[Il 16 ottobre 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento».]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'articolo 72. Se ne dia lettura.

Amadei, Segretario, legge:

«L'entrata in vigore d'una legge non dichiarata urgente a maggioranza assoluta, o non approvata da ciascuna Camera a maggioranza di due terzi, è sospesa quando, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione, cinquantamila elettori o tre Consigli regionali domandano che sia sottoposta a referendum popolare. Il referendum ha luogo se nei due mesi dalla pubblicazione della legge l'iniziativa ottiene l'adesione, complessivamente, di cinquecentomila elettori o di sette Consigli regionali.

«Si procede altresì a referendum quando cinquecentomila elettori o sette Consigli regionali domandano che sia abrogata una legge vigente da almeno due anni.

«In nessun caso è ammesso referendum per le leggi tributarie, di approvazione dei bilanci e di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali».

Presidente Terracini. Sono stati presentati vari emendamenti a questo articolo.

L'onorevole Codacci Pisanelli ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire l'articolo 72 col seguente:

«L'entrata in vigore di una legge non dichiarata urgente a maggioranza assoluta, o non approvata da ciascuna Camera a maggioranza di due terzi, potrà essere sospesa dalla Corte costituzionale entro quindici giorni dalla pubblicazione, quando sia stato proposto ricorso per la dichiarazione di incostituzionalità e richiesta la sospensione».

«Subordinatamente: sopprimerlo».

Ha facoltà di svolgerlo.

Codacci Pisanelli. Onorevoli colleghi, la soluzione prevista nel progetto di Costituzione per la questione di cui ci stiamo occupando, costituisce, secondo me, un duplicato. Secondo i principî del progetto, infatti, il problema contemplato dall'articolo 72 concernente la sospensione delle leggi prima della loro entrata in vigore, avrebbe la soluzione della richiesta di referendum, oltre quella del ricorso per incostituzionalità alla Corte Costituzionale. Ritengo che non ci sia necessità di prevedere tante vie per provocare la sospensione. Questa è la ragione per cui ho proposto il mio emendamento sostitutivo del primo comma, nel caso si voglia conservare tale comma.

Come mi riservo di spiegare in successivo momento, aderisco all'idea di coloro i quali concepiscono la funzione della Corte Costituzionale, che vogliono istituire, come una specie di giustizia legislativa, quasi parallela alla giustizia amministrativa, e quindi l'opportunità di affidare a quest'organo giurisdizionale supremo anche l'eventuale sospensione delle leggi. In altri termini, siccome ammetteremo un ricorso contro la costituzionalità della legge, ritengo che per ottenere la sospensione dell'atto legislativo sia sufficiente tale rimedio e non sia opportuno prevederne anche un altro come quello di provocare il referendum popolare. Tanto più che, secondo quanto è previsto nello stesso progetto di Costituzione, noi potremmo offrire un ottimo argomento per porre continuamente in scacco il Governo in quanto sarebbe molto facile fare in maniera che le diverse leggi non possano entrare in vigore.

Per tali motivi ho proposto l'emendamento, appunto ispirandomi a quel principio già altre volte espresso, secondo cui noi vogliamo che la nostra Costituzione dia luogo a un Governo che effettivamente governi.

Presidente Terracini. Segue l'emendamento presentato dagli onorevoli Bozzi, Cifaldi e Nitti.

«Sopprimere il primo comma».

L'onorevole Bozzi ha facoltà di svolgerlo.

Bozzi. Onorevoli colleghi, mi pare che la proposta fatta dall'onorevole Codacci Pisanelli sia condizionata a una decisione che non abbiamo ancora preso e quindi futura e incerta, cioè l'istituzione della Corte costituzionale. Quindi, in questa sede, tale proposta non si può prendere in esame.

Ho proposto la soppressione del primo comma dell'articolo 72. Questo primo comma dà al popolo e a tre Consigli regionali la possibilità di arrestare l'entrata in vigore di una legge, cioè di un atto legislativo che ha già riportato l'approvazione delle due Camere, e noi abbiamo visto ieri sera come le due Camere debbano concorrere con funzione di parità alla formazione dell'atto legislativo.

La legge non è ancora pubblicata, quindi non è efficace. Interviene la richiesta di cinquantamila cittadini o di tre Consigli regionali ed arresta, per lo meno per due mesi, l'entrata in vigore del provvedimento, che è stato approvato dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, che sono l'espressione della sovranità popolare.

Io trovo questo sistema estremamente pericoloso perché fa perdere — secondo il mio punto di vista — quella che è la linea di ciò che noi vogliamo costruire.

Siamo in un sistema di democrazia parlamentare, in cui il Parlamento, eletto a suffragio universale diretto, è il vero ed unico rappresentante della volontà popolare; eppure ad un certo momento il popolo si sovrappone ed impedisce che i suoi rappresentanti diano esecuzione alla loro volontà, deliberata nella forma della legge.

Nella Costituzione di Weimar, alla quale evidentemente questo articolo si è ispirato, vi era qualche cosa di simile — mi rivolgo al professor Mortati che è profondo conoscitore di quella Costituzione, oltre che di altre — ma quel sistema era congegnato diversamente. Nella Costituzione di Weimar si poteva avere un referendum, in quanto un terzo dei deputati avessero chiesto la sospensione della pubblicazione della legge. In sostanza, si configurava la tutela delle minoranze. Poteva darsi che la maggioranza parlamentare facesse una legge sopraffattrice della minoranza ed allora la voce di protesta sorgeva dal seno stesso del Parlamento per chiedere il referendum popolare. E questa richiesta di un terzo dei deputati doveva essere appoggiata da un decimo degli elettori. Una configurazione completamente diversa.

Oggi noi creiamo un sistema pericolosissimo: bastano cinquantamila elettori o tre Consigli regionali perché la legge votata dalla Camera dei deputati o dal Senato venga arrestata, per lo meno per due mesi.

Richiamo la vostra attenzione sul testo dell'articolo 72. Possiamo creare l'ostruzionismo extra parlamentare. Col sistema dei partiti di massa, questi partiti hanno cinquantamila firme dei loro iscritti a loro disposizione e basta che le presentino perché nessuna legge vada più avanti e si determini la più grande incertezza nell'ordinamento giuridico.

Ora, se si fa una legge, è perché si debbono soddisfare determinate esigenze, perché vi è un interesse collettivo, e vi provvede il legislatore.

E vengo ai tre Consigli regionali. Io non sono stato favorevole a dare ai Consigli regionali una autonomia politica; vedevo più le Regioni nel piano amministrativo e ritengo tuttora che una certa utile finzione esse possano svolgere soltanto in quel settore. Ma veramente, onorevoli colleghi, noi concepiamo che tre Consigli regionali possano opporsi alla volontà degli eletti del Parlamento? Io richiamo l'attenzione dell'Assemblea sul pericolo che deriverebbe da ciò e pertanto la invito a sopprimere questa forma di referendum sospensivo, che è contrario al principio della democrazia parlamentare e che sicuramente ingenererebbe un conflitto fra Regioni e Parlamento, che potrebbe essere veramente esiziale. (Approvazioni).

Presidente Terracini. L'onorevole Persico ha presentato due emendamenti:

«Sopprimere il primo comma».

«Sostituire il secondo comma col seguente:

«Si procede a referendum popolare se 500.000 elettori o sette Consigli regionali facciano domanda perché sia abrogata una legge».

L'onorevole Persico ha facoltà di svolgerli.

Persico. Onorevoli colleghi, io ho presentato due emendamenti. Il primo coincide con quello testé svolto dall'onorevole Bozzi e con quello, che deve ancora essere svolto, dall'onorevole Nobile. Poco quindi mi resta da aggiungere a quanto già ha detto l'onorevole Bozzi. Certo, questo meccanismo che si vuole creare per sospendere l'esecuzione di una legge approvata e per sottoporre la legge stessa a referendum è veramente inconcepibile.

È bensì vero che c'è il vago precedente della Costituzione di Weimar, ma si trattava di cosa assolutamente diversa.

Nitti. E che non ha mai funzionato.

Persico. E che non ha mai funzionato. Noi, in tal modo, potremmo avere degli inconvenienti davvero rilevantissimi. Pensiamo che le Regioni nel progetto sono ventidue, mentre nelle richieste fatte ascenderebbero addirittura a più di trenta. Tre piccole Regioni dunque — sia detto questo senza offender nessuno — si possono metter d'accordo per fermare una legge, anche se i loro interessi speciali siano molto ristretti e naturalmente molto circoscritti.

Vi sarebbe inoltre un'azione di propaganda da parte anche dei piccoli partiti per raccogliere i primi cinquantamila elettori. È quindi una specie di pietra che noi verremmo a mettere nelle ruote della macchina legislativa perché l'ingranaggio non funzioni più. Mi pare più opportuno sopprimere questo primo comma per la rapidità e per la serietà stessa della funzione legislativa.

Veniamo ora al secondo mio emendamento che riguarda il secondo capoverso. Con questo emendamento io avrei ritenuto opportuno di togliere la restrizione «vigente da almeno due anni».

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma, onorevole Persico, questo è collegato con il primo comma: se viene soppresso il primo comma, automaticamente decade anche questo.

Persico. Sta bene.

Presidente Terracini. L'onorevole Nobile ha presentato il seguente emendamento:

«Sopprimere il primo comma.

«Subordinatamente, sostituire alle parole: cinquantamila elettori, le parole: centomila elettori, e sopprimere le parole: o tre Consigli regionali».

Ha facoltà di svolgerlo.

Nobile. Ho proposto anch'io la soppressione del primo comma. Io non ho, al riguardo, nulla da aggiungere a quanto già hanno ben detto i colleghi onorevoli Bozzi e Persico. Certo, è inammissibile che cinquantamila elettori possano paralizzare l'attività legislativa delle Assemblee. Potrebbe infatti avvenire, ad esempio, che il partito neo-fascista che è sorto oggi, il Movimento sociale italiano, raccolte le cinquantamila firme, si dia a paralizzare sistematicamente l'azione legislativa. Non ci sarebbe purtroppo, da meravigliarsi.

Ma io ho anche proposto, subordinatamente all'eventuale accoglimento della mia proposta soppressiva, che il numero degli elettori venga almeno aumentato a centomila: anzi, ora rettifico, per aderire al suggerimento di altri colleghi, elevando la cifra a 150 mila.

Ad ogni modo, volevo far osservare questo: che non è assolutamente ammissibile che siano tre Consigli regionali ad esercitare la facoltà di arrestare l'entrata in vigore di una legge. Infatti, faccio osservare che è molto più facile ad un Consiglio regionale di deliberare, che non sia quello di raccogliere 50 mila o 100 mila o 150 mila firme. Quindi, sarebbe perfettamente possibile il caso che tre Consigli regionali si mettessero d'accordo e sistematicamente sabotassero l'attività legislativa nazionale.

D'altra parte, già s'è commesso l'errore di dare a questi Consigli regionali una facoltà legislativa: sarebbe ancora veramente enorme se si ammettesse una loro ingerenza anche nelle leggi di carattere nazionale.

Per queste ragioni voterò la soppressione di tutto il comma, e, in linea subordinata, chiedo che sia accettato l'emendamento da me proposto, che eleva la cifra fissata da 50 a 150 mila.

Desidero anche avvertire che sulla convenienza di sopprimere le parole «o tre Consigli regionali» vi è una domanda di appello nominale.

Presidente Terracini. L'onorevole Preti ha presentato il seguente emendamento:

«Al primo comma, alle parole: non approvata da ciascuna Camera a maggioranza di due terzi, sostituire: non approvata dalla Camera dei deputati a maggioranza di due terzi».

Ha facoltà di svolgerlo.

Preti. Dopo la votazione di ieri credo che sia inutile che io insista nel mio emendamento che tendeva a dare alla Camera dei deputati una posizione particolare. Pertanto lo ritiro.

Presidente Terracini. L'onorevole Nobili Tito Oro ha facoltà di svolgere i seguenti emendamenti:

«Al primo comma, alle parole: quindici giorni, sostituire le altre: trenta giorni».

«Al secondo comma, sopprimere le parole: da almeno due anni».

«Sopprimere il terzo comma».

Ha facoltà di svolgerli.

Nobili Tito Oro. L'articolo 72, onorevoli colleghi, porta sul piano dell'iniziativa del popolo e dei Consigli Regionali l'istituto del referendum legislativo che, come si è visto col soppresso articolo 70, si è dimostrato niente affatto accetto a questa Assemblea. Eppure trattasi di una delle più caratteristiche espressioni della sovranità popolare, del tutto nuova per noi sul terreno politico, ma tanto simpaticamente accolta dal nostro popolo, fin dai primi anni del secolo, per le deliberazioni sulle municipalizzazioni e sulle demunicipalizzazioni dei pubblici servizi!

Come i colleghi hanno constatato, l'articolo 72 stabilisce che «l'entrata in vigore d'una legge non dichiarata urgente a maggioranza assoluta, o non approvata da ciascuna Camera a maggioranza di due terzi, è sospesa quando entro quindici giorni dalla sua pubblicazione, cinquantamila elettori o tre Consigli regionali domandano che sia sottoposta a referendum». E aggiunge che il referendum ha luogo se nei due mesi dalla pubblicazione della legge l'iniziativa ottiene l'adesione, complessivamente, di cinquecentomila elettori o di sette Consigli regionali.

Stabilisce ancora l'articolo 72, al comma secondo che: «si procede altresì a referendum quando cinquecentomila elettori o sette Consigli regionali domandano che sia abrogata una legge vigente da almeno due anni». Infine coll'ultimo comma si dichiarano sottratte a questo procedimento le leggi tributarie, di approvazione dei bilanci e di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali.

Il testo dell'articolo è chiaro e altrettanto chiaro ne è lo spirito: esso mira a istituire due forme di consultazione popolare che s'integrano nella forma preventiva, o veto, e in quella abrogativa del referendum legislativo.

L'Assemblea, preoccupata della esperienza fatta di questo istituto in altri paesi e specialmente in Svizzera, nonché della sproporzione che si potrebbe verificare tra il fine che col referendum si vorrebbe raggiungere e mezzi pesanti e onerosi che si dovrebbero all'uopo impiegare, si dimostra perplessa e il suo stato d'animo è dimostrato dal tenore degli emendamenti presentati. Si pensa al turbamento che un esperimento del genere porterebbe nel paese colla campagna di propaganda dei partiti e coi pericoli e col disordine che l'accompagnano; coll'impiego indispensabile della forza pubblica; colla immobilizzazione di funzionari. E si pensa al conseguente carico di spese che si valuta in cifre astronomiche. Si osserva che la coesistenza di due rami del Parlamento costituisce sufficiente garanzia di ponderazione dall'opera legislativa; che l'istituto della petizione, accortamente disciplinato, può dare, con minimi mezzi, risultati non meno utili di quelli che il macchinoso referendum conta di conseguire. Si sono fatti eco di questo stato d'animo, fra tanti altri, l'onorevole Targetti, pel nostro Gruppo, che con il suo emendamento mira a sopprimere l'intero articolo, gli emendamenti soppressivi del primo comma, quello dell'onorevole Nobile che esclude dalla iniziativa del referendum i Consigli regionali, ecc.

Io non potrei svolgere gli emendamenti da me proposti, del resto così evidenti, senza ripetere che questi sono subordinati ai primi e che io voterò prima per le proposte soppressive e per la esclusione dei Consigli regionali da questo procedimento, dovendo l'attività delle Regioni limitarsi al campo amministrativo. Ho avuto occasione di ripetere più volte il concetto che gli enti Regione sono stati istituiti come organi di decentramento amministrativo; tanto che quando noi l'investimmo del sospetto di un programma politico, rivolto, secondo certa tradizione contro l'unità dello Stato, si sollevarono contro di noi tutte le possibili proteste. Se quelle proteste erano sincere non si deve pretendere oggi di attribuire a quegli Enti una funzione politica di primo piano, quasi di corpo legislativo di seconda istanza, a controllo della Camera dei deputati e del Senato. Ecco perché, qualora gli emendamenti soppressivi non siano accolti, sosterrò anche l'emendamento Nobile al primo comma, che si comunica e si estende automaticamente anche al secondo.

Con queste premesse e con questi chiarimenti passo allo svolgimento dei miei emendamenti subordinati, che mi auguro non abbiano bisogno di essere posti in votazione. Il primo dei miei emendamenti si fa eco della preoccupazione diffusa che, data la fluida e mutevole maggioranza, con la quale veniamo varando questo progetto di Costituzione, si possa verificare il caso che quello che la maggioranza ha votato ieri rispetto all'articolo 70 non si confermi oggi per quanto riguarda l'articolo 72.

E allora se il referendum dovesse restare anche nella prevista forma preventiva o di veto sarebbe necessario avvertire che il termine di 15 giorni accordato per introdurre la richiesta di referendum e per ottenere la sospensione della legge non può essere sufficiente. Se non è difficile che tre Consigli regionali siano convocati, deliberino e presentino la richiesta nello spazio di quindici giorni dalla pubblicazione, quando si tratti invece di raccogliere cinquantamila firme, anche se la raccolta si faccia in una grande città o in un centro unico, non si deve considerare soltanto la difficoltà materiale di raccogliere tante sottoscrizioni, ma si deve pensare pure, che queste dovranno essere autenticate e corredate dei rispettivi certificati d'iscrizione nelle liste elettorali; o quanto meno, gli uffici elettorali dovranno apporre al firmario la certificazione della iscrizione di ciascun sottoscrittore. Nel mio emendamento propongo pertanto, che il termine di quindici giorni sia portato almeno a trenta giorni.

Si obietta che il termine effettivo utilizzabile per queste operazioni e per la presentazione non è in realtà di soli quindici giorni, giacché le leggi non vengono pubblicate immediatamente dopo l'approvazione. Ma l'esperienza dimostra anche la possibilità che la pubblicazione segua immediatamente l'approvazione.

Naturalmente, se l'emendamento venisse approvato, dovrebbe essere correlativamente modificato e allargato anche il termine dell'entrata in vigore delle leggi soggette al procedimento previsto nel primo comma.

Per quel che riguarda il secondo comma dell'articolo 72, il mio emendamento corrisponde a quello presentato dal collega Persico: non si vede la ragione per la quale, di fronte a leggi che meritino l'abrogazione, di fronte a leggi che non corrispondano alle necessità del Paese o che non siano aderenti, nel loro fondamento etico e sociale, al sentimento della grande maggioranza dei cittadini, si dovrebbero attendere ben 2 anni per l'esercizio del diritto di referendum abrogativo. Il referendum o si ammette (e noi non siamo per l'ammissione) o non si ammette. Se si ammette, si deve circondare di forme serie, attuabili, pratiche, idonee al raggiungimento dei fini previsti. Per questi motivi chiedo la soppressione del termine e conseguenzialmente la soppressione nel testo della locuzione «da due anni».

Col terzo emendamento ho proposto la soppressione della disposizione del terzo comma. Se si accorda la possibilità di promuovere la abrogazione di leggi che si ritengono dannose, io non comprendo perché al popolo non debba essere concesso il diritto di far mancare la ratifica di trattati internazionali, che si giudichino iniqui, odiosi, pericolosi. Il trattato della triplice alleanza e il cosidetto «patto di acciaio» ammoniscano!

Presidente Terracini. L'onorevole Targetti ha proposto di sopprimere gli articoli 72 e 73.

Ha facoltà di svolgere la sua proposta.

Targetti. Onorevoli colleghi. A sostegno del nostro emendamento soppressivo degli articoli 72 e 73 sono state già apportate valide considerazioni dagli oratori che mi panno preceduto, quantunque questi si siano limitati a chiedere la soppressione della prima parte dell'articolo 72 e non di tutto l'articolo come noi chiediamo.

Noi per i primi dobbiamo riconoscere che il concetto ispiratore di questa norma è un concetto che dal lato dottrinale ed anche dal lato politico in astratto ha le sue attrattive. Se queste attrattive questo principio non avesse, non si spiegherebbe come sia condiviso e sostenuto da molti egregi uomini politici e studiosi della materia: il principio di far partecipare direttamente il popolo alla formazione della legge. Concedere al popolo di esercitare direttamente questo diritto di veto significa concedergli la possibilità di una diretta ingerenza nel campo legislativo. Ma in pratica questo principio porta inconvenienti così gravi da renderci persuasi dell'impossibilità di dargli un'utile applicazione.

Basta fermare l'attenzione sul modo col quale si propone di applicarlo. Cioè un modo macchinoso, tanto macchinoso da non poter forse dar mai un risultato pratico.

L'Assemblea ricorda che entro quindici giorni si dovrebbero raccogliere 50 mila firme di elettori. Raccoglierle in forma autentica. Cinquantamila firme di elettori che chiedono la sospensione dell'applicazione della legge. Si dirà: c'è una via più breve, cioè l'intervento di tre Consigli regionali.

