[Il 17 settembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo I «Il Parlamento», Titolo II «Il Capo dello Stato», Titolo III «Il Governo». — Presidenza del Vicepresidente Conti.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Condorelli. [...] È questa la lotta continua — per legge sociologica — fra dittatura e oligarchia. Tutto sta a creare delle oligarchie, delle «élites» — come direbbe Pareto — legittime, che siano cioè, espressione della volontà e dell'interesse popolare; se no, non c'è altra via che la dittatura. Sono questi dittatori che riescono ad essere e a far credere di essere i ministri dell'interesse del popolo. Quale rimedio c'è? C'è un solo rimedio contro questo fenomeno ricorrente nell'età moderna: il Capo dello Stato che attinga il suo potere non dallo stesso principio da cui lo attinge il capo del partito di massa, ma dalla legge...

Una voce a sinistra. Divina!

Condorelli... dalla legge stessa, dalla legge umana, investito direttamente dalla Costituzione, come ogni re moderno è rex ex lege. Un Capo di Stato, che esprima non un corpo, non un partito, non una massa, ma lo Stato unitariamente inteso, come volontà di diritto, e fornito di poteri reali, adeguati ai poteri formali e giuridici.

Riconosco che questa Camera non poteva creare un Capo dello Stato così fatto. Ma perciò, a mio avviso, ha fallito al suo compito.

Vi sono dei rimedi? No. Vi sono degli attenuativi, dei palliativi, degli espedienti, che suggerisco, così come la mia modesta indagine me li ha potuto suggerire. Appartenendo ad uno schieramento opposto, non avrei nessun interesse a collaborare alla formazione di questo istituto, ma in me grida sovrattutto il sentimento di devozione allo Stato; e non posso volere che trionfino i miei ideali politici attraverso una catastrofe. Comunque, io vi suggerisco quello che, secondo il mio sincero convincimento, potrebbe attenuare questo difetto indiscutibile della nostra Costituzione.

Voi credete di non poter attribuire al Capo dello Stato il potere di sanzionare le leggi. Però, indubbiamente, se ne può attribuire uno, che, del resto, è già attribuito, in un certo senso, al Capo dello Stato.

Un articolo del progetto prevede che, quando esista disparere fra le due Camere — perché una respinga o comunque non approvi quello che l'altra ha votato — è possibile che il Capo dello Stato senta il popolo, perché dirima il contrasto verificatosi. Perché non attribuire al Capo dello Stato la facoltà di appellarsi al popolo? Anzi, non di appellarsi (perché non è necessario che ci sia un notamento di censura), di sentire la volontà del popolo, di fronte ad una legge, votata dai due rami del Parlamento, che gli lasci dei dubbi. Sarebbe un correttivo molto efficace; uno di quei tali freni preventivi; avrebbe quasi quella funzione pedagogica, che tante volte abbiamo invocato in questa Costituzione; renderebbe le Camere più attente nella interpretazione della volontà popolare, perché potrebbero temere la sanzione politica dell'annullamento di una legge da esse votata. E non mi pare che la democrazia sarebbe minimamente scalfita da una disposizione di questo genere, perché l'appello è all'origine del potere, è proprio al popolo.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti