[Il 18 settembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo I «Il Parlamento», Titolo II «Il Capo dello Stato», Titolo III «Il Governo». — Presidenza del Vicepresidente Targetti.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Presidente Targetti. Essendo stati illustrati i vari ordini del giorno, ha facoltà di parlare uno dei Relatori, l'onorevole Mortati.
Mortati, Relatore. Parlo come correlatore della Commissione dei Settantacinque sul titolo dedicato al Parlamento, allo scopo di formulare alcune osservazioni sui rilievi che sono stati mossi qui, in sede di discussione generale, a questa parte del progetto, e per accennare io stesso ad alcune critiche, naturalmente uniformandomi allo spirito del progetto, al quale ho dato la mia opera e la mia approvazione.
[...]
Il decentramento alle Commissioni, che è stato oggetto di particolare esame da parte degli oratori che sono intervenuti nella discussione, è previsto nell'articolo 69. Questo articolo considera in realtà due ipotesi diverse e presenta una procedura che potrebbe chiamarsi abbreviata ed un'altra che invece ha propriamente carattere decentrato.
Vi è stata una proposta dell'onorevole Rubilli di sopprimere l'articolo 69, nella considerazione che esso contiene una materia propria del Regolamento. Ora, a me non pare esatta questa critica dell'onorevole Rubilli. Innanzi tutto, per quanto riguarda la procedura che ho chiamato abbreviata, cioè la procedura di urgenza, la sua inserzione nella Costituzione ha questo scopo: di imporre al futuro Parlamento l'adozione di un procedimento del genere, cioè escludere che si possa lasciare all'arbitrio del Parlamento di adottarlo o non. Nell'attuale nostro Regolamento è prevista, sia pure in forma incompleta, questa procedura abbreviata. Ma il futuro Regolamento della Camera potrebbe anche non adottarla; quindi l'inserzione nella Costituzione della disposizione criticata vuole renderla obbligatoria, e come tale non può ritenersi superflua.
Per quanto poi riguarda la procedura decentrata, cioè la possibilità di deferire alle Commissioni non il semplice esame preliminare del progetto, ma un più ampio intervento in esso, la sua previsione nella Costituzione è necessaria perché evidentemente non si potrebbe modificare il procedimento normale, prescritto dal primo comma dell'articolo 69, se non si stabilisse, nella Costituzione stessa, l'autorizzazione a derogare ad esso.
Quindi, la proposta dell'onorevole Rubilli non è accettabile, dato l'evidente rilievo costituzionale sia dell'una che dell'altra disposizione.
Vi sono state altre critiche all'articolo 69, nel senso di ritenere insufficienti le disposizioni adottate, e di patrocinare l'ampliamento dei poteri delle Commissioni. Ieri questa tesi è stata con molto acume affermata dall'onorevole Condorelli, e prima un accenno lo aveva fatto l'onorevole Preti. Mi pare che l'onorevole Condorelli abbia affermata la opportunità di ritornare al sistema che era stato adottato nella legge del 1938, cioè fare una ripartizione di competenza fra Commissioni e plenum attribuendo alle une e all'altro una competenza distinta secondo la materia.
Io non credo che questa proposta sia da adottare; non lo credo perché vi sono riforme, vi sono progetti di legge che sotto l'apparenza di una modesta importanza, possono in particolari momenti assumere un valore, una qualificazione politica rilevante, sicché il sottrarli alla conoscenza dell'Assemblea potrebbe riuscire poco utile.
Invece, il sistema adottato dalla Commissione mi pare che sia il più pregevole ed il più raccomandabile. È un sistema che lascia alla discrezionalità delle Camere di accertare, di volta in volta, l'opportunità di ricorrere a questo procedimento decentrato. Quindi, deve precedere una delibazione da parte della Camera, del contenuto del progetto in relazione al momento politico, all'importanza che esso assume in una determinata situazione. Potrebbe essere oggetto del futuro Regolamento delle Camere che questa attività delibativa delle Camere, per giudicare dell'opportunità del rinvio alle Commissioni, sia resa più facile attraverso la costituzione di un organo che abbia il compito di riferire intorno ad essa. Secondo il progetto, è il Governo, oppure il singolo proponente, in caso di iniziativa parlamentare, che richiede il deferimento alle Commissioni. Ci si può chiedere: chi riferisce su questo punto? Per semplificare la procedura e per evitare che si vada alle Commissioni, che dovrebbero riferire circa l'opportunità del deferimento, mi pare che sarebbe opportuno ricorrere ad un organo speciale. Io penserei ad un organo, che comincia a funzionare di fatto anche da noi, e che dovrebbe trovare una menzione espressa nel futuro Regolamento della Camera: il Consiglio dei Presidenti, istituto che c'è in altri regolamenti parlamentari, e che è formato non solo dall'Ufficio di presidenza della Camera, ma dai Presidenti dei vari gruppi parlamentari. Esso potrebbe essere bene qualificato, in quanto rappresentativo di tutti i partiti presenti alla Camera, ad esercitare il compito di riferire alla Camera circa l'opportunità del deferimento alle Commissioni delle leggi che non presentino una importanza tale da richiedere la discussione e l'approvazione da parte della Camera in seduta plenaria.
Si potrebbero fare delle critiche al modo come è congegnato l'articolo 69. Si potrebbe osservare questo: che le Camere per l'articolo 69 vengono ad assumere la responsabilità dell'approvazione, senza però che essa sorga sulla base di una discussione; cioè esse dovrebbero approvare delle leggi che non hanno discusso e su riferimento alla semplice relazione da parte delle Commissioni che le hanno esaminate e discusse. Questo inconveniente è in primo luogo temperato dal fatto che l'articolo 69 consente delle dichiarazioni di voto. Intorno a queste dichiarazioni di voto c'è da fare un rilievo formale, per il fatto che la legge, secondo lo stesso articolo 69, deve essere votata a scrutinio segreto cioè con un procedimento di votazione, che non può consentire dichiarazioni atte a scoprire l'orientamento dei singoli votanti. Vi sarebbe perciò una deroga al principio della incompatibilità fra lo scrutinio segreto e la dichiarazione di voto. È una osservazione formale di scarsa importanza, ma che meritava di essere rilevata, perché non apparisse come una involontaria disarmonia dell'articolo stesso.
Ma c'è l'osservazione sostanziale formulata: che la Camera verrebbe ad assumere la responsabilità di un progetto che essa non ha esaminato. L'obiezione può essere, se non vinta, per lo meno attenuata dalla considerazione che nelle Commissioni sono rappresentati proporzionalmente i vari gruppi della Camera, e c'è quindi un riflesso perfetto della composizione politica di questa. Penso che non si possa andare oltre, e perciò non si possa aderire alle proposte degli onorevoli Preti e Condorelli, perché le Commissioni hanno due difetti: anzitutto che sono corpi per loro natura specializzati e quindi risentono del difetto della eccessiva specializzazione; in secondo luogo sono corpi che agiscono in segreto, e quindi senza la garanzia e il vantaggio della pubblicità. A questo secondo inconveniente si potrebbe però ovviare attraverso l'obbligo della pubblicazione dei verbali delle Commissioni non solo da comunicare ai membri della Camera che devono approvarne le deliberazioni, ma da rendere di pubblica ragione con la loro inserzione negli atti parlamentari, in modo che tutti ne possano prendere visione.
Se nei limiti già visti il decentramento alle Commissioni può rendere utili servizi e può facilitare il compimento dei lavori legislativi, non si deve dimenticare che spetta alla Camera, nella sua pienezza, la responsabilità dell'assunzione in proprio della parte più rilevante del lavoro legislativo. Se è vero che l'attività legislativa del plenum, come ci mostra anche l'esperienza di questa nostra Assemblea, incontra ostacoli è da prevedere e da sperare che tali ostacoli, siano superati dalla disciplina dei partiti, disciplina che è ancora insufficiente, ma che si può perfezionare, e che deve condurre ad ottenere che alle sedute intervengano i membri più competenti nelle singole materie in discussione e intervengano con quella disciplina, assiduità e temperanza che precisamente sono imposte dalla gravità del compito affidato.
Un altro punto al quale devo fare accenno brevemente, ma che è di notevole importanza, e che potrebbe trovare qualche menzione nella Costituzione, è quello relativo al problema del coordinamento finale delle leggi approvate alle Camere.
Sarebbe opportuno che questo problema fosse affrontato, perché dalla natura stessa delle Assemblee, specie se molto numerose, possono derivare, nella votazione dei singoli articoli, delle disarmonie capaci di compromettere l'unità sistematica della legge, e rendere difficile ed incerta l'interpretazione. Sarebbe quindi opportuno prevedere e trovare il congegno adatto per evitarle. È un'esigenza di certezza del diritto, di cui non possiamo disinteressarci.
A cura di Fabrizio Calzaretti