[Il 10 gennaio 1947, nella seduta antimeridiana, la seconda Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul potere giudiziario.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 112 per il testo completo della seduta.]

Calamandrei, Relatore, considera il Pubblico Ministero come un magistrato, che deve agire secondo il principio della legalità. Se sono in suo possesso elementi che possano condurre all'accertamento di un reato, deve procedere senza astenersene per qualsiasi ragione.

Pertanto il Pubblico Ministero non è funzionario amministrativo, ma, come ha già detto, un magistrato, e deve godere dei requisiti dell'indipendenza e della inamovibilità, vecchia aspirazione dei magistrati a garanzia di libertà e di legalità.

[...]

[Per la parte seguente, il testo completo della seduta è riportato nelle appendici, nella sezione relativa agli argomenti non entrati in Costituzione.]

Leone Giovanni, Relatore. [...] Innanzitutto occorre parlare chiaramente dell'inamovibilità, anche perché è una recente conquista del Pubblico Ministero in base al decreto Togliatti. Bisogna quindi stabilire se l'inamovibilità resta o vien limitata soltanto per i giudici.

[...]

Mannironi afferma che, nel silenzio della Costituzione, dovrebbe rimanere implicito il concetto che il Pubblico Ministero è un magistrato dell'ordine giudiziario e gode di tutte le prerogative dei giudici ordinari.

Leone Giovanni, Relatore, risponde che tale concetto è implicito, quando si afferma che il Pubblico Ministero è inamovibile e che il Consiglio Superiore della Magistratura governa l'ordine giudiziario.

[...]

Ambrosini rileva che, una volta stabilito che il Pubblico Ministero è un magistrato, ne consegue che gli spettano tutte le garanzie proprie dei magistrati; salvo che, con altra disposizione, si deroghi espressamente al principio generale.

Non vede quindi la necessità di tornare sull'argomento nel testo costituzionale, come pure non ritiene opportuno che nella Costituzione si specifichino le funzioni del Pubblico Ministero, sia riguardo alla istruzione sommaria, sia riguardo alla direzione della polizia giudiziaria. È questa una materia che va disciplinata in una legge organica fondamentale, non nella Costituzione.

[...]

Castiglia, Relatore, per queste ragioni ritiene che si debba parlare del Pubblico Ministero nella Costituzione. Dichiara poi che il suo gruppo è contrario a che il Pubblico Ministero sia considerato quale organo del potere esecutivo.

Ambrosini propone di dire espressamente che è un magistrato e che quindi gode delle garanzie di cui godono gli altri magistrati.

Laconi crede sia un errore voler considerare il Pubblico Ministero come un organo del potere esecutivo, secondo sostiene l'onorevole Leone, o un magistrato ordinario, secondo un'altra tendenza; si tratta invece di un organo che ha un doppio carattere. È organo del potere esecutivo, in quanto promotore dell'azione penale, e conferisce alla pubblica accusa tutti i crismi della legalità; né possono esservi preoccupazioni sulla legalità della sua azione, in quanto si tratta di un magistrato, che gode in pieno delle garanzie della Magistratura e, in primo luogo, della inamovibilità.

Occorre quindi studiare come conciliare i due caratteri; mantenere la figura del magistrato, con le garanzie relative, e porlo sotto l'alta direzione del Ministro, dandogli la figura di rappresentante del potere esecutivo.

In merito alla pregiudiziale, il suo parere è che se ne possa tacere, se si vuol considerarlo o come magistrato o come rappresentante del potere esecutivo, ma che se ne debba parlare se gli si riconosce un duplice aspetto.

[...]

Calamandrei, Relatore, per la tesi dell'appartenenza del Pubblico Ministero alla Magistratura e quindi alla sua equiparazione ai magistrati giudicanti, ritiene sufficiente l'articolo 4 votato nella seduta precedente, il quale parla dei magistrati delle varie categorie e non dei giudici; e ancor più l'articolo 23, il quale stabilisce che l'inamovibilità è concessa anche al Pubblico Ministero.

Leone Giovanni, Relatore, osserva che se prevalesse la sua tesi, l'inamovibilità sarebbe approvata soltanto per il giudice e non per il Pubblico Ministero.

Ambrosini prega l'onorevole Leone di non insistere sulla proposta di considerare il Pubblico Ministero come organo del potere esecutivo.

Conviene che quella del pubblico ministero è una figura complessa e ritiene sufficiente per ora ribadire il concetto che il pubblico ministero è un magistrato.

Leone Giovanni, Relatore, insiste nella sua proposta, che rappresenta uno degli elementi principali del suo sistema.

Cappi, pur essendo del parere che nella Costituzione non se ne debba parlare, poiché la maggioranza sembra di parere opposto, propone il seguente articolo:

«Il Pubblico Ministero fruisce di tutte le garanzie dei magistrati.

«Il Ministro della giustizia ha la vigilanza sull'ufficio del Pubblico Ministero e può eccitarne l'azione».

Il Presidente Conti osserva come l'onorevole Leone abbia esposto tutte le preoccupazioni del penalista, ma, per suo conto, non ritiene opportuno mettere troppi particolari nella Costituzione: nella Costituzione devono essere fissati solo dei principî generali.

Leone Giovanni, Relatore, crede che dicendo che il pubblico Ministero fa parte della Magistratura, il problema sarebbe risolto.

Il Presidente Conti risponde che sarebbe risolto solo in parte, perché un Codice di procedura penale potrà sempre dare delle norme per le quali il Pubblico Ministero sia agganciato in qualche modo al potere esecutivo. Ricorda che molti artifici sono stati adoperati per valersi del Pubblico Ministero secondo il capriccio dei Ministri.

[...]

Leone Giovanni, Relatore, presenta la seguente proposta:

«Il Pubblico Ministero dipende dal Ministro della giustizia. La polizia è sotto la direzione del Pubblico Ministero».

Dichiara che a questa proposta collega anche quella successiva di togliere l'inamovibilità al Pubblico Ministero.

[...]

Mannironi. [...] Ritiene sufficiente affermare in una frase sintetica il principio che il Pubblico Ministero appartiene alla Magistratura ordinaria e non dipende dal potere esecutivo. A sancire questa affermazione potrebbe bastare anche un inciso in un altro articolo.

Ambrosini fa rilevare che nell'articolo 23 del progetto Calamandrei si dice:

«I magistrati di qualunque grado, sia giudicanti che del pubblico ministero, sono inamovibili dal giorno della loro nomina».

Quindi vi è già la definizione del Pubblico Ministero come magistrato.

Il Presidente Conti. [...] Mette ai voti l'articolo proposto dall'onorevole Cappi, così definitivamente redatto:

«Il Pubblico Ministero gode di tutte le garanzie dei magistrati ed è sottoposto alla vigilanza del Ministro della giustizia».

Ambrosini propone che si voti per divisione.

Laconi, affinché non sorgano equivoci, propone che l'ordine del giorno sia votato nella sua completezza.

Il Presidente Conti osserva che racchiude due concetti del tutto distinti.

Ambrosini dichiara che darà voto favorevole solo alla prima parte.

Il Presidente Conti mette ai voti la prima parte dell'ordine del giorno Cappi:

«Il Pubblico Ministero gode di tutte le garanzie dei magistrati».

(È approvata).

Mette ai voti la seconda parte:

«è sottoposto alla vigilanza del Ministro della giustizia».

Castiglia, Relatore, voterà contro, perché questa seconda parte è in contraddizione con la prima.

Il Presidente Conti, dichiara pure di votare contro, perché questa seconda parte si ricollega a quanto già è stato detto nell'articolo 8 e cioè che l'azione penale è pubblica e che il Pubblico Ministero ha l'obbligo di esercitarla in conformità della legge, senza potere, in nessun caso, sospenderne o ritardarne l'esercizio.

Leone Giovanni, Relatore, dichiara di astenersi dal voto.

(Con 4 voti favorevoli, 6 contrari e 1 astensione, non è approvata).

Il Presidente Conti fa presente che si deve decidere in quale articolo va inserita la prima parte della proposta Cappi approvata.

Leone Giovanni, Relatore, propone che sia inserita nell'articolo 4, dove si parla della Magistratura.

Il Presidente Conti è d'accordo per l'inserzione nell'articolo 4.

Ambrosini ritiene che per la logica e la sistematica, vada bene l'affermazione che la Magistratura è un ordine autonomo; ma tale affermazione va fatta con una proposizione lapidaria, evitando che sia diminuita con delle specificazioni. Preferirebbe quindi integrare con questa norma l'articolo 23, dove si parla dei giudici e del Pubblico Ministero.

Castiglia, Relatore, preferirebbe l'inserzione nell'articolo 4.

Il Presidente Conti, riconoscendo l'opportunità di non aggiungere parole che diminuirebbero l'affermazione solenne del principio, prega l'onorevole Castiglia di non insistere.

Castiglia, Relatore, consente.

Il Presidente Conti pone in discussione l'articolo 23:

«Inamovibilità. — I magistrati di qualunque grado, sia giudicanti che del Pubblico Ministero, sono inamovibili dal giorno della loro nomina. Essi non possono essere dispensati o sospesi dal servizio, retrocessi, trasferiti ad altra sede od anche semplicemente destinati ad altre funzioni se non col loro consenso, ovvero per deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura o della competente Corte disciplinare per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dalle leggi».

Calamandrei, Relatore, chiarisce che quest'articolo rappresenta una innovazione rispetto all'articolo 69 dello Statuto, il quale concedeva l'inamovibilità ai giudici, solo dopo tre anni dalla loro nomina, mentre qui la si concede dal giorno della loro nomina.

Ponendo però in relazione questo articolo con l'articolo 20, in cui si dispone che la nomina sia fatta dal Presidente della Repubblica, su proposta del Consiglio Superiore della Magistratura, in base a concorso seguito da un periodo di tirocinio, risulta che il periodo durante il quale i magistrati esercitano le loro funzioni, ma non hanno ancora l'inamovibilità, è quello del tirocinio, che può durare anche più di tre anni.

Qualora però la Commissione lasciasse cadere l'articolo 20, perché ritenuto superfluo, occorrerebbe stabilire in questa sede che alla nomina si procede dopo un determinato periodo di tirocinio.

Cappi non crede che nella Costituzione si possa parlare del periodo di tirocinio dei magistrati. Aggiunge che ritiene superflua la seconda parte dell'articolo 23, perché già compresa nell'articolo votato nella precedente seduta, in cui si parla del trasferimento e delle promozioni come di materia di competenza del Consiglio Superiore della Magistratura.

Leone Giovanni, Relatore, propone che si dica: «diventano inamovibili dopo il periodo di tirocinio».

Calamandrei, Relatore, spiega che attualmente i magistrati, una volta superato il concorso, vengono nominati, con decreto ministeriale, uditori. È questa già una nomina, perché gli uditori esercitano funzioni di magistrati. Successivamente, quando hanno espletato il loro tirocinio, vengono nominati giudici aggiunti e da questo momento debbono passare tre anni prima che godano della inamovibilità. Dicendo che godono dell'inamovibilità dal giorno della loro nomina, senza specificare con quale provvedimento la nomina viene fatta, e senza dire che deve esservi un periodo in cui l'inamovibilità non è concessa, si varierebbe una norma dello Statuto precedente senza sostituirla con una nuova egualmente completa. Ritiene che questa sia materia di Costituzione, e aggiunge che la norma è suggerita da tutte le proposte fatte dai magistrati. «Inamovibilità» è una parola elastica, che si è andata riempiendo di significati che non aveva un tempo, e questa pienezza della formula deve essere riprodotta nella Costituzione, perché rappresenta un miglioramento in confronto dello Statuto precedente.

Cappi insiste nel rilevare che la seconda parte è compresa nell'articolo già votato, dove è detto che la competenza in materia spetta al Consiglio Superiore della Magistratura.

Calamandrei, Relatore, risponde che, senza questa disposizione, sembrerebbe che il Consiglio della Magistratura potesse agire arbitrariamente, mentre deve uniformarsi a quanto sarà stabilito dalla legge.

Leone Giovanni, Relatore, non ha nulla da osservare quanto alla inamovibilità. La seconda casistica potrebbe rientrare in forma più sintetica nella formula usata nel suo articolo 5-bis: «salvo i casi espressamente previsti nella legge sull'ordinamento giudiziario».

Il Presidente Conti rileva che l'onorevole Leone accetta la formulazione dell'articolo 23 fino alle parole «loro consenso»; aggiungerebbe poi «salvo i casi espressamente previsti nella legge sull'ordinamento giudiziario».

Castiglia, Relatore, per la prima parte dell'articolo 23 propone la seguente dizione:

«I magistrati di qualunque grado, sia giudicanti che del Pubblico Ministero, diventano inamovibili immediatamente dopo il periodo di tirocinio fissato dalla legge».

Si intende qui alludere alla legge sull'ordinamento giudiziario.

Ambrosini, al posto delle parole «inamovibili immediatamente dopo il periodo di tirocinio» metterebbe le altre «inamovibili dopo il tirocinio».

Leone Giovanni, Relatore, propone di aggiungere alla fine dell'articolo le parole «sull'ordinamento giudiziario».

Cappi toglierebbe le Corti disciplinari lasciando solo il Consiglio Superiore.

Il Presidente Conti pone in votazione l'articolo 23 che, secondo le proposte fatte, risulta così modificato:

«I magistrati di qualunque grado, sia giudicanti che del Pubblico Ministero, diventano inamovibili dopo il tirocinio. Essi non possono essere dispensati o sospesi dal servizio, retrocessi, trasferiti ad altra sede o anche semplicemente destinati ad altre funzioni se non col loro consenso, ovvero per deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dalla legge sull'ordinamento giudiziario».

(È approvato).

[Dopo la discussione di altri temi...]

Targetti dichiara che, se fosse stato presente, avrebbe votato contro l'articolo 23, perché avrebbe dovuto fare delle riserve sulla posizione e figura del Pubblico Ministero.

Di Giovanni esprime lo stesso avviso.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti