[Il 21 dicembre 1946, nella seduta antimeridiana, la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul coordinamento degli articoli sul potere legislativo.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 74 per il testo completo della discussione.]

Mortati. [...] È stato anche accennato all'ipotesi di addivenire allo scioglimento delle Camere in caso di dissenso tra esse e il Governo a proposito di una singola legge. A tale riguardo è sorta anche la questione se lo scioglimento debba essere richiesto per tutte e due le Camere o per una sola. Ma tale questione, secondo lui, si riferisce più che altro all'articolo 38, in cui si prevede l'eventualità di un dissenso fra le due Camere. Qui invece l'una e l'altra Camera verrebbero ad essere in contrasto con il Governo e, pertanto, se dovesse essere adottato il principio dello scioglimento delle Camere in caso di dissenso con il Governo a proposito di una singola legge, ambedue le Camere dovrebbero essere sciolte.

[...]

Lami Starnuti. [...] È del pari fermamente contrario ad attribuire al Capo dello Stato la facoltà di indire il referendum sulle leggi approvate dal Parlamento. A suo avviso, se si verifica un conflitto tra volontà popolare e Parlamento (eventualità che è stata prospettata per giustificare il principio del referendum ad iniziativa del Capo dello Stato), non v'è assolutamente bisogno dell'intervento di quest'ultimo, ma può bastare il referendum di iniziativa popolare. È del parere, quindi, che il Capo dello Stato debba essere posto al di sopra di certi conflitti, il che varrà a conferirgli maggiore prestigio e con ciò maggiore autorità.

Grieco dichiara, da un punto di vista personale, di essere completamente d'accordo con l'onorevole Lami Starnuti. Pertanto è decisamente contrario alle disposizioni, contenute nell'articolo proposto dall'onorevole Mortati, che riguardano l'istituto della sospensione della promulgazione d'una legge approvata dalle due Camere e quello del rinvio della legge, con messaggio motivato, da parte del Capo dello Stato alle Camere per un nuovo esame. È altresì fermamente contrario alla facoltà che, secondo l'articolo proposto dall'onorevole Mortati, dovrebbe essere concessa al Presidente della Repubblica, di indire un referendum sulle leggi già approvate dalle Camere, e ciò, perché uno dei principali elementi di stabilità del regime parlamentare è dato dal fatto che il Capo dello Stato rispetti la volontà del Parlamento. Per risolvere il conflitto tra volontà popolare e Parlamento (eventualità che è stata prospettata per giustificare l'intervento del Capo dello Stato nel processo di formazione delle leggi), sarebbe meglio ammettere la possibilità dello scioglimento delle Camere. L'iniziativa di indire il referendum, concessa al Capo dello Stato, significherebbe attribuzione di un eccessivo potere al Presidente della Repubblica; ciò che potrebbe essere assai pericoloso. Non può essere quindi favorevole che al referendum di iniziativa popolare, secondo quanto giustamente ha affermato l'onorevole Lami Starnuti. Egli pensa che tale principio dovrebbe senz'altro essere ammesso, ma in modo chiaro, per evitare ogni dubbio, nel disposto dell'articolo in esame.

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Nobile dichiara che ogni disposizione che può servire a determinare la stabilità del Governo lo troverà sempre consenziente. Ciò considerato, osserva che, se si dà al Capo dello Stato una facoltà così grave come quella di sciogliere il Parlamento, si potrebbe anche concedergli la facoltà assai meno importante di richiedere che le Camere procedano a una nuova deliberazione di una legge già approvata.

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Tosato è favorevole alle proposte dell'onorevole Mortati, perché ritiene che esse si inquadrino perfettamente nel sistema di governo che la Sottocommissione sta elaborando. Il riesame da parte delle Camere di una legge già da esse approvata può evitare perturbamenti pericolosi nella vita politica del Paese. Lo stesso si può dire per il referendum di iniziativa del Capo dello Stato, perché con tale mezzo si può evitare lo scioglimento delle Camere, che è un provvedimento assai più grave.

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Fabbri osserva che, una volta che si è creduto opportuno istituire una repubblica democratica e parlamentare, non si può ammettere un conflitto tra Governo e Parlamento, perché ciò appunto contrasta con la logica di un governo democratico e parlamentare. Egli ritiene che il problema del riesame di una data legge abbia la sua completa risoluzione con l'adozione del sistema bicamerale. Inoltre, quando si è stabilito che il Capo dello Stato debba rimanere estraneo al processo di formazione delle leggi, ossia che non debba sanzionarle, ma soltanto promulgarle, egli senz'altro deve ottemperare a tale obbligo, a meno che non avverta un insanabile conflitto. In tal caso è inutile pretendere di dare stabilità al Governo con la ricerca di espedienti più o meno complessi: l'unico mezzo consentito da un sistema veramente democratico e parlamentare resta allora quello di indire nuove elezioni. [...]

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti