[Il 12 settembre 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo I «Il Parlamento», Titolo II «Il Capo dello Stato», Titolo III «Il Governo».
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
La Rocca. [...] La questione fondamentale, ora, è quella dei rapporti fra Parlamento e Governo.
Il nodo è qui. È qui l'essenza della vita politica del Paese: e alla stregua dell'organizzazione di questi rapporti e del funzionamento dei vari organi, legislativi ed esecutivi, si attua o non si attua la sovranità popolare.
L'onorevole Orlando, dopo aver ricordato, tra le dichiarazioni di principio, di tendenza approvate dalla Commissione, l'ordine del giorno Perassi, «per l'adozione del sistema parlamentare, da disciplinarsi, tuttavia, con dispositivi costituzionali idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell'azione di Governo e ad evitare le degenerazioni del parlamentarismo», sostiene che la forma prescelta nello schema in esame, contrapposta, evidentemente, da un lato, alla Repubblica presidenziale e, dall'altro, a quella direttoriale, ha la facciata, l'apparenza del sistema parlamentare, «dove, però, sia rafforzata l'autorità del Governo», ma non ne ha i lineamenti, lo stile, sopra tutto l'essenza, sboccando addirittura in una forma di «totalitarismo di assemblea», che assomma tutti i poteri ed «ha le chiavi della cassaforte».
A conferma della sua tesi, allega la intiera «esautorazione» del Capo dello Stato, l'indebolimento dell'esecutivo, con relativa mancanza di unità di funzione, il prevalere di una Camera unica, che «dispone di tutte le leve».
Le critiche presentate da un maestro come l'onorevole Orlando obbligano a riflettere: ma, dopo un attento esame, esse non persuadono. Anzi, si è indotti a giungere alla medesima conclusione dell'onorevole Orlando — vale a dire che non ci troviamo, forse, sul terreno di un vero sistema parlamentare, — per altre vie e per altre ragioni.
In primo luogo, non è giusto affermare che il Capo dello Stato ha, nel Progetto, una parte secondaria, con funzioni tra simboliche e rappresentative; anche se gli è conferita la sola promulgazione delle leggi e non la sanzione: attributo, quest'ultimo, che si è dimostrato una lustra anche nei regimi monarchici e che, in ogni caso, non è necessario ad un Capo dello Stato concepito (ma non troppo!) quale titolare di un potere neutro, moderatore e coordinatore, ossia quale custode della Costituzione, come riconosce lo stesso onorevole Mortati, che pure è un tecnico della materia.
Il Capo dello Stato è investito, secondo il Progetto, di un troppo ampio potere, di cui potrebbe essere tentato di abusare; ha modo di esercitare un'azione politica vastissima ed importante; e se, alle funzioni, non poche e non lievi, che già gli sono attribuite, si aggiungesse la facoltà di sanzionare o di porre veti sospensivi o l'altra di far derivare, essenzialmente, dalla sua autorità il Gabinetto, pur col bisogno, in una tappa successiva, della fiducia del Parlamento, usciremmo dai limiti, generalmente riconosciuti, del sistema parlamentare ed entreremmo nello schema di un regime presso che presidenziale o con lineamenti ed alterazioni presidenziali.
Egli non ha la figura del «fannullone», disegnata dall'onorevole Orlando, ma una posizione quanto mai solida, nella cornice costituzionale.
Rappresenta l'unità nazionale; promulga le leggi ed emana i decreti legislativi e i regolamenti, nomina agli alti gradi i funzionari dello Stato; accredita e riceve i rappresentanti diplomatici; ratifica i trattati internazionali e dichiara la guerra deliberata dall'Assemblea; concede la grazia e commuta le pene (e, quindi, partecipa al potere legislativo); presiede il Consiglio Superiore della Magistratura; ed ha, inoltre, compiti generali, che non s'inquadrano in una definizione giuridica di poteri; ha funzioni non rigorosamente delineate e, perciò, più vaste, di equilibrio, di influenza, di coordinamento, di persuasione, di arbitrato: missione che già s'incarna così felicemente nelle qualità dell'attuale Capo dello Stato, nell'altezza del suo ingegno, nella virtù della sua esperienza, nel suo senso di serenità, di imparzialità, di responsabilità, nel suo spirito di dedizione intiera agl'interessi superiori della Nazione.
E, di là da questo, che non sa di decorazione soltanto, il Capo dello Stato tiene nelle sue mani un potere immenso, che si esplica in quattro attribuzioni, costituzionalmente determinate e sostanziali, vitali, decisive.
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Terza: ha il comando delle forze armate. Oltre che presiedere il Consiglio Supremo di difesa, stringe nel pugno il bastone vero, dispone della forza senza frasi, che, in ultima analisi, decide di tutto e diventa legge, interviene e spazza via ogni altra cosa: abbatte anche questa tribuna, imbavaglia il pensiero e manda, incatenato, il diritto a meditare sulla sua impotenza, nella cella di un carcere.
Lassalle, diceva, giustamente, che la Costituzione è, innanzi tutto, il cannone.
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Il Capo dello Stato non è, dunque, «esautorato».
È vero il contrario. E con le funzioni attribuite dalla Costituzione al Presidente della Repubblica, il figlio spirituale di qualche Boulanger, anche senza i galloni di generale, avrebbe modo di preparare brutti giorni al Paese e gittarlo in pericolose avventure.
A cura di Fabrizio Calzaretti