente Terracini spiega che la redazione della Costituzione deve rispondere alle domande che sono implicite nella opinione popolare come, ad esempio, quella concernente la questione delle Province, mentre non è necessario che consideri le altre circoscrizioni, delle quali nessuno si occupa.
Mortati pone in rilievo l'importanza dell'osservazione dell'onorevole Fabbri perché, se il testo non fosse chiarito nel senso da lui domandato, si potrebbe pensare che non esistano altri modi di decentrare le funzioni delle Regioni. Mentre è favorevole alla proposta Conti, si riserva di parlare in seguito circa altre possibilità di decentramento.
Ambrosini, Relatore, ricorda che l'articolo 6 prevede una futura legge che si occuperà del decentramento.
Il Presidente Terracini avverte che l'emendamento Conti — nel testo proposto originariamente — non faceva altro che ripetere la stessa frase contenuta nel primo comma dell'articolo 17. La Sottocommissione, come è naturale, nel successivo sviluppo del suo lavoro, terrà conto delle nuove posizioni raggiunte, e perciò, quando si discuterà l'articolo 17, non mancherà di uniformare la dizione del primo comma a quella ora posta ai voti, sempre che risulti approvata.
Pone in votazione l'aggiunta proposta dall'onorevole Conti:
«La Provincia è una circoscrizione amministrativa di decentramento regionale».
(È approvata).
Dà quindi lettura dell'intero articolo primo così come è stato approvato dalla Sottocommissione:
«Il territorio della Repubblica è ripartito in Regioni e Comuni. La Provincia è una circoscrizione amministrativa di decentramento regionale».
A cura di Fabrizio Calzaretti