[Il 6 dicembre 1946 la seconda Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul potere giudiziario. L'onorevole Castiglia sostituisce l'onorevole Patricolo e ne illustra la relazione.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Castiglia, Relatore. [...] Dichiara che, per quanto riguarda il Consiglio di Stato, dissente dal concetto espresso dall'onorevole Patricolo, come da quello dell'onorevole Calamandrei, ritenendo che si debbano conservare anche le Sezioni giurisdizionali di questo organo, non solo per la considerazione che il Consiglio di Stato, anche durante il periodo fascista, è stato esempio di indipendenza di giudizio, presidio e garanzia di giustizia, ma anche perché, a suo avviso, la conservazione non violerebbe il principio della unicità giurisdizionale. D'altra parte non vorrebbe affidare la materia contenziosa amministrativa alla giurisdizione ordinaria, perché questa tutela i diritti soggettivi, mentre il Consiglio di Stato cura gli interessi legittimi. Inoltre, dato il carattere generale della competenza, quella amministrativa è da ritenersi una giurisdizione ordinaria completa, parallela a quella civile e penale. Fa poi presente che la scissione delle funzioni consultive da quelle giurisdizionali potrebbe costituire un pericolo per la stessa unicità della funzione giurisdizionale, in quanto si avrebbero due diverse giurisdizioni, che si occuperebbero della stessa materia, il che non sarebbe raccomandabile, anche tenendo conto del fatto che le questioni soggette alle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato non sono soltanto di puro diritto, ma anche di merito. Che se poi queste funzioni si affidassero ad una sezione della Corte di cassazione, si verrebbero a svisare con la competenza su questioni di fatto, l'orientamento e le funzioni della Cassazione. Vorrebbe quindi la conservazione delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, il quale però, allo scopo di garantire la unicità della giurisdizione, potrebbe esser posto alle dipendenze del Ministero della giustizia.
Si dichiara poi contrario all'abolizione della Corte dei conti.
Per quanto riguarda i Tribunali militari, riassume le ragioni esposte dall'onorevole Leone per giustificare la sua proposta di abolizione, e dichiara che è d'accordo con lui solo nel concetto che l'esistenza di un Codice penale militare non importa l'istituzione di un giudice specializzato; ma vorrebbe conservati i Tribunali militari, perché potenziano la disciplina militare, che deve essere ferrea anche per un piccolo esercito. L'inconveniente lamentato della vastità di giurisdizione dei Tribunali militari, per cui praticamente ogni cittadino può essere sottoposto alla loro competenza, crede potrebbe essere in gran parte ridotto, se si lasciasse ai Tribunali militari la sola competenza a giudicare dei reati militari commessi da militari. Lo stesso deve dirsi per la lamentata prevalenza dei giudici militari, perché nel nuovo ordinamento potrà esser chiamato a presiederli un magistrato appartenente al ruolo della giustizia militare, ruolo che vorrebbe mantenuto. Contesta che i Tribunali militari siano una conquista della casta militare. Non vorrebbe la costituzione di sezioni militari nei Tribunali ordinari, proposta dall'onorevole Leone, per non svisare la fisionomia di questi e non creare una maggiore frammentarietà delle funzioni giudiziarie; senza contare il pericolo di vedere sorgere altre sezioni (amministrative, annonarie, per le vertenze sui fitti, ecc.) con grave pregiudizio per l'amministrazione della giustizia.
A cura di Fabrizio Calzaretti