[Il 20 settembre 1946 la terza Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sulle garanzie economico-sociali del diritto all'affermazione della personalità del cittadino, e nello specifico la scelta del lavoro e l'accesso agli uffici pubblici e all'insegnamento universitario.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'accesso tramite concorso, mentre si rimanda al commento dell'articolo 51 per il testo completo della discussione.]
Giua, Relatore, legge gli articoli da lui proposti.
Art.
«Tutti i cittadini italiani, senza distinzione di sesso, sono ammessi agli impieghi pubblici in base a concorsi, senza alcuna restrizione, tranne quella della capacità.
L'esercizio dell'insegnamento universitario è aperto a tutti i capaci indipendentemente da distinzioni di razza, religione, credo politico e nazionalità. L'accesso agli impieghi privati è aperto a tutti i cittadini italiani, senza distinzione di sesso».
Art.
«Il cittadino italiano in possesso del titolo necessario ha diritto di esercitare una professione nel territorio della Repubblica. Tale diritto è tutelato dallo Stato e disciplinato dalle leggi e dai regolamenti degli ordini professionali.
Lo stesso diritto compete ai cittadini di altri paesi che stabiliscano il trattamento di reciprocità».
[...]
Molè espone alcuni dubbi: questa specificazione circa le modalità per i concorsi non crede sia materia di costituzione, ma di legge. Da un punto di vista tecnico, non è la Costituzione che deve stabilire che gli uffici sono assegnati per concorso; però dichiara di non fare alcuna proposta in merito.
[...]
Marinaro [... propone:]
«Agli impieghi nelle amministrazioni statali, parastatali o comunque soggette alla vigilanza dello Stato, si accede mediante concorsi».
Il Presidente Ghidini fa considerare che la distinzione tra uffici pubblici e non pubblici non è facile.
Marinaro, appunto per eliminare tale difficoltà, ritiene necessaria la distinzione proposta.
Il Presidente Ghidini osserva che c'è grande incertezza nei criteri di distinzione fra enti pubblici ed enti privati.
Marinaro potrebbe modificare la proposta e dire: «Nelle amministrazioni statali o in enti di diritto pubblico» e ciò perché in certe amministrazioni che hanno funzioni prevalentemente di interesse pubblico non è mai stato introdotto il concorso.
Colitto chiede che sia fatto risultare dal verbale che, parlando di impieghi pubblici, si intende far riferimento a quanto ha specificato l'onorevole Marinaro.
Marinaro fa considerare che la Cassazione ha ripetutamente affermato che quando si dice impiego pubblico ci si riferisce a impieghi nelle amministrazioni dello Stato.
Il Presidente Ghidini rileva che ci sono impieghi pubblici presso enti privati e ci sono impieghi privati presso enti pubblici. Fa l'esempio del Consorzio agrario che è indubbiamente un ente privato, ma che esplica anche funzioni pubbliche, quale è quella dell'ammasso del grano. L'impiegato addetto all'ammasso del grano esercita un impiego pubblico presso un ente privato. Ritiene perciò sufficiente dire «impieghi pubblici».
Marinaro aggiunge che la Cassazione ha definito ente di diritto pubblico quello che assolve ad una funzione pubblica. Ci sono istituti che hanno attività mista, altri che hanno una figura giuridica sui generis, che esercitano una pubblica attività, che danno buone remunerazioni e assicurano una carriera vantaggiosa. Non vede perché non si dovrebbe richiedere che le assunzioni del personale si facciano per concorso.
Il Presidente Ghidini legge la proposta degli onorevoli Colitto, Molè, Marinaro:
«L'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto pubblico è libero ai cittadini, salvo le limitazioni stabilite dalla legge. Agli impieghi si accede mediante concorsi»;
e quella dell'onorevole Togni:
«Tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, sono ammessi agli impieghi pubblici in base a concorsi e in relazione alla propria idoneità».
Colitto dichiara di essere disposto ad aggiungere nella sua formula l'inciso «senza distinzione di sesso». La formula risulterebbe così espressa:
«L'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto pubblico è libero ai cittadini, senza distinzione di sesso, salvo le limitazioni stabilite dalla legge. A tali impieghi si accede mediante concorsi».
Federici Maria insiste perché sia tolto l'inciso «salvo le limitazioni stabilite dalla legge».
Colitto non lo ritiene opportuno. Ad esempio, un concorso per soli maschi indetto dall'Accademia militare per arruolamento di allievi ufficiali, risulterebbe anticostituzionale.
Marinaro afferma che queste limitazioni esistono in quasi tutte le costituzioni.
Federici Maria ritiene che quell'inciso sia pericoloso, perché non si possono specificare i casi ai quali si intende riferito. Con la proposta dell'onorevole Togni, dove è prevista la idoneità, queste preoccupazioni non avrebbero ragione di essere.
Molè osserva che la idoneità serve a stabilire un criterio individuale che riguarda tanto il maschio che la femmina.
Il Presidente Ghidini pensa che mutando la collocazione dell'inciso, «salvo le limitazioni stabilite dalla legge», potrebbe essere eliminato ogni disaccordo. Propone pertanto la seguente formula:
«L'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto pubblico è libero ai cittadini, salvo le limitazioni stabilite dalla legge, senza distinzione di sesso, razza, religione e fede politica.
A tali impieghi si accede mediante concorso».
Mette ai voti questa proposta.
(È approvata).
Dà poi lettura della nuova formulazione del punto successivo:
«Per l'insegnamento universitario i concorsi possono essere aperti anche a cittadini stranieri».
Pone ai voti questa proposta.
(È approvata).
A cura di Fabrizio Calzaretti