[31 gennaio 1947, Commissione per la Costituzione. Seduta plenaria antimeridiana. — Esame degli emendamenti agli articoli sulla Magistratura.]

Il Presidente Ruini, riprendendo la discussione sugli articoli proposti per il Titolo concernente la Magistratura, ricorda che la seconda Sezione della seconda Sottocommissione ha proposto un articolo riguardante la giuria così formulato:

«Il popolo partecipa direttamente all'amministrazione della giustizia, mediante l'istituto della giuria nei processi di Corte d'assise».

Apre la discussione su questo articolo.

Bozzi ritiene che non sia da inserire nella Costituzione un articolo che riguarda la Corte d'assise, per una considerazione che ha carattere pregiudiziale e che quindi non investe il merito, se si debba cioè o meno essere favorevoli alla istituzione della Corte d'assise.

La Corte d'assise non è un giudice speciale, ma è una sezione specializzata del giudice ordinario; infatti l'istituzione della Corte d'assise è prevista dal Codice di procedura penale come una sezione di Corte d'appello.

Tanto è vero che, contro la sentenza della Corte d'assise, si va alla Cassazione a sezioni semplici e non a sezioni riunite, mentre se fosse un organo di giurisdizione speciale, si dovrebbe ricorrere alle sezioni riunite.

Non vi è quindi alcuna ragione di fare menzione di questo organo ordinario, in quanto si è detto che la giustizia civile e penale è amministrata dagli organi previsti dal Codice e dalla legge sull'ordinamento giudiziario.

A questa considerazione di carattere pregiudiziale ne aggiunge un'altra: che v'è un progetto allo studio di una delle Commissioni legislative, riguardante modifiche alla composizione della Corte d'assise; ed a tale riguardo gli consta che la Commissione legislativa vuole investire più ampiamente il problema della esistenza o meno della Corte d'assise.

Ritiene pertanto che l'articolo proposto non debba comparire nella Costituzione.

Leone Giovanni si dichiara contrario al ripristino della giuria secondo lo schema del disegno di legge presentato alla Assemblea Costituente. Ritiene però, anche per la brevità dell'attuale lavoro della Commissione, che non sia opportuno approfondire l'argomento. Aderisce quindi alla questione pregiudiziale, come è stata impostata dall'onorevole Bozzi. In altri termini, avendo stabilito, all'articolo 2 del progetto di Costituzione concernente la Magistratura, che «la funzione giurisdizionale, in materia civile e penale, è attribuita ai magistrati ordinari, istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario», non si è fatto altro che rimandare alla legge sull'ordinamento giudiziario la disciplina e il funzionamento di tutti i giudici. Quindi è in quella sede che — se vorrà — il nuovo Parlamento potrà domani riorganizzare la disciplina delle Corti d'assise, introducendo, attraverso questa via, il sistema della giuria. Né è necessario inserire tale istituto nella Costituzione, poiché non si deve impedire che, successivamente, l'amministrazione della giustizia possa riformare o abolire l'istituto stesso. Sul merito, infinite osservazioni si potrebbero fare. Contro il sistema dei giudici popolari, prelevati soltanto in base a requisiti minimi, basterebbe ad esempio osservare che per i giudici occorre una determinata capacità tecnica. Ricorda in proposito un passo di Socrate in cui questi si meravigliava che i giudici venissero eletti senza alcun elemento specifico di capacità.

Afferma che se si dovesse ritornare alla giuria, questa dovrebbe essere selezionata con altri criteri, di esperienza, di presunzione di probità, ecc.: e quindi composta di uomini prelevati da alcune categorie sociali, sia pure determinate con molta larghezza. A ciò si aggiunga la difficoltà di stabilire, in materia di giustizia, sia pure penale, una discriminazione netta fra il giudizio di fatto e il giudizio di diritto.

Queste considerazioni ha voluto fare per dimostrare come non si possa mirare ad una riforma delle Corti d'assise mediante un ritorno puro e semplice alla giuria.

Le norme approvate danno già larghissima possibilità all'inserzione della giuria popolare nell'ordinamento giudiziario italiano; né, a questo scopo, è necessaria una norma specifica della Costituzione. È infatti pacifico — come osservava l'onorevole Bozzi — che la Corte d'assise è un giudice ordinario, soltanto come sezione specializzata, e non un giudice speciale. Così era codificato nel Codice del 1913, in cui viene riconosciuta la Corte d'assise; così è codificato anche nella legge Togliatti, la quale, ripristinando i giurati, stabilisce che la Corte d'assise è una sezione della Corte d'appello. E l'elemento richiamato dall'onorevole Bozzi è decisivo: i ricorsi per Cassazione avverso le sentenze della Corte d'assise vanno presentati alle sezioni semplici, non alle sezioni unite; il che riconferma che si tratta di un organo giudiziario ordinario.

Per questi motivi ritiene contrario alla attuale esigenza della giustizia il ritorno alla giuria popolare.

Terracini è contrario alla proposta di non inserire la disposizione nella Costituzione. Non si tratta infatti — a suo avviso — di un semplice problema di organizzazione della giustizia; si tratta di introdurre maggiormente l'elemento popolare nel quadro della organizzazione del potere giudiziario in Italia: rendere cioè i giudici elettivi.

Ed egli sarebbe stato lieto se avesse potuto ottenere che almeno per i primi gradi della Magistratura si fosse introdotto il principio elettivo. Rileva al riguardo che negli Stati dove c'è una Magistratura elettiva — e non soltanto nei gradi più bassi — la questione del requisito non già di una cultura tecnica, ma di una cultura generale, non ha mai rappresentato un ostacolo, perché appunto sono necessarie altre doti e altri elementi di capacità. Ricorda che a Basilea, due anni or sono, trattandosi dell'elezione di un giudice di grado abbastanza elevato, i partiti di sinistra presentarono come candidato un fabbro, e questi è riuscito eletto nei confronti di un avvocato. In alcuni ceti sociali si è gridato allo scandalo; ma tuttavia quel giudice è rimasto e fa buona prova. E questo non è un caso isolato.

Ricorda inoltre che l'istituto della giuria è scomparso in Italia per iniziativa del fascismo. Ciò sta ad indicare che in realtà non si tratta di un problema di capacità, ma di una questione che si ricollega ad elementi molto più importanti; si tratta proprio di quel fattore della democrazia, invocato dai colleghi democratici cristiani per un problema certamente importante come quello attinente al potere legislativo, e che ora è dimenticato proprio nel caso di un potere altrettanto se non più importante, come quello giudiziario. Afferma la opportunità che vi sia nella Magistratura quest'affermazione del principio democratico. La Magistratura deve essere garantita nella sua indipendenza; ma bisogna cercare altresì di far penetrare nel corpo dei magistrati giudicanti il più largamente possibile l'elemento popolare.

Insiste quindi perché una realizzazione come questa sia attuata nella Costituzione, anche perché vi sono correnti esclusivamente ristrette all'ambiente dei giuristi, che mirano a sopprimere l'istituto della giuria. Bisogna opporre un ostacolo definitivo all'affermazione di questa tendenza, che non ha nessun seguito negli ambienti popolari del Paese; se essa riuscisse a trionfare, segnerebbe, in una forma delle più deteriori, l'affermazione della cultura sulla volontà delle masse popolari. Una volta inserito nella Costituzione, il principio potrà anche essere modificato, ma soltanto nel momento in cui le masse popolari lo desidereranno e lo consentiranno.

Per questi motivi è favorevole all'adozione dell'articolo proposto, e contrario alla pregiudiziale Bozzi.

