[Il 9 gennaio 1947 la prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul potere esecutivo.]
Il Presidente Terracini propone che si discuta la formula proposta dall'onorevole Fuschini — alla quale ha aderito anche l'onorevole Mortati — in quanto ritiene che in gran parte rispecchi le opinioni manifestate nel corso delle ultime sedute. Ne ricorda quindi il tenore:
«L'Assemblea Nazionale è convocata ogni volta che si debba procedere alla formazione del Governo.
«La persona designata dal Capo dello Stato per la carica di Primo Ministro espone innanzi all'Assemblea le direttive politiche dell'azione governativa e i principali mezzi proposti per la loro attuazione.
«Nel caso che tale programma sia approvato con il voto nominativo della maggioranza dei componenti l'Assemblea, il Capo dello Stato investe nella carica il designato e su proposta di questi procede alla nomina dei Ministri».
Lussu esprime l'avviso che questo modo di procedere faccia perdere del tempo e ritardi la conclusione. Ricorda che, prima ancora che gli onorevoli Mortati e Fuschini presentassero le loro proposte, si è lungamente discusso, senza arrivare ad una decisione, sulla formula del Comitato, che si ispira al criterio di considerare il Capo del Governo, non come il primus inter pares, ma come una figura preminente in quanto responsabile della direzione e dell'attuazione della politica del Governo. Crede pertanto che, prima di prendere in considerazione nuovi progetti, accumulando materiale e complicando la questione, si debba decidere definitivamente sullo schema del Comitato.
Il Presidente Terracini fa presente che la formula in parola rappresenta un emendamento al progetto del Comitato e, come vuole la prassi, su di esso si deve anzitutto decidere. Appunto per questa ragione si è già votato sull'emendamento Nobile, come quello che maggiormente si allontanava dal progetto stesso.
La Rocca, Relatore, entrando nel merito, dopo aver ricordato che già a suo tempo ebbe a fare le sue riserve sul modo come è stato concepito il sistema bicamerale e particolarmente sugli inconvenienti che derivano dall'aver posto le due Camere su un piede di parità, osserva che lo schema dell'onorevole Fuschini, in quanto prevede la convocazione dell'Assemblea Nazionale per procedere alla formazione del Governo, si discosta dal sistema parlamentare che è stato approvato. Infatti, mentre si è ritenuto di dover dividere il Parlamento in due rami, lo si fa poi funzionare a Camera unica, oltre che per determinate deliberazioni di particolare importanza (dichiarazione di guerra, amnistia, ecc.) anche per il voto di fiducia o sfiducia al Governo, senza considerare che vengono così a riunirsi due organi che hanno un'origine diversa, poiché l'uno è eletto a suffragio universale diretto e l'altro con elezioni di secondo grado. Se non si vuole minare alla radice il sistema bicamerale, è necessario che le due Camere funzionino separatamente nell'accordare o negare la fiducia al Governo, ovvero che promanino entrambe dal suffragio diretto.
Perassi, per mozione d'ordine, dichiara che, quando nella seduta precedente si è votata la proposta dell'onorevole Nobile, secondo la quale il Primo Ministro è nominato dal Presidente della Repubblica su designazione dell'Assemblea Nazionale, si è inteso mantenere la discussione sul sistema della designazione, prescindendo dall'organo incaricato della designazione stessa. Per proseguire col metodo già iniziato, si dovrebbe attualmente esaminare della proposta Fuschini soltanto la parte relativa al procedimento per la nomina del Primo Ministro, e decidere se la nomina stessa da parte del Capo dello Stato debba essere subordinata alla presentazione come candidato di fronte all'organo parlamentare, che in seguito si indicherà, e ad un voto di tale organo.
Il Presidente Terracini non crede che si possa economizzare del tempo seguendo il metodo consigliato dall'onorevole Perassi e ritiene che debba essere presa in considerazione la questione pregiudiziale sollevata dall'onorevole La Rocca.
Fabbri esprime l'avviso che si possa considerare acquisito il risultato di una votazione, nel senso che l'incarico al Primo Ministro viene conferito dal Capo dello Stato, e che quindi l'alternativa che ora si pone è la seguente: se il Primo Ministro debba presentarsi all'organo parlamentare che sarà in seguito indicato prima o dopo aver composto il Ministero.
Personalmente ritiene che la ratifica da parte dell'organo parlamentare possa intervenire soltanto dopo che il Primo Ministro abbia composto il Gabinetto e precisato il programma politico. In questo senso non può approvare il sistema proposto dall'onorevole Fuschini, che non consentirebbe un voto utile e obiettivo da parte dell'organo parlamentare e renderebbe l'esposizione del candidato Primo Ministro un soliloquio gravido di incognite, per esprimere propositi vaghi, nel disagio di dover prendere impegni verso gruppi parlamentari.
Nobile aderisce pienamente alla mozione d'ordine dell'onorevole Perassi.
Tosato, Relatore, considera come una complicazione inutile il sistema secondo il quale il Primo Ministro deve essere designato dal Capo dello Stato, approvato dall'organo parlamentare e nominato quindi definitivamente dal Capo dello Stato stesso. Trova invece concepibile soltanto una nomina da parte del Capo dello Stato, sottoposta successivamente all'approvazione del Parlamento; e quindi insiste sulla formula del Comitato, per la quale il Primo Ministro e i Ministri vengono nominati dal Presidente della Repubblica.
Il Presidente Terracini dissente recisamente dall'opinione dell'onorevole Lussu, il quale è favorevole ad una posizione di preminenza del Capo del Governo, e aderisce invece alla vecchia formula — risultato di una saggia elaborazione degli uomini di Stato italiani nei primi sessanta anni di vita unitaria del Paese — di un Presidente del Consiglio dei Ministri primus inter pares. Ritiene che la figura del Primo Ministro possa balzare in primo piano unicamente per le doti personali di un uomo e per ciò che rappresenta in seno al gruppo politico al quale appartiene, ma non sia opportuno rendere costituzionalmente il Primo Ministro simile ad un Cancelliere. È infatti una caratteristica propria del cancellierato quella di un Capo del Governo che risponde personalmente al Capo dello Stato, mentre i Ministri rispondono a lui.
A questo proposito, osserva che anche la successione, prevista nell'articolo 19 del Comitato, nei momenti della nomina del Primo Ministro e di quella dei Ministri, corrisponde ad una prassi che si è ormai affermata nella vita costituzionale italiana, ma, introdotta nel testo della Costituzione, sembra voler sottolineare la preminenza del Primo Ministro e l'investimento nella sua persona di una autorità alla quale egli è contrario. È ormai universalmente accettato il sistema di procedere in primo luogo alla designazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, lasciando a questi di condurre le trattative per la scelta dei Ministri, ed è assurdo pensare che il Presidente della Repubblica possa presumere di scegliere egli stesso i Ministri. A suo avviso, si dovrebbe trovare una formula che, senza indicare questa successione di momenti nelle varie nomine, sottolineasse il concetto della responsabilità collegiale.
Lussu fa osservare che il principio di una autorità prevalente del Primo Ministro non è una sua idea personale — come il Presidente sembra ritenere — ma un'opinione unanime del Comitato (tranne la contrarietà dell'onorevole La Rocca), che ha avvertito questa esigenza in vista di quel complesso di difficoltà che tutti hanno notato nella vita politica italiana dopo la liberazione.
La stessa preoccupazione è stata sentita in Francia ed ha portato, nella nuova Costituzione, a dare maggior rilievo alla figura del Primo Ministro ed a stabilire per la sua nomina un sistema analogo a quello proposto dall'onorevole Fuschini. Secondo la Costituzione francese, al principio di ciascuna legislatura il Presidente della Repubblica, dopo le consultazioni d'uso, designa il Presidente del Consiglio. Questi non può costituire il suo Gabinetto che dopo essere stato investito della fiducia dell'Assemblea. Il Comitato di redazione si è discostato nel suo progetto dal sistema francese di nomina del Primo Ministro, non ritenendolo rispondente alle abitudini costituzionali e alle tradizioni politiche italiane, ed ha elaborato un testo — sulla cui approvazione personalmente insiste — perfettamente aderente alle esigenze di una moderna democrazia.
Riconosce che in un Governo di coalizione come l'attuale ben poco gioverebbe al Primo Ministro, anche se circondato da un notevole prestigio personale, l'autorità che gli conferirebbero norme costituzionali come quelle in esame. Fa tuttavia presente che nell'esposizione del suo punto di vista intende riferirsi ad un Governo con una struttura omogenea, che risulti magari dalla coalizione di più partiti, purché si propongano le stesse finalità. Né può considerarsi lesivo dei principî democratici il concetto di un Capo di Governo che abbia l'autorità che ha quello inglese come leader del partito di maggioranza. Democrazia significa organizzazione politica dello Stato, con autorità e prestigio e sovrana possibilità di guidare il Paese, anche in momenti difficili, senza i tentennamenti e le confusioni caratteristiche nella decadenza parlamentare dei paesi occidentali.
Tosato, Relatore, rispondendo ad una osservazione del Presidente, avverte che con la formula dell'articolo 19 non si è inteso sottolineare la posizione del Presidente del Consiglio, ma solo tradurre in una norma una prassi costituzionale. Desidera altresì chiarire che anche con la dizione dell'articolo 20 («il Primo Ministro è responsabile della politica generale del Governo») non si è pensato di dare una preminenza assoluta al Primo Ministro nel senso di attribuire esclusivamente a quest'ultimo la determinazione dell'indirizzo generale politico del Governo. Si può ammettere la eguale competenza di tutti i Ministri a concorrere alla determinazione della politica generale del Governo. Ma non si può non ammettere al tempo stesso e riconoscere la necessità che la politica del Governo, approvata dal Parlamento, venga poi realizzata e attuata con quella continuità, tempestività e soprattutto con quella unità che sono universalmente sentite come una esigenza imprescindibile dell'azione di Governo. La concezione del Primo Ministro come di un primus inter pares è superata e inaccettabile. Nelle condizioni presenti, e in particolare nei Governi di coalizione, essa significa la dissoluzione dell'idea e della funzione di Governo. Questo ha bisogno di un capo che abbia la responsabilità e quindi i poteri necessari all'attuazione del programma politico del Governo stesso. Si dichiara quindi disposto soltanto a precisare che il Primo Ministro è responsabile «dell'attuazione» della politica generale del Governo, restando così sottinteso, ma chiaramente comprensibile, che, giusta le regole normali dei Governi parlamentari, la politica stessa deve essere deliberata dal Consiglio dei Ministri e approvata dal Parlamento.
Mortati ripete quanto ebbe a rilevare in una precedente seduta; cioè che negli articoli in esame si pongono due problemi: quello dell'ordinamento interno del Gabinetto e quello dei rapporti tra Governo e Parlamento. Se si vuole giungere rapidamente ad una conclusione, è necessario scindere i due argomenti ed affrontarli uno alla volta. Personalmente ritiene opportuno esaminare anzitutto il secondo.
Ricorda che la proposta dell'onorevole Fuschini — alla quale egli aveva aderito — stabilisce la seguente procedura: designazione da parte del Capo dello Stato della persona candidata alla carica di Primo Ministro; esposizione innanzi all'Assemblea Nazionale delle direttive politiche dell'azione governativa e dei principali mezzi proposti per la loro attuazione; voto di fiducia; investitura, da parte del Capo dello Stato, del designato nella carica ed infine nomina dei Ministri su proposta del Primo Ministro. Avverte quindi che, in seguito alle considerazioni svolte nel corso dell'odierna seduta, particolarmente dall'onorevole Tosato, ritiene opportuno proporre il seguente nuovo testo che si avvicina di più a quello del Comitato:
«Art. 19. — Il Capo dello Stato, effettuate le necessarie consultazioni, nomina il Primo Ministro. Su proposta di questo, procede alla nomina dei Ministri.
«Entro quindici giorni dalla formazione, il Governo promuove la convocazione dell'Assemblea Nazionale, allo scopo di esporre ad essa le direttive politiche dell'azione del Governo ed i principali mezzi proposti per la loro attuazione.
«La pronuncia dell'Assemblea sul programma governativo deve avvenire su una mozione motivata con voto nominativo della maggioranza dei suoi componenti».
Fa osservare che questa sua formula risolve il problema dei rapporti tra Gabinetto e Parlamento e si discosta da quella del Comitato soltanto per ciò che, mentre quella tace sulla questione del voto di fiducia preliminare, in quanto non lo ritiene elemento necessario per la composizione del Gabinetto, soffermandosi invece sul voto di sfiducia, la sua proposta rovescia la situazione, tacendo sul voto di sfiducia e accentuando gli effetti del voto di fiducia.
Einaudi, per le considerazioni già esposte nelle precedenti sedute, si dichiara favorevole all'articolo 19 del Comitato, che senza dir nulla intorno alla questione della preminenza o meno del Primo Ministro nei confronti degli altri Ministri, afferma tuttavia una cosa importante, cioè che tra questi e il Primo Ministro deve esistere una reciproca fiducia. Con l'espressione: «I Ministri sono nominati e revocati dal Presidente della Repubblica su proposta del Primo Ministro», si afferma appunto questo concetto, che è necessario per l'unità del Gabinetto ed implica che i Ministri non possono essere proposti — se non indirettamente — dai partiti al Primo Ministro; ma questi li sceglierà da sé tra i rappresentanti dei partiti politici che gli possano assicurare una maggioranza.
La Rocca, Relatore, nel riaffermare il suo parere favorevole ad un sistema che preveda la designazione (non la nomina), da parte del Capo dello Stato, del Primo Ministro e dei Ministri, e il voto di fiducia dei due rami del Parlamento in seguito all'esposizione del programma e la successiva investitura nella carica, insiste nella sua proposta che la designazione da parte del Capo dello Stato sia preceduta dalle consultazioni di uso, in modo da rispecchiare gli orientamenti politici, i rapporti di forze dei partiti e la volontà delle Assemblee legislative.
Fabbri nota che l'intervento dell'onorevole La Rocca rileva un nuovo aspetto del problema: prima del voto di fiducia delle due Camere non esisterebbero né un Primo Ministro né dei Ministri; esisterebbero soltanto persone designate. Quindi potrebbe esservi un lungo intervallo di tempo, richiesto dalla esigenza stessa di predisporre il programma, in cui praticamente si rimarrebbe senza Governo.
Una tale concezione, oltre a sorprenderlo, lo trova completamente contrario, in quanto egli ritiene che la funzione del potere esecutivo debba essere permanente. A suo avviso, la nomina del Ministero, seppure condizionata al voto di fiducia, deve preesistere a questo; s'intende peraltro che, dopo la formazione del Gabinetto, il Parlamento deve essere immediatamente convocato.
Nobile concorda con l'onorevole La Rocca e non condivide la preoccupazione dell'onorevole Fabbri circa un intervallo di tempo in cui il Paese rimarrebbe senza Governo. Ritiene che ciò non possa avvenire, perché fino a quando il nuovo Governo non entrerà in funzione, resterà in carica il precedente.
Per quanto concerne il voto di fiducia, è del parere che dovrebbe darsi all'intero Ministero e non al solo Primo Ministro.
Tosato, Relatore, rileva che alla esigenza fatta presente dall'onorevole Nobile soddisfa l'articolo 22 del progetto, il quale, dicendo che il Primo Ministro e i Ministri debbono godere la fiducia dell'Assemblea Nazionale, implica che, secondo la prassi, il Governo, una volta costituito, debba presentarsi alle due Camere per ottenerne il voto di fiducia. Affinché questo risulti ancor più chiaramente, propone la presente formula:
«Il Governo, costituito a norma dell'articolo 19, deve presentarsi all'Assemblea Nazionale di fronte alla quale è responsabile, per ottenerne la fiducia».
Il Presidente Terracini riassumendo la discussione, constata che ci sono due questioni da risolvere: 1°) se il Capo dello Stato sia tenuto a far precedere la sua scelta dalle consultazioni d'uso (ciò che è previsto anche nell'ultima formula dell'onorevole Mortati); 2°) se tra la nomina del Primo Ministro e dei Ministri debba esservi una successione di tempo, per cui si abbia anzitutto l'investitura del Primo Ministro con la sua presentazione alla Assemblea per ottenere personalmente il voto di fiducia, e successivamente la nomina dei Ministri.
Pone quindi in votazione la formula dell'onorevole Nobile così concepita:
«Il Primo Ministro e i Ministri sono nominati dal Presidente della Repubblica, dopo essersi consultato con i Presidenti delle due Camere e con i capi dei vari gruppi politici che fanno parte di queste».
(Non è approvata).
Pone in votazione il primo comma dell'articolo proposto dall'onorevole Mortati, quale risulta in seguito a piccole modifiche di forma che egli suggerisce:
«Il Presidente della Repubblica, effettuate le normali consultazioni, nomina il Primo Ministro. Su proposta di questo, procede alla nomina dei Ministri».
(È approvato).
[La discussione prosegue sul tema del voto di fiducia, pertanto il relativo resoconto viene riportato a commento dell'articolo 94.]
Il Presidente Terracini. [...] Comunica che l'argomento della formazione del Governo può ritenersi concluso con l'approvazione del seguente articolo:
«Il Presidente della Repubblica, effettuate le normali consultazioni, nomina il Primo Ministro. Su proposta di questo, procede alla nomina dei Ministri.
Il Governo, costituito a norma del comma precedente, deve presentarsi entro otto giorni all'Assemblea Nazionale per ottenere la fiducia. La pronuncia dell'Assemblea deve avvenire su una mozione motivata, con voto nominativo della maggioranza assoluta dei suoi componenti».
A cura di Fabrizio Calzaretti