[Il 10 settembre 1947 l'Assemblea Costituente inizia la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo I «Il Parlamento», Titolo II «Il Capo dello Stato», Titolo III «Il Governo».
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Codacci Pisanelli. [...] In ogni modo, il Progetto si occupa giustamente della formazione delle leggi, e tra l'altro risolve in senso assolutamente negativo la grave e discussa questione dei decreti-legge, cioè dei provvedimenti legislativi di urgenza. In base al nostro progetto di Costituzione, cioè, non saranno più possibili i decreti-legge. Sono consentiti i decreti legislativi, ossia quelli che implicano una delega da parte degli organi legislativi agli organi di Governo; ma non saranno invece ammessi quei provvedimenti legislativi che vengono emanati, in caso di necessità e di urgenza, dagli organi governativi, senza preventiva delega da parte degli organi legislativi.
È stato molto discusso in seno alla Commissione dei Settantacinque se fosse opportuna o meno questa soppressione della potestà di emanare decreti-legge. Le discussioni sono state particolarmente attraenti, ma — e qui parlo a titolo personale — ritengo che in fondo non si possa fare a meno di questa potestà, sempre esercitata dai Governi, di emanare atti con forza di legge quando la necessità e l'urgenza lo richiedano.
Si è detto: in fondo, escludendo la possibilità dei decreti-legge, noi accogliamo il sistema anglosassone, sistema che non prevede la possibilità di atti legislativi d'urgenza emanati dal Governo, ma che tuttavia non ignora l'istituto, in quanto, coi famosi «Bills» d'indennità, vengono esonerati dalla responsabilità i membri del Governo che siano stati costretti ad emanare simili atti legislativi, così che viene sanata la violazione della Costituzione, compiuta in casi di necessità e urgenza.
Ma nel nostro sistema, l'accogliere un principio del genere, il volersi riferire al sistema anglosassone, non sarebbe opportuno, perché in quel sistema non funziona quella Corte costituzionale che funzionerà invece — perché è desiderata da tutti — nel nostro sistema. La Corte costituzionale, di fronte ad un decreto-legge, di fronte ad un atto legislativo emanato dal Governo in caso di necessità e d'urgenzai non potrebbe fare altro che dichiararlo incostituzionale ed invalidarlo, quindi, fin dall'inizio.
E allora, che cosa avverrebbe di tutto quello che si è compiuto in applicazione del decreto-legge? Meglio quindi, siccome non è possibile escludere praticamente l'esercizio da parte del Governo della potestà legislativa in caso di necessità e urgenza, meglio prevedere questa possibilità e contenerla entro limiti ben precisi.
Non si deve pensare che i decreti-legge abbiano avuto origine e trovato applicazione solo nel 1923 e nel periodo successivo. Fin dalla formazione dell'Italia riscontriamo l'uso di questa potestà, benché in maniera molto più limitata di quanto non fu fatto successivamente.
Ma, appunto, un'opportuna disciplina costituzionale, la necessità di presentare questi provvedimenti alle Assemblee legislative per la conversione in legge, potrebbero costituire una garanzia sufficiente, una garanzia integrata dalla possibilità di controllo della Corte costituzionale, che potrebbe assicurarci la giustizia nella legislazione alla quale aspiriamo, dopo la buona prova dei congegni predisposti per attuare la giustizia nell'amministrazione.
Delineata in questa maniera la formazione delle leggi, dopo avere accennato all'esclusione dei decreti-legge, necessari, per esempio, come i cosiddetti decreti-catenaccio, indispensabili allorché si debbano elevare tariffe doganali, per i casi di particolari necessità (si pensi alle catastrofi che purtroppo si verificano sempre e che richiedono provvedimenti di eccezione); dopo avere accennato a questa opportunità di non escludere la possibilità della decretazione di urgenza; dopo avere accennato alla necessità di prevederla e di regolarla per evitare abusi, è bene richiamare l'attenzione dell'Assemblea sull'opportunità di una disciplina costituzionale della potestà regolamentare.
[...]
Crispo. Onorevoli colleghi, parlerò brevemente sul modo in cui il progetto di Costituzione contempla l'attività legislativa del Governo, argomento del quale, a mio avviso, non si rileva mai abbastanza la gravità, per i pericoli enormi che può produrre una legislazione che taluni scrittori definirono una vera e propria usurpazione del potere legislativo da parte del potere esecutivo.
E mi occupo esclusivamente di questo tema, perché mi pare che questa parte del Progetto presenti le maggiori manchevolezze, come mi sarà facile dimostrare.
Come è noto, l'attività legislativa del potere esecutivo si esplica in una duplice forma: attraverso la delega del potere legislativo; attraverso la forma autonoma del decreto-legge.
Il progetto di Costituzione, mentre si occupa dell'attività legislativa delegata, tace del tutto dell'attività legislativa autonoma, quella, cioè, determinata da un vero e proprio stato di necessità e di urgenza.
È stato or ora affermato dall'onorevole Codacci Pisanelli che si volle così abolire questa forma di attività legislativa. Non mi sembra che tale opinione sia da accogliersi essendo, ormai, da tutti riconosciuto che la necessità di fatto possa tramutarsi e si tramuti in una fonte di diritto, e che il decreto-legge ha il suo fondamento e la sua legittimità in uno stato di necessità. Basterebbe in proposito ricordare il decreto-catenaccio, tipico esempio di decreto-legge, determinato da opportunità ed esigenze fiscali o finanziarie. Il silenzio del progetto è, dunque, una lacuna che bisognerà colmare.
[...]
Osservavo or ora che l'articolo 74 non fa cenno del decreto-legge. Io ripeto ancora una volta che il silenzio del progetto di Costituzione non può interpretarsi nel senso che si è voluta vietare questa forma di attività legislativa, pur necessaria e inevitabile in determinate contingenze.
Peraltro, mi permetto ricordare che questa materia è interamente regolata da una legge che, per quanto io sappia, non è stata ancora abrogata: la legge del 31 gennaio 1926, n. 100, la quale disciplina il modo ed il funzionamento dell'attività legislativa del potere esecutivo per mezzo dei decreti-legge. Si devono, adunque, trasferire dal terreno propriamente legislativo al terreno costituzionale le norme in proposito, perché non sia aperto l'adito a maggiori e più pericolosi abusi.
Si ritiene che, durante il ventennio fascista, ammontarono a ben 30 mila i decreti-legge emessi dal Governo, alcuni dei quali perfino per la nomina di qualche impiegato. Né farebbe sorpresa che l'abuso continuasse in regime democratico: di qui la necessità di norme atte a stabilire che il decreto-legge può essere emanato esclusivamente nei casi di urgenza e di necessità, ed a precisare che tali casi non sono mai ammissibili quando le Camere legislative sono in funzione. Tali norme dovrebbero essere integrate con quelle relative alla conversione in legge, al termine di presentazione per la conversione, e a quello entro il quale la conversione debba aver luogo.
Occorrerebbe, infine, stabilire la necessità di delegazioni legislative anche per i decreti-catenaccio, come avviene in Francia, in Belgio, in Svizzera.
A cura di Fabrizio Calzaretti