Molè rileva che la discussione, pur essendo stata posta in termini tecnici, ha un preciso contenuto politico. Si potrà discutere nel merito quali possano essere i mezzi per perfezionare l'istituto della giuria, ma questo istituto è una conquista democratica, la quale non può essere sottaciuta nella prima Costituzione di una Repubblica democratica. L'istituzione della giuria ha voluto dire che in alcuni reati che interessano la coscienza collettiva il giudizio collegiale di persone che sono al di fuori dei Codici e del tecnicismo e non sono legate a nessuna preoccupazione di carriera, tecnica od ideologica, deve avere la prevalenza. Bisogna affermare questa conquista democratica e non solo per i motivi cui ha accennato l'onorevole Terracini. Non si tratta infatti semplicemente di un problema di riordinamento; si tratta di fissare il principio che il popolo possa partecipare in alcuni casi all'amministrazione della giustizia. Tutte le pregiudiziali in senso contrario sono mosse, da coloro che intendono sopprimere la giuria, ponendo la questione sul piano politico.

Dichiara pertanto che, appunto ponendosi su un piano politico, voterà per la giuria, come affermazione democratica del nuovo Stato repubblicano.

Togliatti si associa alle dichiarazioni degli onorevoli Terracini e Molè.

Cevolotto esprime rincrescimento che sia stata portata sul terreno politico una questione che non ha — a suo avviso — un preciso contenuto politico, o che, per lo meno, lo ha come questione se si deve o no istituire la giuria, ma non lo ha come questione se la istituzione della giuria deve essere decisa nella Carta costituzionale. Si tratta di un problema di tecnica, di costruzione della Costituzione, e niente altro. Se si discutesse della questione da un punto di vista politico, si assocerebbe alle considerazioni dell'onorevole Terracini e dell'onorevole Molè; ma crede che debba venire prospettato l'altro punto di vista, cioè se nella struttura tecnica della Costituzione sia possibile, senza una stonatura, dire che il giudice ordinario — perché si tratta di un giudice ordinario — è costituito in un determinato modo. Osserva che si stanno inserendo nella Costituzione una quantità di altre cose che ad essa sono estranee; ed è contro questo che egli si ribella: si sta inflazionando la Costituzione con una quantità di dichiarazioni, e, peggio, di norme che con la Costituzione non hanno niente a che vedere. La Costituzione così non ha più una struttura lineare.

Ora egli crede che per le ragioni accennate all'inizio dall'onorevole Bozzi, la questione debba esser riportata al suo aspetto di questione pregiudiziale. La istituzione della giuria è un problema di procedura penale e di legge sull'ordinamento giudiziario, tanto è vero che, proprio ora, viene davanti alla Costituente la legge per il ripristino della Corte d'assise. Quindi è evidente che non vi è bisogno della norma costituzionale, perché la Corte d'assise sia ripristinata con certi limiti che saranno studiati e discussi dall'Assemblea Costituente.

Per queste ragioni è favorevole alla pregiudiziale dell'onorevole Bozzi.

Targetti, quale proponente dell'articolo, non sente il bisogno di difenderlo, dopo gli autorevoli interventi dei colleghi onorevoli Terracini e Molè, ai quali poco ha da aggiungere.

Alle osservazioni dell'onorevole Cevolotto risponde che non è esatto che ci si trovi di fronte ad una materia da non trattare in una Carta costituzionale; tanto è vero che gran parte delle Costituzioni contengono una disposizione che riguarda appunto la giuria popolare. Quanto all'altra obiezione che si tratta di una questione esclusivamente o spiccatamente tecnica, non la crede fondata, in quanto l'istituto della giuria ha un contenuto così squisitamente politico che tutte le volte che un regime è passato dalla democrazia al totalitarismo ha subito ucciso questo istituto, mentre ogni volta che un popolo riconquista la libertà sente quasi istintivamente la necessità di ricostituirlo.

Di fronte a questa realtà, tutte le discussioni filosofiche non hanno alcuna importanza.

Riconosce che l'istituto della giuria si presta ad essere criticato. Ma il grande problema è questo: abolita la giuria è necessario sostituirla con qualcosa di diverso. Orbene, nulla di diverso è stato mai, almeno finora, né trovato né suggerito, che sia tale da non prestarsi ad una quantità di critiche maggiori e più gravi di quelle a cui si presta l'istituto della giuria.

Rileva di essersi deciso a proporre la norma nella Carta costituzionale, appunto perché vi era una corrente contraria all'istituto della giuria. All'onorevole Leone, il quale afferma che la dizione dell'articolo 2 del progetto non esclude che si possa istituire la giuria senza bisogno di rivedere la Costituzione, risponde che anche se ciò fosse — il che si potrebbe discutere — data l'importanza squisitamente politica della questione, sarà bene, sarà opportuno, sarà necessario fare un accenno esplicito nella Costituzione.

Quanto ai limiti della competenza della giuria, conclude rilevando che questa è veramente materia che non può trovar posto nella Carta costituzionale. Vi sono ad esempio colleghi favorevoli all'istituto della giuria limitatamente a determinati reati, cioè a quelli politici, o ad altri reati che turbano la coscienza del pubblico; altri ancora favorevoli ad una maggiore competenza. La legge ordinaria deciderà.

Einaudi si dichiara favorevole alla giuria popolare, ma esprime il dubbio che ciò che si propone di scrivere nella Costituzione non eviti un eccesso autoritario da parte di un nuovo regime in quanto un legislatore autoritario potrebbe restringere nel modo più opportuno l'istituto dalla giuria.

Il fascismo, ad esempio, non ha soppresso la Corte d'assise: questa è rimasta, ma sono cambiati i requisiti dei giurati. Ritiene che la norma proposta non tocchi la sostanza del problema e non garantisca una giuria veramente popolare.

Mortati dichiara di essere anch'egli favorevole al riconoscimento che per certi giudizi sia necessario porre accanto al giudice togato un giudice popolare. Fa però una questione di tecnica legislativa, rilevando come nella Costituzione che ci si prepara a sottoporre all'Assemblea, vi è già un articolo che può essere sufficiente all'esigenza di aprire la via ad un giudizio che si svolga con l'intervento dei cittadini; e questo è precisamente l'articolo 2. A maggior chiarimento, si potrebbe in questo articolo togliere la parola «esperti» e lasciare semplicemente la parola «cittadini» con l'intesa che ciò valga anche per i giudizi penali.

In merito poi a quanto ha detto l'onorevole Targetti relativamente al rinvio alla legge delle modalità tecniche, osserva che se si afferma genericamente il principio della giuria popolare senza concretarla almeno con qualche norma fondamentale, si lascerà sempre la possibilità al legislatore di ridurre l'istituto al minimo.

È questa l'osservazione che giustamente ha fatto anche l'onorevole Einaudi. Sottolinea pertanto la necessità di ammettere un certo numero di principî fondamentali; ma se si dovesse rinunciare ad una specificazione, basterebbe la formula generale, già nell'articolo 2, per raggiungere il fine che l'onorevole Targetti si propone.

Conti, per ragioni tecniche, sarebbe portato ad aderire piuttosto all'opinione contraria alla giuria, ma per ragioni politiche, specialmente in questo momento, non può non aderire al concetto che nella Costituzione si ammetta e si affermi il diritto popolare dei cittadini di giudicare.

Mannironi, rilevando l'inopportunità di occuparsi del problema nella Carta costituzionale, dichiara comunque di ritenere un errore voler considerare il problema sotto il profilo puramente politico. Occorre preoccuparsi soltanto di assicurare al cittadino il modo migliore di essere giudicato. Ritiene, in linea astratta, desiderabile che certi reati gravi siano sottratti al giudizio del magistrato ordinario, ma afferma che, in tal caso, dovrebbe essere affermato un sacrosanto diritto, quello cioè di assicurare un secondo grado di giurisdizione. Non è possibile ammettere, infatti, che per un reato di trascurabile importanza il cittadino, una volta condannato, abbia diritto di invocare l'appello alla Cassazione, e che questo stesso diritto possa invece esser negato quando siano in gioco responsabilità gravissime e sia in causa, per lungo tempo, la libertà personale del cittadino.

In linea principale, chiede quindi che di questo problema non si parli nella Carta costituzionale, demandando la soluzione al legislatore ordinario. In subordinata ipotesi, chiede che, se si ammette la partecipazione del popolo al giudizio, si affermi solennemente il diritto di concedere anche in tal caso il secondo grado di giurisdizione.

Togliatti, essendo stata sollevata dall'onorevole Mortati la questione della costituzionalità o meno del problema, osserva che, a parte le questioni tecniche, occorre tener presente che la giuria è un diritto fondamentale del cittadino. Pensa quindi che se non si inserisse nella Costituzione una norma in proposito, tale norma dovrebbe essere inserita nel capitolo in cui si parla delle conquiste dei cittadini. Quando si tratta di un reato politico o di un reato che importi privazione della libertà personale oltre un certo limite di anni, si deve affermare il diritto ad un giudizio preliminare compiuto dai giudici popolari. Occorre, quindi, che nella Costituzione si parli espressamente della partecipazione del popolo ai giudizi mediante la giuria, oppure che nel capitolo in cui si parla dei diritti fondamentali del cittadino si dica che il cittadino, in caso di reati politici o che portino una privazione della libertà personale, ha diritto ad un giudizio di fatto pronunciato dai suoi concittadini.

Il Presidente Ruini avverte che l'onorevole Moro ha presentato il seguente emendamento, che reca anche la firma degli onorevoli Mortati, Fuschini e Merlin Umberto, in cui si propone di modificare il terzo comma dell'articolo 2 nei seguenti termini:

«Presso gli organi giudiziari ordinari, anche penali, possono essere istituite per determinate materie apposite sezioni con la partecipazione di magistrati specializzati, di esperti e di cittadini, nominati a norma delle leggi sull'ordinamento giudiziario».

Pone innanzi tutto ai voti la pregiudiziale dell'onorevole Bozzi tendente a non inserire nella Costituzione la disposizione concernente la giuria.

Leone Giovanni dichiara di votare a favore della pregiudiziale, aggiungendo di non avere inteso attribuire al suo precedente intervento alcun significato politico in senso concreto, in quanto ritiene che si tratti di un problema di pura organizzazione della giustizia che non viene pregiudicato dalla disposizione della Carta costituzionale soprattutto se sarà accettato l'emendamento proposto dall'onorevole Moro.

Einaudi dichiara di astenersi dal voto su questa e sulle altre proposte che sono state fatte, a meno che l'onorevole Togliatti non ne presentasse una nel senso da lui indicato.

La Pira si dichiara contrario alla proposta dell'onorevole Bozzi, perché ritiene che il diritto ad essere giudicato da un giuria popolare sia un diritto naturale della persona umana.

Il Presidente Ruini dà comunicazione di un emendamento all'articolo proposto presentato dall'onorevole Togliatti: «Ogni cittadino ha diritto, nel caso di reati politici o di altri reati gravi preveduti dalla legge, a che una giuria popolare di cittadini partecipi al giudizio nelle forme previste dalla legge».

Mette innanzi tutto ai voti la proposta pregiudiziale dell'onorevole Bozzi.

(Non è approvata).

Pone ora in discussione i due emendamenti degli onorevoli Moro e Togliatti.

Terracini osserva che non si deve dimenticare la genesi dell'emendamento presentato dall'onorevole Moro. Questi, in fondo, senza aderire alla proposta dell'onorevole Bozzi, in realtà ne accetta una parte notevole, svalutando di fatto l'affermazione che invece con la votazione di poco fa la maggioranza della Commissione ha ritenuto di dover fare. È evidente invece che l'istituto della giuria deve essere posto su un piano completamente diverso da quello di una sezione speciale degli organi giudiziari ordinari. Per questa ragione si dichiara contrario all'emendamento Moro.

Targetti si dichiara contrario ad un istituto della giuria concepito come sezione del tribunale ordinario per determinate materie, sezione alla quale evidentemente il cittadino parteciperebbe col magistrato, mentre il giurato è l'unico giudice del fatto.

Fabbri voterà contro l'emendamento Moro, ed a favore invece dell'articolo che istituisce la giuria, perché l'espressione «possono essere istituiti», essendo puramente una facoltà del legislatore, non farebbe che attuare un concetto già incluso nella formula della Costituzione, mentre invece occorre affermare nella Costituzione un diritto preciso.

Moro dichiara di aver proposto l'emendamento non per sminuire il significato politico della proposta fatta circa l'istituzione della giuria, ma con l'intento di realizzare una maggior correttezza tecnica evitando una dichiarazione di carattere generale che, ove fosse accolta, non andrebbe inserita, a suo avviso, in questa parte della Costituzione, ma nell'altra che riguarda i diritti dei cittadini.

Nel proporre il suo emendamento, è stato mosso dall'intenzione di realizzare una sintonizzazione fra l'organo giudicante e la coscienza popolare. Ritiene comunque che il suo emendamento possa essere coordinato con quello proposto dall'onorevole Togliatti.

Il Presidente Ruini avverte che l'onorevole Togliatti ha dichiarato di ritirare il suo emendamento, aderendo al testo originario dell'articolo proposto dalla Sottocommissione.

Pone a partito l'emendamento dell'onorevole Moro.

(Non è approvato).

Mette a partito il testo originario dell'articolo proposto dalla seconda Sezione della seconda Sottocommissione così formulato:

«Il popolo partecipa direttamente all'amministrazione della giustizia, mediante l'istituto della giuria, nei processi di Corte d'assise».

Cevolotto, essendo stata respinta la pregiudiziale dell'onorevole Bozzi — alla quale era favorevole — e poiché d'altra parte, dal punto di vista politico, aderisce alle idee espresse dagli onorevoli Togliatti, Terracini ed altri, dichiara di astenersi dal voto.

Tupini si è astenuto allorché si è discusso sulla opportunità di inserire l'articolo nella Costituzione; ma, se avesse dovuto votare, avrebbe votato per la pregiudiziale dell'onorevole Bozzi. Nel merito, è però favorevole all'articolo, nel quale non ravvisa una questione politica, ma semplicemente l'intento di far funzionare nel miglior modo possibile la giustizia: cioè, il giudice di fatto, a suo avviso, è più competente del magistrato ordinario per giudicare di determinati reati di competenza della Corte d'assise.

Leone Giovanni, in coerenza a quanto in precedenza ha fatto presente, dichiara di votare contro l'articolo.

Moro, a conferma dell'onestà delle intenzioni che lo avevano mosso nel porre il suo emendamento, il quale non mirava a respingere la sostanza dell'articolo, e ritenendo che i giudici popolari possano rispondere ad una esigenza democratica, dichiara che voterà a favore.

Per una ragione umana e politica, domanda poi che sia esaminata l'opportunità di spostare la disposizione in modo che essa figuri nella prima parte della Costituzione.

Marinaro si associa a quanto ha detto l'onorevole Tupini e dichiara che voterà a favore.

(L'articolo proposto è approvato).

Il Presidente Ruini avverte che l'onorevole Mannironi ha presentato un emendamento consistente nell'aggiungere all'articolo la seguente espressione:

«sempre con diritto al secondo grado di giurisdizione».

Lo pone ai voti.

Fabbri dichiara che voterà contro l'emendamento, in quanto il verdetto popolare è, per sua natura, secondo la tradizione storica, inappellabile.

Leone Giovanni, essendo stato contrario all'adozione dell'articolo, dichiara di votare, in via subordinata, a favore dell'emendamento Mannironi, perché ritiene che sarebbe veramente aberrante stabilire un sistema giudiziario il quale prevede due gradi di giurisdizione per processi di scarsa gravità, mentre, per i processi più gravi, i quali possono anche portare alla pena di morte, non dà all'imputato la possibilità di un riesame della sentenza.

Tupini dichiara che voterà contro l'emendamento dell'onorevole Mannironi, ma non intende con questo pregiudicare nel merito quanto egli sostiene. Pensa però che, se si accogliesse l'emendamento proposto, la Costituzione non sarebbe più una affermazione di principî di carattere generale, ma un codice di procedura penale.

(L'emendamento dell'onorevole Mannironi non è approvato).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti