[Il 15 settembre 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo I «Il Parlamento», Titolo II «Il Capo dello Stato», Titolo III «Il Governo».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Russo Perez. [...] Poi viene l'articolo 55 in relazione all'articolo 58, nomina regia; o meglio, il re non c'è più, nomina di una parte di senatori da parte del Capo dello Stato, del Presidente della Repubblica.

Io sono favorevole a questo sistema; anzi vorrei che l'aliquota riservata alla libera scelta del Capo dello Stato fosse abbastanza notevole; direi un terzo dei senatori.

Contro la cosiddetta nomina regia si fanno delle critiche che l'onorevole Einaudi, durante i lavori preparatori, dimostrò infondate.

Si dice che, normalmente, i senatori eletti per libera scelta dal Capo dello Stato sono, come suol dirsi, troppo governativi, troppo ligi al Governo in carica.

Questo non era esatto neanche allora, perché, in fondo, la nomina sembrava che la facesse il re, ma in realtà la faceva il Presidente del Consiglio: quindi la gratitudine del neo-senatore era diretta verso il presidente del Consiglio del momento e non verso la maestà del re. Naturalmente, quando vi era un cambiamento nel Governo, il senatore nominato a vita non aveva più ragione di mostrare questa gratitudine e riacquistava la sua indipendenza.

Ma questo, del resto, non avrebbe importanza oggi, perché allora, quando vi erano senatori di nomina regia, erano tutti di nomina regia, mentre ora ci accontenteremmo di un terzo. Io sarei già soddisfatto se mi accordaste questo terzo, onorevoli colleghi: ed allora rimangono i due terzi che potranno controbilanciare questa pretesa, ma per me inesistente, governatività dei senatori eletti dal Capo dello Stato.

Codesti senatori dovrebbero essere nominati a vita. Io penso che sia un necessario completamento del sistema della nomina a libera scelta del Capo dello Stato, quello della nomina vitalizia, perché, appunto, il Capo dello Stato dovrebbe scegliere degli uomini eminenti, conosciuti nel mondo della cultura, nel mondo dell'arte, ovvero per le alte cariche di Stato che hanno occupato, titoli che non si distruggono col passare degli anni e col variare delle vicende politiche.

Io sarei del parere che non dovrebbero essere nominati senatori coloro che occupano, ma soltanto coloro che hanno occupato alti posti nell'amministrazione dello Stato.

Per questi uomini eminenti l'onorevole Ambrosini propose, durante i lavori preparatori, la nomina a vita da parte del Capo dello Stato. A ciò si oppose colui che oggi presiede questa Assemblea, l'onorevole Terracini, il quale disse così — sono sue parole, signor Presidente: «Questi uomini eminenti, appunto perché schivi della vita del Paese, sono i meno indicati a far parte di un Congresso politico; non potendo rendersi interpreti dei bisogni e delle aspirazioni del popolo». E ricordò che Manzoni, Carducci, Marconi raramente varcarono le soglie del Senato.

Ma io chiederei all'onorevole Terracini se non sia vero che quegli insigni uomini, per quanto abbiano raramente varcato le soglie del Senato, ne abbiano ugualmente consolidato ed accresciuto il prestigio. E poi, non è sempre esatto che codesti uomini eminenti siano schivi della vita del Paese: molte volte questi uomini sono schivi di quegli accostamenti ai capi dei partiti, accostamenti che sarebbero necessari per divenire candidati nel loro collegio. Ed allora, di questa loro fierezza non dobbiamo punirli, ma premiarli...

Rubilli. Aveva ragione l'onorevole Terracini.

Presidente Terracini. Grazie, ma non interrompa, onorevole Rubilli.

Rubilli. Noi parliamo degli uomini eminenti che abbiano attitudini politiche; ma se si tratta di mandare al Senato dei Verdi...

Russo Perez. I Verdi sono morti, quindi non possiamo più eleggerli senatori. Ma è anche vero che oggi, se fosse vivo Marconi, vigendo il sistema caro all'onorevole Terracini, non potremmo eleggerlo alla carica di senatore.

Rubilli. E faremmo benissimo!

Russo Perez. Non è detto che uomini del genere non siano adatti ad essere degli ottimi parlamentari. Come può escluderlo?

[...]

Lussu. [...] Io richiamo la vostra attenzione sulla proposta sostenuta dall'onorevole Rubilli l'altro giorno e da lui così brillantemente perorata. Tutta l'Assemblea ha seguito la sua esposizione con molto interesse. Fra tanti schemi, a molti, in quest'Aula, è apparso uno dei meno peggiori. Io ne parlo appunto perché quello schema, contenuto nell'ordine del giorno che l'onorevole Rubilli ha presentato, costituisce un pericolo. Secondo la sua proposta la seconda Camera, cioè il Senato, dovrebbe essere elettiva solo per tre quarti, mentre un quarto dovrebbe essere di nomina presidenziale. A me ed a parecchi altri questo progetto non è apparso migliore di altri. Innanzi tutto la seconda Camera, se la seconda Camera ci dovesse essere, non potrebbe essere che elettiva, sia con elezioni generali a suffragio universale, sia in altra forma, ma dovrebbe essere elettiva, perché la democrazia moderna non consente che vi siano rappresentanti puramente artificiosi e non reali ed effettivi. Una Camera, nella democrazia del XX secolo, non può essere, se vuole avere un qualsiasi valore od un qualsiasi prestigio, che elettiva. Questa nomina dall'alto poi, questa nomina presidenziale, non sarebbe altro che la nomina da parte del Governo, una specie quindi di sistema maggioritario per cui il Governo, cioè le forze politiche che hanno avuto il predominio alle elezioni generali a suffragio universale, avrebbe il diritto di aggiungere una sua esclusiva percentuale a quella già esistente. E, malgrado le buone intenzioni dell'onorevole Rubilli, questa percentuale sarebbe sempre fatta di uomini non già senza partito, o di uomini non di prima linea politica o di uomini senza marcato colore politico, ma sarebbe fatta di uomini politici a colore politico ben definito, sarebbe cioè una percentuale politica che traviserebbe le reali forze risultanti alle elezioni generali politiche. Sarebbe, in poche parole, il sistema spicciolo per cui il Governo potrebbe fare, in modo certo e a suo arbitrio, della seconda Camera, la sua maggioranza politica.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti