[Il 5 dicembre 1946 la seconda Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione inizia la discussione sul potere giudiziario.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Calamandrei, Relatore. [...] L'autogoverno della magistratura si esplica — secondo l'articolo 16 — nel potere attribuito ad essa di compiere tutti gli atti amministrativi che attengono allo stato giuridico degli appartenenti all'ordine giudiziario, nell'esercizio della giurisdizione disciplinare nei loro riguardi, nonché nella deliberazione delle spese per il funzionamento della giustizia. In concreto, l'articolo 18 detta le norme sulla disciplina della magistratura e l'articolo 20 quelle sul reclutamento dei magistrati. Osserva in proposito che forse più nessuno oggi propugna il sistema elettivo dei magistrati che, o non ha dato buoni risultati, o si è trasformato (come è accaduto in Svizzera) in una conferma sistematica dei magistrati eletti la prima volta. D'altra parte l'elezione dei magistrati rappresenta un metodo logico e coerente ove non esiste il sistema della legalità, laddove cioè il diritto non è formulato e cristallizzato in leggi, ma vige il sistema del diritto libero. Ma nei paesi europei (compresa oggi anche la Russia, che pure aveva adottato nel periodo rivoluzionario il criterio della formulazione giudiziaria del diritto), dove sussiste il principio della legalità, per cui la politica si trasforma in diritto attraverso gli organi legislativi e i giudici debbono limitarsi all'applicazione della legge, il metodo elettivo sarebbe a suo avviso un controsenso. E ciò anche per i gradi inferiori della magistratura (pretori e conciliatori) nei cui riguardi non mancano fautori del sistema elettivo.
Ritiene egli fermamente che il sistema migliore per la nomina dei giudici sia quello, oggi in vigore, del concorso, in quanto solo il concorso può accertare i requisiti tecnici e culturali indispensabili per il migliore espletamento delle funzioni giudiziarie. E dovrà essere la magistratura la sola competente a bandire tali concorsi, a nominare le Commissioni esaminatrici (in cui potrebbero essere inclusi anche dei professori universitari), ad accertare l'idoneità dei candidati e a formare la graduatoria dei vincitori. Infine, per conferire alla nomina un carattere di solennità, essa dovrebbe avvenire con decreto del Capo dello Stato.
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L'articolo 22 affronta l'importante problema delle promozioni dei magistrati, argomento quanto mai delicato, in quanto è strettamente connesso con quello dell'indipendenza della magistratura. Soprattutto in questo campo, infatti, possono esercitarsi illecite inframmettenze, dalle quali occorre mettere al riparo chi amministra la giustizia. È noto che il magistrato italiano, malgrado le difficili condizioni economiche in cui si dibatte è, per lo più, incorruttibile; ma non è da escludersi il timore che coloro che sono prossimi alla promozione o al trasferimento, nelle loro sentenze si lascino guidare, più che da un rigoroso senso di giustizia, dal desiderio di procacciarsi dei titoli. Né è da trascurare che la pressione politica sul magistrato, specie nelle cause civili, può sussistere in modo rilevante; e spesso la carriera dei magistrati può dipendere da orientamenti ed influenze di organi politici. È indispensabile pertanto che la materia degli avanzamenti e dei trasferimenti sia di esclusiva competenza degli stessi organi dell'amministrazione della giustizia, in modo che i magistrati non abbiano nulla da temere o da sperare dagli uomini di Governo o da esponenti di partiti politici.
Ma, a suo avviso, bisognerebbe andare oltre, e riformare completamente la carriera giudiziaria, in quanto, anche affidando agli organi della magistratura le promozioni, il problema delle basse retribuzioni e il desiderio dell'avanzamento non impedirebbero il verificarsi, nell'interno della magistratura stessa, di quelle pressioni che si riscontrano oggi al di fuori di essa. Bisognerebbe pertanto stabilire che ai magistrati, una volta entrati nell'amministrazione della giustizia, dopo un periodo di tirocinio anche più lungo dell'attuale, fosse attribuita una determinata retribuzione, suscettibile di periodici aumenti in relazione all'anzianità, o indipendentemente dalle funzioni esercitate. Per l'assegnazione dei magistrati ai vari uffici giudiziari, direttivi e speciali, si potrebbe eventualmente ricorrere ad elezioni interne. Per i gradi più elevati, e specie per la Corte di cassazione, le nomine avverrebbero per cooptazione, mentre negli altri casi — passaggio dalle Preture ai Tribunali e dai Tribunali alle Corti d'appello — le promozioni avverrebbero attraverso scrutini di merito, fondendo insieme i criteri dell'anzianità e del merito, in base al principio che ai posti vacanti possano concorrere magistrati delle Preture o dei Tribunali che abbiano una determinata anzianità.
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Leone Giovanni, Relatore. [...] Per quanto riguarda l'ultimo gruppo di articoli (dal 16 al 26), è d'accordo sul problema dell'autogoverno della magistratura, ritenendo che sia nei desideri di tutti avere un potere giudiziario realmente indipendente. Concorda anche nel rivendicare alla Magistratura le nomine e le promozioni dei giudici, la giurisdizione disciplinare e l'organizzazione amministrativa.
A cura di Fabrizio Calzaretti