Senza lasciarmi in nessun modo influenzare da poca simpatia verso l'istituto della Regione, tanto più che questa mancanza di simpatia non mi si potrebbe rimproverare, dico tuttavia che attribuire a tre Consigli regionali, il che vuol dire alla maggioranza di tre Consigli regionali, questa facoltà (quando si tenga conto che vi saranno delle Regioni con una popolazione molto modesta) vuol dire attribuire questa facoltà non direttamente al popolo ma a pochi rappresentanti di pochi elettori raccolti in tre Regioni, che possono avere eventualmente anche degli interessi non nazionali ma regionali, che si oppongono all'approvazione e al rispetto di una legge approvata nell'interesse nazionale. Credo che tutti si dovrebbe essere d'accordo nel rinunciare a questa ipotesi.

Resterebbe, caso mai, l'intervento diretto. Entro quindici giorni raccogliere 50 mila firme. Entro tre mesi raccogliere quelle di 500 mila elettori per richiedere il referendum.

Questo per rilevare che anche in pratica questa norma, ammesso che fosse una norma utile, non avrebbe la possibilità di applicazione. Secondo noi non è una norma saggia; tanto più non è saggia nel secondo comma del quale l'onorevole Persico e gli altri non si sono occupati.

La gravità degli inconvenienti prodotti da questo principio è ancora molto maggiore nell'ipotesi contemplata dal secondo comma. L'Assemblea ricorda: si procede al referendum quando 500 mila elettori domandino che sia abrogata una legge vigente da almeno due anni. È inutile che faccia perdere tempo all'Assemblea nel richiamare la sua attenzione sopra la pericolosità di una norma che rende la legislazione così mutevole, così instabile.

È come costruire una legislazione sulla sabbia mobile.

Uberti. Siete contro il referendum.

Targetti. Siamo contro l'uso del referendum per sospendere l'applicazione di una legge o anche abrogare una legge che nella sua vita sia pur breve, ha creato degli interessi, delle situazioni giuridiche, che vanno rispettate. A ciò noi siamo decisamente contrari. Quindi proponiamo senz'altro la soppressione di tutto l'articolo.

Lo sappiamo che in Svizzera questo accade. In Svizzera prima che una legge venga pubblicata in quella che è per noi la Gazzetta Ufficiale deve stare per un certo periodo nel limbo. Ma io vorrei raccomandare ai colleghi di non procedere con troppa facilità per analogia con quello che accade in Svizzera, nazione di popolazione così limitata, da potersi considerare come una nostra grande regione.

Chiediamo pertanto la soppressione dell'articolo 72 e dell'articolo 73 che vi è strettamente collegato.

Fuschini. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Fuschini. Faccio presente all'Assemblea che con l'articolo 68 noi abbiamo già ammesso che il popolo può avere l'iniziativa delle leggi attraverso un referendum proposto con cinquantamila firme.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non è referendum: e cioè decisione da parte del popolo. È iniziativa, ossia proposta di legge al Parlamento. Non è una votazione, è una raccolta di nomi. Ossia è un'altra cosa dal referendum, anche se si presenta come manifestazione popolare.

Fuschini. Sì, è esatto quanto ella, onorevole Ruini, osserva: non è referendum, ma è sempre un modo di intervento diretto del popolo nella iniziativa delle leggi. Questa democrazia diretta si vuole applicare, con l'articolo 72, mediante il referendum sulla sospensione e abrogazione delle leggi.

Il referendum può essere chiesto da cinquecentomila elettori o da sette Consigli regionali. Mi si consenta di osservare prima di tutto che non mi sembra opportuno ammettere che sette Consigli regionali possano prendere l'iniziativa dell'abrogazione delle leggi. I Consigli regionali, come noi li abbiamo concepiti, hanno facoltà, sia pure limitata, di emanare leggi di portata regionale. Non dobbiamo aumentare le possibilità di contrasto che si potranno creare tra questi Consigli regionali e lo Stato o il Parlamento.

Questa delicata materia che si riferisce al referendum deve essere ordinata in maniera da evitare la incertezza della legge. Quando una legge è approvata dalle due Camere e promulgata dal Presidente della Repubblica, deve avere la certezza, per tutti i cittadini, della sua applicazione e non vi debbono essere periodi di incertezza sulla sua efficacia.

La proposta contenuta nel primo comma dell'articolo 72 riuscirebbe facile, purtroppo, a praticarsi. Si dice infatti che «l'entrata in vigore d'una legge non dichiarata urgente a maggioranza assoluta, o non approvata da ciascuna Camera a maggioranza di due terzi, è sospesa quando ecc.». Ora è da considerare che le leggi dichiarate urgenti a maggioranza assoluta e le leggi non di urgenza, ma votate a maggioranza di due terzi, saranno pochissime, secondo il mio modesto avviso, perché le dichiarazioni d'urgenza appoggiate da una maggioranza assoluta saranno ben rare.

Non sappiamo ancora come sarà regolamentata la «urgenza» e non sappiamo per quali leggi si richiederà la maggioranza dei due terzi. Nel progetto di Costituzione vi sono pochissimi casi; uno ne ricordo, in cui è richiesta la maggioranza di due terzi, ed è quello della nomina del Presidente della Repubblica, che deve essere eletto dall'Assemblea nazionale a maggioranza di due terzi. È facile comprendere come questa maggioranza sia assai difficile a raggiungere, e di questo credo che non ci sia bisogno di dimostrazione. Faremmo pertanto cosa utile e saggia se abolissimo addirittura il primo comma di questo articolo, senza sottoporre a sospensiva, né da parte dell'iniziativa dei cinquantamila elettori (che poi dovranno diventare cinquecentomila) né da parte di tre Consigli regionali (che dovranno completarsi a sette), perché, come ha osservato a questo proposito l'onorevole Persico, noi creeremmo fuori delle Assemblee legislative un ostruzionismo che non potremmo in alcun modo governare. Infatti i Consigli regionali saranno determinati da impulsi politici e da impulsi amministrativi, e questi saranno di diverso grado e di diverso ordine, tali da non poter essere previsti e regolati da alcuna legge, perché determinati nell'ambito della loro autonomia regionale. Pertanto ripeto che faremo cosa saggia se abbandoneremo addirittura questo primo comma dell'articolo 72.

Inoltre credo che dovremmo regolare meglio il secondo comma, ammettendo il referendum per l'abrogazione di tutte le leggi vigenti, e non soltanto di quelle in vigore da due anni, perché non c'è ragione di limitare l'abrogazione delle leggi a quelle che sono in vigore da almeno due anni. Infatti se vi può essere una ragione, per alcune leggi, di attendere almeno due anni per stabilire se siano dannose alla vita del Paese, vi sono però leggi il cui contrasto con gli orientamenti del Paese è immediatamente avvertibile.

Per questo abolirei il termine di due anni, ma stabilirei altre cautele indispensabili perché questa materia fosse regolata dalla Costituzione o dalla legge che dovrà stabilire le modalità del referendum.

Per quanto si riferisce invece all'ammissione o non del referendum per le leggi finanziarie, io credo che qui bisogna che ci mettiamo una mano sulla coscienza tutti quanti. Se noi ammettessimo che le leggi finanziarie potranno entrare fra le leggi che possono abrogarsi per referendum, siate pur certi che non solo tutti i 28 o 30 milioni di elettori, ma tutto il popolo sarebbe favorevole a un tale referendum.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma c'è l'ultimo comma, che lo impedisce.

Fuschini. Sta bene; ma io combatto l'opinione dell'onorevole Nobili Tito Oro, il quale ha sostenuto che per le leggi finanziarie e per i trattati internazionali si possa ammettere il referendum. I trattati internazionali devono essere approvati con leggi speciali dalle Camere, e se un trattato è approvato dalle Camere, non mi pare che possiamo far intervenire il popolo in una materia così delicata, che incide sui rapporti internazionali. Demograficamente parlando, noi non siamo una piccola Nazione, ma una grande Nazione, per cui il referendum deve essere fatto con immense cautele, per non turbare l'andamento della vita politica del Paese e i suoi rapporti con gli altri Stati. Esso può essere utile per intervenire in alcuni problemi che possono essere facilmente compresi dal popolo.

Se estendessimo le possibilità del referendum su materie troppo delicate e decisive per la vita dello Stato, rischieremmo di produrre gravi inconvenienti.

Concludendo, sono favorevole alla soppressione del primo comma, ed al mantenimento del secondo e terzo comma.

Perassi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Perassi. In questa discussione sono stati avanzati punti di vista notevolmente diversi. Io non entro nella questione generale del referendum, perché è inutile ormai fare discussioni di ordine accademico, ma resterò sul terreno concreto.

Sul terreno concreto, in relazione alle diverse proposte contenute nell'articolo 72, sono stati anche qui assunti degli atteggiamenti che, mi permetto di dire, sono un po' contraddittori. Caratteristica, ad esempio, è la posizione dell'onorevole Nobili Tito Oro, il quale, mentre da un lato dichiara di aderire alle proposte di soppressione dell'articolo, propone, dall'altra parte, la soppressione del terzo comma, ossia arriva ad ammettere che il referendum, sia pure soltanto abrogativo, possa funzionare per qualsiasi legge. (Interruzione del deputato Nobili Oro).

Ma veniamo al concreto: nello schema dell'articolo 72 si propongono due tipi di referendum; l'uno, contemplato nel primo comma, è il referendum come elemento di formazione della legge; l'altro invece è il referendum che possiamo dire abrogativo. È da notare che la formula usata nel primo comma dell'articolo 72 darebbe al referendum una configurazione giuridica che diverge da quella propria del referendum cosidetto facoltativo, adottato in Svizzera.

Nella Confederazione, quando una legge è votata dalle due Camere federali, non viene pubblicata ai fini dell'entrata in vigore, come è previsto nel nostro progetto, ma viene invece annunziata al pubblico mediante la inserzione in un foglio speciale, — La Feuille Fédérale —, che è diverso dal Recueil des lois fédérales. Lo scopo di questa prima pubblicazione è semplicemente quello di portare a conoscenza del popolo che il Parlamento ha votato quella legge e di permettere al popolo di esercitare l'iniziativa del referendum, ossia di presentare entro il termine di tre mesi il numero di firme richiesto perché abbia luogo il referendum sulla legge. In questo sistema, il referendum viene a configurarsi giuridicamente come un elemento che concorre a formare la legge. Il voto del popolo si aggiunge a quello delle Camere, quale elemento costitutivo della legge.

Ora il sistema che è stato escogitato nel nostro progetto non coincide con quello svizzero, perché, secondo la formula qui proposta, quando una legge è votata dal Parlamento essa è pubblicata nel senso tecnico della parola; soltanto la sua entrata in vigore, che normalmente dovrebbe cominciare decorsi 20 giorni dalla pubblicazione, viene ad essere automaticamente sospesa, se nei termini prescritti sono presentate le firme richieste per il referendum nel numero minimo richiesto a questo fine.

Dal punto di vista giuridico, nel sistema proposto, il referendum viene ad assumere una configurazione diversa da quella del sistema svizzero. In realtà, il referendum assumerebbe il carattere di un veto, nel senso che la legge è perfetta ma se, per ipotesi, domandatosi il referendum, questo dà un voto negativo, la legge viene meno.

Il sistema qui proposto presenta, da certi punti di vista pratici, rispetto al sistema svizzero, il vantaggio di rendere più rapida la macchina nel senso che, se entro quindici giorni le firme non sono presentate, la legge, che è già pubblicata, entra senz'altro in vigore.

Resta da vedere, per venire alla soluzione concreta — una volta che non si assuma una posizione aprioristicamente contraria al referendum — con quali limiti, con quale ampiezza questo istituto di democrazia diretta viene accolto dalla Costituzione.

Quali sono le cautele? Io invito i colleghi a leggere bene il complesso delle norme proposte e a rendersi ragione dei limiti nei quali questo meccanismo del referendum funzionerebbe.

In primo luogo: se una legge è dichiarata urgente, è esclusa la possibilità del referendum. In secondo luogo, se una legge è votata in ciascuna delle Camere in una certa maggioranza qualificata, il referendum è pure escluso. In terzo luogo, vi è un limite per materia, che è indicato nell'ultimo comma dell'articolo: le leggi tributarie, le leggi di approvazione di bilanci e quelle di autorizzazione a ratificare trattati, sono sottratte alla procedura del referendum.

Ora, date queste cautele, dati questi limiti per materia, a noi sembra che l'introduzione del referendum non possa sollevare obbiezioni. Si tratta di un istituto che può essere opportuno. Se il Parlamento adotta una legge, che nell'opinione pubblica è ritenuta contraria agli interessi generali, perché si vorrebbe impedire che il popolo possa essere chiamato a pronunciarsi su di essa?

Dunque, dati i limiti nei quali il referendum è accolto dal progetto, credo che la Costituzione debba accogliere questo istituto, che attua concretamente il principio della sovranità popolare, ed ha anche il grande pregio educativo di abituare il popolo a partecipare alla vita politica mediante giudizi su cose concrete, e non soltanto su persone.

Per quanto concerne il secondo comma, riteniamo opportuno mantenere il limite di due anni. S'intende che questo limite ha ragion d'essere solo quando il referendum abrogativo, previsto nel secondo comma, non sia la sola forma di referendum accolta nella Costituzione, ma si accompagni al referendum preveduto nel primo comma. Il limite dei due anni è ispirato dalla considerazione che prima di mettere in moto la macchina del referendum, che è già una macchina pesante, ed eventualmente provocare l'abrogazione di una legge in vigore, è opportuno che questa legge abbia fatto una certa esperienza: quello di due anni sembra un termine abbastanza breve e nel tempo stesso sufficiente per permettere che questa esperienza si faccia.

Con questi criteri e con questo spirito, noi appoggiamo l'articolo 72 così com'è, perché riteniamo che esso costituisca un'innovazione che il nostro ordinamento costituzionale deve accogliere, se la sovranità popolare, a cui tutti si richiamano, non è intesa come una frase fatta, vuota di contenuto.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Il primo emendamento che è stato presentato dall'onorevole Codacci Pisanelli credo sarebbe opportuno venisse ritirato. Debbo infatti fare al riguardo due osservazioni, l'una di forma e l'altra di sostanza. L'onorevole Codacci Pisanelli propone che, quando sia stato inoltrato un ricorso alla Corte Costituzionale, questa possa sospendere l'applicazione della legge. La prima osservazione è che noi non sappiamo ancora se vi sarà o no la Corte Costituzionale. Si tratta di una decisione che non abbiamo ancora preso. In secondo luogo gli obbietterò — e questo è il lato più serio della questione — che, secondo tale sua proposta, un solo cittadino, un qualunque cittadino della Repubblica potrebbe venire a sospendere una legge: così infatti è previsto, per i giudizi cosidetti incidentali, nelle norme del progetto concernenti la Corte Costituzionale. Prego l'onorevole Codacci Pisanelli, che è un così fine giurista, di non insistere su un così inammissibile punto.

Veniamo ora alle altre questioni. Ricorderò che l'articolo risulta di tre commi. Nel primo, è previsto un tipo di referendum che mi consentirete, sebbene riconosca io per il primo l'improprietà della frase, di chiamare sospensivo e preventivo. Nel secondo, è previsto invece un referendum abrogativo; il terzo comma indica alcune categorie di leggi che sono sottratte alla possibilità dell'una e dell'altra specie di referendum.

Per quello che riguarda le proposte di emendamento che sono state avanzate al riguardo, dobbiamo distinguerle in due grandi ordini. Il primo è caratterizzato dalla proposta assolutamente radicale dell'onorevole Targetti, il quale vorrebbe senz'altro cancellare ogni possibilità di referendum. Il secondo ordine invece, che comprende gli emendamenti presentati da numerosi altri colleghi, è caratterizzato dal punto di vista secondo cui, conservando il solo emendamento abrogativo, si intenderebbe sopprimere la prima forma di referendum, che impropriamente abbiamo chiamato sospensivo o preventivo.

Ora, io debbo nettamente dichiarare che l'emendamento dell'onorevole Targetti mi pare contrasti con quella che era stata la decisione unanime della Commissione, perché noi avevamo ritenuto che il referendum dovesse essere introdotto nella Costituzione italiana. Non vi starò a richiamare, onorevoli colleghi, le ragioni teoriche: si era ritenuto che, in regime democratico, il popolo potesse esprimersi in due modi fondamentali: indirettamente con l'elezione del Parlamento e direttamente a mezzo del referendum.

Debbo sottolineare, come dissi in altri interventi, che il referendum è necessario appunto per togliere al Parlamento il carattere di solo organo sovrano, mentre in fondo la sovranità del Parlamento è mediata, giacché il vero sovrano deve essere il popolo. Purtroppo anche ieri noi abbiamo soppresso un referendum: quello in caso di conflitto fra le due Camere. Mi inchino alla volontà della maggioranza dell'Assemblea, ma mi dolgo di tale prima amputazione.

Il principio del referendum è stato ammesso, come concetto generale, da tutti gli oratori all'Assemblea; anche gli onorevoli Corbi, Preti, Di Gloria ed altri comunisti e socialisti hanno riconosciuto la necessità dell'istituto del referendum nella nuova Costituzione, pur sostenendo che deve essere sottoposto a cautele e se ne deve fare un «savio e corretto uso». Se così è, se tutti si sono pronunziati pel referendum, non credo che si possa entrare in un ordine di idee così radicale come quello dell'onorevole Targetti, che sopprime, se non interamente, quasi interamente il referendum nella Costituzione, e lo svuota così di ciò che si doveva intendere come un'acquisizione concordata.

Emendamenti di altri colleghi sopprimono una delle due figure del referendum, la sospensiva e preventiva, e mantengono quella del referendum abrogativo.

Anche nella Commissione dei Settantacinque vi sono state delle correnti ostili alla prima forma di referendum. L'onorevole Grassi, che allora era segretario della Commissione, e che ha scritto da giovane un libro notevole sul referendum, ha combattuto il referendum sospensivo o preventivo. Ma la maggioranza si è pronunciata per adottarlo.

Le obiezioni contrarie possono formularsi, mettendo in luce il carattere di veto che ha il referendum sospensivo e preventivo; l'azione appunto di sospensione e di arresto che esercita sul procedimento legislativo, a cui toglie certezza e definitività; il pericolo che un partito o una corrente d'interessi possa con facilità raccogliere il numero di firme necessarie per la sospensiva e turbare, almeno momentaneamente, la macchina della legislazione. Un'obiezione più radicale che può addursi per il referendum sulle leggi, e specialmente per quello sospensivo e preventivo, è che il giudizio sulla legge richiede una competenza tecnica, sia pur elementare, che non risiede nella massa del popolo; e per ciò appunto si ricorre ad elezione di scelti rappresentanti.

A sostegno del referendum preventivo e soppressivo si afferma, in via di principio, che nulla può opporsi all'intervento diretto del popolo nella funzione legislativa; come avviene spiccatamente in Svizzera, dove il referendum è in molti casi obbligatorio per la formazione delle leggi, ed equivale ad una seconda lettura o ad una terza Camera. Dalla forma elvetica, di cui l'amico Perassi sembra avere nostalgia giuridica, è diverso il sistema che si propone per l'Italia. A mettere in moto il referendum occorre un numero di firme raccolte così considerevole che — contrariamente al rilievo di soverchia facilità — altri dice (l'abbiamo udito pur qui) che la disposizione resterà praticamente (il che io non credo) lettera morta. Ma i freni e le cautele dell'esercizio del referendum preventivo e sospensivo sono principalmente due, nel testo del progetto. Il Parlamento può impedire a priori il ricorso a tale referendum dichiarando l'urgenza delle leggi a maggioranza assoluta, o approvandole col voto di due terzi dei suoi membri. Vi sono poi categorie di leggi, indicate nell'ultimo comma dell'articolo, che sono sottratte ad ogni e qualunque forma di referendum. Il complesso di tali cautele dovrebbe, si dice, tranquillizzare anche sull'applicazione del referendum sospensivo e preventivo. Anch'io personalmente posso avere dei dubbi su tale forma di referendum. E debbo soprattutto insistere sulla grande differenza che c'è fra la proposta dell'onorevole Targetti e le proposte degli altri colleghi. Targetti ha proposto, infatti, un emendamento col quale il referendum uscirebbe dalla nostra Costituzione per quanto riguarda le leggi.

Targetti. No!

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. E dove rimarrebbe?

Targetti. Non ho avuto la fortuna di spiegarmi bene. È colpa mia.

Io ho sostenuto la soppressione di questo articolo, dove è incluso il referendum relativo all'approvazione delle leggi. Ma questo non impedisce a me, in piena coerenza, di ammettere il referendum in altri casi.

C'è nella Costituzione un'ipotesi di referendum, ad esempio, anche per la revisione della Costituzione stessa.

La prego di correggere l'interpretazione del mio pensiero nel senso che sono contrario ad adottare il referendum ai fini cui servirebbe secondo l'articolo in discussione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Rispondo all'onorevole Targetti che, sopprimendo il referendum legislativo, si sopprime il referendum nella sua manifestazione più vasta e concreta. Non si può dire che il caso solitario ed eccezionale del referendum per la revisione costituzionale introduca veramente nel nostro Paese l'istituto del referendum, su cui sembrava realizzata all'inizio la unanimità dei consensi. L'onorevole Targetti afferma che egli non è contrario — tutt'altro! — all'idea del referendum, e che cercherà altre applicazioni, ma non le indica, tranne il referendum per la revisione costituzionale. Così in sostanza, lo ripeto, non dà effettiva attuazione all'idea del referendum, che dovrebbe essere una delle caratteristiche innovative dell'ordinamento del nuovo Stato italiano, in un senso che ormai mi sembra indispensabile in una nuova democrazia.

Io chiedo che sia adottato il referendum abrogativo. Per l'altro preventivo e sospensivo, decida l'Assemblea come crede. (Approvazioni).

Presidente Terracini. Chiedo ai presentatori se insistono nei loro emendamenti.

Onorevole Targetti, mantiene il suo emendamento?

Targetti. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Codacci Pisanelli, lo mantiene?

Codacci Pisanelli. Volevo precisare due punti del mio pensiero. Primo: è stato pensato che in ogni caso io ritenessi la possibilità che una legge sia sospesa, da qualunque cittadino si faccia il ricorso. Secondo: che l'Alta Corte fosse sempre tenuta a concedere questa sospensione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. No, non l'ho detto.

Codacci Pisanelli. Mi riferivo ad una posizione analoga a quella che si verifica per l'atto amministrativo, per cui la sospensione viene accordata dalla magistratura amministrativa competente solo in casi di particolare gravità.

Quanto alla possibilità di impugnativa da parte di un solo cittadino, non ho affatto ammesso tale principio. Mi riferivo a quanto è stabilito nell'articolo 128, dove è previsto chi deve promuovere la dichiarazione di incostituzionalità.

Comunque, sono d'accordo sull'opportunità di rinviare la questione e non insisto sul mio emendamento, riservandomi di esaminare la questione quando affronteremo l'argomento dell'Alta Corte di Giustizia.

Corbino. Onorevole Presidente, desidererei sapere quale sarà la sorte del secondo emendamento dell'onorevole Codacci Pisanelli.

Presidente Terracini. Coincide con quelli di altri colleghi.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Perfettamente, coincide con altri tre emendamenti. Ne abbiamo già parlato.

Presidente Terracini. Onorevole Bozzi, mantiene il suo emendamento?

Bozzi. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Persico, mantiene il suo emendamento?

Persico. Sì, lo mantengo.

Presidente Terracini. Non essendo presente l'onorevole Nobile, si intende che abbia rinunciato al suo emendamento. Onorevole Nobili Tito Oro, mantiene il suo emendamento?

Nobili Tito Oro. Lo mantengo, con quel carattere subordinato che hanno i miei emendamenti rispetto a quelli pregiudiziali presentati dall'onorevole Targetti e dagli altri colleghi di Gruppo.

Presidente Terracini. E allora passiamo alla votazione. In analogia al modo col quale abbiamo proceduto ieri nei confronti di altro articolo per il quale erano stati presentati numerosi emendamenti, e di cui si chiedeva anche la soppressione, voteremo anche in questo caso per prima la proposta soppressiva di tutto l'articolo proposta dall'onorevole Targetti.

Bozzi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bozzi. Io credo che si dovrebbe votare prima il primo comma perché l'articolo contiene due concetti diversi. Io potrei essere favorevole, per esempio, alla soppressione del primo comma, ma non al secondo, perché sono due concetti diversi.

Cifaldi. Propongo la votazione per divisione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Io vorrei far presente che se si tratta di votare interamente l'articolo, si tratta di pronunciarsi sul principio del referendum in generale.

Abbiamo due proposte che, secondo me, non si possono votare insieme perché chi vuole conservare la seconda parte non può votare per la soppressione di tutto l'articolo. Sono due figure completamente diverse: quella del referendum abrogativo e quella del referendum preventivo. La votazione precedente, che ora si ricorda, della soppressione integrale votata per la questione dei conflitti fra le Camere sopra un disegno di legge, era possibile, perché quell'articolo non conteneva due disposizioni, per così dire due articoli, di cui uno può sussistere indipendentemente dall'altro; come invece avviene nell'attuale articolo. Credo che non contrasterebbe con la logica e con la prassi regolamentare votare per divisione l'articolo, giacché la divisione esiste già, nel contenuto dell'articolo stesso.

Lussu. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lussu. Io credo che sia necessario votare per divisione, innanzitutto il primo comma e poi il secondo. Per esempio, io mi troverei in imbarazzo se così non si facesse. L'onorevole Fuschini ha ben chiarito il suo pensiero ed io lo condivido perfettamente. Se si votasse l'intero articolo, io, preoccupato che questo concetto contrario alla prima parte non prevalesse, voterei per la soppressione generale e credo che parecchi altri farebbero come me. Se invece si vota per divisione, la cosa sarebbe diversa e tutti potremmo votare tranquillamente.

Nobili Tito Oro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nobili Tito Oro. Sul sistema da seguire mi pare che si debba mettere in votazione inizialmente l'emendamento Targetti, soppressivo dell'intiero articolo 72. In secondo tempo, e qualora l'emendamento Targetti non sia accolto, si passerà a votare per la soppressione del primo comma.

Moro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Io sarei d'accordo con il Presidente nella sua valutazione procedurale. Mi pare che effettivamente sia lo stesso caso di ieri. Si presenta il quesito generale se vi debba essere o meno referendum nella nostra Costituzione e poi, nel caso che questa richiesta riceva una risposta affermativa, si procede a determinare le forme e i casi. Però sono perplesso in conseguenza delle dichiarazioni dell'onorevole Lussu. Anche noi, come l'onorevole Lussu, voteremo contro la prima parte dell'articolo, intendendo conservare soltanto la forma del referendum abrogativo. Ma, avendo questa intenzione, voteremo pure contro la soppressione proposta dall'onorevole Targetti, riservandoci di dare un determinato contenuto al referendum. Se così si comportassero anche l'onorevole Lussu e coloro che la pensano come lui, potremmo senz'altro accettare la proposta del Presidente. In mancanza dovremmo chiedere la votazione per divisione.

Presidente Terracini. Poiché vi è la richiesta di votare l'articolo 72 per divisione, porremo in votazione anzitutto la proposta di soppressione del primo comma; se non sarà accolta, esamineremo gli emendamenti al primo comma; se sarà accolta, ne verrà per conseguenza la decadenza di tutti gli emendamenti al primo comma e passeremo alla votazione della proposta di soppressione del secondo comma. Se essa sarà approvata, verrà di conseguenza considerato soppresso anche il terzo comma; se sarà respinta, passeremo all'esame degli emendamenti proposti al secondo e al terzo comma.

Lussu. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lussu. L'onorevole Ruini ha detto che la seconda Sottocommissione approvò all'unanimità l'articolo 72. In verità io non lo ricordo. Per parte mia, mi pronunciai contro il referendum preventivo, senza con questo intendere di negare il principio del referendum. A me e ad altri parve di intravvedere nella soluzione che fu poi approvata a maggioranza una possibilità di ostruzionismo alla attività legislativa. Mi pronunciai invece a favore, e con un particolare entusiasmo, del referendum locale, nell'ambito del Comune o della Regione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Faccio osservare che io avevo dichiarato che nella Commissione c'era stata unanimità per il concetto del referendum, salvo le divergenze sui limiti di applicazione. Ciò non si può negare.

Presidente Terracini. Passiamo alla votazione. Pongo ai voti la proposta di soppressione del primo comma dell'articolo 72, contenuta negli emendamenti degli onorevoli Bozzi, Cifaldi, Nitti, Persico, Nobile, e anche, in via subordinata, dell'onorevole Codacci Pisanelli.

(È approvata).

Passiamo al secondo comma, del quale l'onorevole Targetti propone la soppressione. Su questo emendamento soppressivo gli onorevoli Moro, Uberti, Valenti, Franceschini, Recca, Guerrieri Emanuele, Giordani, Pecorari, Burato, Guariento, Cappi, La Pira, Mannironi, Bosco Lucarelli, Firrao e Tozzi Condivi hanno chiesto la votazione per appello nominale. Domando se questa richiesta è mantenuta.

Uberti. La manteniamo.

Preti. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Preti. Il nostro Gruppo voterà contro la soppressione del secondo comma, perché il referendum abrogativo è una garanzia democratica, particolarmente per le minoranze.

Presidente Terracini. Indico la votazione nominale sulla proposta di soppressione del secondo comma dell'articolo 72.

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

Comincerà dall'onorevole Mazzoni.

Si faccia la chiama.

Schiratti, Segretario, fa la chiama.

Rispondono sì:

Abozzi, Allegato, Amadei.

Barbareschi, Bardini, Barontini Anelito, Barontini Ilio, Basso, Bei Adele, Bernamonti, Bibolotti, Bitossi, Bordon, Bosi, Buffoni Francesco.

Cacciatore, Carpano Maglioli, Cavallotti, Colitto, Coppa Ezio, Corbi, Corbino, Cortese, Costa, Cremaschi Olindo.

D'Amico Michele, De Michelis Paolo, Di Gloria, D'Onofrio.

Fantuzzi, Faralli, Farina Giovanni, Farini Carlo, Fedeli Armando, Ferrari Giacomo, Finocchiaro Aprile, Fiore, Fiorentino, Fioritto, Flecchia, Fogagnolo, Fornara.

Gallico Spano Nadia, Gavina, Gervasi, Giacometti, Giolitti, Giua, Grieco, Gullo Fausto.

Iotti Nilde.

Jacometti.

Laconi, La Rocca, Lizzadri, Lombardi Carlo, Lombardo Ivan Matteo, Lucifero, Luisetti.

Magnani, Maltagliati, Mariani Francesco, Mattei Teresa, Merlin Angelina, Miccolis, Minella Angiola, Minio, Molinelli, Montagnana Rita, Montalbano, Morandi, Morelli Renato, Moscatelli, Musolino.

Negro, Nenni, Nobile Umberto, Nobili Tito Oro, Noce Teresa, Novella.

Pastore Raffaele, Penna Ottavia, Pesenti, Pistoia, Platone, Pressinotti, Pucci.

Reale Eugenio, Rossi Giuseppe, Rossi Maria Maddalena, Roveda, Ruggeri Luigi.

Saccenti, Sansone, Scoccimarro, Silipo, Spano, Stampacchia.

Targetti, Tega, Togliatti, Tomba, Tonello.

Venditti, Vernocchi, Vigna, Vischioni.

Rispondono no:

Aldisio, Ambrosini, Andreotti, Angelucci, Arata, Arcaini, Arcangeli.

Bacciconi, Balduzzi, Baracco, Bastianetto, Bellusci, Belotti, Bencivenga, Benedettini, Benvenuti, Bertola, Bertone, Bettiol, Biagioni, Bianchi Bianca, Binni, Bocconi, Bonomi Paolo, Bosco Lucarelli, Bovetti, Braschi, Brusasca, Burato.

Cairo, Calosso, Camangi, Cappa Paolo, Cappi Giuseppe, Cappugi, Carbonari, Carboni Enrico, Carignani, Caristia, Caronia, Carratelli, Castelli Edgardo, Cavalli, Cevolotto, Chatrian, Chieffi, Chiostergi, Ciampitti, Cianca, Ciccolungo, Cifaldi, Cimenti, Cingolani Mario, Clerici, Coccia, Codacci Pisanelli, Colombo Emilio, Colonnetti, Conci Elisabetta, Condorelli, Conti, Coppi Alessandro, Corsi, Cosattini, Cotellessa, Cremaschi Carlo.

De Caro Gerardo, De Caro Raffaele, De Falco, De Gasperi, Del Curto, Delli Castelli Filomena, De Maria, De Mercurio, De Palma, De Unterrichter Maria, De Vita, Dominedò.

Einaudi.

Fabbri, Fabriani, Facchinetti, Fanfani, Fantoni, Federici Maria, Ferrarese, Ferrario Celestino, Filippini, Firrao, Foa, Foresi, Franceschini, Fresa, Froggio, Fuschini.

Gabrieli, Gasparotto, Geuna, Ghidini, Giacchero, Giordani, Gonella, Gortani, Gotelli Angela, Grassi, Grilli, Gronchi, Guariento, Guerrieri Emanuele, Guerrieri Filippo.

Jervolino.

Lami Starnuti, La Pira, Lazzati, Lizier, Lombardi Riccardo, Longhena, Lussu.

Magrini, Malvestiti, Mannironi, Marazza, Marinaro, Martinelli, Mastrojanni, Mattarella, Matteotti Matteo, Meda Luigi, Micheli, Molè, Monticelli, Montini, Morini, Moro, Mortati, Murgia.

Nasi, Notarianni, Numeroso.

Pallastrelli, Paolucci, Paris, Parri, Pastore Giulio, Pat, Pecorari, Pella, Perassi, Perlingieri, Persico, Petrilli, Piccioni, Piemonte, Pignatari, Pignedoli, Ponti, Preti, Proia.

Quarello, Quintieri Adolfo.

Raimondi, Rapelli, Recca, Restagno, Rivera, Rodi, Rodinò Ugo, Rognoni, Romano, Roselli, Rossi Paolo, Ruini, Rumor.

Saggin, Salvatore, Sampietro, Scalfaro, Scelba, Schiavetti, Schiratti, Scoca, Scotti Alessandro, Segni, Simonini, Spallicci, Stella.

Tambroni Armaroli, Taviani, Tessitori, Titomanlio Vittoria, Togni, Tozzi Condivi, Treves, Trimarchi, Tupini.

Uberti.

Valenti, Valmarana, Vanoni, Veroni, Viale, Vicentini, Vigo, Vigorelli, Villani.

Zaccagnini, Zagari, Zerbi, Zuccarini.

Sono in congedo:

Adonnino, Alberti.

Bonino.

Carmagnola, Caso.

Dozza, Dugoni.

Jacini.

Martino Gaetano, Mastino Gesumino.

Pera, Perrone Capano, Porzio.

Romita.

Sapienza, Sardiello.

Turco.

Presidente Terracini. Dichiaro chiusa la votazione ed invito gli onorevoli Segretari a procedere al computo dei voti.

(Gli onorevoli Segretari procedono al computo dei voti).

Presidente Terracini. Comunico il risultato della votazione nominale:

Presenti e votanti............ 316
Maggioranza.............. 159
Hanno risposto ....... 107
Hanno risposto no..... 209

(L'Assemblea non approva).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti